Categoria: Mostre

  • FRAMMENTI DI UN BESTIARIO AMOROSO

    Galleria Sabauda, Spazio Scoperte –

    Il percorso presenta alcuni lavori di Marilaide Ghigliano, fotoreporter, si potrebbe dire, non di fatti ma di sentimenti, qui incentrati sull’importanza degli animali nella vita dell’uomo e sul legame affettivo che ne scaturisce.

    Un tema particolarmente attuale, e documentato nelle arti figurative sin dai tempi più antichi.

    Quarantasei fotografie scattate dal 1974 al 2010 in diversi paesi dell’Europa, dell’Asia e dell’Africa, che hanno per protagonisti, assieme alle persone, cani, gatti, asini, oche, colombe, cavalli, mucche.

    I soggetti, dai quali la fotografa sembra ogni volta sorpresa e conquistata, sono catturati dal teleobbiettivo con discrezione, senza messa in posa.

    Come scriveva nel 1988 la storica dell’arte Adalgisa Lugli, Ghigliano «è una sorta di miracolata dello strumento che usa, dal quale è sorprendentemente libera, spontanea, slegata. Lavora viaggiando, guardando con una sorta di amore trasversale per le cose così poco classificatorio».

    La passione per gli animali affiora costantemente nel percorso della fotografa torinese ed è documentata anche dai calendari con immagini di cani e gatti, tutti rigorosamente senza pedigree. Animali e persone sono immortalate allo stesso modo, con analoga empatia; il bianco e nero comunica in modo diretto, senza distrazioni, ed esplora, attraverso i tagli di forma e di luce, l’anima di persone e animali.

    Le immagini potranno entrare in dialogo con due importanti opere del Seicento di Carlo Cignani (Bologna 1628 – Forlì 1729) della Galleria Sabauda, Adone e Venere e Cupido.

    I dipinti arricchiscono il percorso fotografico ricordando la lunga fortuna del tema nella storia dell’arte, anche qui trattato attraverso un linguaggio figurativo intimo e aggraziato, sottolineato dai gesti affettuosi. Adone accarezza il suo fidato cane, compagno di appassionate battute di caccia, mentre Cupido, a cui Venere ha sottratto l’arco, abbraccia due colombe, simbolo di amore e fede eterna.

    Le opere facevano parte della quadreria del principe Eugenio di Savoia-Soissons (Parigi 1663 – Vienna 1736), allestita nella residenza del Belvedere di Vienna, dove, oltre a un consistente gruppo di dipinti fiamminghi e olandesi del Seicento, era presente anche una selezione di quadri italiani, tra cui spiccavano quelli di gusto classicista dei grandi maestri della tradizione emiliana come Guido Reni, Francesco Albani e Carlo Cignani.

  • FotoGallery Conferenza Stampa

    Le meraviglie di Roma, esposizione documentaria organizzata dai Musei Reali di Torino in Biblioteca Reale dal 1 febbraio al 7 aprile 2018, non vuole solo offrire al visitatore una carrellata di monumenti e opere d’arte della Città Eterna ma, attraverso le settanta opere esposte, accompagnarlo idealmente alla scoperta della centralità della sua storia e della sua arte nel contesto culturale europeo a partire dal Rinascimento. La mostra è allestita nei due caveaux della Biblioteca, la storica Sala Leonardo realizzata nel 1998 e il nuovo scrigno espositivo inaugurato nel 2014.
    La Sala Leonardo ospita la sezione della mostra dedicata ai Fasti di Roma antica, dove – partendo dall’imprescindibile confronto con l’architettura vitruviana – vengono esposte opere a stampa, fotografie e disegni che testimoniano come la lezione dell’architettura romana venga nel corso dei secoli assimilata e reinventata in chiave ideale o reinterpretandola secondo il gusto romantico della “rovina”.
    Una parte di questa sezione è dedicata al Foro Romano; per raccontare la sua fortuna storiografica e iconografica, si è scelto come leitmotiv il Tempio di Saturno, uno dei più antichi monumenti di Roma, che si staglia nella sua iconica semplicità ai
    piedi del Campidoglio. Spazio di rilievo in questa sezione occupa la Colonna Traiana, universalmente conosciuta, studiata, copiata, e presa a modello per una la peculiarità di essere una vestigia del passato perfettamente conservata, che non ha subito
    l’ingiuria del tempo e degli uomini a cui sono stati esposti i monumenti nell’area dei Fori.
    Al concetto di copia è legata una delle principali sezioni allestite nel secondo caveau: ci si immerge nella Roma rinascimentale con i suoi magnifici palazzi grazie a un disegno di Federico Zuccari per poi proseguire idealmente un percorso che ci porta verso la facciata di Palazzo Milesi in via della Maschera d’Oro, affrescata da Polidoro da Caravaggio.

