Categoria: Mostre

  • Visitata da oltre 90.000 persone, la #mostra sarà aperta straordinariamente di sera ogni sabato e domenica fino alla chiusura del 15 marzo

    Fino al prossimo 15 marzo, per soddisfare la grande richiesta del pubblico che, dall’inaugurazione fino a oggi, ha superato la soglia dei 90.000 visitatori, la mostra Canova. Eterna bellezza proseguirà con le aperture straordinarie serali tutti i sabati e le domeniche fino alle ore 22.00 (chiusura biglietteria alle 21.00).

    Il prolungamento di orario – che si aggiunge a quello di apertura ordinaria tutti i giorni dalle 10.00 alle 19.00 con ultimo ingresso alle 18.00 – partirà sabato 11 e domenica 12 gennaio,per proseguire sabato 18 e domenica 19 gennaio, sabato 25 e domenica 26 gennaio, sabato 1 e domenica 2 febbraio, sabato 8 e domenica 9 febbraio, sabato 15 e domenica 16 febbraio, sabato 22 e domenica 23 febbraio, sabato 29 febbraio e domenica 1 marzo, sabato 7 e domenica 8 marzo, sabato 14 e domenica 15 marzo 2020.

    Per i possessori della MIC card è previsto l’ingresso alla #mostra con biglietto ridotto.

    La MIC può essere acquistata da tutti i maggiorenni che siano residenti o studenti in atenei pubblici e privati o domiciliati temporanei a Roma e nella città metropolitana di Roma e al costo di 5 euro dà diritto per 12 mesi all’ingresso illimitato in tutti i siti del sistema Musei in Comune e a speciali riduzioni, tra l’altro, per le grandi mostre che si svolgono al Museo dell’Ara Pacis e al Museo di Roma. Tutte le info su www.museiincomuneroma.

    La #mostra – promossa dall’Assessorato alla Crescita culturale di Roma Capitale, prodotta dalla Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali e Arthemisia, e organizzata con Zètema Progetto Cultura – è curata da Giuseppe Pavanello e realizzata in collaborazione con l’Accademia Nazionale di San Luca e con Gypsotheca e Museo #antoniocanova di Possagno.

    L’esposizione vanta oltre 170 opere provenienti dalle maggiori collezioni pubbliche e private di Canova che comprendono anche esemplari di artisti a lui contemporanei.

    Incorniciate all’interno di un allestimento di grande impatto visivo e raccolte in 13 sezioni, le opere in #mostra raccontano l’arte canoviana e il contesto che lo scultore trovò giungendo nell’Urbe nel 1779. Attraverso ricercate soluzioni illuminotecniche, lungo il percorso espositivo è rievocata la calda atmosfera a lume di torcia con cui l’artista, a fine Settecento, mostrava le proprie opere agli ospiti, di notte, nel suo atelier di via delle Colonnette

     

  • Siamo tutti invitati al Tea Party più pazzo del mondo. Il Victoria & Albert Museum di Londra inaugura a giugno 2020 Alice: Curiouser and Curiouser, una mostra immersiva e teatrale dedicata al capolavoro di Lewis Carroll.

    Sono passati 157 anni dall’uscita di Alice nel Paese delle Meraviglie: un grande classico che non ha mai smesso di ispirare il cinema, la fotografia, l’arte, il teatro e la musica.

    Partendo dal fascino senza fine della piccola Alice, calata in un modo fantastico e psichedelico, questa mostra esplorerà le origini, gli adattamenti e le reinvenzioni del libro, diventando probabilmente l’indagine più approfondita del fenomeno Alice.

    Più di 300 oggetti, set teatrali, proiezioni digitali su larga scala e ambienti immersivi che partono dalle origini del romanzo (in esposizione ci sarà anche il manoscritto originale) per raccontare tutte le interpretazioni successive da parte di artisti di tutto il mondo: da Salvador Dalí ai Beatles, dalla rapper Little Simz al fashion designer Thom Browne, dalla stilista Iris van Herpen ai fotografi Tim Walker e Annie Leibovitz.

    La mostra divisa in 5 sezioni a tema – Creating Alice, Filming Alice, Reimagining Alice, Staging Alice e Being Alice – è stata progettata dal designer Tom Piper, noto soprattutto per i suoi progetti scenici per la Royal Shakespeare Company e il V&A così come per la sua installazione di papaveri nella Torre di Londra.

    E arriva a Londra, come prima tappa europea di un tour mondiale, dopo l’anteprima all’Australian Centre for the Moving Image di Melbourne e all’ArtScience Museum di Singapore.

