Categoria: Eventi

  • MARGHERITA DI SAVOIA
    REGINA D’ITALIA

    Palazzo Madama – Sala Senato
    Piazza Castello – Torino
    13 ottobre 2022 – 30 gennaio 2023

     

     

                                                                         

     

    “La regina Margherita mangia il pollo con le dita”.
    Mai sovrana ha saputo essere tanto empatica e conquistare il cuore del suo popolo quanto la prima Regina dell’Italia unita, Margherita di Savoia.
    Palazzo Madama le dedica, dal 13 ottobre 2022 al 30 gennaio 2023, una mostra, coordinata da Maria Paola Ruffino, che ne ricostruisce la straordinaria figura.

    Margherita di Savoia (Torino 1851 – Bordighera 1926) è figlia di Ferdinando di Savoia duca di Genova, eroe del Risorgimento e fratello del Re Vittorio Emanuele II. Sposa a sedici anni l’erede della corona, suo cugino Umberto, e sale sul trono il 9 gennaio 1878.
    Il paese che l’accoglie è una nazione profondamente diseguale. In quello scorcio di secolo si costruisce l’Italia moderna: le ferrovie, l’industria, l’allargamento dell’istruzione, le prime organizzazioni dei lavoratori, dalla carrozza all’automobile, dai valori risorgimentali al sogno coloniale e al nazionalismo, dal romanticismo storico al futurismo. La Regina Margherita, Regina tra due epoche, attraversa con gli italiani questo tempo denso di cambiamenti politici, sociali e culturali. Icona femminile di casa Savoia, musa e mecenate artistica, Margherita promuove la diffusione dell’istruzione e della formazione professionale, con particolare attenzione alle donne, più fragili e svantaggiate. E con gli strumenti concessi a una donna, si adopera nella costruzione del consenso intorno a casa Savoia, che vuole promotrice di sviluppo e benessere per la nazione.

    Il percorso immersivo dell’esposizione, con oltre settanta opere d’arte, tra ritratti, dipinti, sculture, abiti e gioielli, strumenti musicali, manoscritti, tappezzerie e mobili, racconta la Regina d’Italia in rapporto al suo tempo e al suo popolo, il suo essere madre, icona di stile, paladina dell’arte e della cultura, benefattrice pietosa, donna interessata al nuovo e alla modernità.
    Dall’ingresso, con l’immagine della Regina che ci accoglie, alla ricostruzione dei suoi ambienti e del suo gusto, Margherita emerge pienamente nella sua personalità, col supporto immaginifico di un filmato ideato e montato per la mostra, fotografie storiche e musica d’epoca.

    L’allestimento, progettato dall’architetto Loredana Iacopino nella sala del primo Senato d’Italia, si sviluppa per nuclei narrativi, anticipati nelle sale del piano nobile da dieci splendidi abiti della collezione privata di Mara Bertoli – sezione curata da Massimiliano Capella – creazioni sartoriali che ripercorrono l’evoluzione del gusto e dello stile dagli anni cinquanta dell’Ottocento alla metà del secondo decennio del Novecento, prefigurando il grande mutamento della società a cavallo tra i due secoli.

    Madre, icona, Regina, benefattrice, musa

    A diciotto anni, nel 1869, Margherita dà alla luce l’erede, unico, di casa Savoia. Vittorio Emanuele nasce a Napoli, dove la coppia reale si è installata per rinsaldare il legame della corona con il Mezzogiorno. Solo nel 1871, a seguito della presa di Roma, i Savoia si insediano nel Palazzo del Quirinale lasciato spoglio dai Papi, dove convergono arredi lussuosi dalle altre residenze reali: mobili settecenteschi, porcellane, arazzi, quadri e intere boiseries. Magniloquente e celebrativo nelle sale di apparato, intimo, vario e affollato negli ambienti privati, lo stile degli appartamenti riarredati da Margherita nelle sue residenze segna un’epoca. La Regina ama la ricchezza dell’oro e i colori brillanti, affianca lo stile Louis XV a poltroncine capitonné, si circonda dei mobili intarsiati di Piffetti. Vent’anni dopo è la magniloquenza barocca dell’intagliatore bellunese Valentino Panciera Besarel, epigono del grande Brustolon, a connotare gli appartamenti rinnovati, al Quirinale come a Monza, per accogliere il Kaiser Guglielmo II.

    Nella capitale Margherita è anima di una intensa vita di corte, fatta di balli, ricevimenti e pranzi di gala, che legano l’aristocrazia italiana alla casa regnante e accolgono gli esponenti delle case reali d’Europa in visita ai Savoia. La Regina vi appare adorna “come una statua votiva”, con gli abiti sontuosi di Worth, il couturier parigino più alla moda, e con una profusione di diamanti e di perle.

    A che varrebbe essere principi se non si potesse fare il bene che si vuole?

    Margherita ricerca la visibilità e non si risparmia di mostrarsi alle folle. Intorno a lei cresce il consenso popolare, per l’attenzione che dimostra alla vita del paese, martoriata anche da calamità naturali e dal colera. Elargisce sussidi a congregazioni religiose e istituzioni laiche, asili d’infanzia, scuole, associazioni caritative. È valente alleata dell’amica Andriana Marcello, fondatrice della scuola del merletto di Burano, promuovendo la moda del pizzo nelle toilette femminili e commissionando alla scuola molti lavori, per sostenere quell’impresa volta a dare di che vivere a tante donne senza risorse né cultura. Margherita riporta in auge anche la moda del corallo, per sostenere l’attività dell’industria corallina guidata dalla “Scuola per la lavorazione del Corallo”, istituita con Regio Decreto nel 1878.
    Grazie al suo intervento, le attività delle scuole di arti applicate trovano uno spazio nelle Esposizioni nazionali, mostrando l’eccellenza della produzione manifatturiera e artistica italiana.

    La Regina è donna di ampi interessi e grande amore per l’arte: crea a Roma un salotto culturale, frequentato da personalità della cultura, dell’arte e della politica, come Marco Minghetti, statista della destra storica, suo amato maestro. Riunisce una ricchissima biblioteca, che cura personalmente, e frequenta le esposizioni d’arte. La Biennale di Venezia è fondata nel 1893 quale omaggio ai sovrani per i 25 anni di matrimonio e la Regina non mancherà di frequentarla a partire dalla prima edizione nel 1895. La passione per la pittura gareggia soltanto con quella per la musica, Beethoven e Wagner, alla quale la Regina si dedica suonando il pianoforte e col canto. Dal 1881 dà vita alla tradizione dei concerti al Quirinale, di cui ancora oggi godiamo, affidati a Giovanni Sgambati, che diffonde l’apprezzamento per la musica sinfonica e cameristica europea.