    Altri due importanti disegni, il primo attribuito alla cerchia del Poussin – un corteo di sacerdoti con la famiglia imperiale tratto dal fronte sud dell’Ara Pacis – il secondo dagli evidenti echi rubensiani pur nella soggetto di derivazione raffaellesca – la parte superiore dell’affresco con la Disputa del Sacramento nella Stanza della Segnatura – conducono il visitatore a confrontarsi con due modi diversi di approcciare il concetto di “copia”: il Corteo tratto da un rilievo dell’Ara Pacis infatti è un disegno in cui la maniera pittorica dell’artista cerca di rimanere celata, restando quanto più possibile fedele al bassorilievo originale anche attraverso la conduzione del tratto.

    Nella copia della Disputa del Sacramento dipinta da Raffaello nella Stanza della Segnatura, invece, il grande maestro urbinate assurge al ruolo di nuovo classico da copiare, ma con una sostanziale differenza: qui infatti la “maniera” propria del copista emerge in modo prepotente, al punto da renderlo qualcosa di sostanzialmente diverso dall’originale raffaellesco.
    In una mostra dedicata alle meraviglie di Roma non poteva mancare poi una sezione dedicata al Vaticano, in cui spicca un piccolo manoscritto miniato del XV secolo in cui, a tutta pagina, san Pietro è ritratto in piedi al centro della basilica a lui dedicata, riprodotta come si presentava prima della ricostruzione cinquecentesca.

    Un disegno e una incisione di Gaspar Van Wittel arricchiscono questa sezione. Elemento imprescindibile delle vedute di piazza San Pietro a partire dalla fine del Cinquecento è l’obelisco, trasportato nella piazza dinanzi la Basilica grazie all’ingegno
    di Domenico Fontana, come testimoniato da una rara edizione a stampa esposta in mostra, in cui si documentano pedissequamente i lavori di spostamento, con resoconti dettagliati dei calcoli sul peso e sull’altezza dell’obelisco nonché sui mezzi necessari a
    spostarlo, e tantissime altre notizie di carattere architettonico, meccanico e pratico, relative alle maestranze che furono impiegate e alla loro gestione. Attraverso incisioni e fotografie d’epoca vengono poi documentati altri importanti obelischi romani,
    compreso quello davanti al palazzo del Quirinale, a cui viene riservata una piccola sezione.

    Qui, accanto a testimonianze ottocentesche e pregevoli tavole incise risalenti al Cinquecento e al Seicento, trova posto la copia di uno dei Dioscuri collocati nella piazza del Quirinale, disegno autografo di Girolamo da Carpi che idealmente si riconnette con la tematica della copia dall’antico testimoniata dai disegni esposti nelle vetrine ad esso affrontate. La biblioteca, nascendo come scrigno della casa reale,
    conserva anche una serie di rare testimonianze fotografiche ottocentesche relative alla risistemazione urbana che investì la nuova capitale del Regno a partire dal 1871: in particolare è esposta in mostra la documentazione fotografica della risistemazione delle sponde del Tevere all’altezza dell’Isola Tiberina dopo l’alluvione del 1870, che si è scelto di mettere in relazione con due disegni da Van Wittel che rappresentano con precisione i ponti Cestio e Fabricio così come apparivano all’inizio del Settecento. Una ricca sezione è poi dedicata alla diffusione editoriale delle guide di Roma. I due grandi box all’interno del secondo caveau invece ospitano due sezioni separate, la prima dedicata alla cartografia della città dal Cinquecento all’Ottocento, la seconda alla figura di Giovan Battista Piranesi, che vuole idealmente riconnettersi
    alla grande mostra allestita in Galleria Sabauda fino all’11 marzo 2018.
    (MLR)

    Caveau 1 – Sala Leonardo
    I fasti dell’antica Roma – Un’architettura ideale
    I fasti dell’antica Roma – Passeggiando nei Fori
    I fasti dell’antica Roma – La colonna Traiana
    I fasti dell’antica Roma – La campagna romana
    I fasti dell’antica Roma – Cartoline dal passato

    Caveau 2
    Una storia da tramandare
    Copiare per imparare dall’antico
    Uno sguardo verso il colle Vaticano
    Gli obelischi di Roma
    Il Quirinale
    Le sistemazioni urbanistiche ottocentesche
    Roma nelle guide di viaggio
    Piranesi
    La cartografia

