Tag: #archeologia

  • FONTE ADNKRONOS: 14 luglio 2023 | 18.48

    L’Italia chiede al Louvre la restituzione di reperti archeologici

    Chiesti al museo di Parigi sette preziosi reperti tra i quali un’anfora a sfondo nero, datata V secolo.

    L’italia chiede al Museo del Louvre la restituzione di sette preziosi reperti archeologici tra i quali un’anfora a sfondo nero (datata V secolo) attribuita al ‘Pittore di Berlino’, artista mai identificato, signore assoluto della ceramica ellenica. La notizia è rimbalzata sulle pagine di ‘Le Monde’, confermata tra l’altro dallo stesso Museo che li aveva acquistati, come si legge sul quotidiano francese, “tra il 1982 e il 1998 in un periodo storico in cui i direttori erano più interessati all’autenticità di un’opera e meno preoccupati della loro provenienza”.

    “Il prossimo autunno – si legge nell’inchiesta firmata da Roxana Azimi – ci potrebbe essere in programma un accordo storico tra l’Italia e la Francia. Un dialogo ininterrotto quello tra i due Paesi, da oltre 10 anni, quando vennero alla luce i primi sospetti legati a Giacomo Medici, un mercante d’arte originario di Genova. Le polizia svizzera e italiana scoprì nel suo magazzino un vero e proprio tesoro. Migliaia di oggetti scavati clandestinamente dai ‘tombaroli’ accanto a cinquemila polaroid, come una sorta di inventario di tutte le opere, dalla scoperta alla restaurazione, prima della vendita”.

    Tra i pezzi attenzionati e dall’origine incerta, il Vaso antico del Pittore di Ixion (circa 330 a. C), un’opera firmata dal pittore di Antiménès ornata di scene mitologiche (acquistata all’antiquario siciliano Gianfranco Becchina per 290mila dollari) e un paio di nereidi, ninfe del mare, originarie delle Puglie.

    Una richiesta di restituzione delle opere d’arte era già stata presentata dal Ministero della Cultura italiana alla Francia nel 2018, ritorna poi alla carica nel 2022 Luigi La Rocca, direttore generale per l’Archeologia del Mic (nella richiesta di restituzione anche una testa d’Eracle proveniente dalla città etrusca di Cerveteri). Laurence des Cars, direttrice del Museo del Louvre, risponde all’Italia attraverso le pagine di Le Monde: “Sono convinta che tutte quelle opere che hanno un dubbia provenienza siano una macchia all’interno delle collezioni del Louvre. Dobbiamo assolutamente prenderci le nostre responsabilità e esaminare quanto accaduto con rigore e lucidità”.

    All’Italia, sempre secondo quanto riportato dal quotidiano francese, Laurence Des Cars promette “la totale disponibilità e collaborazione del Louvre. Il prossimo autunno entreremo sicuramente in una fase nuova e chiederemo al ministero della Cultura di prendere posizione”. E come pegno di buona volontà, Laurence des Cars aggiunge alla lista delle opere d’arte da ‘restituire’ all’Italia anche una statua di adolescente scovata nel sito di Medma in Calabria

  •  ATTRAVERSO GLI OCCHI DI TUTANKHANOM

    In occasione dell’anniversario della scoperta della tomba di Tutankhamon, dal 4 novembre 2022 fino al 31 gennaio 2023, il Museo Egizio ospita una mostra di arte contemporanea di Sara Sallam (1991), artista egiziana emergente residente nei Paesi Bassi.

    Saranno esposti tre diversi progetti dell’artista: A Tourist Handbook for Egypt Outside of Egypt, una guida turistica per le vie di Parigi che commemorano i luoghi e le battaglie della spedizione napoleonica in Egitto per cercare di proporre una narrazione storica alternativa a quella dominante occidentale; Home Outside of Home, una serie di stampe in cui  oggetti antichi decontestualizzati in città europee esprimono tutta la loro nostalgia per i luoghi di origine; e I Prayed For The Resin Not To Melt, un’istallazione video in cui l’artista ci trasporta con forza nella tomba di Tutankhamon, al momento della sua scoperta, ma stravolgendo completamente la prospettiva alla quale siamo assuefatti dalla narrazione mitizzata occidentale della scoperta, focalizzando la nostra attenzione sull’udito anziché sulla vista dei tesori del faraone e restituendoci il punto di vista di Tutankhamon in uno dei momenti più drammatici della propria esistenza dopo la morte.

    La mostra è a cura di Sara Sallam e di Paolo Del Vesco, curatore del Museo Egizio.

    Sabato 5 novembre, in occasione della Notte delle Arti Contemporanee, sarà possibile visitare il museo e la mostra fino alle ore 20.00. Clicca QUI per acquistare il biglietto di ingresso al Museo.