    La Valle d’Aosta accoglie Margherita per le vacanze estive, dal 1889 ospite a Gressoney del barone Luigi Beck-Peccoz, con cui compie impegnative ascensioni in alta montagna. Nel 1899 ha inizio la costruzione di Castel Savoia a Gressoney Saint-Jean, in uno stile medievaleggiante ispirato dai castelli della valle. Sul finire dell’Ottocento, sulle orme di Margherita, la consuetudine del soggiorno in montagna diventa vera e propria moda e le località di villeggiatura fioriscono di eleganti villini, giardini e viali per il passeggio.

    Gli ultimi decenni del XIX secolo sono anni di grande tensione sociale in Europa. Il 29 luglio 1900 l’assassinio di Umberto I travolge la vita della Regina e segna la fine di un’epoca.
    Lasciato il Quirinale ai nuovi sovrani, il figlio Vittorio Emanuele III ed Elena di Montenegro, Margherita si insedia nel nuovo Palazzo Margherita a Roma e si dedica con maggiore assiduità ai viaggi e alla visita delle Esposizioni. Qui acquista, per le proprie residenze e per collezioni pubbliche, opere degli artisti dell’Accademia veneziana, Luigi Nono, Ciardi, Fragiacomo, ma anche dei piemontesi Delleani e Cosola, dei quali ama i paesaggi montani, di Pompeo Mariani e del Balla figurativo.
    Anche quando, dal 1916, elegge quale sua residenza più cara la riposante villa di Bordighera, Margherita non si isola dalla vita della nazione, ma ne segue con partecipazione gli sviluppi. Qui muore nel 1926. L’omaggio imponente tributato dalla popolazione al treno che porta la sua salma a Roma per la sepoltura al Pantheon è filmato dall’Istituto Luce lungo le varie tappe del viaggio. Un documento eloquente di quanto Margherita fosse ancora, per gli italiani, la loro Regina.

    Le opere esposte provengono da importanti collezioni pubbliche, in particolare dal Musée d’Orsay di Parigi, dalle Gallerie degli Uffizi – Palazzo Pitti, dal Palazzo del Quirinale e dal Museo di Palazzo Boncompagni-Ludovisi di Roma, dal Palazzo Reale di Napoli e dalla Reggia di Caserta, dai Musei Civici di Venezia, dai Musei Reali e dalla Biblioteca Nazionale Universitaria di Torino, dal Polo Museale del Piemonte.

    L’esposizione a Palazzo Madama si colloca in stretta relazione e collaborazione con le collezioni e gli ambienti appartenuti alla sovrana sul territorio piemontese: la biblioteca della Regina, cui la Biblioteca Nazionale Universitaria di Torino dedica quest’anno un allestimento permanente, gli appartamenti nel Palazzo Reale di Torino e al castello di Agliè. Comprende inoltre l’ampio coinvolgimento di scuole superiori torinesi di diverso indirizzo – impegnate in fase progettuale per elaborare concerti e animazioni musicali, percorsi guidati, creazione di costumi d’epoca, rievocazione storica di balli, creazione di grafica di promozione e documentazione video – e del Corso di Laurea magistrale in Conservazione e Restauro dei Beni Culturali dell’Università di Torino in collaborazione con il Centro Conservazione e Restauro La Venaria Reale.

    Il catalogo della mostra è edito da Marsilio Editori.

    Sponsor Reale Mutua.

    Per l’allestimento degli abiti esposti in mostra si ringrazia il Laboratorio Manufatti Tessili del Centro Conservazione e Restauro La Venaria Reale, che si è avvalso della consulenza tecnica e scientifica del costumista Luca Costigliolo.
    L’attività è stata un’opportunità anche didattica con la partecipazione delle studentesse del IV anno del Corso di Laurea magistrale in Conservazione e Restauro dei Beni Culturali dell’Università degli Studi di Torino, guidate dalla docente Simona Morales.

    Si ringrazia l’ANPS – Associazione Nazionale della Polizia di Stato per il servizio di assistenza al pubblico in mostra.

     

     

    INFO UTILI:

    SEDE ESPOSITIVA E DATE               Palazzo Madama – Museo Civico d’Arte Antica,
                                                                     Piazza Castello, Torino
                                                                     Dal 13 ottobre 2022 al 30 gennaio 2023

    ORARI                                                     Lunedì e da mercoledì a domenica: 10.00 – 18.00. Martedì chiuso
                                                                      Il servizio di biglietteria termina un’ora prima della chiusura

    BIGLIETTI                                               Intero € 12,00 | Ridotto € 10,00
                                                                      Gratuito Abbonamento Musei e Torino+Piemonte card
                                                                      Mostra + museo: Intero € 16 | Ridotto € 14
    INFORMAZIONI                                   palazzomadama@fondazionetorinomusei.it – Tel: 011 4433501
                                                                      www.palazzomadamatorino.it
    PRENOTAZIONI                                   011 5211788 o via mail a: ftm@arteintorino.com
                                                                      Prevendita: Ticketone.it
  • La GAM di Torino è felice di annunciare che anche quest’anno il museo è tra i vincitori della seconda edizione del PAC – Piano per l’Arte Contemporanea della Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura.  Grazie ai fondi messi a disposizione dal Ministero la GAM acquisirà 12 dipinti di Michele Tocca (Subiaco, Roma, 1983) realizzati tra il 2016 e il 2022.

    Le opere acquisite, insieme ad altri dipinti di Tocca, saranno oggetto nel 2023 di una mostra, Michele Tocca. Repoussoir, che porrà il suo lavoro in dialogo con alcuni, meditati, esempi di dipinti tratti dalla collezione di Ottocento della GAM, tra cui opere di Giovanni Battista De Gubernatis, Massimo D’Azeglio, Antonio Fontanesi.

    La mostra e la pubblicazione renderanno evidente come l’opera di Tocca sappia incarnare una fertile contraddizione: la prima volta dello sguardo che si pone di fronte al mondo per scoprirlo nuovamente nella dimensione dell’istante, e la consapevolezza del “vedersi vedere” che è la consapevolezza dell’artista di essere immerso nel mondo che va dipingendo e di tutte le strutture di pensiero, di tutti i meccanismi della visione, di tutte le tradizioni dell’arte che entrano in gioco nel suo osservare e nel suo fare.

    I 12 dipinti di Tocca rappresentano quanto di meglio la pittura contemporanea sta producendo in Italia e il tramandarsi di sensibilità, di attenzione e d’intelligenza che, attraverso le stagioni dell’arte, approdano a una visione schiettamente attuale dove le premesse concettuali del lavoro sono inscindibili dalla bellezza dell’espressione pittorica e dalla qualità della mano.