    Alice: Curiouser and Curiouser resterà aperta dal 27 giugno 2020 al 10 gennaio 2021 alla The Sainsbury Gallery del Victoria & Albert Museum.

  • 51.661 sono i biglie􏰁tti staccati􏰀 complessivamente alla Venaria Reale dal 21 dicembre 2019 al 6 gennaio 2020 (con soli 3 giorni di chiusura: lunedì 23 e 30 dicembre, e il giorno di Natale) molti turisti􏰀 da fuori Piemonte, nord est, centro Italia in par􏰀colare, con presenze anche di stranieri.

    Con il giorno dell’Epifania si è conclusa la mostra David LaChapelle. Atti􏰁 divini. 66.803 è il numero di visitatori, comprensivo del calcolo degli ingressi con gli abbonamenti􏰀, in 178 giorni di apertura.

    Il numero complessivo di biglietti􏰁 staccati􏰀 nel corso del 2019 alla Venaria Reale sono stati 837.093.

  • Il 2020 si apre all’insegna dell’arte con un lungo fine settimana inaugurato dalla #domenicalmuseo il 5 gennaio con l’ingresso gratuito in tutti i musei e i parchi archeologici dello Stato e dei tanti comuni che aderiscono all’iniziativa.
    L’elenco degli istituti coinvolti è visibile su www.beniculturali.it/domenicalmuseo.

    Lunedì 6 gennaio si terrà poi l’apertura straordinaria dei luoghi della cultura statali in occasione dell’Epifania, con i consueti orari e tariffe.
    L’elenco degli istituti coinvolti è visibile su www.beniculturali.it/epifania

    Per la prima domenica gratuita del nuovo anno, la campagna digitale del MiBACT sarà dedicata alla seconda edizione di Fumetti nei Musei in mostra gratuitamente per il periodo delle festività all’Istituto della Grafica di Roma, mentre una calza speciale, scelta tra le opere conservate nel museo della pubblicità Salce di Treviso, segnerà sui social l’apertura straordinaria dei musei nel giorno della befana.

     

  • Ancora crescita per i Musei Reali che registrano +6,5% visitatori percentuale che, se incluse le mostre, sale a +15%

    Il 2019 dei Musei Reali di Torino si chiude con un incremento di pubblico del 6,5% rispetto al 2018, per un totale di 492.136 visitatori, a cui si aggiungono i 102.465 delle mostre del 2019, che fanno salire la percentuale a +15% rispetto all’anno precedente.

    Un dato che si rispecchia anche nell’attività dei canali ufficiali social dei Musei Reali, anch’essi in crescita; tra tutti spicca Instagram che registra +10.000 follower rispetto al 2018 (26.130 fan complessivi), ma sono in costante aumento anche Facebook (36.431 like sulla pagina) e Twitter (12.115 follower).

    L’anno appena trascorso ha visto il succedersi di mostre, insieme a numerose novità e riconoscimenti.

    Primo fra tutti, l’European Heritage Award/Premio Europa Nostra 2019, ricevuto a Parigi per i lavori di recupero della Cappella di Guarino Guarini nella categoria Conservazione. Il premio è indetto dalla Commissione Europea e da Europa Nostra, importante rete per il patrimonio che ogni anno celebra e promuove le eccellenze culturali.

    L’anno si è aperto con la mostra dedicata ad Antoon van Dyck. Pittore di corte (dal 16 novembre 2018 fino al 17 marzo 2019) pittore ufficiale delle più grandi corti d’Europa che ritrasse principi, regine, gentiluomini e nobildonne delle più prestigiose dinastie dell’epoca. Attraverso un percorso espositivo strutturato in quattro sezioni, la mostra (prodotta da Arthemisia) presentava 45 tele e 21 incisioni dell’artista che rivoluzionò l’arte del ritratto del XVII secolo.

    Riunendo i due principali nuclei di opere conservate alla Galleria Sabauda di Torino e alla Banca d’Italia di Roma, nelle Sale Chiablese, nel 2019 si è svolta la mostra Riccardo Gualino collezionista e imprenditore, attraverso la quale il pubblico ha potuto conoscere meglio una delle figure torinesi più significative del ‘900 italiano e la sua straordinaria storia. La mostra è tutt’ora in corso al Musée des Beaux Arts di Chambéry, in Francia.

    Soprattutto, il 2019 è stato l’anno di Leonardo, a cui i Musei Reali hanno dedicato la mostra Leonardo da Vinci. Disegnare il futuro. Il percorso espositivo, costruito sulla base del nucleo di disegni autografi conservati nella Biblioteca Reale. Una straordinaria raccolta di opere, databili all’incirca tra il 1480 e il 1515, diverse per soggetto e per ispirazione, in grado di documentare l’attività di Leonardo dalla giovinezza alla piena maturità. In mostra, tra gli altri, il Codice sul volo degli uccelli e il celeberrimo Autoritratto.

