Categoria: News

  • Un mosaico di ventidue voci che appartengono a ventidue grandi della musica d’autore italiana – i cui volti e nomi restano un mistero – ognuno dei quali recita un verso de L‘Infinito di Giacomo Leopardi. Un capolavoro, targato Rai e Ministero per i Beni e le Attività Culturali e per il Turismo, per celebrare i duecento anni della poesia composta dal poeta recanatese nel 1819. Un video sorprendente, che sarà in onda dal 19 al 31 dicembre su tutti i canali Rai e su RaiPlay, un viaggio sonoro e visivo in cui le voci degli artisti, che hanno offerto gratuitamente e con entusiasmo il proprio contributo, si uniscono all’animazione del manoscritto di Leopardi.
    Firmato da Rai Cultura (che sul web ospita anche una pagina dedicata, www.raicultura.it/200infinito) e da Direzione Creativa Rai, il nuovo progetto editoriale de “L’Infinito” si propone di chiudere l’anno nel segno della bellezza e della valorizzazione di una delle espressioni più alte della nostra letteratura, che mantiene intatta anche oggi tutta la propria forza e alla quale Rai e MiBACT rendono omaggio.
    Le celebrazioni del bicentenario si sono aperte con le voci degli studenti, sull’“ermo colle” di Recanati, e poi in tutta Italia, nelle scuole e nelle piazze, nelle molteplici versioni dialettali divenute virali sul web: una grande lettura collettiva de “L’Infinito” ha accompagnato la ricorrenza dei duecento anni dalla composizione di quell’idillio e che i ventidue cantautori italiani, ora lettori d’eccezione, affidano al grande pubblico della Tv.

    “Sono grato ai grandi della canzone d’autore italiana – dichiara il Ministro per i beni e per le attività culturali e per il turismo, Dario Franceschini – che hanno accettato il mio invito a leggere L’Infinito di Leopardi per festeggiare il bicentenario di uno dei componimenti più celebri e popolari della nostra produzione poetica. Le 22 voci, donate e anonime, fanno venire i brividi e sono un’unica dichiarazione d’amore per la poesia”.

    L’INFINITO

    La stesura autografa degli Idilli utilizzata per realizzare il video RAI è conservata dal Comune di Visso in provincia di Macerata, dove attualmente è tornata dopo la mostra a Recanati ed è custodita in cassetta di sicurezza in attesa della ricostruzione del museo fortemente danneggiato dal sisma del Centro Italia.

    Composto tra la primavera e l’autunno del 1819, la versione de L’Infinito utilizzata per il video è quella che approdò alle stampe solo sul finire del 1825, quando apparve insieme con la Sera sulla rivista “Il Nuovo Raccoglitore” nella rubrica “Poesia”.

    Esiste anche una prima stesura de L’Infinito di Leopardi, conservata alla Biblioteca Nazionale di Napoli Vittorio Emanuele III dove è esposta in occasione del bicentenario. Fa parte di un fascicoletto su cinque bifogli spessi, rigati e dai margini irregolari.

    I quindici endecasillabi sciolti introdotti dal titolo “L’Infinito” sono scritti ordinatamente al centro della pagina con tratto nitido e sottile, in un inchiostro marrone dal fondo molto scuro. Poche le correzioni, concentrate ai versi 3-4 e 13-14 e compiute con un inchiostro più denso e un pennino dalla punta più spessa.

    BICENTENARIO INFINITO: FINO A DICEMBRE ESPOSTO A NAPOLI IL PRIMO AUTOGRAFO

    Il primo autografo de L’Infinito è esposto nella sezione Manoscritti della Biblioteca Nazionale di Napoli per tutto l’anno del bicentenario.
    La Biblioteca Nazionale di Napoli, custode dell’eredità leopardiana, insieme alla prima stesura autografa de L’Infinito conserva nella sua quasi totalità il corpus delle opere letterarie, filosofiche e saggistiche leopardiane, lasciato da Giacomo all’amico Antonio Ranieri e pervenute nel 1907, dopo diverse dispute giudiziarie, alla biblioteca napoletana.

