Categoria: Mostre

  • Fino al 24 giugno a PALAZZO SALMATORIS di Cherasco, è possibile visitare una bellissima mostra su Napoleone Bonaparte:

    EI FU – NAPOLEONE BONAPARTE DAL PIEMONTE ALL’EUROPA – 

    L’esposizione racconta gli aspetti culturali e sociali dell’epopea di Napoleone Bonaparte, con particolare attenzione alle vicende avvenute dal suo arrivo in Piemonte nel 1796 fino alla sua abdicazione nel 1814 e il rientro dei Savoia dall’esilio in Sardegna. La sede della mostra è lo stesso palazzo che ospitò proprio Napoleone il 28 aprile 1796 in occasione della firma dell’armistizio di Cherasco, centro presente all’interno della Federazione Europea delle Città Napoleoniche. Da qui Bonaparte iniziò la sua avanzata in Italia, parallelamente alle sue conquiste in Europa.

    Napoleone: sommo stratega, abile condottiero, trionfatore, riformista ma anche ladro d’arte, prigioniero ed infine esule. Ma chi era davvero Napoleone Bonaparte?

    L’uomo che, per riprendere il famoso verso manzoniano, fu “tre volte nella polvere, tre volte sugli altar”.

    Quasi duecento anni dopo la sua morte , c’è chi cerca ancora il suo fantasma nel Palazzo Ducale a Lucca dove alcuni testimoni giurano addirittura di averlo sentito parlare.

    Per circa 15 anni Napoleone tenne in mano i destini del Vecchio Continente e sotto di lui si produsse una trasformazione epocale, dall’antico regime alla società borghese. Con oltre venti campagne d’Europa portate brillantemente a termine, riuscì ad assoggettare un’enorme fetta di Europa continentale, esportando gli ideali rivoluzionari e praticando un’opera di rinnovamento sociale notevole.

    Impossibile non citare la sua riforma del sistema giuridico, con l’elaborazione del Codice Napoleonico, ancora oggi considerato come la base del diritto civile contemporaneo.

    La sua figura nella storia è paragonabile solo a quella di Giulio Cesare. Come lui, Napoleone fu un genio militare senza pari e un leader insuperabile che seppe traghettare l’Europa intera da un’epoca storica a un’altra.

    Perché ancora oggi la sua vicenda umana è fonte d’ispirazione e materia di studio per gli storici? E quanti falsi miti e leggende sono ancora da sfatare?

    Ecco allora un po’ di cose poco note, sul più grande stratega di tutti i tempi:

    • NON ERA BASSO – A dispetto di quanto sempre ritenuto, Napoleone non era un nanerottolo. Gli storici concordano sul fatto che fosse alto circa 168 cm, ben tre centimetri in più della media dei francesi della sua epoca e tre in più dell’ex presidente francese Nicolas Sarkozy. La sua proverbiale bassezza sarebbe opera di una maldicenza degli inglesi per sminuirne la fama sui campi di battaglia.
    • LA GIOCONDA  Sebbene gli italiani lo ricordino soprattutto per i numerosi capolavori sottratti durante la Campagna d’Italia, in nome di un grande sogno, quello napoleonico del Museo Universale del Louvre, non fu lui a rubare la Gioconda. Fonti storiche situano il dipinto in Francia già dal 1517, dove era stato portato dallo stesso autore, Leonardo Da Vinci.
    • MANO NEL GILET  Lo hanno ritratto spesso con una mano infilata tra i bottoni della giacca. Ma Napoleone non aveva alcun tic né tanto meno soffriva di feroci mal di stomaco. Semplicemente era questa l’usanza dei generali quando si facevano immortalare su tela nel 18esimo secolo.
    • CIBO IN SCATOLA  E’ grazie a lui se oggi abbiamo il cibo in scatola. Durante le sue campagne Napoleone fece sperimentare le invenzioni ingegnose del pasticciere Nicolas François Appert che ideò un metodo di cottura del cibo in vasetti di vetro a chiusura ermetica.
    • STELE DI ROSETTA  Fu scoperta nel 1799 da Pierre-François Bouchard, capitano nella Campagna d’Egitto di Napoleone. La Stele di Rosetta è una tavola di granito sulla quale sono incisi geroglifici e a fronte c’è il testo tradotto in greco. Grazie alla stele i linguisti sono riusciti finalmente a tradurre i geroglifici.
    • MAIALE  Secondo una leggenda, ancora oggi in Francia è vietato dare a un maiale il nome Napoleone. Ma in realtà nessun articolo del codice napoleonico ne parla.
    • FOBIA DEI GATTI Non è vero che Napoleone avesse paura dei gatti. Secondo la storica Katharine MacDonogh, autrice del libro “Storia dei cani e gatti a corte dai tempi del Rinascimento”, Napoleone era solo superstizioso e per questo si teneva alla larga dai gatti neri.
    • LA MAPPA DI WATERLOO C’è una ragione perché Napoleone Bonaparte si sentì disorientato sul campo di battaglia di Waterloo: stava usando una mappa sbagliata. Secondo il documentarista francese Franck Ferrand, sarebbe anche questa la spiegazione alla base della sconfitta finale dell’imperatore, destinata a portarlo all’esilio sull’isola di Sant’Elena. Tesi che ridimensiona l’eroismo dei britannici sul campo di battaglia e soprattutto i meriti del loro comandante, il Duca di Wellington. Come in altri casi nella storia è stata quindi una mera casualità a incidere sugli eventi. In particolare la mappa di cui disponeva Napoleone, e sulla quale aveva elaborato i suoi piani, mostrava il punto strategico della fattoria di Mont-Saint-Jean a un chilometro di distanza dalla posizione reale. Una differenza sostanziale, dal momento che un chilometro corrispondeva proprio alla gittata dei suoi cannoni.
    • ULTIME PAROLE  Napoleone morì durante il suo esilio a Sant’Elena per un tumore allo stomaco, accertato durante l’autopsia. Le sue ultime parole furono: “Francia, esercito – capo dell’esercito – Giuseppina” (sua moglie, ndr).