    Due opere recentemente tornate visibili al pubblico, grazie alla mostra Il tempo di Leonardo 1452-1519 (fino all’8 marzo 2020 in Biblioteca Reale). L’esposizione ripercorre un periodo di grande fermento culturale in cui si incrociarono accadimenti, destini e storie di grandi protagonisti del Rinascimento.

    Proseguono per i primi mesi del 2020 anche Pelagio Palagi a Torino. Memoria e invenzione nel Palazzo Reale, in Galleria Sabauda fino al 9 febbraio e la mostra internazionale Konrad Mägi. La luce del Nord (Sale Chiablese, fino all’8 marzo) realizzata in collaborazione con il Museo Nazionale d’Arte dell’Estonia.

    Tre sono le mostre già annunciate per i mesi successivi e che saranno presentate nelle prossime settimane in una conferenza stampa dedicata alle iniziative del 2020.

    Si inizia il 2 aprile con il fascino millenario di Cipro, cuore del Mediterraneo e ponte tra Oriente e Occidente, protagonista della mostra internazionale Cipro. Crocevia delle civiltà (fino al 20 settembre 2020, realizzata in collaborazione con l’Università degli Studi di Torino). La collezione del Museo di Antichità è arricchita da prestiti unici per la prima volta in Italia provenienti da illustri istituzioni straniere, tra cui il British Museum di Londra, il Metropolitan Museum of Art di New York, il Fitzwilliam Museum di Cambridge, Medelhavetmuseet di Stoccolma, il Kunsthistorisches Museum di Vienna e il Museo di Cipro a Nicosia.

    Dal 24 ottobre fino al 7 marzo 2021, le Sale Chiablese ospitano Capa in color, la mostra curata dall’International Center of Photography (ICP) di New York che presenta per la prima volta al grande pubblico le fotografie a colori di Robert Capa

    Le celebrazioni in occasione dei cinquecento anni dalla morte di Raffaello vedranno una mostra dedicata al grande maestro del Rinascimento, in Galleria Sabauda dal 30 ottobre 2020 al 14 marzo 2021.

    Uno speciale approfondimento infine sarà dedicato al Barocco, con mostre, concerti e percorsi di visita dedicati che si terranno da marzo a settembre 2020.

  • La mostra racconta il talento, la creatività e la sapienza artigianale della Sartoria Annamode che, dagli anni ‘50, continua con passione a realizzare abiti che hanno reso i nostri costumisti famosi a livello internazionale.

    È a questo insieme di conoscenza, attenzione, arte e manualità che la mostra vuole rendere omag­gio rivelando da vicino quel mondo, fatto di capacità, amore e passione.

    In un visionario percorso espositivo sono messe in scena le “opere” più rappresentative della sartoria dagli anni della “Dolce vita” ai nostri giorni con costumi realizzati per grandi produzioni internazionali.

    Sono parte integrante del racconto le immagini multimediali che consentiranno al pubblico di immergersi nel mondo magico del cinema, in un laboratorio virtuale – ricco di tessuti e colori e accessori – e vivere il mondo affascinante dove l’arte, l’artigianato, il cinema si fondono per trasformare gli attori in personaggi. Apre e chiude la Mostra un omaggio a Federico Fellini e a Piero Tosi, alla loro straordinaria moder­nità e inventiva. In questa sezione saranno esposti gli abiti di plastica della sfilata dell’episodio di Toby Dammit dal film Tre Passi nel Delirio (1968), la cui realizzazione è stata assolutamente inno­vativa per l’epoca e che non sono quasi mai stati esposti per la loro delicatezza e la estrema rarità.

     

    Nell’immagine allegata, abito disegnato da Piero Tosi e realizzato da ANNAMODE per il film Tre passi nel delirio  ep. Toby Dammit di Federico Fellini. Seguirà, appena disponibile, immagine guida della mostra ancora in fase di lavorazione.

  • Cristo morto nel sepolcro e tre dolenti di Andrea Mantegna fu realizzato dall’artista per la propria devozione e fu trovato al momento della sua morte.