    Forte di questo patrimonio, la Nazionale di Napoli da tempo valorizza l’opera del poeta attraverso una costante attività di ricerca e studio del patrimonio leopardiano, che comprende anche la digitalizzazione del vasto corpo di autografi leopardiani conservati a Napoli.

  • Il 2020 si apre all’insegna dell’arte con un lungo fine settimana inaugurato dalla #domenicalmuseo il 5 gennaio con l’ingresso gratuito in tutti i musei e i parchi archeologici dello Stato e dei tanti comuni che aderiscono all’iniziativa.
    L’elenco degli istituti coinvolti è visibile su www.beniculturali.it/domenicalmuseo.

    Lunedì 6 gennaio si terrà poi l’apertura straordinaria dei luoghi della cultura statali in occasione dell’Epifania, con i consueti orari e tariffe.
    L’elenco degli istituti coinvolti è visibile su www.beniculturali.it/epifania

    Per la prima domenica gratuita del nuovo anno, la campagna digitale del MiBACT sarà dedicata alla seconda edizione di Fumetti nei Musei in mostra gratuitamente per il periodo delle festività all’Istituto della Grafica di Roma, mentre una calza speciale, scelta tra le opere conservate nel museo della pubblicità Salce di Treviso, segnerà sui social l’apertura straordinaria dei musei nel giorno della befana.

     

  • Musei Reali Torino e tutti noi  con la storia a portata di mano… prima fila!!
    Questa sera, 4 gennaio, alle 21.15 Rai1 ritorna Alberto Angela con Meraviglie – La Penisola dei tesori, racconterà come solo lui sa fare, le splendide sale dei Musei Reali Torino. Non Mancate! La nostra storia Vi aspetta!
    VisitPiemonte ENIT – Agenzia Nazionale del Turismo MiBACTAbbonamento Musei Piemonte La Stampa Torino

  • Ancora crescita per i Musei Reali che registrano +6,5% visitatori percentuale che, se incluse le mostre, sale a +15%

    Il 2019 dei Musei Reali di Torino si chiude con un incremento di pubblico del 6,5% rispetto al 2018, per un totale di 492.136 visitatori, a cui si aggiungono i 102.465 delle mostre del 2019, che fanno salire la percentuale a +15% rispetto all’anno precedente.

    Un dato che si rispecchia anche nell’attività dei canali ufficiali social dei Musei Reali, anch’essi in crescita; tra tutti spicca Instagram che registra +10.000 follower rispetto al 2018 (26.130 fan complessivi), ma sono in costante aumento anche Facebook (36.431 like sulla pagina) e Twitter (12.115 follower).

    L’anno appena trascorso ha visto il succedersi di mostre, insieme a numerose novità e riconoscimenti.

    Primo fra tutti, l’European Heritage Award/Premio Europa Nostra 2019, ricevuto a Parigi per i lavori di recupero della Cappella di Guarino Guarini nella categoria Conservazione. Il premio è indetto dalla Commissione Europea e da Europa Nostra, importante rete per il patrimonio che ogni anno celebra e promuove le eccellenze culturali.

    L’anno si è aperto con la mostra dedicata ad Antoon van Dyck. Pittore di corte (dal 16 novembre 2018 fino al 17 marzo 2019) pittore ufficiale delle più grandi corti d’Europa che ritrasse principi, regine, gentiluomini e nobildonne delle più prestigiose dinastie dell’epoca. Attraverso un percorso espositivo strutturato in quattro sezioni, la mostra (prodotta da Arthemisia) presentava 45 tele e 21 incisioni dell’artista che rivoluzionò l’arte del ritratto del XVII secolo.

    Riunendo i due principali nuclei di opere conservate alla Galleria Sabauda di Torino e alla Banca d’Italia di Roma, nelle Sale Chiablese, nel 2019 si è svolta la mostra Riccardo Gualino collezionista e imprenditore, attraverso la quale il pubblico ha potuto conoscere meglio una delle figure torinesi più significative del ‘900 italiano e la sua straordinaria storia. La mostra è tutt’ora in corso al Musée des Beaux Arts di Chambéry, in Francia.