    Orari di apertura della mostra: Lunedì dalle 9.00 alle 13.00; martedì-domenica dalle 9.00 alle 17.30

                                                 

    Conferenza
    Lunedì 7 novembre alle ore 18.00, l’artista Sara                                                                                  Sallam apporfondirà i temi afforntati in mostra in  una
    conferenza dedicata insieme a Christian Greco,
    direttore del Museo Egizio, e Paolo Del Vesco, curatore
    del Museo Egizio.
    Conferenza in lingua Inglese presso la Sala
    conferenze del Museo Egizio
                                                                       
        STELE E TREND ICONOGRAFICI A DEIR EL-MEDINA: LA TRIADE MIN QADESH RESHEP

    Nell’antico Egitto le stele erano un mezzo di comunicazione fondamentale: venivano erette in prossimità delle tombe, delle cappelle e dei templi affinché le persone potessero vederle e interagire con esse. Gli esemplari provenienti dal villaggio di Deir el-Medina costituiscono un materiale privilegiato per indagare e approfondire questi reperti nel loro contesto originale di provenienza. Nella collezione del Museo Egizio è conservata una stele dedicata dallo scriba Ramose ad una triade molto particolare, formata da Min e dalle divinità ‘straniere’ Qadesh e Reshep. L’analisi di questa iconografia, che si ripete su altre stele conservate in importanti musei europei, svela interessanti risvolti socioculturali nel villaggio operaio del periodo Ramesside. 

                 ________________________________________________

    SIC PARVIS MAGNA: RECONSTRUCTING PAPYRI FROM DEIR EL-MEDINA KEPT IN THE MUSEO EGIZIO

    Nel Museo Egizio sono conservati circa 12.000 frammenti di papiri, probabilmente scoperti nel villaggio di Deir el-Medina, vicino all’antica città di Tebe, e risalenti al periodo Ramesside (ca. 1295-1069 a.C.). Questi frammenti appartengono a documenti più ampi, spesso parzialmente perduti e quindi definibili come “puzzle lacunosi”, per i quali è necessario un lungo e paziente lavoro di ricostruzione. Nell’ambito del progetto internazionale “Crossing Boundaries: Understanding Complex Scribal Practices in Ancient Egypt”, è stato possibile trovare nuove connessioni tra questi frammenti, e quindi migliorare la ricostruzione di diversi documenti già noti, o identificarne di nuovi. La conferenza presenta alcuni risultati di questo lavoro di ricostruzione attraverso diversi casi di studio.

    Conferenza in lingua Inglese, servizio di traduzione simultanea in Italiano per il solo pubblico in sala.

                            ________________________________________

    CESARE DEVE MORIRE. L’ENIGMA DELLE IDI DI MARZO

    L’assassinio di Giulio Cesare è stato studiato e analizzato per secoli: la storiografia moderna sembra concordare sul fatto che i tre cesaricidi abbiano agito per impedire il disegno del generale di instaurare la monarchia a Roma attraverso la dittatura a vita, uno strumento assolutamente inedito e che minacciava di sconvolgere l’ordine istituzionale e sociale costituito. Tuttavia, il recente ritrovamento di una tavola su cui è inciso l’elenco delle liste magistratuali del 45-44 a.C., gli anni in cui maturò e si realizzò la congiura, offre nuove notizie omesse dalle fonti di tradizione manoscritta e riapre la discussione: Cesare era infatti stato già nominato dictator perpetuus, ma accanto a lui vi era Lepido, magister equitum perpetuus, fatto rivelatore dell’erronea attribuzione del significato “a vita” all’aggettivo perpetuus. Se Cesare non voleva farsi re, allora cosa cercavano di impedire Gaio Cassio, Marco e Decimo Bruto? E quale fu il vero ruolo di Antonio? 
    Partendo da queste domande, e alla luce delle nuove scoperte in campo epigrafico, il saggio offre una rilettura approfondita e innovativa di uno dei più interessanti enigmi dell’antichità, una di quelle vicende sulle quali la Storia e la storiografia non smettono mai di interrogarsi.

                            _______________________________________

    I SEGRETI DI TUTANKHAMON

    Grazie al ritrovamento degli splendidi oggetti che erano parte del corredo funerario del giovane faraone, nel XX secolo esplose una vera e propria Tut-mania, che influenzò architettura, musica, letteratura e ogni altra forma d’arte. Tutankhamon iniziò a dettare moda più di qualsiasi altro stilista al mondo, divenne fonte di ispirazione più di qualsiasi altra musa, e affascinò l’immaginario collettivo più di qualsiasi altro personaggio.
    Ancora oggi, quando si pensa a un faraone, il rimando è quasi automatico: chi, se non Tutankhamon?   
                                 __________________________________
    MEMBERSHIP
    You&ME Membership
    Vivi 365 giorni di scoperta, ricerca e passione: diventa member del Museo Egizio e aderisci a un programma di attività a te dedicato sostenendo al tempo stesso la ricerca, la cura dei reperti e il futuro del Museo.
    Scopri i benefit a te riservati ed entra nella community del Museo Egizio.
  • Avviata una raccolta di firme per chiedere al primo ministro egiziano di avviare trattative per la restituzione della Stele egizia, oggi conservata nel museo inglese.