    Andrea MantegnaCristo morto nel sepolcro e tre dolenti, 1483 circa, tempera su tela, 66 x 81 cm. Milano, Pinacoteca di Brera

    Descrizione

    Il corpo di Cristo giace inerme su di una lastra di fredda pietra coperta da un lenzuolo. Un telo protegge il cadavere dal bacino ai piedi che rimangono esposti e mostrano le ferite dei chiodi sulle piante. Il capo di Gesù poggia su di un cuscino rettangolare mentre le braccia sono abbandonate lungo i fianchi. Sul dorso delle mani sono evidenti i fori dei chiodi. A destra, ai lati del cuscino, è visibile il contenitore di unguenti, utilizzato per preparare il corpo alla sepoltura. A sinistra, verso l’alto del dipinto, vi sono i dolenti che piangono e vegliano il corpo. Si tratta, probabilmente di Maria, san Giovanni e la Maddalena. La Vergine si asciuga le lacrime con un fazzoletto. Il giovane apostolo ha le mani giunte. Infine la Maddalena è in ombra.

    Interpretazioni e simbologia

    Il modello iconografico del dipinto di Mantegna deriva dalla tipologia tradizionale del Compianto sul Cristo morto. Secondo tale tema il corpo di Cristo, ormai esanime, è posato sulla pietra e unto con i balsami della sepoltura. Intorno a Gesù sono riuniti i dolenti che piangono la sua morte. Inoltre, come previsto dalla tradizione le ferite di Cristo sono ben esposte alla vista dei fedeli.

    I Committenti, le collezioni e la storia espositiva

    La destinazione del dipinto era, probabilmente la devozione privata del Mantegna. Del dipinto conosciuto con il titolo Cristo morto nel sepolcro e tre dolenti esistono diverse varianti. L’opera esposta presso la Pinacoteca di Brera di Milano, secondo l’ipotesi più accreditata, è quella che fu ritrovata nello studio del Mantegna dopo la sua morte. Il figlio dell’artista, Ludovico la vendette poi al cardinale Sigismondo Gonzaga, nel 1507. Nel 1531 il dipinto decorò, forse, il camerino di Margherita Paleologa, sposa di Federico Gonzaga. Da questo momento dell’opera non vi sono tracce precise. Fu, poi, inventariata tra i beni dei signori di Mantova nel 1627. Da questa data le tracce del dipinto sono confuse.

    Infatti i documenti che ne attestano i passaggi di proprietà sono pochi e non precisi. Nel 1628 il dipinto divenne proprietà di Carlo I d’Inghilterra, insieme ad altre opere della collezione dei Gonzaga. Passò, poi, al mercato antiquariale e, quindi, al cardinale Mazarin. L’opera seguì, poi, la sorte della collezione dispersa del religioso e di essa si perdono le tracce per più di cento anni.

    Nel 1806, Giuseppe Bossi, segretario della Pinacoteca di Brera, convinse il Canova a mediare l’acquisto del Cristo morto. Il dipinto giunse, così, a Brera nel 1824. Gli storici dell’arte sono concordi nel considerare il Cristo mortodel Mantegna un capolavoro del Rinascimento italiano e del suo autore.

    La storia dell’opera

    Il celebre dipinto di Andrea Mantegna è noto con i titoli di Lamento sul Cristo morto o Cristo morto e tre dolenti. L’opera è tradizionalmente datata intorno al 1475-1478. Non vi sono, infatti, documenti a riguardo. La datazione si basa sul confronto con gli affreschi realizzati da Mantegna sulle pareti Camera degli Sposi di Mantova. In particolare, gli storici hanno considerato le costruzioni prospettiche dei dipinti. Inoltre, un dipinto dallo stesso soggetto, titolato “Cristo in scurto“, (Cristo in scorcio), fu descritto tra le opere ritrovate nella bottega del Mantegna in seguito alla sua morte, nel 1506.

    Secondo approfonditi, ma complicati, studi, pare che le versioni dell’opera fossero due. È nota una versione conservata presso una collezione privata di Glenn Head a New York. Secondo gli studiosi, però, si tratta di una copia realizzata nel tardo Cinquecento. Infine, Andrea Mantegna realizzò un disegno ad inchiostro dal titolo Uomo giacente su una lastra di pietra conservato nel Trustee del British Museum. Questa immagine presenta una simile impostazione prospettica.

    Lo stile del dipinto Cristo morto nel sepolcro e tre dolenti di Andrea Mantegna

    Cristo morto o Cristo morto e tre dolenti di Andrea Mantegna è un dipinto religioso. Il corpo di Gesù è impietosamente descritto in ogni dettaglio. Le linee delle forme e i volumi rendono efficacemente il rigor mortis accentuato dal colore terreo della pelle. Il panneggio del lenzuolo, inoltre, restituisce un effetto bagnato. Infatti, il tessuto crea delle pieghe pesanti e scolpite che sottolineano i volumi. Questa caratteristica si ritrova in molte opere dell’artista. Le forme risultano spigolose e rigide molto simili a sculture in legno.