     

  • Protagoniste le figure femminili. L’esposizione prevede due itinerari: nel primo vengono celebrate alcune personalità chiave della dinastia sabauda come icone di stile ed eleganza; nel secondo vengono messi in luce i legami e le assonanze del Castello di Racconigi con le altre Residenze Sabaude tramite le similitudini di alcuni ambienti, ad esempio la presenza delle sale cinesi sia nel Castello sia a Villa della Regina.

    Attraverso storia, architettura, arte e moda si pone l’attenzione sul ruolo delle donne di casa Savoia, sulla loro determinazione politica, il loro mecenatismo culturale e artistico, il loro essere reggenti, madri e mogli.

    La mostra percorre fisicamente alcuni ambienti significativi della Residenza di Racconigi e – grazie alle testimonianze provenienti dalla Sartoria Tirelli – associa ai ritratti della collezione del Castello, abiti, gioielli e acconciature dell’epoca.

    Un’esposizione che da un lato consente una rilettura attenta di alcune personalità chiave della dinastia sabauda in un arco temporale di mille anni, dal Medioevo al XX Secolo, e dall’altro propone un percorso fra le assonanze delle varie Residenze Sabaude, richiamate in alcuni ambienti del Castello: ad esempio nelle sale cinesi si descriverà il fascino per l’Oriente che caratterizza altre regge, come le stanze di Villa della Regina a Torino.

    “Una mostra, due percorsi – dice Riccardo Vitale, Direttore del Castello di Racconigi – Nel primo le figure femminili di casa Savoia sono la voce narrante della dinastia, celebrate come icone di stile e eleganza; nel secondo il Castello di Racconigi si lega a doppio nodo con la storia dell’architettura e dell’estetica, mettendo in luce, sala per sala, in un grande museo diffuso, i suoi legami con le altre Residenze Sabaude”.

    Insomma, due itinerari in cui la storia, l’architettura, l’arte e la moda si fondono ed hanno come filo conduttore le contesse, le duchesse e le regine di Casa Savoia, la loro determinazione politica, il loro mecenatismo in campo artistico e culturale, la loro immagine di reggenti, mogli e madri, spesso amate dal popolo più dei loro consorti anche per la spiccata sensibilità religiosa e sociale.

    “La piramide dei poteri dinastici si è sempre fondata sulle armi, sulle arti e sui matrimoni. Ma dell’importanza straordinaria del ruolo femminile si è parlato spesso con superficialità e per luoghi comuni – continua Umberto Pecchini, ideatore della mostra con Loredana De Robertis – “Sovrane Eleganze” ribalta l’approccio tra Corte, cultura, diplomazia, arte e moda pone la donna al centro di una rilettura innovativa. Donne sabaude fissate nella solennità del ritratto e nella storicità di un abito che è rappresentazione del loro tempo; ma anche reinterpretate nella rivisitazione contemporanea di quel gusto attraverso i modelli delle più note collezioni sartoriali italiane”.

    La mostra consente, dunque, di indagare su un aspetto non ancora sufficientemente valorizzato, il ruolo femminile di personalità chiave, fra le quali Adelaide di Susa, donna di governo che visse nell’XI secolo, Maria Cristina di Francia, la prima Madama Reale nel Seicento, Anna Maria d’Orléans, prima regina e mecenate di artisti e architetti nel Settecento, Margherita nell’Ottocento, Elena e Maria José nel Novecento.

    Lo si potrà fare attraverso i più bei ritratti delle collezioni del Castello di Racconigi accompagnati da abiti storici o da cerimonia, gioielli e acconciature che ripercorrono la moda dell’epoca.

     

    La mostra è organizzata in collaborazione con l’Associazione Terre dei Savoia e con il contributo del programma InterregALCOTRA.

  • La mostra diffusa Anche le statue muoiono. Conflitto e patrimonio tra antico e contemporaneo nasce dalla comune riflessione di quattro istituzioni – Museo Egizio, Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, Musei Reali, Centro Ricerche Archeologiche e Scavi di Torino – e propone un dialogo tra opere d’arte e manufatti di epoche e contesti geografici diversi attorno al tema trasversale della distruzione e della perdita e quindi, in parallelo, della conservazione e della protezione del patrimonio.

    Il progetto fornisce uno sguardo sul presente, in particolare sulla sistematica distruzione del patrimonio storico-artistico che ha di recente interessato le aree di conflitto nel Vicino Oriente. Introduce, però, una diversa temporalità, legata alla storia e all’idea di trasmissione da un’epoca a un’altra di manufatti, opere, idee.

    Oggetto di riflessione è anche il ruolo del Museo che, a partire dal ventesimo secolo, si è imposto come luogo di tutela e conservazione di un patrimonio che appartiene, almeno in teoria, a tutta l’umanità. I musei si trovano, tuttavia, in una posizione liminale: è ineludibile, infatti, pensarli sia come “predatori” di patrimoni altrui, sia come luoghi di conservazione e protezione di reperti che, altrimenti, sarebbero soggetti alla distruzione e all’oblio. La mostra è inserita nel calendario italiano dell’Anno Europeo del Patrimonio 2018.

    Se è vero, come questo progetto dimostra, che “anche le statue muoiono”, è lecito e doveroso domandarsi che ruolo abbia l’istituzione museale –
    luogo di conservazione per eccellenza, destinata a farsi testimone dell’arte o delle culture dei secoli passati – in questo processo. I musei concorrono
    alla morte delle opere che conservano nelle loro collezioni o sono l’ultimo baluardo perché esse possano sfuggire alla fine di un’esistenza messa
    in pericolo da una miriade di fattori quali oblio, mancanza di risorse, conflitti, disastri ambientali o più semplicemente incuria?