     

    Forse in cuor nostro sapevamo che questo momento sarebbe arrivato. Il momento in cui gli Stati avrebbero richiesto in massa importanti opere d’arte collocate fuori dai confini nazionali. Oggi è la volta della cosiddetta Stele di Rosetta , una stele egizia di granodiorite alta più di 114 cm e larga 72 così chiamata perché rinvenuta nel 1799 nei pressi della città antica di Rashid, ovvero Rosetta, situata sul delta del Nilo. A scoprirla per caso fu Pierre-François Bouchard, capitano dell’esercito francese di stanza in Egitto durante la campagna voluta dal generale Napoleone Bonaparte.
    La Stele, che presenta un’iscrizione in tre lingue: geroglifico, demotico (una diversa grafia della lingua egizia poi evoluta nel copto) e greco antico, è un decreto emesso da Tolomeo V nel 197 a.C. concedente favori alla classe sacerdotale egiziana. La Stele è fondamentale per avere aperto le porte alla decifrazione del geroglifico grazie allo studio dell’archeologo ed egittologo francese Jean-François Champollion del 1802. L’anniversario dei duecento anni della decifrazione si è festeggiato lo scorso 2 settembre.

    La storia

    Tornando alla storia della Stele, questa dopo essere stata fatta bottino di guerra dall’esercito di Bonaparte fu messa in viaggio per Parigi. Ma alla capitale la Stele non arrivò mai perché nel 1801, dopo la capitolazione di Alessandria d’Egitto, i francesi firmarono con gli inglesi la resa, sotto forma del Trattato di Alessandria (appunto) che prevedeva anche la traslazione a Londra di 16 opere d’arte tra cui la Stele di Rosetta. Si trattava di opere che la Commission des Sciences et des Arts francese aveva acquisito tramite l’Institut d’Égypte. Oggi la Stele è conservata nelle sale del British Museum di Londra. Nel novembre 2010, l’esperto di antichità egiziane il dottor Zahi Hawass si era già attivato per la restituzione della Stele. La richiesta del 2010 cavalcava l’onda della restituzione da parte del Metropolitan Museum di New York di 19 oggetti provenienti dalla tomba di Tutankhamon. Secondo la BBC, il dottor Hawass era disposto anche a negoziare un prestito tra Egitto e UK per il costituendo Grande Museo Egiziano (fuori dal Cairo e vicino Giza) la cui apertura era prevista per il 2013, ma che ancora, nel 2022, non ha aperto le porte a nessun visitatore.

    La raccolta firme

    L’Egitto, oggi, ci prova di nuovo e questa volta eminenti archeologi hanno raccolto più di 2.500 firme per rivendicare alcune antichità sparse per il mondo, tra cui la Stele, a farlo sapere è Monica Hanna, preside ad interim del Collegio di Archeologia di Assuan. Le firme servono ad incoraggiare l’azione del Primo Ministro egiziano Mostafa Madbouly a lavorare attraverso mezzi legali e diplomatici per recuperare le antichità. Secondo i firmatari della petizione gli oggetti sono parte integrante del patrimonio nazionale egiziano e la loro continua esposizione nelle istituzioni europee ignora deliberatamente una storia di saccheggi e sfruttamento colonialisti. Forse più che ignorare il verbo esatto è perpetuare una visione accondiscendente verso i bottini di guerra del passato. Questo era parso un momentum favorevole alle restituzioni – pochi giorni fa lo Smithsonian ha restituito 29 bronzi alla Nigeria — e l’Egitto sperava in un cambio di atteggiamento nei confronti degli errori commessi durante il passato coloniale del Regno Unito e della Francia, complice anche un cambiamento nei codici etici dei musei che ammetto deaccessioning per questioni morali o di legittimità, come rimediare ad antichi saccheggi.

    Truss frena

    Ad accrescere l’entusiasmo e le aspettative aveva contribuito, forse, l’atteggiamento dell’ultimo anno del British Museum: più conciliante, che sembrava prendere in considerazione un prestito «all’italiana». Invece guardando quello che sta accadendo con i Marmi del Partenone bisognerà ricredersi. È di pochi giorni fa la notizia che la Prima Ministra britannica Liz Truss ha negato l’ennesima richiesta di restituire alla Grecia i fregi del tempio di Atena Parthenos anch’essi conservati al British Museum. La conservatrice Truss ha chiuso la faccenda con un secco: “No, non sono favorevole”. Questa chiusura totale non fa ben sperare per la domanda di restituzione della Stele, una richiesta ancora così debole e poco o male ‘armata’.

