Uno dei più celebri esponenti della “street art” a livello mondiale, la sua identità resta un mistero.
Dagli anni Novanta, Banksy ha fatto parlare di sé per le sue opere provocatorie e le sue incursioni in musei, parchi divertimenti e case d’asta.
Banksy è un artista e un writer, famoso nel mondo per le sue opere spesso a sfondo satirico, riguardanti argomenti come la politica, la cultura e l’etica. Le sue opere, oltre a rappresentare un modello e un’ispirazione per molti, hanno lo scopo di sollevare riflessioni su temi di attualità e questioni politiche. Considerato uno dei massimi esponenti della street art, la sua vera identità resta un mistero.
Gli esordi in Inghilterra
Il writer esordisce intorno agli anni Novanta a Bristol, in Inghilterra, all’epoca un punto nevralgico della cultura giovanile britannica che iniziava a subire le influenze del movimento hip-hop in arrivo dagli Stati Uniti. Comincia realizzando “tag” (il proprio nome d’arte) con bombolette spray a mano libera. Una tecnica che presto abbandona per passare all’utilizzo dello stencil. Lui stesso dirà che eseguire pezzi complessi a mano libera era diventato troppo difficile, a causa del rapido intervento della polizia. In quel periodo, Banksy conosce 3D, un artista di graffiti che in seguito fonderà il gruppo musicale inglese Massive Attack. Nello stesso periodo, Banksy inizia anche la sua opera di attivista, partecipando alle proteste contro la promulgazione del “Criminal Justice Act”.
Oltre ai graffiti, le incursioni
Da Bristol si trasferisce a Londra e, nel corso degli anni, Banksy diventa famoso per la sua visione arrabbiata ma allo stesso tempo comica della realtà. Ricorre spesso agli animali per realizzare parodie delle contraddizioni moderne e, oltre ai graffiti sui muri, si specializza in azioni rapide e sempre sotto copertura. Tra le altre, nel 2005 entra senza essere scoperto nei quattro musei più famosi di New York e appende alle pareti quadri raffiguranti una donna che indossa una maschera antigas. Oppure, nel 2006, si infiltra nel parco divertimenti di Disneyland dove piazza una bambola gonfiabile travestita da prigioniero di Guantanamo. Tutte queste trovate attirano l’attenzione dei media e del pubblico che inizia a interrogarsi sul significato delle sue opere.
La celebrità
Il 2006 è anche l’anno della prima mostra dell’artista. A Los Angeles, tre dei suoi pezzi vengono venduti ad Angelina Jolie e, da quel momento, fanno di lui probabilmente lo street artist più famoso del pianeta. Nel 2007, la famosa casa d’aste Sothesby’s mette in vendita per la prima volta un suo graffito. Senza mai scomparire dalla scena mondiale – negli anni i suoi pezzi compariranno in Europa, negli Stati Uniti e anche in Palestina – nel 2010 Banksy fa di nuovo parlare di sé per il documentario Exit Through the Gift Shop, in cui vengono intervistati diversi artisti e lo stesso Banksy è ripreso al lavoro. Nel 2015, il writer torna con una installazione artistica temporanea denominata Dismaland: si tratta di un parco divertimenti “anti-Disneyland, non adatto ai bambini”, come viene definito da Banksy stesso. Fino all’ultima trovata dell’artista: il 6 ottobre 2018 una sua opera, appena battuta all’asta per 1 milione di sterline, si autodistrugge grazie a un meccanismo inserito nella cornice dallo stesso Banksy.
Le teorie sulla sua identità
Nel frattempo, la vera identità di Banksy resta oscura e non mancano i tentativi di scoprire chi si celi dietro lo pseudonimo. Dalle teorie per cui si tratta di Robert Del Naja, frontman dei Massive Attack, a quelle secondo cui Banksy sarebbe in realtà un gruppo di persone oppure una donna. Dall’ipotesi secondo cui dietro al soprannome si celi Thierry Guetta, artista francese noto come Mr. Brainwash che compare nel documentario del 2010, a quella che, attraverso tecnologia e ricerche scientifiche, avrebbe scoperto che sia un certo Robin Gunningham il vero Banksy.