    Christian Greco

    La collaborazione con il Museo Egizio, la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo e i Musei Reali è un segnale forte della capacità di tutte queste strutture a operare in sinergia su temi comuni, per quanto relativo ad epoche diverse.

    Museo Egizio

    Musei Reali Torino 

    Fondazione Sandretto Re Rebaudengo

     

  •  

    Anche quest’anno per l’8 marzo tutti i musei e luoghi della cultura statali apriranno le loro porte gratuitamente alle donne.

    Una giornata di festa che il Ministero dei Beni e delle Attività e del Turismo, guidato da Dario Franceschini, celebra, insieme alle aperture gratuite, con un’apposita campagna di comunicazione social e una galleria di donne eccezionali, la cui fama ha attraversato i secoli anche grazie all’arte e alla cultura. 

    Sante e prostitute, dee e popolane, intellettuali e artiste, attrici e martiri, scrittrici e poetesse, madri, madonne e rivoluzionarie: la campagna social del Mibact, in occasione dell’8 marzo, celebra il mondo femminile, attraverso le sue rappresentazioni più significative nell’arte, puntando i riflettori sulle vite delle donne che hanno fatto la storia.

    Oltre trenta locandine digitali – selezionate dagli storici dell’arte del principali Musei Italiani – animeranno infatti il profilo Instagram di @Museitaliani da oggi fino all’8 marzo, data in cui l’ingresso nei musei e nei luoghi della cultura statali sarà gratuito per tutte le donne, in tutta Italia.

    Dipinti, sculture, stampe, busti, reperti archeologici e ritratti che celebrano il “femminile” saranno dunque i protagonisti della campagna social: da Sofonisba Anguissola, una delle prime esponenti della pittura europea, ritrattista alla Corte di Filippo II di Spagna, a Ofelia, il personaggio shakespeariano e tragica eroina, che ha ispirato nei secoli pittori e poeti e che qui prende le forme della scultura in gesso di Arturo Martini conservata alla Pinacoteca di Brera, il busto di Madame de Stael, l’intellettuale liberale francese che ha animato i salotti letterari e fautrice del romanticismo europeo, e ancora il dipinto pompeiano di Saffo – conservato al Museo Archeologico Nazionale di Napoli – la poetessa greca che ha tradotto in versi l’erotismo femminile, Cleopatra ritratta da Giovan Francesco Guerrieri, la celeberrima regina seduttrice e amante appassionata, che secondo la versione classica di Plutarco, morì suicida con il morso di un serpente, e ancora, tra le tante altre protagoniste della galleria di immagini, Jane Burden Morris, modella, musa dei preraffaelliti e moglie dell’artista e architetto britannico William Morris, la scultura di Eleonora Duse – conservata a Palazzo Pitti – attrice amata dal pubblico e osannata dalla critica, e protagonista in vita dell’amore tormentato con il poeta Gabriele d’Annunzio, fino alle Tre Età della donna, il capolavoro dell’artista austriaco Gustav Klimt, simbolo delle tre fasi della vita femminile.
    Anche per questa iniziativa l’invito rivolto ai visitatori è quello di una vera e propria caccia al tesoro digitale nei musei italiani, muniti di smartphone o macchina fotografica, alla ricerca di donne in dipinti, sculture, vasi figurati, arazzi e affreschi delle epoche e delle collezioni più disparate.

    Tutti possono condividere le proprie foto con l’hashtag #8marzoalmuseo e invadere i social con opere da tutta Italia, seguendo un filo rosso che unisce, nella bellezza, le straordinarie collezioni statali.

    Fonte: MiBACT

  • “Fatevi Rapire” è la nuova campagna pubblicitaria “spaziale” delle Residenze Reali Sabaude “extra Reali”  che apre il nuovo anno della Reggia di Venaria. Messaggio chiaro di crescita comune con le altre residenze , grazie anche al  numero sempre crescente di visitatori.

    La stagione delle mostre tocca più settori e argomentazioni: moda, design, costume e società.

    Il 17 marzo fino al 15 luglio 2018 si inaugurata la prima mostra  del 2018 “Genio e Maestria. Mobili ed ebanisti alla corte sabauda tra Settecento e Ottocento mobili d’arte di eccezionale rilevanza realizzati dai maggiori ebanisti e scultori dell’epoca (Luigi Prinotto, Pietro Piffetti,

    Giuseppe Maria Bonzanigo e Gabriele Capello detto “il Moncalvo”), alcuni mai esposti prima, grazie a prestiti di importanti istituzioni museali e di collezionisti piemontesi ed internazionali: due secoli di storia dell’arredo in circa 130 opere.

    Il 22 marzo il fotografo brasiliano Sebastião Salgado , il più importante fotografo documentario del nostro tempo, con il suo ultimo lavoro «Genesi»

    È un progetto iniziato nel 2003 e durato 10 anni, un canto d’amore per la terra e un monito per gli uomini.  Oltre 200 eccezionali immagini compongono un itinerario fotografico in un bianco e nero di grande incanto, raccontano la rara bellezza del patrimonio unico e prezioso di cui disponiamo, il nostro pianeta, con sguardo straordinario ed emozionante sui luoghi che vanno dalle foreste tropicali dell’Amazzonia, del Congo, dell’Indonesia e della Nuova Guinea ai ghiacciai dell’Antartide, dalla taiga dell’Alaska ai deserti dell’America e dell’Africa fino ad arrivare alle montagne dell’America, del Cile e della Siberia. Uno sguardo appassionato, teso a sottolineare la necessità di salvaguardare il nostro pianeta, di cambiare il nostro stile di vita, di assumere nuovi comportamenti più rispettosi della natura e di quanto ci circonda, di conquistare una nuova armonia. Un viaggio alle origini del mondo per preservare il suo futuro.