    L’opera di Mantegna è considerata un capolavoro rinascimentale. Infatti, vengono apprezzate la forza espressiva dell’immagine che sottolinea il dramma con una sobria costruzione e una invenzione prospettica di grande effetto. Lo stile utilizzato dall’artista contribuisce a creare una scena cruda e drammaticamente coinvolgente.

    La tecnica

    Il dipinto di Mantegna fu realizzato su tela. Tale scelta risultò sperimentale per l’epoca. Infatti, il materiale più usato era la tempera su tavola. Il passaggio alla tela consentì di aumentare le dimensioni dei dipinti per via del minor peso e della maggiore maneggevolezza delle opere. Andrea Mantegna si formò presso la bottega dello Squarcione. In seguito assorbì il disegno dei fiorentini e il gusto del dettaglio e di un certo espressionismo fiamminghi dalle opere di Rogier van der Weyden.

    Mantegna dipinse le figure sovrapponendo le diverse velature di colore. In questo modo ottenne le variazioni di tono necessarie ad ottenere i volumi e il marcato chiaroscuro apprezzabile nelle pieghe del sudario. Non esistono bozzetti che descrivono le fasi di progettazione del dipinto. L’unico disegno che presenta la stessa impostazione è conservato presso il British Museum di Londra.

    Il colore e l’illuminazione

    La tonalità generale del dipinto è calda. Infatti, la pietra e il cuscino tendono al rosa. Inoltre, l’incarnato di Cristo è grigio-bruno mentre quello dei dolenti tende all’ocra e al rosa. Infine, il fondo e le ombre sono marrone scuro. Le figure in primo piano sono poste in evidenza dalla luce che, invece, è assente sullo sfondo. L’illuminazione filtra nel sepolcro dall’esterno. La luce nella scena proveniente da destra. Il tipo di illuminazione intensa crea i volumi e mette in netto risalto le forme anatomiche di Cristo. Infine, il contrasto luminoso creato da Mantegna sottolinea la drammaticità della scena e determina un intenso senso di pathos nel fedele.

    Lo spazio

    La veglia sul corpo di Cristo ormai defunto avviene all’interno del sepolcro. Non vi sono particolari ambientali o architettonici tranne una parte di pavimento. La pietra è disegnata con l’utilizzo di una solida prospettiva geometrica. Inoltre, il corpo di Gesù sopra di essa è rappresentato mediante uno scorcio prospettico molto azzardato. Infatti, Mantegna per evitare che l’anatomia risultasse troppo deformata modificò le reali proporzioni delle varie parti. I piedi sono, così, più piccoli del reale. Inoltre, le gambe appaiono più corte. Le braccia, poi, risultano più lunghe e il torace eccessivamente largo. La prospettiva geometrica è, quindi, il principale indicatore spaziale che determina e costruisce la profondità della scena.

    Il punto di vista scelto da Andrea Mantegna crea un forte impatto emotivo nell’osservatore. Infatti, chi si trova di fronte all’opera ha la sensazione di essere a contatto diretto col corpo. Inoltre il dorso delle mani e la pianta dei piedi sono rivolti verso il fronte del dipinto. Il devoto ha, così, di fronte le tracce della sofferenza di Cristo ed entra in contatto con la sua passione. Il viso, molto scorciato, come il resto del corpo, non viene deformato. Anzi, acquista una crudezza mortale che suggerisce un grande realismo. Infine, l’osservatore ha la sensazione di trovarsi di fronte al corpo e a distanza ravvicinata.

    La composizione e l’inquadratura

    Il Compianto sul Cristo morto di Andrea Mantegna è un dipinto rettangolare. La sua inquadratura orizzontale permette all’osservatore una particolare vista del sacro evento. Infatti il corpo esanime di Cristo non è solitamente osservato di lato ma dal fondo. Inoltre, alle figure dei dolenti è riservata una minima porzione del dipinto. Infatti, in corrispondenza dell’angolo in alto a sinistra si scorgono i profili delle piangenti. In corrispondenza dell’incrocio delle diagonali si trova poi la zona pubica. La disposizione centrale di questa parte del corpo, nel tempo, ha suscitato diverse ipotesi interpretative. Potrebbe, però, essere semplicemente una scelta di tipo compositivo.

    Consulta la pagina dedicata al dipinto di Andrea MantegnaCristo morto nel sepolcro e tre dolenti, sul sito della Pinacoteca di Brera di Milano e sul sito dei Beni Culturali della Lombardia.

     

  • L’antica necropoli paleocristiana, emersa dai lavori di realizzazione della Nuvola Lavazza, ospita la  mostra di sculture di Aron Demetz nuovamente visitabile a partire da Domenica 15 dicembre

    Il dialogo tra un gioiello dell’architettura contemporanea e un passato tanto antico quanto affascinante.