    La GAM intende dare nuovo spazio d’attenzione all’odierna pittura che si sta dimostrando arte densa di pensiero e di sensibilità insieme. Nelle opere di Tocca, nei tagli e negli affondi del suo sguardo che sembra voler solo aderire alla superficie delle cose, alla più volatile e minuta percezione, emerge non solo la lezione del primo paesaggismo en plein air di Sette e Ottocento, ma tutta la densa stratificazione del tempo. Quel tempo plurimo che appartiene tanto al mondo osservato – con le indelebili tracce della storia – quanto all’atto del vedere da cui Tocca non intende cancellare tutti gli sguardi esercitatisi sulla natura prima del suo, ma sa sorvegliarne la presenza, riconoscerne l’azione e la memoria.

    Il titolo Repoussoir è un termine tratto dalla pittura di paesaggio. Dal Seicento olandese alla pittura romantica tedesca, elementi posti in primo piano, come tronchi d’albero o massi, avevano la funzione di spingere, rilanciare lo sguardo dell’osservatore verso la profondità del dipinto e verso il centro dell’immagine.  Con funzione simile, in alcuni noti paesaggi della storia dell’arte – da Friedrich a Courbet, ad esempio – degli osservatori sono ritratti di spalle, volti verso il panorama. A volte si tratta dell’artista stesso. Michele Tocca ritraendo di spalle la propria giacca da pioggia, usata per le sue sedute en plein air, trasforma sé stesso – o meglio, l’oggetto che più lo rappresenta – in un repoussoir, isolato in una sorta di umile maestà: un oggetto carico di memoria ma anche un dispositivo della visione pittorica la cui presenza trasforma l’opera in una riflessione sui codici dell’arte.

  • JÉRÔME SESSINI

    Val di Sole (TN)

    Dal 3 agosto 2022

     

    “Uomini e montagne” è il tema al centro del progetto culturale, dedicato alla fotografia, che la Val di Sole ha scelto per l’estate 2022.

    Punto di partenza è la mostra attualmente ospitata presso Castel Caldes intitolata “Vivere in alto. Uomini e montagne dai fotografi di Magnum da Robert Capa a Steve McCurry”, percorso che racconta vari aspetti del delicato rapporto dell’uomo con la montagna tramite le fotografie dei membri dell’Agenzia Magnum Photos.

    A monte vi è la volontà di dare spazio allo sguardo dei grandi fotografi di Magnum sul tema della montagna da diverse angolature, ma anche di valorizzare il patrimonio umano di questo specifico luogo, la Val di Sole, raccontandone storie, tradizioni, impegno, scelte di vita e visioni per il futuro. Da qui nasce l’invito per una residenza in loco ad un fotografo di fama internazionale come il francese Jérôme Sessini, membro dal 2016 della Magnum Photos e Canon Ambassador. La scelta di Sessini non è casuale. “Sono nato e cresciuto nell’est della Francia, nel dipartimento di Vosges, un luogo montano – spiega- il fotografo – ho iniziato da autodidatta a vent’anni fotografando i paesaggi e le persone delle mie terre”.

    Primo risultato di questo lavoro è una selezione di fotografie che verranno collocate in un percorso outdoor. Prenderà avvio così il progetto del “Sentiero della fotografia”, un inedito e spettacolare percorso in cui le fotografie di Sessini stampate a grande formato e inserite in grandi cornici in legno del territorio, saranno collocate all’interno della Val di Sole e del Parco Nazionale dello Stelvio.

    Dodici sono i punti che costituiscono questo percorso, oltre una sezione ospitata presso Castello di Caldes: un numero simbolico come i Comuni che compongono la Val di Sole

    Il Sentiero della fotografia rappresenta un progetto unico nel suo genere dove un fotografo interpreta, con la propria sensibilità, un territorio e le sue genti e quello che ne emerge viene offerto a tutti esponendo queste fotografie d’autore in scenari unici per la loro bellezza naturalistica, sempre fruibile fino all’arrivo dell’inverno.

    Una sezione dedicata alle “persone della vallata” sarà allestita presso la cappella del castello di Caldes, arricchendo così il percorso espositivo della mostra “Vivere in alto”.

    Il Sentiero sarà individuabile grazie a mappe realizzate per l’occasione e al sito  www.ilsentierodellafotografia.eu che offrirà anche materiali extra per approfondire il progetto.

    Le fotografie di Sessini, quasi tutte in bianco e nero, ci forniscono una nuova lettura di queste montagne. Foto non urlate e appariscenti, ma silenziose che cercano di entrare in sintonia con la sostanza del vivere in alta quota e dei tempi annessi. Coloro che s’imbatteranno, in maniera più o meno consapevole, in queste fotografie saranno accompagnati a leggere in maniera più intima le montagne che amano.

    Il curatore del progetto Marco Minuz: “L’intento di questo progetto non è solo quello di leggere un territorio sotto nuovi punti di vista, ma favorire, negli stessi contesti dove sono nate le fotografie, un’educazione al vedere, all’osservare e a riflettere sul valore del vivere in montagna e riflettere sulle sfide di questi territori. Il lavoro di Jerome, così silenzioso, s’integra perfettamente nel contesto montano e favorisce consapevolezza dei luoghi”.

    Luciano Rizzi, presidente della APT Val di Sole, promotore del progetto: “Il Sentiero della fotografia rappresenta un progetto innovativo che incarna perfettamente il nostro impegno per rendere la cultura elemento strategico per lo sviluppo del nostro turismo; prende avvio il più alto percorso espositivo open air mai realizzato dedicato alla fotografia che coinvolge le comunità del nostro territorio”.

    Ancora Sessini: “Questo lavoro in Val di Sole mi ha permesso di lavorare in un contesto che è parte integrante della mia vita e che conosco bene. La forza e il silenzio delle montagne. Ha rappresentato un vero e proprio ritorno alle origini”.

    Il sentiero della fotografia. Jérôme Sessini

    Valle di Sole

    www.ilsentierodellafotografia.eu

    a cura di Marco Minuz

    Un progetto realizzato da Suazes con Magnum Photos insieme al Castello del Buonconsiglio, monumenti e collezioni provinciali, con il supporto del Parco Nazionale dello Stelvio

    Promosso dall’Azienda per il Turismo delle Valli di Sole, Peio e Rabbi, dai comuni della Val di Sole con il patrocinio della Provincia Autonoma di Trento.

    Partner culturale del progetto Canon Italia.

  • Dal 4 al 16 agosto al festival estivo di Salisburgo diretto da Cecilia Bartoli e con la regia di Rolando Villanzon

    Una nuova, insolita trasformazione per Arturo Brachetti, leggenda del quick-change e artista a tutto tondo, che questa volta approda nel mondo dell’opera in uno speciale Barbiere di Siviglia al Festival di Salisburgo, il più importante al mondo.