    ————————————————————
    MUSEI REALI TORINO

    Orari
    I Musei Reali sono aperti dal martedì alla domenica dalle 8,30 alle 19,30
    Ore 8,30: apertura biglietteria, Corte d’onore di Palazzo Reale, Giardini
    Ore 9: apertura Palazzo Reale e Armeria, Galleria Sabauda, Museo di Antichità
    La Biblioteca Reale è aperta da lunedì a venerdì dalle 8 alle 19, sabato dalle 8 alle 14.
    La Sala di lettura è aperta da lunedì a mercoledì dalle 8,15 alle 18,45, da giovedì a sabato dalle 8,15 alle 13,45.
    Biglietti Musei Reali Torino
    Intero Euro 12
    Ridotto Euro 6 (ragazzi dai 18 ai 25 anni).
    Gratuito per i minori 18 anni / insegnanti con scolaresche / guide turistiche / personale del Ministero per i Beni e le Attività Culturali / membri ICOM / disabili e accompagnatori / possessori dell’Abbonamento Musei, della Torino+Piemonte Card e della Royal Card.
    L’ingresso per i visitatori over 65 è previsto secondo le tariffe ordinarie.
    Le mostre comprese nel biglietto di ingresso ai Musei Reali sono:
    Prima del bottone: accessori e ornamenti del vestiario nell’antichità (fino al 18 febbraio 2018)
    Le bianche statuine. I biscuit di Palazzo Reale (fino all’11 febbraio 2018)
    Altre mostre:
    Miró! Sogno e colore (fino al 4 febbraio 2018) orari e info sul sito www.mostramirotorino.it
    Piranesi. La fabbrica dell’utopia (fino all’11 marzo 2018)
    Aperta da martedì a domenica dalle 9 alle 19
    Biglietto solo mostra: intero 10 €/ Ridotto 6 €
    Biglietto Musei Reali + Piranesi: intero 16 €/ ridotto 10 €
    Gratis per le categorie previste per legge
    Ingresso e orario biglietteria
    presso Palazzo Reale, Piazzetta Reale 1 dalle ore 8,30 fino alle ore 18.
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    Informazioni
    +39 011 5211106 – e-mail: mr-to@beniculturali.it
    ——————————
    Segui i Musei Reali con l’hashtag #museirealitorino su
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    La Giornata del Contemporaneo, promossa da AMACI, è la grande manifestazione organizzata ogni anno per portare l’arte del nostro tempo al grande pubblico.

    Anche per questa edizione la Giornata del Contemporaneo aprirà gratuitamente le porte dei 24 musei AMACI e di un migliaio di realtà in tutta Italia. Un programma multiforme che di anno in anno ha saputo regalare al grande pubblico un’occasione per vivere da vicino il complesso e vivace mondo dell’arte contemporanea, portando la manifestazione organizzata da AMACI a essere considerata lappuntamento annuale che ufficialmente inaugura la stagione dell’arte in Italia

    La GAM, museo associato AMACI partecipa alla tredicesima giornata del Contemporaneo offrendo l’ingresso gratuito per tutta la giornata di sabato 14 ottobre.

    L’accesso libero prevede la visita alle Collezioni permanenti e alle mostre in corso:

     

    Dalle bombe al museo 1942-1959 (che terminerà il 5 novembre)

    ARCHIVI 2 | 1960-1962 IL GIAPPONE A TORINO. Omaggio a Sofu Teshigahara (Giardino) installazione permanente 
    La mostra Strutture e stile alla GAM
    (Secondo piano) (che terminerà il 21 gennaio)

     

    GAM Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea Torino

    Via Magenta 31, Torino

    orario: martedì – domenica 10.00-18.00 (la biglietteria chiude un’ora prima)

    Chiuso il lunedì

  • Nell’aulica Sala del Senato di Palazzo Madama va in scena la mostra Gianfranco Ferré. Sotto un’altra luce: Gioielli e Ornamenti. 

    Gallery della Mostra

    L’esposizione – organizzata e prodotta da Fondazione Gianfranco Ferré e Fondazione Torino Musei – presenta in anteprima mondiale 200 oggetti-gioiello che ripercorrono per intero la vicenda creativa del celebre stilista italiano.

    Per Ferré l’ornamento è stata sempre una passione, legata in modo inscindibile alle collezioni moda e risultato di un approccio appassionato e spesso innovativo, mai inferiore a quella riservata all’abito. Come sottolinea la curatrice della mostra Francesca Alfano Miglietti: “Ferré costruisce una zona franca all’interno di un proprio mondo di riferimento, elaborando ogni oggetto sulla scia di un sistema di classificazione generale di concetti che diventano oggetti. E così pietre lucenti, metalli smaltati, conchiglie levigate, legni dipinti, vetri di Murano, ceramiche retrò, cristalli Swarovski, e ancora legno e cuoio e ferro e rame e bronzo, nel susseguirsi di un incantato orizzonte di spille, collane, cinture, anelli, bracciali, monili. Per Ferré l’ornamento non è il figlio minore di un prezioso, ma un concetto di eternità che deve rappresentare l’immanenza del presente”.
    Gli oggetti in mostra, realizzati per sfilate dal 1980 al 2007, sono raccontati come complemento dell’abito e suo accessorio ma vengono esposti insieme ad alcuni capi in cui è proprio la materia-gioiello a inventare e costruire l’abito, diventandone sostanza e anima. Anche in questo caso l’attenzione di Gianfranco Ferré ai materiali è determinante, come parte essenziale della sua ricerca.
    Il progetto espositivo – realizzato dall’architetto Franco Raggi – gioca sul contrasto tra la Sala del Senato di Palazzo Madama, ambiente di immenso pregio architettonico, e le strutture minimaliste ed essenziali in ferro e vetro dell’allestimento, mettendo in risalto la fantasiosa bellezza dei gioielli disegnati da Ferré che sembrano librarsi in volo nella penombra.