    Si tratta della Nuvola Lavazza, sede dell’azienda torinese che, nell’ambito di Art Site Fest, progetto espositivo arrivato alla quinta edizione ospita una mostra di Aron Demetz, curata da  Domenico Maria Papa e in collaborazione con la Galleria Doris Ghetta.

    Sette sculture, scelte nell’ampia produzione dell’artista altoatesino, sono state collocate all’interno del perimetro della necropoli paleocristiana. Figure vagamente umane, che emergono dalle rimanenze archeologiche e che intrattengono un dialogo serrato con le superfici terrose, i resti delle pareti, il perimetro delle tombe, come a segnare il recupero della radice originaria della scultura.

     

    Aron Demetz

    … “Anche se il mio è un ritorno alla scultura classica, non è tanto importante la figura, quanto la ricerca sulla trasformazione dei materiali e il legno carbonizzato mi permette di trasmettere questa idea di metamorfosi”.

    Si è guadagnato notorietà internazionale grazie a un personale linguaggio scultoreo che coniuga la figurazione con una sensibilità assolutamente contemporanea.

    Il legno soprattutto, ma anche il bronzo e più di recente l’alluminio e l’argento, sono i materiali che restituiscono forma a corpi, colti spesso in una condizione di sospensione. Nel lavoro di Demetz è presenta una profonda riflessione sul rapporto dell’uomo con la natura, dalla quale origina la consapevolezza di una mancata unione.

    In alcuni casi Demetz ricopre la superficie delle strutture con resina naturale che l’artista stesso raccoglie dagli alberi delle foreste della Val Gardena.

    La resina, materiale in costante mutamento ha caratteristiche fortemente evocative e contribuisce di esprimere una nozione arcaica e metafisica. Utilizzate malte per conservare tessuti nei metodi di mummificazione, rinvia anche un’idea di durata di ricomprendere composizione.

    Utilizzata nei secoli anche come luogo di culto. Demenza colloca alcune delle sue opere in interno dell’area archeologica, tra le tombe, disegnando un percorso che assume una valenza quasi religiosa.

    Nato nel 1972 Vipiteno Bolzano da una famiglia ladina di scultori che, già da secoli, lavoravano come intagliatori in Val Gardena. Tra il 1997 1998 studiò cultura nella classe di Christian  Hofner presso l’Accademia delle belle arti di Norimberga. Ha esposto in musei e gallerie di tutto il mondo. Del 2018 è l’importante personale presso il Museo Nazionale Archeologico di Napoli.

    Dl 2010 è titolare della cattedra di Belle Arti di Carrara. Vive e lavora  a Selva di Val Gardena.

    Per prenotazioni prenotazioni.museo@lavazza.com

    biglietti disponibili su www.ticketlandia.com/m/museolavazza (prenotazione obbligatoria)
    ingresso euro 5,00 , gratuito sotto i 6 anni, fino a esaurimento posti disponibili (26 posti per visita)

     

  • Il 12 dicembre apre a Torino, nelle sale monumentali di Palazzo Madama, una grande esposizione che vede protagonista Andrea Mantegna (Isola di Carturo 1431 – Mantova 1506), uno dei più importanti artisti del Rinascimento italiano, in grado di coniugare nelle proprie opere la passione per l’antichità classica, ardite sperimentazioni prospettiche e uno straordinario realismo nella resa della figura umana. Intorno alle sue opere si articolano le testimonianze di una stagione artistica – il Rinascimento nell’Italia settentrionale, prima a Padova e poi a Mantova – capace di rivivere l’antico e di costruire il moderno.

    La rassegna presenta il percorso artistico del grande pittore, dai prodigiosi esordi giovanili al riconosciuto ruolo di artista di corte dei Gonzaga, articolato in sei sezioni che evidenziano momenti particolari della sua carriera e significativi aspetti dei suoi interessi e della sua personalità artistica, illustrando al tempo stesso alcuni temi meno indagati come il rapporto di Mantegna con l’architettura e con i letterati.

    Viene così proposta ai visitatori un’ampia lettura della figura dell’artista, che definì il suo originalissimo linguaggio formativo sulla base della profonda e diretta conoscenza delle opere padovane di Donatello, della familiarità con i lavori di Jacopo Bellini e dei suoi figli (in particolare del geniale Giovanni), delle novità fiorentine e fiamminghe, nonché dello studio della scultura antica.

    Un’attenzione specifica è dedicata al suo ruolo di artista di corte a Mantova e alle modalità con cui egli definì la fitta rete di relazioni e amicizie con scrittori e studiosi, che lo resero un riconosciuto e importante interlocutore nel panorama culturale, capace di dare forma ai valori morali ed estetici degli umanisti.