    Soprattutto, il 2019 è stato l’anno di Leonardo, a cui i Musei Reali hanno dedicato la mostra Leonardo da Vinci. Disegnare il futuro. Il percorso espositivo, costruito sulla base del nucleo di disegni autografi conservati nella Biblioteca Reale. Una straordinaria raccolta di opere, databili all’incirca tra il 1480 e il 1515, diverse per soggetto e per ispirazione, in grado di documentare l’attività di Leonardo dalla giovinezza alla piena maturità. In mostra, tra gli altri, il Codice sul volo degli uccelli e il celeberrimo Autoritratto.

    Due opere recentemente tornate visibili al pubblico, grazie alla mostra Il tempo di Leonardo 1452-1519 (fino all’8 marzo 2020 in Biblioteca Reale). L’esposizione ripercorre un periodo di grande fermento culturale in cui si incrociarono accadimenti, destini e storie di grandi protagonisti del Rinascimento.

    Proseguono per i primi mesi del 2020 anche Pelagio Palagi a Torino. Memoria e invenzione nel Palazzo Reale, in Galleria Sabauda fino al 9 febbraio e la mostra internazionale Konrad Mägi. La luce del Nord (Sale Chiablese, fino all’8 marzo) realizzata in collaborazione con il Museo Nazionale d’Arte dell’Estonia.

    Tre sono le mostre già annunciate per i mesi successivi e che saranno presentate nelle prossime settimane in una conferenza stampa dedicata alle iniziative del 2020.

    Si inizia il 2 aprile con il fascino millenario di Cipro, cuore del Mediterraneo e ponte tra Oriente e Occidente, protagonista della mostra internazionale Cipro. Crocevia delle civiltà (fino al 20 settembre 2020, realizzata in collaborazione con l’Università degli Studi di Torino). La collezione del Museo di Antichità è arricchita da prestiti unici per la prima volta in Italia provenienti da illustri istituzioni straniere, tra cui il British Museum di Londra, il Metropolitan Museum of Art di New York, il Fitzwilliam Museum di Cambridge, Medelhavetmuseet di Stoccolma, il Kunsthistorisches Museum di Vienna e il Museo di Cipro a Nicosia.

    Dal 24 ottobre fino al 7 marzo 2021, le Sale Chiablese ospitano Capa in color, la mostra curata dall’International Center of Photography (ICP) di New York che presenta per la prima volta al grande pubblico le fotografie a colori di Robert Capa

    Le celebrazioni in occasione dei cinquecento anni dalla morte di Raffaello vedranno una mostra dedicata al grande maestro del Rinascimento, in Galleria Sabauda dal 30 ottobre 2020 al 14 marzo 2021.

    Uno speciale approfondimento infine sarà dedicato al Barocco, con mostre, concerti e percorsi di visita dedicati che si terranno da marzo a settembre 2020.

  • Nella bellissima campagna piemontese, e più precisamente nella zona delle Langhe cuneesi nel territorio del comune de La Morra, si nasconde una incredibile chiesetta colorata unica nel suo genere in Italia.

    Costruita nel 1914 come riparo per i lavoratori dei vigneti circostanti in caso di temporali o grandinate, la Cappella di SS. Madonna delle Grazie, meglio conosciuta oggi come Cappella del Barolo, fu acquistata dalla famiglia Ceretto nel 1970 insieme ai 6 ettari del prestigioso vigneto di Brunate.
    La chiesa, mai consacrata, oggi si trova ancora in questo vigneto di La Morra ed è sempre proprietà della famiglia Ceretto.

    Diroccata, abbandonata per anni e ridotta a rudere, la chiesa è stata ristrutturata dalla famiglia Ceretto alla fine degli anni ’90 ed è oggi diventata uno degli edifici più conosciuti e ammirati della zona.

    La ristrutturazione venne affidata agli artisti Sol LeWitt e David Tremlett che seppero trasformare un edificio in rovina in una splendida testimonianza di arte contemporanea.

