Lo sbarco a Torino di un progetto cinematografico di questo calibro parte da lontano, dopo quasi un anno di sopralluoghi, proposte, trattative, ieri si è battuto il primo ciak torinese.
Fino al 5 maggio gli interni del film saranno girati nel Castello di Racconigi, alla Reggia di Venaria e a Palazzo Reale a Torino, mentre le scene in esterni coinvolgeranno via Mensa a Venaria e il Lungo Po Diaz nel capoluogo.
Il quartier generale sarà ai Lumiq Studios, che sono stati non solo occupati interamente ma anche ampliati con apposite tensostrutture, per poter accogliere tutti i comparti che lavoreranno alle riprese. Tra di loro anche professionisti locali e ben 1400 figurazioni, con 40 piccoli ruoli affidati ad attori torinesi.
«Abbiamo girato l’Europa per cercare ciò che cercavamo, e cioè varietà e ricchezza. Ci servivano tipologie diverse di scenari: strade principali, stradine laterali, case antiche, palazzi reali, interni barocchi. È stata un’incredibile sorpresa trovare tutto in un unico posto. Qui non ci sono solo luoghi bellissimi, ma anche infrastrutture e risorse che ci hanno semplificato tantissimo il lavoro.
In più abbiamo trovato professionalità di grande livello» commenta il produttore David Reid.
«Per noi è un sogno che si realizza», confessa il presidente di Film Commission Paolo Damilano. «Fino a oggi nessuno pensava che fosse possibile portare in Piemonte una produzione di questo rilievo. Siamo orgogliosi di esserci riusciti, coinvolgendo non soltanto Torino ma anche altri comuni circostanti».
Foto di copertina: Una scena di «Kingsman – Secret Service» (2015)
Il docu-film sul genio furioso e rivoluzionario che ha cambiato la storia dell’arte, ideato da Melania G. Mazzucco e narrato da Stefano Accorsi, con la partecipazione straordinaria di Peter Greenaway.
Ha costruito la sua carriera come proto-rock star _David Bowie Il primo regista della storia. _Jean-Paul Sartre
In occasione dell’anniversario dei cinquecento anni dalla nascita, arriva in anteprima nelle sale cinematografiche italiane Tintoretto. Un Ribelle a Venezia, un nuovo esclusivo docu-film firmato da Sky Arte dedicato alla figura di un pittore straordinario, mutevole e cangiante, istintivo e appassionato.
Figlio di un tintore, da cui il suo nome d’arte, Tintoretto (1519-1594) è infatti l’unico grande pittore del Rinascimento a non aver mai abbandonato Venezia, nemmeno negli anni della peste. Immergendoci nella Venezia del Rinascimento e attraversando alcuni dei luoghi che più conservano la memoria dell’artista, dall’Archivio di Stato a Palazzo Ducale, da Piazza San Marco alla Chiesa di San Rocco, verremo così guidati attraverso le vicende di Jacopo Robusti, in arte Tintoretto, dai primi anni della sua formazione artistica fino alla morte, senza trascurare l’affascinante fase della formazione della sua bottega, luogo in cui lavorano anche alcuni dei suoi figli, Domenico, che erediterà l’impresa del padre, e l’amatissima Marietta, talentuosa pittrice. Ideato e scritto da Melania G. Mazzucco e con la partecipazione straordinaria del regista Peter Greenaway, il film sarà narrato dalla voce di Stefano Accorsi earriverà nelle sale cinematografiche solo per tre giorni, il 25, 26, 27 febbraio 2019, distribuito da Nexo Digital nell’ambito del progetto della Grande Arte al Cinema.
Attraversando la vita del pittore, un artista spregiudicato e inquieto caratterizzato da un’infinita voglia di indipendenza e un amore assoluto per la libertà, Tintoretto. Un Ribelle a Venezia delineerà i tratti della Venezia del 1500, un secolo culturalmente rigoglioso che vede tra i suoi protagonisti altri due giganti della pittura come Tiziano e Veronese, eterni rivali di Tintoretto in un’epoca in cui la Serenissima conferma il suo dominio marittimo diventando uno dei porti mercantili più potenti d’Europa e affronta la drammatica peste del 1575-77, che stermina gran parte della popolazione lasciando un segno indelebile nella Laguna. È proprio durante la peste che Tintoretto crea il suo ciclo più importante. In una Venezia deserta, cupa e spettrale, con i cadaveri degli appestati lungo i canali, Tintoretto rimarrà in città per continuare la sua più grande opera: il ciclo di dipinti della Scuola Grande di San Rocco,una serie di teleri che coprono la maggior parte delle pareti dell’edificio intitolato alla celebre confraternita. Nessuno all’epoca, nemmeno Michelangelo nella Cappella Sistina, vantava di aver firmato ogni dipinto all’interno di un edificio.