  • I visitatori potranno ammirare nella suggestione delle antiche vie illuminate, due cicli di proiezioni che mostreranno reperti, attualmente custoditi all’interno dei depositi del Parco, nella interpretazione fotografica di Luciano Pedicini e Luigi Spina’.

    Il Parco Archeologico di Ercolano si accende di notte e la città che la lava sommerse un tempo si lascia ammirare nei bagliori suggestivi delle vie illuminate. Anche quest’anno tornano “I Venerdì di Ercolano”, percorsi notturni di visite guidate. E tornano i “Tableaux Vivants”: un viaggio tra le meraviglie della città antica, realizzato grazie al Piano di Valorizzazione Mic 2022, reso ancor più coinvolgente dai quadri viventi.

    L’edizione di quest’anno sarà dedicata al legno, materiale da costruzione e elemento di arredo testimoniato ad Ercolano da oggetti rari e unici al mondo, grazie ai quali appare con straordinaria chiarezza la vita quotidiana dell’epoca. Sono previste 8 aperture serali, a partire dal 29 luglio fino al 9 settembre. Apertura serale straordinaria anche il 24 settembre in occasione delle Giornate Europee del Patrimonio. Per ogni serata ci saranno turni dalle 20 alle 22.30.

    I visitatori potranno ammirare nella suggestione notturna delle antiche vie illuminate, due cicli di proiezioni che mostreranno reperti, attualmente custoditi all’interno dei depositi del Parco, nella interpretazione fotografica di Luciano Pedicini e Luigi Spina. Poi il viaggio nel passato li porterà ad incontrare Dedalo, il mitico inventore della falegnameria, rappresentato poeticamente attraverso i Tableaux Vivants del gruppo artistico Teatri 35.

    Si attraverserà un percorso suggestivo tra i reperti lignei del Parco che si sviluppa in 9 tappe: da quella che un tempo era l’Antica Spiaggia, passando per la Casa dei Cervi, la sontuosa villa che guarda verso il mare, per poi ammirare la porta à coulisse dell’ala destra della Casa del Bicentenario e ancora un esempio di tipica casa di età romana come la Casa del Tramezzo di Legno.

    “Grazie alle aperture serali di quest’anno, le esplorazioni notturne nella magica atmosfera del sito illuminato permetteranno ai visitatori di conoscere la straordinaria documentazione di manufatti lignei unica al mondo– dichiara il Direttore Francesco Sirano – Riproponiamo la commistione tra reale e virtuale immergendo i visitatori nei luoghi della città antica dove si trovano ancora oggi alcuni eccezionali oggetti di legno, permettendo loro di avvicinarsi appieno alla vita quotidiana e materiale del sito. Con il circuito serale Ercolano amplia l’offerta per rendere sempre di più la visita una concreta e piacevole esperienza di conoscenza sia per i turisti che per i residenti attraverso nuove chiavi di lettura dell’area archeologica”. Ospiti eccezionali della serata inaugurale, dopo la stampa, un folto gruppo di cittadini ercolanesi di Via Mare accolti dal direttore Francesco Sirano, il sindaco Ciro Bonajuto e Jane Thompson di HCP.

    “Ad Ercolano dimostriamo ancora una volta quanto sia importante ripartire dalla cultura, intesa come bene comune e come luogo di condivisione e inclusione -dichiara il Sindaco Ciro Bonajuto – Se vogliamo consegnare alle future generazioni una città che faccia della cultura il termometro per migliorare la qualità della vita, dobbiamo creare sempre di più momenti di condivisione, aggregazione e conoscenza. L’iniziativa, organizzata dal direttore del Parco, Francesco Sirano, di coinvolgere le persone che abitano a ridosso dell’area archeologica ed in particolar modo quelli che insistono lungo Via Mare, e di renderli partecipi nel corso dell’anteprima dei Venerdì di Ercolano, le passeggiate estive al chiaro di luna, va in questa direzione. Tutti devono sentirsi protagonisti di questa rinascita culturale che stiamo portando avanti da anni. Ognuno di noi è chiamato a fare la propria parte. La tutela del bene archeologico e delle altre attrattive turistiche appartengono a tutti quanti noi.”

     

    INFO PER LA VISITA

    I biglietti sono acquistabili in biglietteria al costo di 5,00 euro e online sul sito www.ticketone.it, con prevendita di 1,50 euro.  Sarà prevista una visita in lingua inglese.