    La messa in scena dell’opera è diretta da Rolando Villanzon che per Brachetti ha ideato un nuovo personaggio, muto, un deus ex machina, presente in scena per tutta la durata dello spettacolo: Arturo, come il nome del suo interprete. Insieme a lui nei panni di Rosina troviamo Cecilia Bartoli, che è anche direttrice del Festival, Nicola Alaimo (Figaro), Alessandro Corbelli (Don Bartolo), Edgardo Rocha (il Conte), Ildebrando d’Arcangelo (Don Basilio).

    È stata proprio Cecilia Bartoli a chiedere a Villanzon di dirigere l’opera cercando di ritrovare la tradizione italiana della commedia dell’arte, espressa pienamente da Brachetti che riveste un ruolo centrale in tutta l’opera.

    Il regista ha trasposto l’azione dell’opera rossiniana agli anni ’30. La produzione gioca sul confine tra realtà e finzione cinematografica, ispirandosi ad altre contaminazioni famose come l’in and out del film di Woody Allen La rosa purpurea del Cairo e la poetica naif di Cinema Paradiso.

    Brachetti impersona un magazziniere impacciato di uno studio cinematografico dove si girano film muti, un mondo che lui sogna quotidianamente. Ma la sua fantasia viene travolta da una storia ancora più surreale: il film prende vita sul palcoscenico e lui si trova catapultato in esso.

    Il regista ha ripescato per questo spettacolo decine di routine comiche, lazzi e pantomime tipiche dei Fratelli Marx, di Buster Keaton e del cinema muto.

    Questo originale allestimento si è posto sin da subito all’attenzione del pubblico e della critica internazionale in occasione dell’edizione di Pentecoste del Festival, tanto che le repliche in programma dal 4 al 16 agosto sono totalmente sold-out.

    Arturo Brachetti, leggenda del trasformismo e tra gli artisti di teatro italiani più celebri nel mondo racconta “Cecilia Bartoli voleva fare il Barbiere il Siviglia con me e ha chiesto al regista Villanzon di creare un’idea originale. Lui ha avuto questa trovata incredibile che porta l’opera di Rossini direttamente nel XX secolo con un personaggio aggiunto, quello di Arturo, una specie di Mr. Bean artefice, complice e vittima di un sogno che sta tra l’opera, il cinematografo e la Commedia dell’arteAmmetto che non è stato facile, perché l’opera è diversa dal varietà, ma la commistione finale è unica ed eccezionaleIl Barbiere di Siviglia non è un’opera semplice perché è fatta di sottintesi, travestimenti, bigliettini scambiati, coincidenze e attimi brevissimi ma fondamentali per la dinamica comica della scena. Ho dovuto portare il mio knowhow in un mondo che non conoscevo ma che mi ha trasmesso un’energia straordinaria e un bagaglio di esperienza importante”.

    Non si tratta tuttavia del “vero” debutto di Brachetti nell’opera. In realtà, ancora ragazzo, interpretò uno dei toreri al seguito di Escamillo in occasione di una Carmen in scena al Teatro Regio di Torino.

  • Lunedì 15 agosto, dalle ore 15.30

    Caccia al Tesoro nel Parco del Castello di Miradolo (TO)

     

    Il Parco del Castello di Miradolo apre le porte anche a Ferragosto, come da tradizione, per una caccia al tesoro che condurrà alla scoperta delle capacità emotive delle diverse specie botaniche. 

    È possibile fare un pic-nic nel Parco con i cesti di Antica Pasticceria Castino. I cestini, confezionati artigianalmente possono essere ritirati direttamente nella Caffetteria del Castello dalle ore 12, previa prenotazione. Menù dedicati per adulti e per bambini. Costo: 10 euro cesto bimbi, 14 euro cesto adulti. Non è consentito il pic-nic libero.

     

    INFO

    Caccia al Tesoro nel Parco: lunedì 15 agosto, dalle ore 15.30

    Biglietti per l’attività: 5€, comprensivo di ingresso al Parco, adulti e bambini.

    Visite al Parco: per Ferragosto il parco apre da sabato 13 a lunedì 15 agosto, dalle 10 alle 19. Ultimo ingresso ore 17.30.

    Prenotazione consigliata : 0121 502761 prenotazioni@fondazionecosso.it

     

  • Mostra fotografica di Carla e Giorgio Milone

    Mostra promossa e realizzata dal Comune Sauze d’Oulx e Fondazione Torino Musei

    30 luglio – 4 settembre 2022

    Ufficio del Turismo – Sauze d’Oulx

     

    Il Comune di Sauze d’Oulx insieme alla Fondazione Torino Musei presentano nelle sale dell’Ufficio del Turismo di Sauze il progetto fotografico di Carla e Giorgio Milone, coppia di appassionati viaggiatori a cui il MAO Museo d’Arte Orientale di Torino dedicò nel 2018 l’esposizione fotografica Nomadi dell’Asia. Storie di donne e uomini tra steppe e altopiani.

    L’interazione tra uomo e montagna è il soggetto di questa mostra, che fa scoprire come una parete di roccia diventi focolare domestico in un remoto villaggio dell’Iran, o un pendio delle Ande divenga una scacchiera, stupefacente e abbacinante distesa a nido d’ape delle saline di costruzione incaica.

    Più a nord, aldilà degli Urali, le montagne si abbassano distendendosi negli immensi spazi della Siberia: oceani di tundre infinite, lande inospitali e difficili, abitate per nove mesi all’anno dalla notte polare, schiantate dal vento e dal gelo.

    Tra nevi perenni, tra pietraie e mulattiere, le vite si srotolano secondo ritmi ancestrali, l’uomo asseconda la natura e la piega all’approvvigionamento di ciò che serve per la sua sopravvivenza, propiziandola con riti apotropaici o semplicemente rivolgendole silenziose preghiere.

    Di fronte alla montagna l’uomo si può porre come il “Viandante sul mare di nebbia” di Caspar David Friedrich – assorto in contemplazione romantica di un paesaggio simbolico, oppure fare della montagna materia da scolpire, lavorare, decorare con graffiti e pitture, materia crudele da addomesticare per renderla cornice della vita quotidiana.

    La mostra fa parte delle attività della Fondazione Torino Musei che dal 2018 si è posta l’obiettivo di diventare un punto di riferimento per gli enti locali, pertanto alla gestione diretta di tre musei si è affiancata un’attività di sostegno allo sviluppo delle realtà culturali presenti sul territorio regionale.