    Gianfranco Ferré nasce a Legnano (MI) il 15 agosto 1944. Dopo la Laurea in Architettura conseguita nel 1969 al Politecnico di Milano, ottiene un primissimo successo come creatore di bijoux ed accessori. Seguono  la  lezione  fondamentale  dell’India  dove  vive  e  lavora  per  lunghi periodi, la nascita del suo Prêt à Porter femminile – nel 1978 – e la fondazione della società che porta il suo nome. Al lancio dell’abbigliamento maschile, nel 1982, e alla creazione di una gamma articolata di collezioni e accessori realizzati su licenza, si aggiungono l’esperienza dell’Alta Moda, tra il 1986 ed il 1989, le cui collezioni vengono presentate a Roma. A seguire, il prestigioso incarico presso la maison Christian Dior, di cui Gianfranco Ferré è Direttore Creativo dal 1989 al 1996 per le linee femminili. Negli anni successivi vengono sviluppate numerose altre linee e si susseguono altrettanti, significativi progetti. Nel marzo 2007 lo stilista è nominato Presidente dell’Accademia di Belle Arti di Brera. Gianfranco Ferré muore prematuramente il 17 giugno di quello stesso anno.

  • Capolavori concepiti per essere indossati dalle tante signore che Gianosone frequentava e ammirava, ricambiato grazie ad un fascino misterioso ed esoterico.

    Impegnato per tanti anni sia come artista sia come professore presso l’Istituto d’Arte di Torino (oggi Liceo Artistico Aldo Passoni), Giansone nel corso della sua attivissima vita, ha scolpito, disegnato, dipinto e realizzato incisioni e arazzi con uno stile personalissimo, sospeso tra una sintetica figuratività e l’astrazione pura. Il marmo, la pietra, il ferro, i legni più duri, sono stati la materia prima che nelle sue mani ha dato forma e vita alle sue intense emozioni, alla sua visione dell’umanità, dell’universo e dell’ultraterreno.
    All’interno del vastissimo corpus di opere realizzate tra il 1935 e il 1997, spiccano questi suoi “gioielli da indossare”. Microsculture fuse in oro, in cui Giansone mette in estremo risalto la componente scultorea del gioiello, senza nulla concedere alle forme e alle mode dell’arte orafa del suo tempo. Questo lo si può cogliere osservando anche i contenitori in legno che custodiscono e fanno da espositori a quasi tutti i gioielli. Sono “scatole” intagliate nei legni durissimi che l’artista privilegiava: il mogano, l’azobè, il paduk, il palissandro, la radica e soprattutto l’ebano, il più raro e difficile da lavorare. Contenitori che diventano a loro volta piccole sculture e capolavori artistici, indissolubilmente congiunti col gioiello incastonato dentro di essi.

    I curatori della mostra, Marco Basso e Giuseppe Floridia, coadiuvati dalla registrar di Palazzo Madama, la storica dell’arte Stefania Capraro, hanno selezionato una quarantina di pezzi, in gran parte di proprietà dell’Associazione Archivio Storico Mario Giansone di Torino, che sponsorizza in toto questa mostra, più alcuni gioielli di proprietà di collezionisti privati. Giansone ebbe una significativa fortuna collezionistica a Torino negli anni Sessanta: alcune sue opere fanno oggi parte delle collezioni della GAM – Galleria Civica d’Arte Moderna di Torino, della sede Rai di Torino e di prestigiose raccolte torinesi, tra cui quelle delle famiglie Agnelli e Pininfarina.

    Accompagna la mostra un catalogo edito da AdArte, con una presentazione scritta dal professor Giuseppe Floridia, che da vent’anni, dopo la morte di Giansone, si batte affinché l’opera di questo grande scultore non venga ingiustamente dimenticata.

    In occasione della mostra a Palazzo Madama, lo studio di scultura di Mario Giansone (Via Messina 38, Torino) resterà eccezionalmente aperto per visite guidate con il curatore della mostra rivolte al pubblico adulto.

    Le visite guidate, gratuite con prenotazione obbligatoria, si svolgeranno dal 13 ottobre 2017 al 20 gennaio 2018, tutti i venerdì e sabato, alle ore 17.30 e alle 18.30, ad esclusione dei giorni 8, 9, 22, 23, 29 e 30 dicembre 2017.