    Dal 28 marzo al 16 settembre 2018  – La fragilità della bellezza. Tiziano, Van Dyck, Twombly e altri 200 capolavori restaurati La mostra -che costituisce la fase conclusiva della XVIII edizione di Restituzioni, il programma di salvaguardia e valorizzazione che Intesa Sanpaolo conduce da quasi trent’anni a favore del patrimonio artistico nazionale- presenta 81 nuclei di opere, per un totale di oltre 200 manufatti restaurati con il sostegno di Intesa Sanpaolo nel biennio 2016-2017, provenienti da 17 Regioni italiane (più una presenza estera, da Dresda), e che coprono un arco cronologico che va dall’antichità al contemporaneo.

    Dal 6 aprile al 20 maggio 2018 – Architetture e prospettive. Massimo Listri alla Venaria RealeNella spettacolare Citroniera juvarriana, Massimo Listri espone alcune delle sue magistrali fotografie di architetture, realizzate appositamente, della Reggia di Venaria e di altri straordinari edifici storici.

     Dal 19 maggio al 30 settembre 2018 “Preziosi strumenti, illustri personaggi” Liuteria e Musica tra Seicento e Novecento in Europa. La mostra racconta, ponendoli in relazione, quattro secoli di liuteria e collezionismo, musica e musicisti, nobiltà e mecenatismo: violini, viole, chitarre a 5 ordini, mandolini, chitarre-lira, arpe, ghironde e salteri costruiti da sommi liutai, riconosciuti ed apprezzati in tutto il mondo: da Stradivari a Guarneri “del Gesù”, da Amati a Guadagnini, da Vinaccia a Fabricatore, Berti, Battaglia, Nadermann, Torres e Hauser che rappresentano i principali protagonisti italiani ed europei di un artigianato artistico, la liuteria, che in tutto il mondo, da secoli, è inscindibilmente legato alla cultura del “far musica”. Preziosi strumenti che su questo ambizioso palcoscenico, trascendono il semplice oggetto di artigianato artistico, per recitare ruoli di vere e proprie opere d’arte.

    Dal 18 luglio al 24 febbraio 2019 – Easy Rider – Il mito della motocicletta come arte

    Attraverso l’esposizione di modelli storici, entrati nell’immaginario collettivo, la mostra racconta una serie di episodi di una storia straordinaria diventata leggenda: “La moto e l’Italia” (Guzzi, Ducati, Gilera, Laverda); “Il viaggio” (Harley Davidson, Norton, BMW, Honda); “Le piste africane e il mito della Parigi-Dakar” (Yamaha, KMT…); “Il Giappone e la tecnologia” (Suzuki, Honda, Kawasaki, Yamaha).

    Dal 13 settembre al 10 marzo 2019 – Ercole e il suo mito –

    La mostra si propone di illustrare la figura di Ercole con una raccolta di straordinari dipinti e oggetti d’arte prodotti nell’antichità classica e tra Cinquecento e Settecento, alcuni dei quali presentati in Italia per la prima volta, provenienti da grandi collezioni italiane e estere, opere che testimoniano l’enorme fortuna a livello iconografico e narrativo degli episodi della vita di Ercole e insieme il forte fascino della sua immagine nei secoli. La mostra coincide con i lavori di restauro della “Fontana d’Ercole”, fulcro del progetto secentesco dei Giardini della Reggia, dominata dalla Statua dell’Hercole Colosso, la cui riproposizione al pubblico rappresenta una delle fasi conclusive del grande restauro della Venaria. 

    Dal 20 ottobre 2018 al 10 febbraio 2019 – Cani in posa –

    L’esposizione ha come oggetto la costante presenza del cane nel mondo dell’arte figurativa occidentale, spesso quale motivo accessorio della grande pittura di storia, ma anche come un genere vero e proprio coltivato dai pittori “animalisti” o da artisti completi cimentatisi in vari settori, sia con carattere autonomo che legato al genere del ritratto.

    Rinnovati i Format, le attività per le famiglie, gruppi e scuole, iniziative culturali, e corsi di formazione.

    La Venaria Reale – Per informazioni

    Fonte Materiale fotografico: Consorzio Residenze Reali Sabaude

     

  • “Per me la fotografia non è veramente un’ arte visuale ma qualche cosa di più vicino alla poesia, come un haiku”.

    UNA COLLEZIONE DI MIRACOLI, testo di Frank Horvat sulla sua collezione.

    Sono fotografo – o faccio il fotografo? – da più di settant’anni ormai.

    Negli ultimi trent’anni ho anche collezionato le immagini dei miei amici fotografi e non per passatempo ma piuttosto quale supporto del mio personale cammino.

    Sono circondato, come tutti i miei contemporanei, da un flusso ininterrotto di immagini fotografiche che guardo appena – o guardo solo per dirmi che io non le avrei mai scattate.

    Il motivo che mi ha spinto a collezionare le poche immagini che mi hanno profondamente colpito è che mi hanno insegnato qualcosa che non sapevo, mi hanno fatto sentire meno solo e ognuna di esse è un fatto unico, accaduto una volta sola e che non accadrà mai più.

    Le ho collezionate proprio perché ognuna di esse mostra la capacità della mente umana di lasciarsi sorprendere da qualcosa di inaspettato, e, nel giro di un paio di secondi, di riconoscerne il significato e di integrarlo in un insieme.

    In una parola, perché ognuna di queste fotografie è un miracolo.