    Carla e Giorgio Milone

    Dai tardi anni Sessanta Carla e Giorgio Milone, compagni di una vita, viaggiano per cercare, comprendere, scoprire angoli di mondo che riservano ancora delle sorprese e delle meraviglie. Disposti a tornare sugli stessi luoghi più volte, e quasi sempre verso regioni ai margini delle mete più celebrate, gli autori viaggiano per nutrire la curiosità e la consapevolezza, per cogliere i mutamenti e approfondire di ogni luogo gli aspetti della cultura e della presenza dell’uomo – ciò che vivifica e dà un senso al tutto.

    Molti viaggi, molti ricordi, molte immagini: Carla e Giorgio hanno dato vita negli anni a pubblicazioni e reportage fotografico-narrativi che raccontano il mondo in tutte le manifestazioni più seducenti e incantatrici

    Informazioni:

    L’uomo e la montagna Dal 30 luglio al 4 settembre 2022

    UFFICIO DEL TURISMO DI SAUZE D’OULX

    Viale Genevris 7 –  Sauze d’Oulx

    Ingresso libero

    Orari: dal lunedì alla domenica 9 -12.30 / 14.30 – 18.30

    info: tel. +39 0122858009 email info.sauze@turismotorino.org

  • Nell’ambito delle “Tre Terre Canavesane”, con i Comuni di Agliè e San Giorgio Canavese, Castellamonte si prefigge di offrire un’offerta unica nel segno della biodiversità, del gusto, dell’arte e della storia legata alla natura delle sue colline ricche di argilla.

    La 61ª MOSTRA DELLA CERAMICA di CASTELLAMONTE sarà inaugurata sabato 20 agosto e verrà dedicata ai Cento Anni della Scuola d’Arte “Felice Faccio”, oggi Liceo Artistico, che dall’anno della sua fondazione nel 1922 ad oggi è sempre stato un luogo di alta formazione educativa e importante centro culturale per il territorio. Per l’occasione, presso la scuola, verrà allestita una mostra del centenario che esporrà opere storiche e recenti dell’attività didattica della sezione ceramica.

    Viene riproposto il concorso “Premio Città di Castellamonte” che offre il confronto artistico, di ricerca tecnologica e stilistica.

    La Rotonda Antonelliana accoglierà le installazioni ceramiche degli artisti locali.
    Fra le arcate del Palazzo Antonelli, sede del Comune, saranno esposte le famose stufe di Castellamonte sia quelle della tradizione che quelle contemporanee di squisita fattura e sempre più famose nel mondo.
    Al primo piano del Centro Congressi “P. Martinetti” saranno presenti le ceramiche sonore, unitamente all’importante collezione di fischietti in terracotta donata dall’artista Giani Mario Clizia, invece al piano terra sarà allestita la mostra delle opere selezionate per il concorso internazionale “Ceramics in Love 2022”, dedicato in particolare alla Ucraina.

    Ma sono tantissimi, ben 15 tra pubblici e privati, i punti espositivi ognuno con le proprie peculiarità, disseminati per la città che daranno vita ad una rete espositiva che ha pochi eguali in Italia.

    Come per le precedenti edizioni, nei giorni prefestivi e festivi, è prevista una navetta per raggiungere i punti espositivi più dislocati dal concentrico e per visitare i suggestivi “castelletti”, da dove si ricava la famosa argilla rossa di Castellamonte.

    La mostra resterà aperta fino all’11 settembre 2022
  • Fino al 30 settembre 2022

    TUTTE LE GUERRE. Fotografie 1998-2019

    FRANCO PAGETTI 

    Vent’anni di conflitti raccontati in più di 250 foto da uno dei più autorevoli fotoreporter internazionali al Palazzo Senza Tempo di Peccioli (PI)

     

    Afghanistan, Kosovo, Timor Est, Kashmir, Palestina, Sierra Leone, Sud Sudan, Siria: Franco Pagetti, uno dei più autorevoli fotoreporter internazionali per Time, The New York Time, Le Monde, The Independent, ha trascorso vent’anni a fotografare la guerra confrontandosi ogni volta con la violenza e l’arbitrarietà dei conflitti.

    La mostra “Tutte le guerre. Fotografie 1998-2019” al Palazzo Senza Tempo di Peccioli (PI), inaugurata nell’ambito della kermesse Pensavo Peccioli curata da Luca Sofri, conduce i visitatori proprio dentro l’orrore della guerra, per dimostrarne la sua orribilità ed inutilità.

    Il collage di 250 foto del grande parallelepipedo centrale vuole testimoniare le sofferenze subite dalle vittime dell’assurdità della guerra, vuole raccontare l’annullamento dell’identità delle cose, degli spazi, della cultura, della storia e dell’educazione che ogni conflitto provoca, vuole infine mostrare l’umanità delle persone. In mostra, le foto della guerra in Iraq, dove Pagetti ha vissuto per sei anni, dal 2003 al 2008, raccontando la caduta del regime di Saddam Hussein, l’ascesa dei gruppi terroristici e insurrezionalisti e la guerra civile. Ma anche le storie e le immagini dall’Afghanistan che trasmettono la sua capacità empatica e l’assenza di pregiudizio. E poi, in una sala dedicata, The Veils of Aleppo, sulle tende di Aleppo, realizzato nel 2013, il reportage con cui Pagetti ha cambiato il modo di fotografare la guerra: i soggetti delle immagini non sono persone morte, ferite o armi, ma le tende colorate che vedeva per strada, rivelatrici della vita degli abitanti di una città devastata dai bombardamenti. Le tende a righe, un tempo tende da sole, sollevano una riflessione su come è cambiato il loro utilizzo: se prima erano un oggetto quotidiano per proteggere la privacy di una famiglia, o ripararsi dal sole, adesso sono cucite insieme dalle donne e messe in mezzo alle strade per proteggere gli uomini della famiglia dai cecchini. La serie di fotografie rappresenta “Una reazione umana – racconta Franco Pagetti – per proteggermi dall’orrore del mondo in cui camminavo: concentrarsi su un elemento di bellezza nel caos, o creare una distanza tra me e gli eventi. Io proteggevo la mia stabilità mentale, i siriani la loro vita”.  

    TESTO CRITICO

    L’invasione russa dell’Ucraina, le sue stragi e le sue distruzioni, le persone che sono vittime, sono di nuovo raccontate dalle immagini dei fotoreporter di guerra, anche in questi tempi di social network, influencer e cambiamenti nella comunicazione di ogni cosa. E sono immagini che da una parte sembrano sempre le stesse, per ogni guerra, e dall’altra rinnovano il loro effetto e la loro capacità di mostrare cose terribili e incredibili e che pensavamo lontane: lontane nel tempo o lontane nello spazio. Ma le guerre non hanno mai smesso di essere combattute e di essere usate per avidità, prepotenza, ignoranza, e niente come le immagini dei fotoreporter ha cercato di ricordarcelo anche negli anni passati, quando la guerra in Europa ci sembrava impensabile. Le foto di Franco Pagetti, fotoreporter che ha seguito alcune delle guerre recenti più lunghe e gravi, sono fra quelle che con più insistenza e professionalità hanno anticipato quello che saremmo tornati a vedere quest’anno. 