     

    Mario Giansone nasce a Torino il 26 gennaio 1915. Nel 1935 si diploma presso il Liceo Artistico di Torino. Negli anni seguenti è per breve tempo assistente di Alberto Cibrario, docente di Anatomia Artistica alla Scuola Libera del Nudo dell’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino, e lavora presso lo studio privato dello scultore Michele Guerrisi, seguendo al contempo le sue lezioni di Storia dell’Arte all’Albertina. Dal 1956 al 1985 insegna presso l’Istituto Statale d’Arte di Torino, dapprima Plastica Ornamentale (ornato e figura modellata) e poi, dal 1962, Disegno dal vero ed Educazione visiva, ricoprendo anche la carica di Vicepreside dell’Istituto d’Arte fino al 1975. Nel corso degli anni Cinquanta espone alle Quadriennali di Torino e Roma con un successo crescente testimoniato dalla commessa della scultura di Santa Cecilia per l’Auditorium RAI di Torino e dalla sua presenza di sue opere in alcune prestigiose collezioni private torinesi. In quegli anni anche la Galleria civica d’Arte Moderna di Torino acquista due sue sculture. Gli anni Sessanta costituiscono la fase più felicemente ed intensamente creativa di Giansone. Alla pubblicazione della monografia sull’artista, con testo di Giuseppe Marchiori – uno dei maggiori critici del periodo – segue, nel 1965, la personale alla Galleria “La Bussola” di Torino. Nel 1980 vince un concorso nazionale per la realizzazione di un’opera monumentale che lo impegna per i due anni successivi. Negli anni seguenti si dedica alla realizzazione di una complessa opera da lui definita “Opera Omnia”, i cui primi studi risalgono al1978, e, al venir meno delle forze fisiche, si dedica alla pittura su pannelli di compensato. Muore a Torino l’8 gennaio 1997.

    Fonte redazione Fondazione Musei

    www.fondazionetorinomusei.it

  • Da sempre gli animali fanno parte dell’immaginario cinematografico. Dai cani divi storici come Rin Tin Tin e Lassie fino alla nuova ondata di protagonisti a 4 zampe che caratterizzano la  produzione contemporanea, dal Balthazar di Bresson allo squalo di Spielberg, gli animali non cessano di fornire materia per storie di tutti i tipi.

    Il Museo Nazionale del Cinema di Torino celebra gli animali sul grande schermo con una mostra in programma nell’incomparabile scenario della Mole Antonelliana, dal 14 giugno 2017 all’8 gennaio 2018.
    Articolata in dieci differenti sezioni tematiche, la mostra racconta allo spettatore un universo multiforme.

    Fotografie, manifesti, storyboard, costumi di scena, memorabilia e animatronics dialogheranno con le sequenze dei film assemblati in montaggi speciali.

    Due i temi principali della mostra.

    • cos’è una star animale? In particolare, qual è la relazione tra icona popolare e animale (spesso non un singolo, ma più di uno) in carne ed ossa che lo rappresentano sulla schermo?
    • esiste una “recitazione animale”? E come definirla oggi, quando animatronics ed effetti speciali digitali spingono verso personaggi di animali che sembrano sempre più esseri umani, mutandone la natura stessa?

    Gli oggetti in esposizione provengono dalle collezioni del Museo Nazionale del Cinema, e da importanti istituzioni internazionali, tra  cui l’Academy of Motion Pictures Arts and Sciences di Los Angeles, la NBCUniversal Archives & Collections, La Cinémathèque française, il  Palm Dog Award, e da collezionisti e professionisti del mondo del cinema, come il Premio Oscar per i migliori effetti speciali John Cox.
    La mostra è a cura di Davide Ferrario e Donata Pesenti Campagnoni, con la collaborazione di Tamara Sillo e Nicoletta Pacini.

    Partner e sponsor

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  • Il Forte di Bard presenta un inedito progetto espositivo di uno dei più grandi maestri della fotografia contemporanea internazionale. Steve McCurry. Mountain Men è il titolo della coproduzione Forte di Bard, Steve McCurry Studio, Sudest57 che affronta i temi della vita nelle zone montane e della complessa interazione tra uomo e terre di montagna.

    Una selezione di paesaggi, ritratti e scene di vita quotidiana mette in evidenza il continuo e necessario processo di adattamento delle popolazioni al territorio montano che influenza ogni aspetto dello stile di vita delle persone: dalle attività produttive al tempo libero, dalle tipologie di insediamento, di coltivazione e di allevamento ai sistemi e mezzi di trasporto. Il tema della mostra è la vita in montagna, ossia evidenziare attraverso un percorso di immagini le specifiche antropologiche delle popolazioni che vi vivono, i legami e le interazioni fra gli uomini e l’ambiente e la terra in aree non pianeggianti.

    La montagna influenza il modo di vivere e tutte le attività dell’uomo, dai trasporti al tempo libero, dall’agricoltura alla produzione di energia, al costo stesso della vita.

