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Cose d’altri mondi. Raccolte di viaggiatori tra Otto e Novecento

In tutto sono esposti fino all’11 settembre 2017 più di 130 oggetti, tra armi, strumenti musicali, oggetti sacri, ornamenti, in gran parte mai esposti prima d’ora al pubblico, entrati nelle collezioni di Palazzo Madama grazie alle donazioni di diplomatici, imprenditori, artisti, commercianti e aristocratici.

Il 6 aprile nella Sala Atelier di Palazzo Madama apre la mostra Cose d’altri mondi. Raccolte di viaggiatori tra Otto e Novecento, un viaggio attraverso quattro continenti illustrato da opere d’arte provenienti dalle ricche collezioni etnografiche del museo e da prestiti di altri musei del territorio piemontese.

Reperti archeologici dell’America pre-colombiana.

Tamburi, sonagli e lire congolesi.

Pagaie cerimoniali, clave e tessuti in corteccia d’albero provenienti dalle isole dell’Oceania.

Testi sacri e sculture buddhiste.

E ancora manufatti africani, maschere del Mali e della Nigeria; un meraviglioso pariko (diadema) di penne multicolori usato dai Bororo del Mato Grosso nelle cerimonie; opere queste provenienti rispettivamente da due importanti musei etnografici del territorio piemontese: il Museo Etnografico e di Scienze Naturali Missioni della Consolata di Torino e il Museo Etnologico Missionario del Colle Don Bosco.
La mostra – curata da Maria Paola Ruffino e Paola Savio, storiche dell’arte di Palazzo Madama – riconduce a un’epoca in cui con sguardo positivista si studiavano i mondi lontani dall’Occidente e quindi esotici. Una stagione in cui i maggiori musei europei si aprirono ad accogliere reperti e manufatti di popoli e continenti diversi alla ricerca di nuove chiavi di lettura per la propria storia e cultura.

A Palazzo Madama il percorso espositivo si articola in quattro principali sezioni: Africa, Asia, America e Oceania.

Nell’Africa troviamo una selezione di armi e strumenti musicali raccolti dal marchese Ainardo di Cavour, durante un avventuroso viaggio compiuto nel 1862 nella regione detta Sennar (tra Egitto e Sudan), e da Tiziano Veggia, che lavora nella prima metà del Novecento alla costruzione di ferrovie in Congo, nonché dai Missionari della Consolata, in contatto con numerose etnie, quali i Bambara nel Mali, gli Yoruba in Nigeria e i nomadi Beja.

Dall’Asia proviene la collezione di sculture sacre, stoffe, avori intagliati ed altri oggetti d’uso, esposta per la prima volta, che l’imprenditore Bernardo Scala nel 1880 porta con sé al suo rientro dallo Stato del Myanmar (allora detto Birmania). Di particolare fascino sono i testi buddhisti in lingua Pali, scritti su foglie di palma dorate e chiusi da tavolette in lacca rossa e oro che sono stati restaurati per la mostra, e gli oggetti provenienti dalla Corea donati dal conte Ernesto Filipponi di Mombello nel 1888: ventagli in carta di gelso dipinta e un libro che mostra esempi delle Cinque Relazioni Umane confuciane, in scrittura cinese e coreana a scopo divulgativo.

Nella seconda metà dell’Ottocento s’intensificano i viaggi oltreoceano, come testimoniano le numerose raccolte rappresentate nella sezione dedicata all’America.

Dal Messico provengono gli oggetti precolombiani donati al museo nel 1876 dall’imprenditore Zaverio Calpini. Reperti rari e preziosi quali le sculture olmeche, urne cinerarie zapoteche, ornamenti d’oro e idoli della cultura Maya, Mixteca e Azteca, e anche manufatti più comuni quali gli stampi in terracotta a rilievo per decorare il corpo o i rocchetti in ossidiana da inserire nei lobi delle orecchie, che trovano sintonie inaspettate negli usi e nella cultura contemporanea.

Dal Perù arrivano i pettorali e pendenti in argento e oro donati da Giovanni BattistaDonalisio, console di Panama. Resta invece ignoto il nome di chi abbia offerto al museo di Palazzo Madama la collana d’artigli di giaguaro dell’America centrale; inquietante quasi quanto la Tsantsa, la testa umana miniaturizzata portata sul petto quale trofeo dai guerrieri della tribù Jívaro in Ecuador, offerta ai concittadini da Enrico della Croce di Dojola nel 1873.

L’Oceania costituisce l’ultima sezione della mostra, con una selezione tra gli oltre 200 oggetti donati nel 1872 da Ernesto Bertea. Avvocato e pittore, Bertea non viaggia personalmente oltreoceano, ma acquista forse a Londra questo eccezionale nucleo di manufatti provenienti dalle isole polinesiane e Salomone, di pregio pari a quelli del British Museum. Tra gli oggetti esposti delle clave rompitesta, lance, fiocine, pagaie cerimoniali dipinte e intagliate a intrecci geometrici e alcuni tapa, tessuti fatti di fibra di corteccia battuta e decorata a stampo con motivi di linee e geometrie regolari.

Il percorso nel suo articolarsi è carico di sorprese e suggestioni e consente di scoprire opere esteticamente insolite e stupefacenti a tal punto da sembrare oggetti attinenti a certa illustrazione fantasy contemporanea o persino progettati da culture extraterrestri.

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