    Luca Sofri, curatore di Pensavo Peccioli

    BIOGRAFIA DI FRANCO PAGETTI

    Franco Pagetti, nasce a Varese nel 1950. Studia chimica a Milano. Si avvicina alla fotografia nel 1980: inizialmente come assistente della fotografa di architettura Carla De Benedetti ma in seguito inizia a produrre immagini per i mondi della moda e commerciale. Nella sua prima vita da fotografo, da metà anni Ottanta a metà anni Novanta, collabora con i giornali italiani Vogue, Elle, Marie Claire, Amica. Mentre firma campagne pubblicitarie internazionali, nel 1988 realizza il suo primo reportage sulle donne torturate dal regime cileno. Nel 1997, decide di dedicarsi esclusivamente al fotogiornalismo.

    A quasi cinquant’anni inizia la sua seconda vita, che nel 2007 lo vede diventare membro della nota agenzia VII, di cui fa tuttora parte. Copre le zone di conflitto più calde: nel 1998 è in Sudan del Sud e in Afghanistan, dove torna nel 2001, nel 2009 e nel 2010; nel 1999 è in Kosovo e a Timor Est, nel 2000 e nel 2001 è in Kashmir; nel 2000 in Sierra Leone e nel 2001 e 2002 in Palestina. Le sue fotografie di guerra ritraggono esseri umani in condizioni estreme e si fanno testimonianza di atti di incredibile eroismo. Ma anche di enormi brutalità. I suoi reportage vengono pubblicati in America su Newsweek, The New York Times, The New Yorker, Stern, Sunday TimesVogue America e in Europa su Le Figaro, Paris Match, Le Monde, The Times of London, The Independent. Per il settimanale TIME, da gennaio 2003 fino a dicembre 2008 è in Iraq dove, grazie al suo intuito, arriva già tre mesi prima dell’invasione americana di Baghdad che segna l’inizio della guerra. Le sue immagini dal fronte sono uno fra i più accurati e completi reportage dall’Iraq, catturano gli orrori della guerra, i saccheggi, le battaglie, la formazione di gruppi di ribelli e di terroristi: l’inesorabile discesa verso una sanguinosa guerra civile nonostante la flebile speranza di rinascita dopo la caduta del regime di Saddam Hussein. Nel 2012, al Pictures of the Year International Contest gli è stato conferito l’Award of Excellence e, sempre nel 2012 ha ricevuto una nomination agli Emmy Awards for News & Documentary, per il documentario: DRC, Starved For Attention. New York. Nel 2012 e nel 2013 viene premiato al PX3 PRIX DE LA PHOTOGRAPHIE PARIS e la regista Aeyliya Husain gira un film su di lui, Shooting War, presentato al Tribeca Film Festival. Le sue fotografie sono state esposte in numerose mostre nazionali e internazionali e fanno parte di collezioni private e istituzionali.

  • “La Pittura dell’Immaginifico” degli artisti toscani Claudio Cargiolli, Marco Manzella e Alessandro Tofanelli in mostra, dal 4 al 31 agosto 2022, presso il Museo Le Stanze della Memoria di Barga (LU).

    Presentata da Giovanni Faccenda, l’esposizione è organizzata da Bernabò Home Gallery con il patrocinio del Ministero della Cultura, del Consiglio regionale della Toscana, della Provincia di Lucca e del Comune di Barga, grazie al contributo di Idrotherm 2000 S.p.a.

    L’inaugurazione si terrà giovedì 4 agosto alle ore 18.00, alla presenza di Caterina Campani, sindaco del Comune di Barga, di Laura Piangerelli di Bernabò Home Gallery, degli artisti e della curatrice.

    Il titolo della mostra – “La Pittura dell’Immaginifico” – fa riferimento alla preponderante assenza di tempo che caratterizza le opere esposte, fatte di materia concreta e di luce labile, di piccoli dettagli che celano un mondo. Luoghi astratti, luoghi onirici, luoghi effimeri, che risuonano tra le pietre di Barga, il borgo dell’arte, amato e apprezzato da artisti e poeti.

    «Barga – spiega Caterina Campani – ha una vocazione di città aperta all’arte. Barga è un luogo di fascino e tradizione dove troviamo case di pittori che ne hanno scritto la storia; artisti che hanno scelto la cittadina come musa ispiratrice. Borgo d’arte di influenza fiorentina e ricco di gallerie, mostre ed eventi a carattere nazionale ed internazionale, capace di attrarre turismo d’eccellenza da tutte le parti del mondo».

    Il percorso espositivo, allestito all’interno del Museo Le Stanze della Memoria, comprende oltre trenta dipinti, molti dei quali inediti, realizzati da Claudio Cargiolli (Ponzanello,1952), Marco Manzella (Livorno, 1962) e Alessandro Tofanelli (Viareggio, 1959).

    «In un ordine esclusivamente alfabetico – scrive Giovanni Faccenda – conosciamo Claudio Cargiolli quale virtuoso interprete di un surrealismo colto, nobilitato da endogene influenze che rimandano agli aristocratici antichi: dai Maestri primitivi a quelli del Rinascimento italiano. Marco Manzella, diversamente, appare piuttosto cantore ispirato di un realismo diresti talora nostalgico, continuamente impreziosito da riflessi memoriali, abbandoni che indovini personali, sia quando essi appartengono alla sfera delle illusioni o a quella, più amara, dei disincanti. Di Alessandro Tofanelli potremmo invece sottolineare come siano, invero, tutti autoritratti sentimentali i soggetti dei suoi dipinti: luoghi, scorci, vedute e visioni che appartengono alla sua vita di uomo e di artista quali appigli o – per meglio dire – riferimenti essenziali, cardini imprescindibili quando i dubbi si addensano nella mente senza il conforto di alcuna, remota, fuggevole certezza. Ecco, allora, la pittura intervenire salvifica, mostrando ai più sensibili orizzonti della mente dove ancora sia dato di incontrare qualche riverbero evanescente di utopie mai tramontate, gli ultimi bagliori di sogni ad occhi aperti, la scia luminosa di una ormai sperduta stella polare».