    Il percorso è incardinato su 77 immagini del celebre fotografo stampate e allestite in formati diversi e selezionate dai suoi archivi rispetto al concept del progetto. Sono immagini di popolazioni di montagna raccolte da McCurry nel corso dei suoi innumerevoli viaggi: Afghanistan, Pakistan, India, Tibet, Nepal, Brasile, Etiopia, Myanmar, Filippine, Marocco, Kashmir, Slovenia e Yemen.

    Oltre a far conoscere al pubblico la vasta produzione di Steve McCurry, la mostra propone in anteprima assoluta, il frutto di una campagna fotografica condotta in tre periodi di scouting e shooting, tra il 2015 e il 2016, che ha avuto come teatro la Valle d’Aosta; un vero e proprio “mountain lab”, laboratorio a cielo aperto sulle specifiche della vita di montagna, dove tra l’altro spiccano i quattro 4.000 metri delle Alpi: Monte Bianco, Cervino, Gran Paradiso e Monte Rosa.

    Ben dieci gli scatti in mostra destinati a entrare nell’archivio del più richiesto fotografo al mondo, risultato dell’assiduo lavoro svolto in Valle d’Aosta: un racconto visivo ed emotivo ricco di suggestione. Immagini che resteranno quale patrimonio della collezione del Forte di Bard.

    L’esposizione, inoltre, offre ai visitatori la possibilità di assistere alla proiezione in altissima risoluzione di oltre 290 scatti iconici del grande Maestro e di un video che racconta il backstage e il making of dello shooting valdostano.

    Main sponsor del progetto sono Gruppo Banca Sella e Montura.

    «Il progetto fotografico di Steve McCurry, attraverso una straordinaria capacità di comunicare l’autenticità – spiega Pietro Sella, Ceo del Gruppo Banca Sella,esplora ambienti e valori che da sempre fanno parte della tradizione e della visione della famiglia Sella, avviatasi alla documentazione fotografica fin dalla metà dell’Ottocento con Giuseppe Venanzio Sella. Questi valori, come la ricerca e l’innovazione, sono tutt’ora perseguiti dal nostro Gruppo, nella sua attività al fianco dei clienti e delle comunità locali. Il supporto al progetto, dunque, è una testimonianza del forte legame con la Valle D’Aosta e della consolidata collaborazione con il Forte di Bard, che ci hanno dato la possibilità di contribuire a un progetto culturale di grande rilievo, che parla dell’uomo, del suo lavoro e del suo habitat».

    «La partecipazione di Montura al progetto Mountain Men del grande Steve McCurry – spiega Roberto Giordani, Presidente di Monturaconferma l’impegno dell’azienda volto a sostenere iniziative di grande valenza culturale, nelle quali spicca un forte spirito di ricerca e di innovazione. E consolida la collaborazione con Forte di Bard, partner qualificato per lo sviluppo di iniziative che rafforzano il legame tra l’uomo ed il territorio».

    La mostra è accompagnata da un book (Edizioni Forte di Bard) dal titolo Steve McCurry. Mountain Men e da una linea di merchandising.

    Il fotografo sarà presente in via eccezionale all’inaugurazione della mostra il giorno 27 maggio 2017, con vernissage che sarà seguito da una sessione di book signing. L’evento è ad invito.

    Un workshop con Steve McCurry

    Il progetto espositivo prevede anche, per i più appassionati, la possibilità di iscriversi ad un workshop con il grande fotografo, della durata di due giorni e mezzo con inizio al venerdì e termine la domenica, in programma dal 15 al 17 settembre 2017 e con numero chiuso di 15 partecipanti (per informazioni eventi@fortedibard.it).

    Steve McCurry. Biografia

    Nato a Philadelphia nel 1950, Steve McCurry studia storia e cinematografia alla Pennsylvania State University. Inizialmente pensava di dedicarsi alla realizzazione di documentari, ma comincia dopo la laurea a collaborare come fotografo con un giornale locale. Dopo quattro anni decide di recarsi in India per qualche mese come freelance per comporre il suo primo vero portfolio con immagini di questo viaggio. Viaggia per due anni e, dopo la pubblicazione del suo primo lavoro importante che documentano il conflitto afghano, collabora con alcune delle riviste più prestigiose: Time, Life, Newsweek, Geo e il National Geographic. Inviato su mille fronti di guerra, da Beirut alla Cambogia, dal Kuwait all’ex Jugoslavia, all’Afghanistan, Steve McCurry si è sempre spinto in prima linea rischiando la vita pur di testimoniare gli effetti e le conseguenze dei conflitti in tutto il mondo. Membro dell’agenzia Magnum dal 1986, vincitore di molti premi fotogiornalistici (tra cui alcuni World Press Photo Awards) autore del celeberrimo reportage sulla ragazza divenuta icona del conflitto afghano sulle pagine del National Geographic nel mondo, Steve McCurry è uno dei maestri contemporanei del fotogiornalismo. Ogni suo ritratto racchiude un complesso universo di esperienze, storie, emozioni, dolori, paure, speranze. Veterano di National Geographic, sempre in viaggio, più facilmente in qualche parte dell’Asia che non in America, Steve McCurry ha fatto del viaggiare una sua dimensione di vita: «Solo viaggiare e approfondire la conoscenza di culture diverse, mi procura gioia e mi dà una carica inesauribile».