    Dal 28/02/2018  al 20/05/2018 – Orario 10:00 – 18:00
  • Torino, CAMERA Centro Italiano per la Fotografia 18 gennaio – 13 maggio 2018

    Mostra a cura di Francesco Zanot “ L’occhio magico di Carlo Mollino. Fotografie 1934 – 1973, a cura di  Francesco Zanot è la prima mostra del 2018 a CAMERA Centro Italiano per la Fotografia una mostra che attraversa l’intera produzione fotografica di Carlo Mollino, in un percorso di oltre 500 immagini tratte dall’archivio del Politecnico di Torino.

    Questa iniziativa fa seguito alla mostra “Carlo Mollino. In viaggio”, tenutasi presso CAMERA nella primavera del 2016, a testimonianza del rafforzamento della collaborazione tra Politecnico e CAMERA, anche grazie a un accordo di collaborazione siglato nell’aprile di quest’anno.

    Tra i più noti e celebrati architetti del Novecento, Carlo Mollino ha da sempre riservato alla fotografia un ruolo privilegiato, utilizzandola sia come mezzo espressivo, sia come fondamentale strumento di documentazione e archiviazione del proprio lavoro e del proprio quotidiano. Questa esposizione, la più grande e completa mai realizzata sul tema, indaga il rapporto tra Mollino e la fotografia evidenziandone l’unicità e le caratteristiche ricorrenti, a partire dalle prime immagini d’architettura realizzate negli anni Trenta fino alle Polaroid degli ultimi anni della sua vita. Sulle orme del padre Eugenio, ingegnere e appassionato fotografo, Carlo Mollino si è avvicinato a questo linguaggio espressivo fino dalla gioventù, sviluppando non soltanto un vasto corpus di immagini a metà tra il canone della tradizione, di cui aveva consapevolezza profonda, e lo slancio della sperimentazione, ma anche una peculiare coscienza critica che lo ha condotto a pubblicare nel 1949 “Il messaggio dalla camera oscura”, volume innovativo quanto fondamentale per la diffusione della cultura fotografica in Italia e la sua accettazione tra le arti maggiori.

    La mostra si propone così di approfondire la straordinaria complessità e fecondità della riflessione di Carlo Mollino sulla fotografia, situandolo definitivamente nella storia di questa disciplina attraverso un percorso che alterna grandi classici a opere del tutto inedite e mai precedentemente esposte.

    Tutti i materiali in mostra provengono dalle collezioni del Politecnico di Torino, Archivi Biblioteca Gabetti, Fondo Carlo Mollino.

    Una selezione di scatti d’interni di Carlo Mollino, come appendice della mostra, è esposta nella hall dell’Hotel Torino Piazza Carlina.

    La mostra è accompagnata da una pubblicazione edita da Silvana Editoriale e contenente tutte le riproduzioni delle opere in esposizione oltre ai saggi di Francesco Zanot, curatore della mostra, Enrica Bodrato, Fulvio Ferrari e Paul Kooiker.

    L’attività di CAMERA è realizzata grazie a Intesa Sanpaolo, Eni, Reda, Lavazza, in particolare la programmazione espositiva e culturale è sostenuta dalla Compagnia di San Paolo.

    INFORMAZIONI

    “L’occhio magico di Carlo Mollino. Fotografie 1934 – 1973”

    • Dal 18 gennaio al 13 maggio 2018

    CAMERA – Centro Italiano per la Fotografia – Via delle Rosine 18, 10123  Torino

    • www.camera.to
    • email camera@camera.to
    • Facebook/ @CameraTorino
    • Instagram/camera_torino
    • Twitter/@Camera_Torino #CAMERAtorino

    Orari di apertura

    • (Ultimo ingresso, 30 minuti prima della chiusura)
    • Lunedì 11.00 – 19.00
    • Martedì Chiuso
    • Mercoledì 11.00 – 19.00
    • Giovedì 11.00 – 21.00
    • Venerdì 11.00 – 19.00
    • Sabato 11.00 – 19.00
    • Domenica 11.00 – 19.00

    Biglietti

    Ingresso Intero € 10

    Ingresso Ridotto € 6, fino a 26 anni, oltre 70 anni, Soci Touring Club Italiano, Amici della Fondazione per l’Architettura, iscritti all’Ordine degli Architetti, iscritti AIACE, iscritti Enjoy, soci Slow Food, soci Centro Congressi Unione Industriale Torino, possessori Card MenoUnoPiuSei. Possessori del biglietto di ingresso di: Gallerie d’Italia (Milano, Napoli, Vicenza), Museo Nazionale del Cinema, MAO, Palazzo Madama, Borgo Medievale, GAM –  Galleria Civica d’Arte Moderna – Forte di Bar, MEF Museo Ettore Fico, FIAF.

    Ingresso Gratuito

    • Bambini fino a 12 anni
    • Possessori Abbonamento Musei Torino Piemonte, possessori Torino+Piemonte Card Visitatori portatori di handicap e un loro familiare o altro accompagnatore che dimostri la propria appartenenza a servizi di assistenza socio sanitaria

    Servizio di biglietteria e prevendita a cura di Vivaticket

    Media Partner LA STAMPA

    Radio ufficiale RADIO MONTE CARLO

  • Due acquisizioni per la Galleria Sabauda e immagini di Bepi Ghiotti a cura di Cristina Mundici.