Ad accompagnare lo spettatore attraverso le vicende di Tintoretto, saranno chiamati numerosi esperti come gli storici dell’arte Kate Bryan, Matteo Casini, Astrid Zenkert, Agnese Chiari Moretto Wiel, Michel Hochmann, i co-curatori della mostra Tintoretto 1519-2019 di Palazzo Ducale, Frederick Ilchman e Tom Nichols, le scrittrici Melania G. Mazzucco e Igiaba Scego, le restauratrici Sabina Vedovello e Irene Zuliani, impegnate nel restauro delle Due Marie di Tintoretto.
Il documentario osserverà infatti anche le analisi dettagliate che permetteranno a una squadra italiana di restaurare due capolavori di Tintoretto: “Maria in meditazione” (1582 – 1583) e “Maria in lettura” (1582 – 1583). Grazie al sostegno di Sky Arte, le due tele saranno infatti restaurate prima di essere esposte all’interno della mostra monografica di Tintoretto alla National Gallery of Art di Washington, in occasione dell’anniversario dei cinquecento anni dalla nascita di Tintoretto, che avverrà nel 2019.
Tintoretto. Un Ribelle a Venezia è prodotto da Sky Arte e arriverà al cinema solo per tre giorni, il 25, 26, 27 febbraio. L’appuntamento si inserisce nel calendario della Grande Arte al Cinema, un progetto originale ed esclusivo di Nexo Digital. Per la stagione 2019 arriva nelle sale italiane in collaborazione con i media partner Radio Capital, Sky Arte e MYmovies.it.
Sky Arte festeggia i 500 anni dalla nascita del grande pittore veneziano lanciando, in contemporanea al documentario, anche un’inedita biografia a fumetti. “Tintoretto. Un ribelle a Venezia” è infatti anche una graphic novel per lettori dai 14 anni, scritta da Alberto Bonanni su disegni di Gianmarco Veronesi. Il volume ripercorre in quattro capitoli a colori la vita dell’artista veneziano e la sua presunta rivalità con un altro maestro della scena artistica del ‘500: Tiziano Vecellio. Si tratta della prima pubblicazione a fumetti realizzata da Sky Arte in collaborazione con TIWI, studio creativo già editore del premiato marchio di albi illustrati per la prima infanzia minibombo. Il volume sarà disponibile in tutte le librerie da marzo 2019.
In occasione delle feste natalizie il Museo Nazionale del Cinema rende omaggio a Marilyn Monroe, con un allestimento scenografico per ricordare, attraverso alcuni oggetti iconici, colei che ha maggiormente incarnato il ruolo di star per eccellenza, universalmente riconosciuta come “la stella più brillante del firmamento hollywoodiano”.
Dal 12 dicembre 2018 al 28 gennaio 2019,sotto i grandi schermi dell’Aula del Tempio, cuore del Museo e della Mole Antonelliana, trovano posto rari memorabilia provenienti da tutto il mondo che esaltano il fascino innato di Marilyn, nutrito di elementi tipici della femminilità in una combinazione di naturalezza e sensualità difficilmente ripetibili.
Il tributo alla star – a cura di Nicoletta Pacini e Tamara Sillo – propone molti oggetti in mostra. Dalle collezioni del Museo Salvatore Ferragamo arrivano le scarpe originali appartenute all’attrice, oltre a una spettacolare installazione contemporanea che vede protagonista le décolleté tacco 11 in vernice rossa realizzate da Salvatore Ferragamo espressamente per l’attrice.
Dall’Academy of Motion Picture Arts and Sciences di Los Angeles arrivano i figurini per costumi della star,realizzati da importanti costume designers.
Il Museo Nazionale del Cinema propone un nuovo allestimento degli oggetti personali dell’attrice, che conserva nella sua collezione: un paio di orecchini e un bracciale con incisa la dedica “Marilyn Love Frank” (e chissà che non si tratti di un regalo di Frank Sinatra…), un sensuale bustino di pizzo nero, un paio di scarpe con le sue iniziali sulla suola e, per la prima volta in esposizione, il beauty-case utilizzatosul set di A qualcuno piace caldo.