    Il percorso della mostra è preceduto e integrato, nella Corte Medievale di Palazzo Madama, da una coinvolgente proiezione multimediale: con tre grandi schermi, ai visitatori viene proposta una esperienza immersiva nei luoghi e nelle opere di Mantegna, così da rendere accessibili anche i capolavori che, per la loro natura o per il delicato stato di conservazione, non possono essere presenti in mostra, dalla Cappella Ovetari di Padova alla celeberrima Camera degli Sposi, dalla sua casa a Mantova al grande ciclo all’antica dei Trionfi di Cesare e al Cristo morto.

    Il Piano Nobile di Palazzo Madama accoglie, quindi, l’esposizione delle opere, a partire dalla Sant’Eufemia proveniente dal Museo e Real Bosco di Capodimonte e dalla lunetta con Sant’Antonio e San Bernardino da Siena proveniente dal Museo Antoniano di Padova.

    Di Mantegna sono esposti una ventina di dipinti, altrettanti disegni e opere grafiche, oltre ad alcune lettere autografe. Il percorso espositivo non è solo monografico, ma presenta capolavori dei maggiori protagonisti del Rinascimento che furono in rapporto col Mantegna, tra cui opere di Donatello, Antonello da Messina, Pisanello, Paolo Uccello, Giovanni e Jacopo Bellini, Leon Battista Alberti, Cosmè Tura, Ercole de’ Roberti, Pier Jacopo Alari Bonacolsi detto l’Antico e infine il giovane Correggio. Accanto a dipinti, disegni e stampe del Mantegna, saranno esposte opere fondamentali dei suoi contemporanei, così come sculture antiche e moderne, dettagli architettonici, bronzetti, medaglie, lettere autografe e preziosi volumi antichi a stampa e miniati.

     

     

  • Le celebrazioni del cinquecentesimo anniversario dalla morte di Leonardo da Vinci proseguono ai Musei Reali di Torino con un nuovo percorso tematico di approfondimento.

    Da martedì 10 dicembre a domenica 8 marzo 2020, la Biblioteca Reale propone la mostra Il tempo di Leonardo 1452-1519. Attraverso i preziosi materiali custoditi in Biblioteca, l’esposizione ripercorre oltre sessant’anni di storia italiana ed europea, un periodo di grande fermento culturale in cui si incrociarono accadimenti, destini e storie di grandi protagonisti del Rinascimento, da Michelangelo a Cristoforo Colombo, dal Savonarola a Cesare Borgia, dalla caduta dell’Impero Romano d’Oriente all’avvento del Protestantesimo e all’invenzione della stampa, eventi che mutarono per sempre il corso della storia.

    Il percorso si snoda nelle due sale al piano interrato della Biblioteca Reale: il primo caveau, la Sala Leonardo, accoglie una selezione di opere di artisti italiani contemporanei a Leonardo da Vinci, accanto al Codice sul volo degli uccelli. Nove disegni autografi del maestro vinciano accompagnano il celebre Autoritratto: è l’occasione per ammirare uno dei più noti capolavori della storia dell’arte dopo la recente esposizione Leonardo da Vinci. Disegnare il futuro, progettata dai Musei Reali dal 15 aprile al 21 luglio scorso.

    La seconda sala presenta manoscritti miniati, incunaboli, cinquecentine, preziose carte geografiche antiche, disegni e incisioni, affiancati da un ricco corredo didascalico, per illustrare i personaggi e i principali eventi storici occorsi durante la vita di Leonardo.

    LA MOSTRA

    Leonardo nasce a Vinci, piccolo borgo alle porte di Firenze, il 15 aprile 1452. L’anno successivo Costantinopoli è conquistata dai turchi ottomani guidati da Maometto II e l’Impero Romano d’Oriente cessa di esistere. La sua caduta segna non solo la fine dell’Impero Romano, ma soprattutto la fine di un’epoca: molti storici datano al 1453 l’avvento dell’era moderna. Di questo evento straordinario, la Biblioteca Reale conserva preziose testimonianze quali manoscritti, alcuni di provenienza orientale, ed edizioni a stampa antiche.