    La mostra è dedicata alla recente acquisizione, da parte dello Stato italiano, di due importanti opere del Novecento: un dipinto di Carol Rama (Torino, 1918-2015) e un oggetto in carta dell’architetto Carlo Mollino (Torino, 1905-1973). Due amici dal carattere eccentrico, che hanno sviluppato la propria arte seguendo percorsi non convenzionali e realizzando creazioni inimitabili, difficilmente confrontabili con la produzione coeva.
    La tela Pittura 718 di Carol Rama (1954) è accompagnata nella mostra da quattro opere degli anni Cinquanta, quando la pittrice si unisce al gruppo astrattista del MAC – Movimento Arte Concreta nella sua branca torinese.
    Il Drago da passeggio di Carlo Mollino (1964) è un oggetto in più copie, ognuna personalizzata con decorazioni pittoriche per essere donata agli amici più cari. Il drago che qui si presenta, dal titolo specifico Notte in laguna, è stato regalato a Carol Rama ed è sempre stato conservato nella sua casa studio in via Napione a Torino, appeso accanto a una gigantografia che ritrae la pittrice negli anni Sessanta con Edoardo Sanguineti, altro grande intellettuale amico.
    Due dipinti realizzati da Carol Rama negli anni Ottanta, frutto della sua immaginazione visionaria e popolati di animali magistralmente dipinti, dialogano con l’opera cartacea di Carlo Mollino.
    Le immagini che accompagnano i quadri esposti ritraggono Carol Rama e gli ambienti della sua casa studio, che l’artista Bepi Ghiotti ha fotografato negli anni 2012-2014, prima della scomparsa della pittrice.
    Cento anni fa, il 17 aprile 1918, nasce a Torino Carol Rama. Inizia a dipingere ancora adolescente senza alcuna formazione accademica, ma sostenuta nella sua passione da alcuni incontri fondamentali, primo fra tutti quello con Felice Casorati.

    Molti i rapporti con amici intellettuali da cui assorbe informazioni e stimoli: dal poeta Edoardo Sanguineti al musicologo Massimo Mila, dal pittore Albino Galvano all’architetto Carlo Mollino, dal critico Paolo Fossati al collezionista Carlo Monzino, dal compositore Luciano Berio all’artista Man Ray, per citarne alcuni.

    Sempre aggiornata sulle varie tendenze artistiche ma con grande autonomia di lavoro, sviluppa nel corso del ventesimo secolo un percorso tutto personale, adottando via via materiali e temi diversi. Alle prime prove figurative tra anni Trenta e Quaranta, spesso di soggetto scabroso, seguono gli olii e le prove astratte degli anni Cinquanta, per virare negli anni Sessanta verso opere in cui su macchie di colore di derivazione
    informale sono applicati oggetti d’uso quali occhi di bambola, strumenti medicali, trucioli metallici.

    La tecnica del collage si evolve negli anni Settanta, quando camere d’aria usate sono utilizzate in sostituzione del colore e applicate su tele monocrome o appese tridimensionalmente a un gancio in ferro. Successivamente, l’artista ritorna alla figurazione e realizza mirabili dipinti in cui sovrappone figure e animali a carte tecniche prestampate, prima traccia da cui muovere il proprio immaginario. Con ininterrotta continuità, la pittrice lavora fino ai primi anni del Duemila.

    Se Lea Vergine ha curato nel 1985 la prima, grande mostra personale dell’artista a Milano, i riconoscimenti pubblici sono via via aumentati con l’esposizione a cura di Achille Bonito Oliva alla Biennale di Venezia del 1993, il conferimento del Leone d’oro alla Biennale del 2003, e varie importanti mostre monografiche culminate nella grande personale itinerante da Barcellona, a Parigi, Helsinki, Dublino, che ha avuto la sua ultima tappa alla GAM di Torino nel 2016.

    Carol Rama si è sempre mossa nel mondo dell’arte in autonomia da movimenti e gruppi, a eccezione degli anni Cinquanta quando partecipa al MAC – Movimento di Arte Concreta. Il MAC, fondato a Milano a fine 1948 da Gillo Dorfles, Gianni Monnet, Bruno Munari e Atanasio Soldati, faceva riferimento alla corrente dell’Astrattismo concretista internazionale e alla tradizione multidisciplinare del Bauhaus.

    Già all’inizio degli anni Cinquanta alcuni artisti torinesi, tra cui Carol Rama, si allineano alla poetica del MAC. Nel 1952 viene redatto il Manifesto del gruppo torinese a firma Annibale Biglione, Albino Galvano, Adriano Parisot, Filippo Scroppo e nel 1954, lo stesso anno del quadro qui esposto, è allestita una mostra personale di Carol Rama alla Libreria Salto di Milano, quartier generale del MAC, presentata da Gillo Dorfles.

    Nella produzione dell’artista in questo giro d’anni si assiste alla creazione di quello che Dorfles ha chiamato un “modulo grafico”, più volte ripetuto all’interno del singolo quadro ma con grande leggerezza e libertà compositiva. Per usare le parole di Albino Galvano, estimatore e amico della pittrice, che ne descrive, quasi in forma di calembour, i lavori del periodo: «la forma in Carolrama sfugge al formalismo pur nell’ascesi del lavorar “formando” anziché “figurando”».
    «È noto che il problema dell’uso del “tempo libero”, emerso in uno con il progresso tecnico e particolarmente in virtù di quello dell’automazione e della cibernetica, si presenta da tempo all’attenzione dei sociologi con crescente necessità di soluzione. […] Oziare passeggiando è appunto il primo grado, o meglio il primo passo, per giungere alla pura soluzione di quell’uso del tempo libero oggetto di questo messaggio agli amici. […] Ecco quindi che emerge la ragione di vita del drago da passeggio offerto come prezioso ausilio al fine di ritmare, come si vedrà, l’operazione secondo il moto coniugato del corpo e dello spirito in cogitante contemplazione. […] Il drago da passeggio offerto agli amici, originario dell’India, è il noto drago del Panjab, di piccola taglia, di singolare intelligenza e vago aspetto. Il mantello, sempre di prestigiosa decorazione, si adatta congenialmente e all’istante con il paesaggio interiore di ciascun proprietario».
    da Carlo Mollino, Del Drago da passeggio, 1964 (libretto che accompagna l’opera e che riporta la seguente dicitura: «Drago n. 70 “Notte in laguna”.