    I biglietti che risulteranno invenduti alle ore 18.00 saranno acquistabili fino ad esaurimento presso la biglietteria del Parco secondo l’ordine di arrivo all’ingresso di Corso Resina.

    Possibilità di parcheggio presso la Scuola Rodinò (Via IV Novembre) e la Scuola Iovino Scotellaro (Traversa Via IV Novembre) fino ad esaurimento dei posti disponibili.

    SERVIZIO INFORMAZIONI:

    -email: didattica.ercolano@libero.it

    -tel: +39 081 7777008

    Attenzione:

    I visitatori su sedia a rotelle possono prenotare la loro visita scrivendo almeno 3 giorni prima della seratapa-erco@cultura.gov.it, indicando giorno e orario della visita desiderati.

    I visitatori sono pregati di presentarsi all’ingresso di Corso Resina almeno 10 minuti prima dell’inizio del proprio turno di visita.

    È consigliabile l’uso di scarpe basse e comode. Le serate estive si godono meglio proteggendo la pelle con lozioni contro le punture degli insetti.

    In caso di avverse condizioni meteo, gli eventi potrebbero essere annullati.

    Info su ercolano.beniculturali.it

    Fonte: ADNKRONOS

  • Una notte alla scoperta della cultura egizia in uno dei 50 musei più belli al mondo secondo The Times, con music & drink.

    Passa una serata nel museo egizio più antico del mondo, dedicato interamente alla cultura egizia e secondo solo a quello del Cairo.

    Nella Galleria dei Re e al 1º piano potrai scoprire centinaia di reperti unici. Nel cortile ti aspettano il nuovo allestimento “Cortile Aperto: Flora dell’antico Egitto” e uno spettacolo di videomapping.
    La serata sarà accompagnata dalla selezione musicale curata da Luce Clandestina nel Cortile e da Years of Resistance nella Galleria dei Re.

    Nel Cortile del museo e nel Roof Garden ti aspettano i due cocktail bar Martini per rinfrescarti mentre ti intrattieni con i nostri giochi culturali a tema

     

    PLASTIC FREE

    L’evento è realizzato senza l’utilizzo di materiali plastici usa e getta con l’obiettivo di ridurre l’impatto ambientale.

     

    INGRESSO

    L’ingresso all’evento avverrà da Via Accademia delle Scienze 6, 10123 Torino

     

    INFO

    L’evento si svolge dalle 19 alle 24.

    Ultimo ingresso all’evento ore 23.

     

    INGRESSO + DRINK + VISITA: 15€

     

    ACCREDITATI PER PARTECIPARE, DISPONIBILITÀ LIMITATA

  • Si tratta di due uomini, un signore e il suo schiavo.