    Negli stessi anni, tra il 1453 e il 1455, il tipografo e orafo tedesco Johannes Gutenberg, nella sua officina di Magonza, lavora con l’incisore Peter Schöffer alla produzione del primo libro stampato a caratteri mobili: La Bibbia delle 42 linee. L’intuizione del tipografo tedesco genera una vera e propria rivoluzione culturale: la produzione dei libri diventa una attività̀ seriale, riducendo tempi e costi rispetto alla realizzazione della copia manoscritta. La Bibbia delle 42 linee è uno dei libri più preziosi al mondo e gli esemplari completi di cui si abbia notizia sono quarantanove, nessuno dei quali conservato in Italia. La Biblioteca Reale possiede una carta del prezioso incunabolo che, in quest’occasione, viene esposta con altri esemplari di volumi per illustrare le principali tappe della diffusione del libro a stampa e le trasformazioni culturali e sociali generate.

    Tre anni dopo la caduta di Costantinopoli, nel 1456, il passaggio della cometa che prenderà il nome dall’astronomo Edmund Halley fa nascere nuove paure in Europa: la sua coda a forma di sciabola, infatti, sembra annunciare altri trionfi islamici. Papa Callisto III ordina ai cristiani preghiere, digiuni e penitenze. Il forte impatto dell’evento nella coscienza collettiva è testimoniato in numerose pubblicazioni e nell’iconografia di libri a stampa e manoscritti.

    La Firenze medicea nella quale Leonardo si è formato, esaminata dall’anno della congiura dei Pazzi, il 1478, è una magnifica fucina culturale dove si intrecciano le vite dei più grandi protagonisti del Rinascimento italiano quali Lorenzo de’ Medici, Agnolo Poliziano, Marsilio Ficino, Pico della Mirandola, Sandro Botticelli.

    Nell’ottobre del 1480, Botticelli, Cosimo Rosselli, Domenico Ghirlandaio e Pietro Perugino lasciano Firenze per dirigersi a Roma, chiamati ad affrescare le pareti della Cappella Sistina: in mostra è esposto un disegno preparatorio del Perugino per la scena del Battesimo di Cristo. Deluso per non esser stato scelto tra i frescanti della Cappella di Sisto IV, per cercare affermazione lontano da Firenze, nella primavera del 1482 il giovane Leonardo si reca nella Milano di Ludovico il Moro, narrata nelle splendide miniature del manoscritto Leggendario Sforza–Savoia. In mostra sono presenti diverse testimonianze della vita di corte nella seconda metà del Quattrocento e, tra queste, un affascinante trattato manoscritto sul gioco degli scacchi e il Codice Sforza del giovane Ludovico il Moro.

    Nel 1487 il navigatore portoghese Bartolomeo Diaz, proseguendo le esplorazioni lusitane lungo le coste occidentali dell’Africa, raggiuge e doppia per la prima volta il promontorio all’estremità meridionale dell’Africa, detto Capo Tormentoso, rinominato Capo di Buona Speranza dal re Giovanni II di Portogallo, in riferimento alle interessanti prospettive commerciali ravvisabili dopo la sua scoperta. Vasco da Gama, inviato da Giovanni II nel 1497, porta a termine il tragitto verso le Indie affrontando un viaggio che ridisegna le mappe del mondo medievale, con conseguenze paragonabili all’impresa di Cristoforo Colombo, che raggiunse invece le coste americane nel 1492.

    L’esperienza di ingegnere civile e militare, acquisita da Leonardo alla corte milanese, torna utile nel 1502 quando Cesare Borgia lo convoca per sostenerlo nelle sue lunghe e sanguinose campagne militari. In quest’occasione, Leonardo consolida l’amicizia con Nicolò Machiavelli, che probabilmente aveva già avuto modo di conoscere nei suoi trascorsi fiorentini.

    Nel 1503, con l’elezione al soglio pontificio di Giulio II, mecenate di progetti dallo straordinario impatto culturale, riprende la Renovatio Urbis politica e culturale di Roma. Al papa della Rovere si deve anche l’incarico a Michelangelo Buonarroti di ridipingere la volta della Cappella Sistina. In mostra è esposto uno splendido studio di Sibilla, opera di Michelangelo, e alcuni fogli coevi raffiguranti dei particolari della volta affrescata.

    Il successore di Giulio II, Leone X de’ Medici, chiama Leonardo a Roma; qui l’artista continua i suoi studi senza tuttavia ricevere commissioni ufficiali. Grazie al papa, Leonardo incontra a Bologna Francesco I, re di Francia e mecenate delle arti, che seguirà nel 1517 trasferendosi ad Amboise.
    La mostra analizza anche le figure di Cosimo I de’ Medici, nato nel 1519, e di Carlo V, incoronato imperatore del Sacro Romano Impero nell’anno di morte di Leonardo. Immancabili i riferimenti anche ad altri grandi personaggi dell’epoca, quali Albrecht Dürer ed Erasmo da Rotterdam.

    www.museireali.beniculturali.it

    Foto di copertina Daniele Bottallo

     

     

     

     

     

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