  • Gallery Conferenza Stampa

    A Guttuso è dedicata la mostra Renato Guttuso. L’arte rivoluzionaria nel cinquatesimo del ‘68

    Nei giorni seguenti alla morte di  Togliatti Guttuso  scriveva di sentire la necessità di dipingere un quadro sui funerali. Lo realizzo solo 8 anni dopo.

    Ritrasse gli amici di Togliatti, i compagni di partito, il popolo delle bandire rosse, ma anche: Dimitrovv, Stalin Lenin un’opera monumentale  che divenne  l’opera manifesto dell’artista.

    Curata da Pier Giovanni Castagnoli, con la collaborazione degli Archivi Guttuso, la mostra raccoglie e presenta circa 60 opere provenienti da importanti musei e collezioni pubbliche e private europee. Primeggiano alcune delle più significative tele di soggetto politico e civile dipinte dall’artista lungo un arco di tempo che corre dalla fine degli anni Trenta alla metà degli anni Settanta.

    Nell’ottobre del 1967, cinquantesimo anniversario della rivoluzione d’ottobre, Renato Guttuso scriveva su Rinascita, rivista politico-culturale del Partito Comunista Italiano, un articolo intitolato Avanguardie e Rivoluzione, nel quale il pittore riconosceva alla rivoluzione il titolo inconfutabile e meritorio di essere stata il fondamento di una nuova cultura, con la quale profondamente sentiva di identificarsi e che lo induceva a chiudere il suo scritto con l’esplicita professione di fede: “L’arte è umanesimo e il socialismo è umanesimo”.

    Guttuso era stato, a partire dagli anni della fronda antifascista e tanto più nel secondo dopoguerra, un artista che, come pochi altri in Italia, si era dedicato con perseverante dedizione e ferma convinzione a ricercare una saldatura tra impegno politico e sociale ed esperienza creativa, nella persuasione che l’arte, nel suo caso la pittura, possa e debba svolgere una funzione civile e sia costitutivamente dotata di una valenza profondamente morale.

    A poco più di cinquant’anni dalla pubblicazione dell’articolo e nella ricorrenza del cinquantenario del ‘68, la GAM di Torino si propone di riconsiderare il rapporto tra politica e cultura, attraverso una mostra dedicata all’esperienza dell’artista siciliano, raccogliendo alcune delle sue opere maggiori di soggetto politico e civile.

    A partire da un dipinto quale Fucilazione in campagna del 1938, ispirato alla fucilazione di Federico Garcia Lorca, che a buon diritto può essere assunto a incunabolo di una lunga e ininterrotta visitazione del tema delle lotte per la libertà, per giungere alla condanna della violenza nazista, nei disegni urlati e urticanti del Gott mit uns (1944) e successivamente, dopo i giorni tragici della guerra e della tirannia, alle intonazioni di una reinventata epica popolare risuonanti in opere nuove per stile e sentimento come: Marsigliese contadina, 1947 o Lotta di minatori francesi, 1948.

    Un grande, ininterrotto racconto che approda, negli anni Sessanta a risultati di partecipe testimonianza militante, come in Vietnam (1965) o a espressioni di partecipe affettuosa vicinanza, come avviene, nel richiamo alle giornate del maggio parigino, con Giovani innamorati (1969) e più tardi, in chiusura della rassegna, a quel compianto denso di nostalgia che raffigura i Funerali di Togliatti (1972) e in cui si condensa la storia delle lotte e delle speranze di un popolo e le ragioni della militanza di un uomo e di un artista. “Nel secondo dopoguerra – afferma Carolyn Christov-Bakargiev Direttore della GAM – negli ambienti della cultura di sinistra si discuteva tra avanguardia formalista e realismo figurativo.

    Ci si chiedeva quale fosse più rivoluzionaria e quale più reazionaria. Oggi, paradossalmente, nell’era della realtà aumentata e della virtualità, la pittura di Guttuso può sembrarci tanto reale e materica quanto il mondo che stiamo perdendo”. A fronte dell’antologia di tali dipinti e in dialogo con essi, la mostra offre anche un repertorio variegato di opere di differente soggetto: ritratti e autoritratti, paesaggi, nature morte, nudi, vedute di interno, scene di conversazione.

    Quadri tutti coevi ai tempi di esecuzione dei dipinti di ispirazione politica e sociale, selezionati con il proposito di offrire indiscutibile prova dei traguardi di alta qualità formale conquistati da Guttuso nell’esercizio di una pittura che – afferma il curatore Pier Giovanni Castagnoli – “per comodità, potremmo chiamare pura, con l’intendimento di saggiare, attraverso il confronto dei diversi orizzonti immaginativi, l’intensità dei risultati raggiunti su entrambi i versanti ideativi su cui si è esercitato il suo impegno di pittore e poter consegnare infine all’esposizione, pur nel primato assegnato al cardine tematico su cui la mostra si incerniera, un profilo ampiamente rappresentativo della ricchezza dei registri espressivi presenti nel ricchissimo catalogo della sua opera e della poliedrica versatilità del suo estro creativo”.

    La mostra è accompagnata da un catalogo, edito da Silvana Editoriale, con saggi di Pier Giovanni Castagnoli, Elena Volpato, Fabio Belloni, Carolyn Christov-Bakargiev e un’antologia di scritti di Renato Guttuso.

    GAM – GALLERIA CIVICA D’ARTE MODERNA E CONTEMPORANEA

    • Via Magenta, 31 –
    • 10128 Torino
    • tel. +39 011 4429518 – +39 011 4436907
    • email: gam@fondazionetorinomusei.it
    • www.gamtorino.it

    Orari di apertura

    • da martedì a domenica: 10.00 – 18.00, lunedì chiuso.
    • La biglietteria chiude un’ora prima.