    È un improvviso tuffo nel passato, come solo Pompei riesce a fare.
    La notizia della scoperta di due nuove vittime dell’eruzione, ci riporta a quell’antica tragedia con sempre più dettagli.
    In attesa di pubblicazioni e studi approfonditi, è possibile inquadrare questo ritrovamento nella sequenza di fatti avvenuti nella tragedia di Pompei e capire gli ultimi istanti di vita dei due? Probabilmente sì, la scena infatti, fissata nel tempo, avviene in un momento preciso dell’eruzione.
    Proviamo a tornare a quelle terribili ore.
    I due uomini, un ragazzo e un quarantenne (si è ipotizzato un padrone con il suo schiavo), sono riusciti a sopravvivere a gran parte dell’eruzione, scoppiata improvvisamente all’ora di pranzo del giorno precedente, il 24 ottobre. Tutta l’area di Pompei è stata gradualmente sepolta da una grandine di pomici e lapilli. I tetti continuano a crollare per il loro peso, uccidendo molte persone, altre invece sono ormai intrappolate in casa. A Pompei, o fuggivi subito o era troppo tardi, perché già dopo un’ora e mezza le vie e le campagne erano completamente coperte da uno strato di lapilli che impediva di procedere e persino di vedere i tracciati delle strade. Una fuga comunque difficile anche per il pulviscolo vulcanico in sospensione che irritava la gola o i blocchi di pietra vulcanica che cadevano dal cielo come proiettili. I due, come tanti altri, sono rimasti in casa, ad aspettare. Nel loro caso si trattava di una splendida villa appena fuori le mura di Pompei, con dei cavalli già sellati: segno che si aspettava una quiete per scappare?  Chissà.
    Torniamo a quei momenti. I due sono impauriti e molto stanchi. Hanno superato una notte d’inferno con forti scosse di terremoto, boati del vulcano, urla di chi nei dintorni cercava un congiunto o anche solo la salvezza.
    L’assordante crepitio della pioggia di pomici sulle tegole si è fermato intorno all’una di notte. La città ormai è già per metà sepolta e sembra un transatlantico che affonda (ecco perché a Pompei si è conservato bene il pianterreno e a volte il primo piano della città).
    Cosa fare? Probabilmente la cosa migliore è aspettare la luce: con l’alba si proverà a mettersi in cammino. Quasi certamente il sole che sorge è appena visibile attraverso la spessa coltre di ceneri sospese nell’aria. Fa freddo. Il fatto che uno dei due uomini sia stato ritrovato con un pesante mantello di lana è una ulteriore conferma (corroborata da una miriade di altri indizi, dai bracieri nelle case, ai datteri e i fichi secchi, al vino già sigillato nei dolia, le “botti” in terracotta) che l’eruzione è avvenuta in autunno e non ad agosto come si è sempre erroneamente ipotizzato. Non sappiamo se i due abbiano in mente di andare via o se debbano rimanere di guardia alla villa. È comunque troppo tardi per tutti: la colonna eruttiva che sale per decine di chilometri in cielo, si è “stancata”, ha perso di energia e inizia a sedersi su se stessa più volte, trasformandosi in una serie di valanghe ustionanti verso valle. Già durante la notte lo ha fatto, e uno di questi flussi piroclastici, come li chiamano i vulcanologi, ha investito a 100 chilometri all’ora e a 600 gradi la città di Ercolano, uccidendo chiunque abbia incontrato. A Pompei, forse perché più distante, i flussi che arrivano hanno un po’ meno forza (i vestiti delle vittime non vengono strappati) e meno calore (i crani non esplodono), ma sono ugualmente mortali. Forse anche i due uomini hanno visto giungere verso di loro quella apocalittica nuvola grigia ribollente, alta quanto una collina. Hanno cercato riparo nel passaggio coperto della villa (criptoportico) nei pressi del quale li hanno rinvenuti? È possibile. È una scelta istintiva.
    Gli archeologi e gli antropologi che li studiano, ai quali va tutto il nostro plauso, ci diranno in dettaglio cosa hanno scoperto. Se i due sono morti come tante altre vittime di Pompei, allora probabilmente sono stati avvolti da una violenta nuvola densa di ceneri e gas, che ti acceca e entra nelle orecchie, nel naso, in bocca… La morte è atroce, le tue vie respiratorie sono intasate da ceneri impalpabili come il talco, mentre alcuni gas ti aggrediscono le mucose. Come l’anidride solforosa che si trasforma in acido solforico…
    Uno dei due uomini ha le gambe divaricate e un po’ flesse, con le braccia piegate come quelle di un pugile, una posa tipica delle vittime di alte temperature.
    La loro incredibile conservazione è dovuta al fatto che sono stati sepolti al momento della morte (o sepolti vivi mentre morivano) dalle ceneri finissime dei flussi piroclastici e sigillati per sempre, quasi si trattasse di colata di cemento che ne ha fatto l’impronta perfetta.
    Con i mesi e gli anni i tessuti molli sono scomparsi, lasciando solo un vuoto nel terreno con le ossa.
    Ho parlato con alcuni archeologi che in passato hanno scoperto altri corpi. Mi hanno descritto l’emozione di vedere aprirsi un piccolo pertugio nei sedimenti quando scavano, e capire che, forse, è proprio ciò che rimane di una persona. Bisogna agire rapidamente. Si cola del gesso che “riempie” l’impronta vuota della vittima come se si riempisse una bottiglia vuota. Si aspettano poi alcune ore che tutto asciughi e con delicatezza si rimuovono tutti i sedimenti attorno.
    Ciò che vi appare è il calco del corpo della persona, così perfetto che si vedono le pieghe dei vestiti o i capelli… Sembra una statua. Vengono spesso definiti “corpi” e molti turisti fanno commenti irriverenti e selfie. Ma ricordo sempre che si tratta di persone, nel momento in cui la vita li abbandona. Ci vuole rispetto.
    La nuova scoperta sottolinea la ricchezza del nostro patrimonio, non solo archeologico, ma culturale in generale, che deve essere tutelato e valorizzato perché tutti, oggi come in futuro, possano goderne.
    In particolare, ciò vale per Pompei che tanto ha ancora da insegnarci.
    E ogni volta riesce a sorprenderci.
    Contenuti Pagina FB di Alberto Angela
    Foto Luigi Spina Pagina FB Parco Archeologico di Pompei
  • [xyz-ihs snippet=”Marzo-2020″

    L’Europa ha numerose collezioni papirologiche e raccolte di papiri, una ricchezza documentaria che testimonia l’interesse europeo per l’Orientalismo, emerso nel XVIII secolo e presente fino al XIX secolo, che ha permeato la sua cultura materiale. Lo sviluppo di una tale piattaforma online, di libero accesso e ad alta risoluzione, è di grande valore per i musei, soprattutto in considerazione del suo potenziale di essere utilizzato per la creazione di un museo digitale europeo che riunirebbe un patrimonio disperso, una raccolta virtuale omogenea che sarebbe impossibile realizzare a livello materiale. L’applicazione di strumenti dell’era digitale contribuisce allo sviluppo della conoscenza, alla conservazione della cultura materiale e alla sua accessibilità, sia per gli studiosi che per il pubblico generale, promuovendone la diffusione”.