    Per i lavori di ristrutturazione LeWitt si occupò dell’esterno con un gioco di colori giocoso e vivace, mentre Tremlett si occupò delle decorazioni interne calde e serene.

    Un altro piccolo gioiello immerso nella campagna piemontese e circondato da vigneti e piante assolutamente da scoprire.

    L’azienda Ceretto propone inoltre anche altre iniziative culturali e gastronomiche: degustazioni, tour, visite guidate e molto altro.

    Cappella del Barolo – La Morra CN, Italia
    Coordinate GPS 44°37’41.312″N 7°56’41.824″E;

    Orari:
    tutti i giorni dalle 9.00 alle 19.00

    Tariffe:
    Ingresso libero

    Per maggiori informazioni potete consultare il sito di Ceretto Experience.

     

  • La mostra racconta il talento, la creatività e la sapienza artigianale della Sartoria Annamode che, dagli anni ‘50, continua con passione a realizzare abiti che hanno reso i nostri costumisti famosi a livello internazionale.

    È a questo insieme di conoscenza, attenzione, arte e manualità che la mostra vuole rendere omag­gio rivelando da vicino quel mondo, fatto di capacità, amore e passione.

    In un visionario percorso espositivo sono messe in scena le “opere” più rappresentative della sartoria dagli anni della “Dolce vita” ai nostri giorni con costumi realizzati per grandi produzioni internazionali.

    Sono parte integrante del racconto le immagini multimediali che consentiranno al pubblico di immergersi nel mondo magico del cinema, in un laboratorio virtuale – ricco di tessuti e colori e accessori – e vivere il mondo affascinante dove l’arte, l’artigianato, il cinema si fondono per trasformare gli attori in personaggi. Apre e chiude la Mostra un omaggio a Federico Fellini e a Piero Tosi, alla loro straordinaria moder­nità e inventiva. In questa sezione saranno esposti gli abiti di plastica della sfilata dell’episodio di Toby Dammit dal film Tre Passi nel Delirio (1968), la cui realizzazione è stata assolutamente inno­vativa per l’epoca e che non sono quasi mai stati esposti per la loro delicatezza e la estrema rarità.

     

    Nell’immagine allegata, abito disegnato da Piero Tosi e realizzato da ANNAMODE per il film Tre passi nel delirio  ep. Toby Dammit di Federico Fellini. Seguirà, appena disponibile, immagine guida della mostra ancora in fase di lavorazione.

  • L’antica necropoli paleocristiana, emersa dai lavori di realizzazione della Nuvola Lavazza, ospita la  mostra di sculture di Aron Demetz nuovamente visitabile a partire da Domenica 15 dicembre

    Il dialogo tra un gioiello dell’architettura contemporanea e un passato tanto antico quanto affascinante.

    Si tratta della Nuvola Lavazza, sede dell’azienda torinese che, nell’ambito di Art Site Fest, progetto espositivo arrivato alla quinta edizione ospita una mostra di Aron Demetz, curata da  Domenico Maria Papa e in collaborazione con la Galleria Doris Ghetta.

    Sette sculture, scelte nell’ampia produzione dell’artista altoatesino, sono state collocate all’interno del perimetro della necropoli paleocristiana. Figure vagamente umane, che emergono dalle rimanenze archeologiche e che intrattengono un dialogo serrato con le superfici terrose, i resti delle pareti, il perimetro delle tombe, come a segnare il recupero della radice originaria della scultura.

     

    Aron Demetz

    … “Anche se il mio è un ritorno alla scultura classica, non è tanto importante la figura, quanto la ricerca sulla trasformazione dei materiali e il legno carbonizzato mi permette di trasmettere questa idea di metamorfosi”.

    Si è guadagnato notorietà internazionale grazie a un personale linguaggio scultoreo che coniuga la figurazione con una sensibilità assolutamente contemporanea.

    Il legno soprattutto, ma anche il bronzo e più di recente l’alluminio e l’argento, sono i materiali che restituiscono forma a corpi, colti spesso in una condizione di sospensione. Nel lavoro di Demetz è presenta una profonda riflessione sul rapporto dell’uomo con la natura, dalla quale origina la consapevolezza di una mancata unione.