    “La Pittura dell’Immaginifico” è la prima mostra pubblica promossa da Bernabò Home Gallery a Barga, luogo scelto da Laura Piangerelli per l’apertura di un nuovo spazio espositivo in aggiunta alla sede storica di Trezzo sull’Adda (MI). «Barga città onirica, al di là dall’apparire fenomenico – annota la gallerista. Barga città di pietra, sospesa su una nuvola».

    L’esposizione è visitabile tutti i giorni con orario 10.30-12.30 e 17.30-22.30. Ingresso libero. Catalogo edito dalla Regione Toscana disponibile in mostra con i testi istituzionali di Caterina Campani, sindaco del Comune di Barga, e di Eugenio Giani, presidente del Consiglio regionale della Toscana, la prefazione di Giovanni Faccenda, un testo storico di Lucia Morelli, una riflessione della gallerista Laura Piangerelli e un ricco apparato iconografico. Per informazioni e approfondimenti: www.bernabohomegallery.it, www.comune.barga.lu.it.

    Claudio Cargiolli nasce a Ponzanello nel 1952, piccolo borgo nei pressi di Fosdinovo (Massa Carrara). Ha frequentato il Liceo Artistico e poi in seguito l’Accademia di Belle Arti di Carrara, città dove vive e lavora. Fin dall’inizio, curioso, libero, privilegia l’immaginazione e la fantasia, lontano da ogni concessione alle mode, ma sempre attento e rigoroso nel ricercare la buona pittura e nello sperimentare le antiche tecniche e gli artifici pittorici a lui più congeniali. Giovanissimo partecipa, dal 1968 in poi, a numerose rassegne di pittura. La sua prima mostra personale si colloca nel 1971, presso la galleria “Fillungo” di Lucca, curata dal critico e grande storico dell’arte Pier Carlo Santini, che lo seguirà per molti anni nella sua ricerca artistica. Con queste precoci esperienze, continua il suo percorso fino a diplomarsi all’Accademia nel 1974. La pittura di quegli anni, di formazione, di ricerca, di sperimentazione, si caratterizza con una produzione dominata da soggetti enigmatici, figure dai volti cancellati e composte per frammenti. Dal 1983 e negli anni a seguire, Cargiolli riesce ad assegnare ordine alle sue visioni e forma ai suoi sogni, la pittura prende a consolidarsi proprio nella misura in cui i volumi, le forme e gli oggetti, si collocano sulla tela in un racconto fantastico. Gli accostamenti al limite dell’incongruenza fra scene, visioni e descrizioni diverse, concorrono alla costruzione di una realtà metafisica, soffusa di poesia, irreale e tuttavia rasserenante, pur nella sua impossibilità. Tale processo di ricerca e lavoro si incrementa e si concretizza dalla seconda metà degli anni ‘80; da quel periodo inizia, infatti la collaborazione con la galleria Forni di Bologna e il ciclo di esposizione di alto prestigio in Italia ed all’Estero. Da segnalare fra le numerose mostre personali e partecipazioni collettive, le antologiche svoltesi a Palazzo Ducale di Massa e Palazzo Ducale di Urbino. Oggi Cargiolli, nel suo incessante perfezionarsi, compone immagini sempre meno affollate, immagini ad alta definizione, trasognate, pure, atemporali, destinate ad un colloquio privato, fino a condensarsi in una tenerezza di affetti che sono degli autentici atti d’amore.

    Marco Manzella, nato a Livorno nel 1962, dopo il Liceo Artistico si è diplomato in restauro, occupandosi per diverso tempo di dipinti murali e tecniche artistiche antiche, per poi dedicarsi definitivamente alla sola pittura. Ha iniziato l’attività espositiva nel 1985 sviluppando il suo interesse per alcuni episodi della pittura toscana quattrocentesca e per l’arte figurativa della prima metà del ‘900. Alla fine degli anni ‘90 inizia un avvicinamento alla pittura figurativa dell’area anglosassone, soggiornando a lungo negli Stati Uniti. A partire da questo periodo gli interni dei primi anni si aprono verso visioni ricche di colori caldi dove l’elemento acqua prende sempre una maggiore importanza. Nel 1998 partecipa al Plein-air Internazionale di Mirabel, organizzato dalla città di Darmstadt (D) iniziando un fruttuoso rapporto con alcune gallerie tedesche. Inoltre, da sempre attratto dalla cultura iberica, dal 2001 il suo lavoro viene riconosciuto anche in Spagna con una serie di mostre in spazi istituzionali. Nel 2004 i Laboratoires Boiron di Lione hanno scelto un suo dipinto per una loro campagna pubblicitaria in Francia. Nei lavori degli ultimi anni si conferma la vocazione per una pittura di forte valore narrativo. Alcune composizioni recuperano il tema del paesaggio, immaginato però come costruzione artificiosa staccata da qualsiasi riferimento ad un luogo reale. Parte della sua produzione è dedicata alla grafica, che comprende disegni ed acqueforti. Ha collaborato nel corso degli anni con numerose gallerie italiane (tra queste Stefano Forni, Bologna; Poggiali e Forconi, Firenze; Entroterra, Milano) e straniere (Galerie Artis, Darmstadt; Jorge Alcolea, Madrid e Barcellona). Vive e lavora a Viareggio e Brescia.

    Alessandro Tofanelli è nato a Viareggio nel 1959. Si è diplomato all’Istituto d’arte di Lucca e ha frequentato l’accademia di Brera a Milano. Durante la sua permanenza a Milano Tofanelli ha collaborato come illustratore per importanti riviste pubblicate da Rizzoli e Mondadori. Nel 1973 ha vinto due borse di studio offerte dalla Banca Mercantile per l’Università Internazionale dell’Arte e nel 1975 il premio “La Resistenza” e il primo premio al concorso internazionale “INA-Touring” a Palazzo Strozzi di Firenze. Nel 1984 ha vinto il premio “Giotto d’Oro” e nel 1987 il premio “Under 35” a Bologna, il premio “Onda Verde” a Firenze e il premio internazionale “Ibla Mediterraneo”. Nel 2011 è stato pubblicato un racconto di Antonio Tabucchi ispirato ad un suo dipinto (A. Tabucchi, “Racconti con figure”, Palermo, Sellerio, 2011). Diverse case d’asta internazionali trattano i suoi dipinti, tra queste Christie’s di Londra. Le sue opere pittoriche fanno parte di importanti collezioni private e pubbliche, nazionali e internazionali. Alessandro Tofanelli ha sempre unito la sua pittura al suo lavoro di fotografo professionista, video-documentarista e regista. Nel 2005 è uscito il suo primo lungometraggio come sceneggiatore e regista, “Contronatura”, che ha vinto il Premio speciale della giuria al Festival di Viareggio Europacinema e il Festival Nice di New York e San Francisco del 2005-2006. Nel 2012 ha completato il secondo lungometraggio, “Il segreto degli alberi”, e ha vinto il Premio Monicelli al Festival di Viareggio Europacinema.