    Con queste motivazioni la giuria di Europa Nostra ha assegnato alla Turin Papyrus Online Platform (TPOP) il premio Europa Nostra 2020 nella categoria Ricerca.

    Dal 2017 il Museo Egizio ha avviato la digitalizzazione della propria collezione papiri. A settembre 2019 è stata lanciata la Turin Papyrus Online Platform (TPOP), database che, utilizzando strumenti informatici e digitali, rende la collezione papirologica torinese accessibile oltre i confini geografici e disciplinari. La conservazione ‘virtuale’ dei papiri, mediante la loro digitalizzazione e messa in rete all’interno di un sistema open data, contribuisce alla preservazione a lungo termine di tale materiale, che diventa disponibile a chiunque, ovunque e in qualsiasi momento.

    Il Museo Egizio è stato fondato nel 1824 ed è considerato la principale istituzione nel campo delle antichità egizie al di fuori dell’Egitto. La collezione papiri del Museo è composta da quasi 700 manoscritti interi o riassemblati e da oltre 17.000 frammenti, che documentano oltre 3000 anni di cultura materiale scritta in sette scritture e otto lingue provenienti da diverse località. Il progetto TPOP include una delle raccolte più grandi e di maggior rilievo storico per quanto riguarda i papiri ieratici di periodo Ramesside di Deir el-Medina.

    I documenti digitalizzati sono in alta risoluzione e collegati a metadati aperti, che registrano le caratteristiche fisiche dei papiri, il tipo di scrittura e i disegni che riportano. È disponibile in open access ed è una piattaforma multiutente, il che significa che egittologi, storici e studiosi possono lavorare in modo collaborativo sul materiale da più posizioni e fornire dati liberamente.

    Il Museo Egizio è così tra i primi musei ad abbandonare la pratica di concedere l’autorizzazione a pubblicare singoli manoscritti a un solo studioso, una politica che di solito porta a un numero molto limitato di pubblicazioni in proporzione alla quantità di papiri disponibili. Rendendo il TPOP aperto e accessibile, il Museo intende quindi promuovere la ricerca ai massimi livelli, con progetti di ricerca collaborativa condotti dai propri curatori, da singoli ricercatori e team di studiosi di lunga data o di recente formazione.

    In futuro il portale potrà includere tutta la collezione papirologica del Museo Egizio, e potrebbe costituire il punto di partenza per la costituzione di una piattaforma online europea che colleghi le raccolte egizie di materiale scritto conservate in numerose istituzioni culturali europee.

    Questo porterebbe a unire database e frammenti in una modalità possibile solo digitalmente.

  • 
    
    Il 30 settembre e il 1 ottobre 2019 il Museo Egizio organizzerà il convegno “Resti umani. Etica, conservazione, esposizione ”.
    
    Questo evento fa seguito alla conferenza a tema simile organizzata a Pompei e Napoli nel maggio 2019, durante la quale sono state sollevatemolte domande relative allo studio, alla conservazione e alla visualizzazione dei resti umani (http://www.humanremains.org).
    
    Come il precedente evento, la conferenza di Torino intende affrontare questi problemi, ma con particolare attenzione alle mummie, data la natura della collezione del Museo Egizio.
    
    Nella piena consapevolezza del fatto che non esiste una risposta unica alla domanda sull'accettabilità o meno dell'esposizione di resti umani e che una varietà di strategie espositive sono state adottate da diverse istituzioni sulla scena internazionale, questi giorni di studio sono intesi dare voce all'ampia gamma di approcci a una questione così delicata.
    
    L'apertura a discipline al di fuori dell'Egittologia è un prerequisito indispensabile per il dibattito sull'esposizione di resti umani. Da qui il desiderio di coinvolgere antropologi fisici e culturali, biologi, restauratori, sociologi, curatori e operatori di musei, medici legali e paleopatologi.
    
    La conferenza sarà divisa in tre sezioni:
    
    - I vivi e i morti.
    - Preservare il corpo, preservare la mummia.
    - Musei e mostre: casi studio.
    
    Questioni etiche e punti di discussione. Alla fine della conferenza, le questioni più urgenti e i principali punti di riflessione emersi negli ultimi due giorni saranno esaminati e discussi tra tutti i partecipanti.
    
    Per visualizzare il programma completo, fare clic qui.
    