    In alcuni casi Demetz ricopre la superficie delle strutture con resina naturale che l’artista stesso raccoglie dagli alberi delle foreste della Val Gardena.

    La resina, materiale in costante mutamento ha caratteristiche fortemente evocative e contribuisce di esprimere una nozione arcaica e metafisica. Utilizzate malte per conservare tessuti nei metodi di mummificazione, rinvia anche un’idea di durata di ricomprendere composizione.

    Utilizzata nei secoli anche come luogo di culto. Demenza colloca alcune delle sue opere in interno dell’area archeologica, tra le tombe, disegnando un percorso che assume una valenza quasi religiosa.

    Nato nel 1972 Vipiteno Bolzano da una famiglia ladina di scultori che, già da secoli, lavoravano come intagliatori in Val Gardena. Tra il 1997 1998 studiò cultura nella classe di Christian  Hofner presso l’Accademia delle belle arti di Norimberga. Ha esposto in musei e gallerie di tutto il mondo. Del 2018 è l’importante personale presso il Museo Nazionale Archeologico di Napoli.

    Dl 2010 è titolare della cattedra di Belle Arti di Carrara. Vive e lavora  a Selva di Val Gardena.

    Per prenotazioni prenotazioni.museo@lavazza.com

    biglietti disponibili su www.ticketlandia.com/m/museolavazza (prenotazione obbligatoria)
    ingresso euro 5,00 , gratuito sotto i 6 anni, fino a esaurimento posti disponibili (26 posti per visita)

     

  • Come stabilito dal “Programma di azione mondiale per le persone disabili” – istituito nel 1981 dall’Assemblea generale dell’ONU – la Giornata intende ribadire la trasformazione in atto verso una società aperta e coinvolgente per tutti.
    Nell’ambito delle proprie competenze il MiBACT sostiene, anche per il 2019, l’iniziativa, promuovendo manifestazioni ed eventi che siano a favore della cultura dell’accoglienza al patrimonio, confermando, con lo slogan “Un giorno all’anno tutto l’anno”,  l’impegno volto ad assicurare a tutti il diritto alla partecipazione e all’accesso ai luoghi e ai contenuti culturali, come sancito dall’alt 3 della Carta Costituzionale e dall’art. 30 della Convenzione ONU, ratificata con Legge n. 18/2009, sui diritti delle persone con disabilità.
    L’ingresso ai monumenti, musei, gallerie, scavi di antichità, parchi e giardini monumentali è gratuito (D.M n. 111/2016) ai portatoli di handicap e ad un loro familiare o ad altro accompagnatore che dimostri la propria appartenenza a servizi di assistenza socio-sanitaria.
    Di seguito, l’elenco degli appuntamenti organizzati dagli Istituti MiBACT
  • Una delle più antiche divinità cinesi è Xiwangmu, la Regina Madre d’Occidente, che vive su monti Kunlun, presso un giardino immerso fra le nuvole in cui cresce il pesco dell’immortalità, un albero che dà frutti ogni 3.000 anni.

    Questa pianta prodigiosa rappresenta il punto d’unione fra cielo e terra e Xiwangmu, che la possiede, è considerata sovrana degli immortali, protettrice della vita e dispensatrice di longevità.

    Per il loro carattere beneaugurale, le rappresentazioni della Dea venivano anche appese alle pareti nelle grandi dimore dei mandarini, alla maniera degli arazzi occidentali.

    In occasione del suo 11° compleanno, il MAO ha il piacere di esporre per la prima volta al pubblico un grande drappo raffigurante la Regina Madre d’Occidente nel giardino degli immortali, completamente restaurato.

    Il drappo in seta, donato da un privato e restaurato grazie al generoso contributo dell’Associazione Amici della Fondazione Torino Musei, ha misure notevoli (445 cm d’altezza per 320 di larghezza) ed è finemente decorato con filati di sete policrome e dorati: ad una prima analisi stilistica si ritiene che possa risalire al periodo finale del regno del famoso imperatore Qianlong (1735-1796) e, considerando la sua altissima qualità, non si esclude che potesse far parte degli arredi di corte.