    Bernabò Home Gallery è una galleria specializzata in arte moderna e contemporanea. Lo spazio nasce da un’esperienza professionale pluridecennale e ospita le importanti personali di alcuni dei più grandi nomi del panorama artistico del ‘900 e contemporaneo. Bernabò Home Gallery propone nei propri spazi, dipinti e sculture con un focus particolare rivolto verso opere grafiche dei grandi maestri nazionali e internazionali. La mission della Home è di proporre a visitatori e collezionisti, mediante le opere proposte, un percorso culturale attraverso i maggiori movimenti artistici del secolo scorso, che prosegue con i linguaggi contemporanei degli artisti rappresentati. Un’attenzione particolare e scrupolosa viene riservata al livello esecutivo delle opere proposte; considerando sia il livello tecnico del manufatto, che l’originalità del linguaggio. L’attenzione e la cura dei particolari fanno della galleria un luogo dove una passione personale, negli anni, si è evoluta e trasformata in autentica professionalità.

    Il Museo Le Stanze della Memoria è ubicato in un palazzo del centro storico di Barga realizzato attorno al 1500; per generazioni qui vi abitarono le famiglie Colognori, che si distinsero per le loro notevoli qualità di ebanisti e mobilieri apprezzati anche oltre il territorio di riferimento. L’edificio fu poi distrutto dai bombardamenti dopo lo sfondamento del fronte il 26 dicembre del 1944. Per anni ridotto a un cumulo di macerie, è stato poi recuperato dall’Amministrazione comunale per destinare lo spazio a luogo della memoria così come testimoniano anche le diverse targhe in pietra apposte sui muri esterni dell’edificio in ricordo di eventi importanti per la cittadina e di personalità care alla comunità di Barga. Il Museo è stato inaugurato il 31 marzo del 2007 in occasione del bicentenario Garibaldino con una mostra di documenti e cimeli dedicata a Garibaldi.

    Da allora il Museo ha ospitato importanti mostre d’arte, diventando uno dei luoghi della cultura di Barga.

  • Nella notte tra il 4 ed il 5 agosto del 1962 Marilyn Monroe morì, suscitando il clamore e l’interesse dell’opinione pubblica statunitense e mondiale.

    Mentre la versione ufficiale dichiarò il suicidio per un mix di barbiturici, tante furono le tesi controverse sul suo decesso, tra cui morte per omicidio commissionato da Robert Kennedy e commesso dal Dottor Ralph Greenson – psichiatra di Marilyn – con un’iniezione letale; oppure omicidio perpetrato dalla mafia di Chicago per vendicarsi dei Kennedy.

    Qualunque fosse stata la causa, Norma Jean Baker, in arte Marilyn Monroe, lasciò un vuoto incolmabile. Il mondo fu sconvolto al punto che una settimana dopo si registrò un’impennata di suicidi: nella sola città di New York ben dodici nello stesso giorno. Una delle vittime lasciò addirittura un biglietto che recitava: “Se la più meravigliosa cosa nel mondo non ha avuto niente per cui valesse la pena vivere, allora neanch’io”.

    Poco più di dieci anni dopo Elton John dedicò alla scomparsa della diva delle dive la famosa canzone “Candle in the Wind” per celebrare la fragile esistenza della Monroe; brano solo successivamente riadattato per commemorare la principessa Diana.

    Dopo la morte di Marilyn si comprese ancor di più anche l’amore che Joe Di Maggio, suo secondo marito, nutriva per lei: per oltre trent’anni ogni settimana fece recapitare sulla sua tomba un mazzo di rose, il suo fiore preferito. Al contrario nulla fece Arthur Miller, terzo marito di Marilyn, che non si presentò neanche al suo funerale, nonostante una storia d’amore importante (come viene mostrato nella mostra Forever Marilyn grazie al documentario di Sky Arte “Artists in Love”).

    Da quella notte del 1962 il mito di Marilyn è cresciuto nel tempo e rimane immutato ancora oggi, così come cristallizzato ed eterno è il sorriso nelle sue foto. Le più iconiche, come quella col vestito svolazzante sulla metropolitana di New York (nella pellicola “Quando la moglie è in vacanza”) sono a firma dell’amico storico della Monroe, Sam Shaw. Esposte, con scatti a colori e in bianco e nero, nella mostra Forever Marilyn.

    Insieme alle foto sono presenti nell’esposizione oltre sessanta memorabilia originali: articoli di bellezza, abiti, scarpe, foto e oggetti personali e di scena.

    Il proprietario dei memorabilia, il tedesco Ted Stampfer – maggior collezionista al mondo di oggetti di e su Marilyn ­– ha raccontato all’opening della mostra torinese: “Alla morte di Marilyn tutti i suoi averi furono ritirati alla rinfusa in bauli che furono riaperti solo dopo circa 37 anni. Solo nel 1999 infatti case d’asta come Christie’s e Julien’s resero pubblici i beni personali della Monroe. Si trovarono così reperti assolutamente eccezionali come piccole macchie di sudore sugli abiti, le impronte digitali di Marilyn sulla crema viso ormai seccata e i suoi capelli negli oggetti da toilette. Nella mostra di Stupinigi il pubblico potrà notare che in uno dei quattro bigodini esposti c’è ancora un capello biondo…”.

    Per commemorare Marilyn lo staff di Next Exhibition ha deciso di organizzare un evento speciale proprio per la sua ultima serata, giovedì 4 agosto.

    Forever MARILYN The Exhibition – che solitamente chiude il giovedì alle ore 18 – riaprirà dalle 19 fino alle 23, con ultimo ingresso alle ore 22.

    Nel viale antistante la Palazzina di Caccia di Stupinigi verranno esposte delle bellissime auto americane in collaborazione con il partner della mostra West Custom Italy e ulteriore protagonista dell’evento la matrice di un camion interamente brandizzata a tema Marilyn con luci e musica, opera customized da Andrea Sandrone.

    E per accompagnare la visita in questa serata estiva un corner food and drink, in collaborazione con GusTo Italia per chi volesse gustare una bibita fresca o un piatto in stile americano.

     

    E’ possibile acquistare i biglietti per la serata già in prevendita con il circuito Ticket Master.
    Sarà anche attiva la biglietteria della mostra la sera dell’evento.

    Biglietto intero: 12 euro
    Biglietto ridotto (partners, under 12 anni, over 65 anni e studenti universitari): 10 euro

    Per ulteriori informazioni e/o per prenotazione gruppi è possibile scrivere all’indirizzo e-mail
    info@forevermarilyn.it

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