    Il comitato scientifico e organizzativo è composto da:
    Massimo Osanna, Università Federico II, Napoli
    Christian Greco, Museo Egizio, Torino
    Valeria Amoretti, Parco Archeologico di Pompei, Pompei
    Caterina Ciccopiedi Museo Egizio, Torino
    Paolo Del Vesco, Museo Egizio, Torino
    Federica Facchetti. Museo Egizio, Torino
    Susanne Töpfer, Museo Egizio, Torino
  • Un filo antico, vecchio più di mille anni, lega Torino alla Puglia. Con la mostra Le armi e il potere: l’Arcangelo longobardo, i Musei Reali di Torino sono protagonisti dello scambio di reperti e testimonianze di epoca longobarda tra i Musei TECUM – Santuario di San Michele Arcangeloa Monte Sant’Angelo (Foggia)e il Museo di Antichità. Il focus sviluppato dai due musei verte sulla figura dell’Arcangelo Michele, che compare nella Bibbia come un angelo guerriero, posto a capo delle milizie celesti.

    ConLe armi e il potere: l’Arcangelo longobardo, i Musei Reali aderiscono al progetto promosso dal MiBAC e dall’Associazione Italia Langobardorum, dal titolo Longobardi in vetrina, che promuove la diffusione della conoscenza della cultura longobarda. La collaborazione e la sinergia tra i siti UNESCO, i musei della rete, e quelli nazionali che sono espressione dei territori di forte valenza longobarda, come il Piemonte, che nel Museo di Antichità conserva una collezione longobarda tra le maggiori in Italia, hanno permesso di individuare sette grandi temi declinati in quindici mostre temporanee che avranno luogo nel 2019.

    L’ARCANGELO MICHELE E LA MOSTRA

    Sulla base delle sacre Scritture, la tradizione ha elaborato come attributo iconografico dell’Arcangelo Michelela spada sguainata (o la lancia), che si associa allo scudo. Questi tratti bellicosi ne favorirono l’adozione, come santo protettore, da parte di condottieri e sovrani bizantini, longobardi e carolingi. L’Arcangelo invincibile divenne simbolo della vittoria e del potere militare.  Presso i Longobardi, popolo di guerrieri, l’adozione del culto micaelico fu favorita dal fatto che essi riconobbero e trasferirono in Michele attributi e caratteristiche del pagano Wodan, adorato come supremo dio della guerra. L’Arcangelo Michele divenne così patrono dei Longobardi e il santuario garganico cominciò ad essere considerato come il loro santuario ‘nazionale’.

    Secondo la leggenda, la fondazione del santuario garganico di San Michele, a Monte Sant’Angelo (FG), riflette il forte legame tra il culto micaelico e la dinastia longobarda di Benevento e rievoca, seppur con tratti sfumati, la battaglia combattuta, attorno al 650, tra i Longobardi di Benevento e i Bizantini.

    Nella mostra Le armi e il potere: l’Arcangelo longobardo, il Museo di Antichità presenta il calco delle epigrafi di apparato incise sulle strutture del santuario sul Gargano, volute dai Longobardi per ricordare l’imponente opera di ristrutturazione del santuario stesso e per lasciare memoria scritta della propria presenza e di importanti pellegrinaggi. Tra i principali calchi, un’epigrafe dedicatoria presenta il nome di Romualdo I(662-687), finanziatore dei monumentali lavori di ampliamento del santuario. Una seconda epigrafe, incisa sullo stesso capitello, riporta i nomi dei viri honestidella corte di Benevento che collaborarono finanziariamente. In una terza epigrafe ricorre l’invocazione all’angelo Gabrielenel pellegrinaggio al santuario effettuato dal duca longobardo Romualdo II (706-731) e dalla sua prima moglie, Gumperga. Molte altre invece hanno iscrizioni in alfabeto runico (le uniche in Italia) di pellegrini che hanno voluto lasciare memoria del loro passaggio e della devozione all’Arcangelo.

    Accanto a queste importanti testimonianze sono esposte opere archeologiche che presentano la diffusa presenza longobarda in Piemonte, molte delle quali restaurate per l’occasione e presentate al pubblico per la prima volta.

  • Nel 2015 è stato inaugurato un secondo percorso all’interno del Museo Egizio, la Galleria della Cultura Materiale, per dare una risposta alla domanda “Cosa custodite nei magazzini?”

    Oltre 50.000 pezzi conservati nei depositi, grazie all’instancabile lavoro dei curatori, più di 11.000 sono esposti nelle vetrine e suddivisi per tipologia, materiale di produzione, forma e funzione.

    Oggi il museo unisce perfettamente qualità e scientificità non solo in Italia ma anche nel mondo, grazie alla nuova collaborazione che li rende capofila di un progetto europeo a sostegno del Museo Egizio del Cairo

HTML Snippets Powered By : XYZScripts.com