    L’eccezionalità del manufatto consiste nella sua rarità e nel suo stato di conservazione: al contrario della maggior parte dei drappi ricamati di grandi dimensioni, solitamente smembrati per essere venduti in parti separate, quest’opera ha infatti mantenuto la sua integrità, che consente di apprezzare la minuzia dei dettagli e l’abilità tecnica nella realizzazione.

    Il tema principale della raffigurazione è la discesa della Regina Madre d’Occidente, Xiwangmu, a cavallo di una fenice nel giardino del pesco dell’immortalità e tutta l’iconografia dell’opera – compresa quella dei riquadri laterali – è permeata di simboli del taoismo popolare legati alla lunga vita e alla prosperità.

    Il drappo sarà esposto nel Salone Mazzonis fino al 22 marzo 2020.

  • “Sono un figlio del Nord, e tutto ciò che sono è una parte del suo popolo e

    della sua natura selvaggia. Ovunque mi trovi, il Nord sarà sempre la mia patria

    (nel senso più ampio). Amo la natura aspra e  malinconica del Nord,

    e quei vividi lampi di luce che gli artisti nordici sanno esprimere”

    (Konrad Mägi, dicembre 1907)

     

    Arriva ai Musei Reali di Torino nelle Sale Chiablese dal 30 novembre 2019 all’8 marzo 2020 la mostra Konrad Mägi. La luce del Nord, dedicata all’artista estone dalla straordinaria forza espressiva, fatta soprattutto di colore e di luce. Mägi è considerato il capostipite della pittura estone moderna ed è spesso assimilato ad artisti come Vincent Van Gogh e Alfred Sisley, con cui ha in comune l’uso audace della materia pittorica e degli effetti luminosi.

     

    La mostra, curata dallo storico dell’arte Eero Epner in collaborazione con la direzione dei Musei Reali, cade in prossimità dei 100 anni dalla visita di Konrad Mägi in Italia e, con oltre cinquanta opere (paesaggi, ritratti e disegni), è una delle personali più grandi mai realizzate in Europa. Le opere provengono dal Museo Nazionale d’Arte dell’Estonia e dal Museo d’Arte di Tartu, oltre che dalle collezioni private di Enn Kunila e Peeter Värnik e da quelle della Società degli studenti estoni.

    L’opera di Konrad Mägi è il lavoro di una personalità irrequieta e intensa, che attraverso la sua pittura di paesaggio, tesa e talvolta onirica, costruita con una materia densa ed espressiva, racconta al continente europeo il fascino della natura del Nord, dei suoi grandi cieli solcati da nuvole instabili e accese dai bagliori del tramonto, i laghi, le campagne distese e le scogliere a picco sul mare.

    Impossibile da collocare in un preciso movimento, Mägi sfiora tutte le correnti senza mai farne propria nessuna. Ama la natura e la dipinge come se stesse facendo un ritratto; al contrario, i suoi pochi ritratti di persone sono realizzati come se stesse dipingendo la natura, che percepisce come uno spazio metafisico e sacro. Anarchico, eccentrico, sognatore e utopista, Mägi è un artista unico nel panorama europeo del primo ventennio del Novecento, per il suo approccio alla pittura e, più in generale, alla vita. Come scrisse egli stesso nel 1906: “Prima o poi bisogna andare a vedere il mondo, anche a costo della vita, perché non fa differenza come uno muore e dove muore”.

    La mostra Konrad Mägi. La luce del Nord per la direttrice dei Musei Reali Enrica Pagella è al contempo una scoperta e una sfida: “Sono certa che le opere di Konrad Mägi saranno per il pubblico dei Musei Reali una scoperta e una sfida. La scoperta di un artista ancora poco noto e, insieme, del suo mondo, fatto di esperienze e di contatti che, partendo dall’Estonia, uniscono San Pietroburgo a Parigi e a Roma. Una sfida, perché la poetica di Mägi, pur così diretta, incrocia segni di culture artistiche – Art Nouveau, fauves, impressionismo, espressionismo – che devono essere interpretati alla luce di un’ispirazione peculiare e personale, come suggestioni che provengono da terre lontane dentro un solco di sapore quasi etnografico. Una pittura che scrive, con i suoi mezzi di forma, di colore e di luce, un pezzo di storia europea”.