    Biglietti

    Intero 12€ Ridotto 9€ Ingresso libero Abbonamento Musei e Torino Card info, prenotazioni e prevendita: www.ticketone.it

    Call center e info-line 011-0881178

     

  • Perfumum. I profumi della Storia.

    Un racconto sull’evoluzione e la pluralità dei significati del profumo dall’Antichità greca e romana al Novecento, visto attraverso più di duecento oggetti esposti, tra oreficerie, vetri, porcellane, affiches e trattati scientifici.
    L’esposizione, curata da Cristina Maritano, conservatore di Palazzo Madama, e allestita in Sala Atelier, presenta oggetti appartenenti alle collezioni di Palazzo Madama e numerosi prestiti provenienti da musei e istituzioni torinesi, come il MAO Museo d’Arte Orientale, il Museo Egizio, il Museo di Antichità, la Biblioteca Nazionale, la Biblioteca Guareschi del Dipartimento di Scienza e Tecnologia del Farmaco. Importante anche il contributo di realtà nazionali come il Museo Nazionale del Bargello, Gallerie degli Uffizi, il Museo Bardini e la Galleria Mozzi Bardini di Firenze e il Museo di Sant’Agostino di Genova. Fondamentale è stata inoltre la collaborazione con il Musée International de la Parfumerie di Grasse (Francia) che, insieme ad una preziosa selezione di opere, ha messo a disposizione gli apparati multimediali sulle tecniche della profumeria. Infine, il contributo di molti collezionisti privati ha permesso di radunare un’ampia selezione di flaconi del Novecento.

    A completamento della mostra, l’Associazione culturale torinese Per Fumum, fondata da Roberta Conzato e Roberto Drago, organizza una rassegna di incontri internazionali sulla cultura dell’olfatto rivolta a tutto il mondo degli appassionati della profumeria. Dalla presentazione di profumi storici dell’Osmothèque di Versailles, all’incontro con creatori di profumi riconosciuti a livello internazionale, fino ad appuntamenti legati al mondo food & beverage. 

    Gli incontri si terranno il 16, 17, 18 febbraio e il 7 e 8 aprile 2018 presso Palazzo Madama e altre sedi.
    Per ulteriori informazioni contattare info@perfumumtorino.com

    Il desiderio di trattenere i profumi, conservarli e di godere della loro fragranza accompagna la storia dell’uomo dall’antichità a oggi. Il percorso espositivo presenta un excursus storico avviato a partire dalle civiltà egizia e greco-romana che, sulla scorta di tradizioni precedenti, assegnano al profumo molteplici significati: da simbolo dell’immortalità, associato alla divinità, a strumento di igiene, cura del corpo e seduzione.
    Nell’Europa del primo Medioevo, sottoposta all’urto delle invasioni barbariche, sono rare le testimonianze di utilizzo di sostanze odorifere al di fuori della sfera sacra. Sopravvive tuttavia la concezione protettiva e terapeutica del profumo, come testimoniato in mostra dalla preziosa bulla con ametiste incastonate proveniente dal tesoro goto di Desana.
    L’uso di profumi a contatto con il corpo con funzione di protezione nei confronti di malattie è attestato più tardi nei pommes de musc frequentemente citati negli inventari dei castelli medievali, come il rarissimo esempio quattrocentesco in argento dorato in prestito dal Museo di Sant’Agostino di Genova, che conserva ancora la noce moscata al suo interno.
    La civiltà islamica, che eredita e preserva il sapere del mondo antico, sviluppa e innova la cultura del profumo greca e romana, persiana e bizantina, introducendo importanti conquiste tecnologiche, come il perfezionamento dell’arte della distillazione compiuto da Avicenna. In mostra alcune fiasche da profumo di arte ottomana, in ottone geminato, in legno di rosa e in maiolica e vetro.
    L’età rinascimentale vede la progressiva laicizzazione dei significati del profumo, il cui uso si fa più esteso e articolato presso le classi sociali più elevate. Gli antichi trattati circolano grazie alle edizioni a stampa, fioriscono nuovi ricettari che propongono la fabbricazione individuale dei profumi, si sviluppa la profumeria alcolica. Si diffonde in tutta Europa la moda invalsa nelle corti italiane di profumare oltre al corpo anche gli accessori di vestiario, specialmente in pelle, e di indossare contenitori per profumi di straordinaria ricercatezza, come il flacone in agata con montatura in oro, rubini, diamanti e smalto, proveniente dal Museo degli Argenti di Palazzo Pitti, forse un dono di Caterina de Medici, a cui si deve l’esportazione della moda italiana dei profumi in Francia.
    Dal Seicento, la supremazia nel campo della produzione dei profumi spetta incontestabilmente alla Francia. Nascono nuove fragranze, sempre più orientate verso le note floreali e leggere, conservate in flaconi in vetro o porcellana, oppure diffuse negli ambienti grazie a pot-pourri e bruciaprofumi.

    La mostra offre infine una panoramica sul Novecento grazie ai prestiti provenienti da collezioni private che hanno consentito di arricchire il percorso espositivo con un’ampia carrellata di flaconi, tra cui spiccano quelli creati da René Lalique per François Coty, di Baccarat per Guerlain, ma anche gli eccezionali Arpège di Jeanne Lavin, Shocking di Elsa Schiaparelli, Diorissimo di Christian Dior. Completano l’esposizione una selezione di etichette e manifesti di case produttrici di profumi tra Ottocento e Novecento.

    Catalogo edito da Silvana Editoriale.

HTML Snippets Powered By : XYZScripts.com