Vittorio Emanuele II se ne innamorò quando lei aveva 14 anni.
Bella? «Bella è bella, molto bella. Gran massa di capelli corvini, occhi scurissimi, carnagione perfetta. Il petto tutt’altro che acerbo»: parola di Re.
A guardarla in foto, però, nella sequenza di ritratti più o meno ufficiali, questa donna è tutt’altro che devota ai canoni estetici: viso un po’ squadrato, lineamenti decisi, naso non certo alla francese.
Bocca carnosa, inevitabilmente sensuale, natura corvina che non è solo un colore di capelli ma una profondità fisica di tutto il corpo, e unita da un’infinita dolcezza. Bela? Sì.
Ma non certo secondo i canoni odierni: la Rosina Vercellana, se fosse vissuta un secolo e mezzo più tardi, non sarebbe diventata ne’ una modella, né una star e nemmeno un’attrice, troppe abbondanze e tratti campagnoli.Eppure il primo re d’Italia, Vittorio Emanuele II, se ne innamorò e l’amò per buona parte della sua vita. Un amore certamente tumultuoso e passionale nel segreto delle loro stanze da letto, ma che visto da fuori e a distanza di tanto tempo fu soprattutto un amore pacato, domestico e familiare, malgrado tutto, sereno. Invidiabile! «Chi si assomiglia, si piglia » sembra fatto apposta per questa coppia dall’aria niente affatto regale: tracagnotti, ma fieri. Sguardo dritto e profondo di chi sa cosa vuole dalla vita.
Il giovane Vittorio la vede per la prima volta affacciata a un balcone di Racconigi, alla fine dell’immancabile battuta di caccia (una passione per lui, che diventerà anche quella di lei).
È il 1847: lui ha 27 anni, quattro figli e uno in arrivo, è l’erede al trono del Regno di Sardegna. Lei di anni ne ha solo 14. Ma questa storia, non ha nulla a che vedere con gli odierni giochi pseudo-erotici del potere. È una storia di amore nel vero senso della parola, in tutti i sensi e con tutti i sensi.
Rosina darà a Vittorio due figli e la vita intera. Dopo la morte del re per una polmonite, nel 1878, lei gli «sopravviverà» (parole Di Rosina) sette anni. Prima, lo segue in tutte le tappe dell’Italia che si fa, sempre discosta. Ma sempre presente.
Vittorio resta vedovo di Maria Adelaide nel 1855. Solo le tenaci manovre (e minacce) di Cavour a impedire al Re di sposare ufficialmente Rosina. Ancora oggi resta il mistero su quelle nozze morganatiche contratte nel 1869 in articulo mortis (quando l’avevano precipitosamente dato per spacciato), e comunque quando ormai Cavour e il suo cipiglio non c’erano più.
I figli di Rosina, Vittoria ed Emanuele Alberto, il cui cognome sarà Guerrieri, erediteranno da lei il titolo nobiliare di conti di Mirafiori e Fontanafredda, da lei acquisito nel 1859.
Vittorio Emanuele II non la farà mai regina, la sua Rosina. Avrebbe voluto, ma molte ragioni di stato glielo impedirono: pressioni politiche, veti dei figli «ufficiali», opportunità di ordine «mediatico». Ma certamente le case dove Rosina abitò – dalla Mandria a Venaria, alla Pietraia nei pressi di Firenze, alla Villa Mirafiori fatta costruire sulla Nomentana a Roma, apposta per lei, furono le vere case anche del re. Quelle dove trovava una vera famiglia, e un’aria vera di casa, con lei che lo aspettava per dargli tutto quello che una brava moglie sa dare a un marito.
Certo, si vestiva in modo un po’ eccentrico, a un certo punto della vita sembrava un po’ troppo incline agli sfarzi, per quanto sempre relativi…
E lui, d’altro canto, non mise mai a freno i propri istinti, invigaghendiso dell’attrice di turno. Ma Rosina aspettava, paziente e fiduciosa. E lui tornava sempre, fino all’ultimo.
Rosa Vercellana trascorse il resto della sua vita presso palazzo Beltrami di Pisa, che il re aveva acquistato per la figlia Vittoria,morì nel 1885. Il suo atto di morte, nei registri dell’ufficio dello stato civile di Pisa, la indicò come “nubile” e vi si possono leggere varie altre imprecisioni.
Casa Savoia vietò che Rosa venisse seppellita al Pantheon, non essendo mai stata regina: per questo motivo, e in aperta sfida alla corte reale, i figli fecero costruire a Torino Mirafiori Sud una copia del Pantheon in scala ridotta, poi soprannominata il “Mausoleo della Bela Rosin”.
Nel 1972 le sue spoglie furono traslate al Cimitero monumentale di Torino (Campo primitivo nord – edicola n.170 A), per evitare profanazioni e vandalismi della tomba.Un amore durato trent’anni, un’eternità, e un’infinità di momenti condivisi , a letto, certo, ma anche a tavola (ce la immaginiamo cuoca provetta, la bela Rosin), la sera davanti al camino, a cavallo nei boschi, in passeggiata a braccetto per la vigna.
Informazioni Pratiche
Indirizzo:
Strada del Castello di Mirafiori, 148/7 – 10135 Torino
Orari:
Apertura Estiva (aprile-ottobre): dal mercoledì alla domenica ore 10.00-12.00 e 15.30-19.30
Apertura Invernale (novembre-marzo): venerdì, sabato e domenica ore 10.00-12.00 e 14.30-17.00
Visite guidate:
Durante alcuni fine settimana i volontari del Progetto Senior civico della Città di Torino sono a disposizione per visite guidate al mausoleo e per raccontare la storia del posto e dei suoi personaggi. Per informazioni: mausoleo.belarosin@comune.torino.it, oppure Tel. 011 01 12 98 36.