    Per la direttrice del Museo Nazionale d’Arte dell’Estonia Sirje Helme la mostra rappresenta un riconoscimento e un risarcimento nel contesto dell’arte europea: “Il grande e ben documentato interesse di una prestigiosa istituzione del mondo dell’arte nei confronti della storia dell’arte estone del primo Novecento serve da ulteriore conferma che i concetti di ‘periferia’ e ‘centro’ stanno progressivamente perdendo il proprio significato nella storia della cultura europea. Il programma di altissimo livello dei Musei Reali e la loro grande professionalità organizzativa posizionano l’opera di Mägi in contesti da cui essa è stata esclusa per cent’anni. In questo modo si arricchisce la storia dell’arte sia estone che europea”.

    Un film-documentario su Konrad Mägi, appositamente realizzato per la mostra dalla regista estone Marianne Kõrver, sarà proiettato nell’ultima sala espositiva. Il documentario si concentra sulla personalità contradditoria e in parte inesplicabile di Mägi, che si riflette in forme diverse anche nelle sue opere. La storia appassionata e autodistruttiva delle ricerche metafisiche dell’artista, unita a un certo mistero che circonda sia la sua vita che la sua arte offrono allo spettatore la possibilità di fare esperienza della sua opera in modo molto personale e partecipato. Vari scrittori, storici dell’arte e studiosi estoni (Tiina Abel, Tõnu Õnnepalu, Eha Komissarov, Veiko Õunpuu, Hasso Krull, Lauri Sommer, Marek Tamm, Jaan Elken ja Kristi Kongi) descrivono la personale relazione di Konrad Mägi con l’arte e spiegano il contesto in cui essa si è sviluppata.

    L’allestimento della mostra è curato da Tõnis Saadoja e il design grafico da Kätlin Tischler. L’organizzazione della mostra è coordinata dal Museo Nazionale d’Arte dell’Estonia e supportata dalla Fondazione Konrad Mägi.

    Al termine dell’esposizione torinese, la mostra continuerà il suo viaggio facendo tappa nell’autunno 2021 al museo EMMA di Espoo, in Finlandia.

    LA VITA DI KONRAD MÄGI

    Mägi nasce in un ambiente rurale dell’Estonia meridionale nel 1878 e nel 1889 si sposta con la famiglia a Tartu, dove comincia a lavorare come apprendista falegname. Poco più che ventenne inizia la sua formazione artistica nella scuola di arti industriali di San Pietroburgo ma, già inquieto, abbandona la città nel 1906 per trasferirsi in Finlandia, nelle isole Åland, dove realizza i suoi primi dipinti. Nel 1907 approda a Parigi, dove vive per un anno, lottando con i disagi causati dalla povertà e dalle difficoltà di inserimento nell’ambiente artistico della metropoli. Nel 1908 è in Norvegia, dove dipinge intensamente, creando la base per le prime esposizioni di Tartu e di Tallin (1910), che gli daranno grande notorietà consentendogli un altro viaggio a Parigi. Ma già nel 1912 fa definitivamente ritorno in Estonia, dove lavora come insegnante d’Arte. L’ultima sua fase creativa coincide, nel 1921, con il viaggio in Italia, dove realizza luminose vedute di Roma, di Capri e di Venezia. Tornato in patria e gravemente malato, si spegne nel 1925, all’età di quarantasette anni.

    Per maggiori info

    Foto di copertina:

    Paesaggio con nuvola rossa. 1913‒1914. Olio su tela. Museo nazionale d’arte, Estonia

    Landscape with a Red Cloud. 1913‒1914. Oil on canvas. Art Museum of Estonia

     

     

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