    SCHEDA DELLA MOSTRA

    • Titolo: Steve McCurry. Mountain Men
    • Sede: Cantine Forte di Bard
    • Periodo: 28 maggio – 26 novembre 2017
    • Una coproduzione: Forte di Bard, Steve McCurry Studio, Sudest57
    • A cura di: Forte di Bard curatorial Team

    Partner istituzionali

    • Regione autonoma Valle d’Aosta
    • Compagnia di San Paolo
    • Fondazione Crt

    Main sponsor

    • Gruppo Banca Sella
    • Montura

    Media partner

    • La Stampa

    Associazione Forte di Bard – T. + 39 0125 833811 – info@fortedibard.it – fortedibard.it – 

    Ufficio Stampa Forte di Bard  – Equipe International Tel. +39 0234538354

     

  • Dal 13 luglio al 23 ottobre 2017 un nuovo importante appuntamento con la fotografia d’autore nella splendida cornice della Corte Medievale.

    La mostra, a cura di Walter Guadagnini, direttore di CAMERA – Centro Italiano per la Fotografia di Torino, rende omaggio al celebre fotografo Franco Fontana (Modena, 1933) attraverso venticinque immagini di grande formato in prestito dalla UniCredit Art Collection, una delle principali raccolte d’arte in Europa a livello corporate.

    Leitmotiv del percorso espositivo è il colore, inteso come rivelazione, come fondamento di poetica, come linguaggio assoluto attraverso il quale passa ogni possibilità di espressione. Questo è, sin dai precoci inizi alla fine degli anni Sessanta, il fondamento della poetica di Fontana, maestro di una fotografia di paesaggio intimamente e profondamente anti-naturalistica e anti-documentaristica, paradosso questo che da sempre rappresenta la sua forza, la sua caratteristica primaria.

    Nel colore Fontana cerca e trova gli equilibri compositivi, e con il colore risolve lo spazio: nulla importa, a chi guarda, dove quella fotografia sia stata scattata, né quando, nulla importa del contesto. In questo senso, il suo è un paesaggio puro, liberato dalle necessità e dai vincoli della contingenza, poiché il vero soggetto della sua fotografia è il gioco delle cromie e delle luci, il taglio dell’inquadratura, l’estensione emotiva di questi elementi, non della natura in quanto tale.

    L’esposizione – realizzata con la collaborazione della Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per la Città Metropolitana di Torino – arricchisce con un nuovo capitolo il filone delle mostre fotografiche che ormai da qualche anno Palazzo Madama accoglie in Corte Medievale.

    Nato a Modena nel 1933, Franco Fontana inizia a fotografare nel 1961, e realizza i suoi primi scatti celebri nella seconda metà degli anni Sessanta, quando inizia a esporre quelle fotografie a colori che ne caratterizzeranno l’attività sino ai giorni nostri, conferendogli una fama mondiale come uno degli “inventori” della moderna fotografia a colori.

    Negli anni Settanta tiene una personale all’interno di “Photokina”, dove espone i suoi paesaggi, ottenendo un grande riscontro di critica e di pubblico. In seguito a un primo viaggio negli Stati Uniti nel 1979 approfondisce la ricerca sugli spazi urbani che proseguirà anche nei decenni successivi; nel 1982 pubblica “Presenzassenza”, volume dedicato alla ricerca sull’ombra e nel frattempo prosegue anche la sua ricerca nell’ambito del nudo.

    Nel 2000 pubblica il volume “Sorpresi nella luce americana”, nel quale concentra la sua attenzione sulla figura umana in rapporto allo spazio urbano.

    Negli ultimi anni si dedica con frequenza anche all’elaborazione digitale della fotografia, in un continuo rinnovamento della propria ricerca. Nel 2003 è pubblicata la monografia “Franco Fontana – Retrospettiva”, con introduzione di A.D.Coleman, che ripercorre l’intero suo percorso creativo.

    Nel 2006 ha ricevuto la Laurea Magistrale ad Honorem in Design eco compatibile dal Consiglio della Facoltà di architettura del Politecnico di Torino.

    Le sue opere sono presenti nelle collezioni dei più importanti musei del mondo.

    Accompagna la mostra un ricco programma di eventi collaterali.

    Si parte il 21 e 22 luglio con un workshop fotografico sul paesaggio urbano a cura dell’Accademia Torinese di fotografia (info e prenotazioni t. 011 2484308 – www.accademiatf.eu).

    A seguire, la sera del 26 luglio per la rassegna Cinema a Palazzo Reale organizzata da Distretto Cinema nel Cortile di Palazzo Reale, verrà proiettato il film di Paolo Sorrentino Youth – La Giovinezza, su suggerimento di Franco Fontana quale contrappunto cinematografico alla sua poetica fotografica (info www.distrettocinema.it).

    Infine, per tutta la durata della mostra, il museo propone un calendario di visite guidate e laboratori famiglia consultabili al sito www.palazzomadamatorino.it.

     

     

  • Partirà l’8 luglio, alla Reggia di Venaria, la mostra dedicata a Lady Diana, la principessa “triste” e amata dal popolo scomparsa vent’anni fa.

    Avrà inizio l’8 luglio, alla Reggia di Venaria Reale, una mostra dedicata a Lady Diana. L’esposizione, dal titolo “Lady Diana. Uno spirito libero” verrà ospitata presso le Sale dei Paggi della Reggia di Venaria. Questi spazio sarà per la prima volta sede di una mostra. L’evento dedicato alla bellissima principessa “triste” terminerà il 28 gennaio 2018.
    La mostra dedicata a Lady Diana vuole rendere omaggio alla principessa del Galles e duchessa di Cornovaglia scomparsa tragicamente il 31 agosto 1997.
    Lady D, icona senza tempo di stile ed eleganza, era molto amata dal popolo.
    Diana era uno spirito libero. Difficilmente riusciva ad accettare le costruzioni dell’ambiente di corte, le etichette, i protocolli e le regole imposte ai membri della Casa Reale. Punto cruciale della sua vita è il divorzio da Carlo, principe di Galles e futuro erede al trono d’Inghilterra.
    La forza che spingeva Diana era la volontà di aiutare gli altri e di lasciarsi ispirare da guide spirituali come Nelson Mandela e Madre Teresa di Calcutta.
    Le iniziative spontanee della principessa Diana catturarono il cuore dell’opinione pubblica.
    Diana trovò la morte nel tragico incidente del tunnel de l’Alma, a Parigi, il 31 agosto 1997.
    L’episodio  scosse non solo gli inglesi, ma il mondo intero.
    Diana divenne un’icona mondiale del Novecento, emblema di libertà, mito di femminilità, simbolo di forza.
    Allo stesso tempo la figura di Lady D racchiudeva in sé fragilità e difficoltà, paradossi e sfaccettature contrastanti.
    Nel ventesimo anniversario della morte della principessa Diana, la società organizzatrice di mostre Kornice vuole celebrare il ricordo di Lady D nello splendido scenario della Reggia di Venaria.
    Nella mostra dedicata a Lady Diana verranno svelati alcuni aneddoti legati alle amicizie con alcuni cantanti, come Elton John, alle canzoni dedicate a lei e alla persecuzione subito dai tabloid britannici.
    L’esposizione presenterà immagini, racconti, avvenimenti e testimonianze che coinvolgeranno emotivamente il visitatore.
    La mostra “Lady Diana. Uno spirito libero” avrà l’onore di raccontare le luci e le ombre che hanno contraddistinto questa protagonista del Novecento, ripercorrendo la sua intensa seppur breve vita.
  • Omaggio a Emanuele Luzzati in occasione del decennale dalla sua scomparsa.

    L’intento è stato quello di arricchire l’immensa opera intitolata “La via Francigena”, 10 pannelli di grandi dimensioni, che illustrano l’antico cammino dei pellegrini e dei mercanti. (bozzetto di Emanuele Luzzati e pittura su tela di Elio Sanzogni), realizzata nel 1994 e attualmente ubicata nella Foresteria della Sacra di San Michele, con un nuovo percorso espositivo temporaneo, che porterà il visitatore alla scoperta dei “Paladini di Francia”, (opere gentilmente concesse dal Museo Luzzati di Genova).

    Una mostra che documenta l’attività del Luzzati, come autore e come interprete, in uno dei primi temi trattati nella sua carriera artistica. Sono presenti inoltre testimonianze sul lavoro svolto dall’artista in relazione al tema cavalleresco come, tra le altre, le tavole originali per la Chanson de Roland e Orlando in guerra.

    Aspetto interessante è la volontà di testimoniare i diversi ambiti lavorativi (illustrazione, design e ceramica) in cui Luzzati ha operato, al fine di dare una visione a 360°, seppur tematica, della sua attività artistica.

    Dal 30 maggio al 16 luglio.

    Dal martedì al venerdì 14.30-18.00

    Sabato domenica e festivi 9.30-12.30 e 14.30-18.00

    Per informazioni:

    Sacra di San Michele Tel. 011/939130 fax 011/939706

    info@sacradisanmichele.com

    www.sacradisanmichele.com

     

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