Ad arricchire l’allestimento, riviste d’epoca, estratti di film e fotografie che immortalano Marilyn in tutto il suo charme. Fra le immagini, una speciale sezione su Marilyn e il Natale conclude il festoso omaggio alla star.
Il tributo a Marilyn Monroe continua al Cinema Massimo, dove, dall’8 al 22 gennaio, verranno riproposti 9 tra i più celebri film interpretati dall’attrice americana, come A Qualcuno Piace Caldo e Niagara.
“Marilyn Monroe sapeva trasformare le cose sino a farle coincidere con la realtà”, disse Lee Strasberg ai funerali dell’attrice,nell’esatto momento in cui si spegnevano le luci della ribalta sull’icona bionda e nasceva il mito intramontabile della diva. Ecco così descritto lo stile interpretativo di Marilyn e la versatilità, che nasceva dalla capacità, al tempo stesso innata e perfezionata dallo studio, di sfumare malinconia, fragilità e persino i tratti comici in una dolente umanità.
“Qualcosa tra Chaplin e James Dean”, secondo François Truffaut, a sottolineare il talento e l’istinto, la fisicità e la sensibilità di un’attrice la cui immagine si basava non solo sulla bellezza assoluta di una donna seducente, ma anche sulla complessa personalità di un’attrice che ha sfidato le convenzioni e ha imposto un nuovo modello.
Diva della modernità, a suo modo femminista, Norma Jeane Mortenson Baker, in arte Marilyn Monroe, ha contribuito a dettare le nuove regole dello Star System, anticipando le rivoluzioni e i cambiamenti sociali che in pochi anni avrebbero trasformato Hollywood.
Non a caso Edgar Morin la definisce “L’ultima star del passato e la prima senza Star System”, cui tentò di ribellarsi per sottrarsi alla mercificazione della sua stessa immagine. Capricciosa e umorale, al punto da mandare a monte le riprese di un film, ma capace di stupire registi come Henry Hathaway e Billy Wilder con il suo talento, Marilyn è stata proclamata dall’American Film Institute la sesta più grande attrice della storia del cinema.
Fonte inesauribile di ispirazione per artisti e studiosi, su di lei non si è mai cessato di scrivere o di creare: dal dramma Dopo la caduta (After the Fall, 1964) in cui il commediografo Arthur Miller, suo ex marito, riflette in bilico tra cinismo e senso di colpa sul suicidio della diva, alle pagine di Truman Capote in Musica per camaleonti (Music for Chameleons, 1975), dal ritratto di Andy Wharol che trasforma Marilyn in un’icona pop; al recente romanzo Blonde di Joyce Carroll Oates, che la descrive come una “bellissima bambina” dalle mille insicurezze.
Dal 13 settembre 2018 al 10 marzo 2019, le Sale delle Arti della Reggia di Venaria (Torino) ospitano la mostra Ercole e il suo mito.
L’esposizione illustra la figura dell’eroe mitologico, attraverso un’articolata selezione di oltre 70 opere, tra ritrovamenti archeologici, gioielli, opere d’arte applicata, dipinti e sculture e molto altro, dall’antichità classica al Novecento.
La rassegna acquista un particolare significato alla luce dei lavori di restauro in corso della “Fontana d’Ercole”, fulcro del progetto secentesco dei Giardini della Reggia, un tempo dominata dalla Statua dell’Ercole Colosso del 1670.
La rassegna, curata da un comitato scientifico presieduto da Friedrich-Wilhelm von Hase e composto da Gabriele Barucca, Angelo Bozzolini, Paolo Jorio, Darko Pandakovic, Laura Pasquini, Gerhard Schmidt, Rüdiger Splitter, Claudio Strinati, Paola Venturelli, è organizzata da Swiss Lab for Culture Projects e Consorzio Residenze Reali Sabaude, in collaborazione, fra gli altri, con l’Antikenmuseum und Sammlung Ludwig di Basilea (CH), il Museumslandschaft di Hessen-Kassel (D), il Museo Archeologico Nazionale e il Museo Filangieri di Napoli.
L’esposizione illustra il mito dell’eroe e dei temi a esso legati, con un’ampia selezione di oltre 70 opere, tra ritrovamenti archeologici, gioielli, opere d’arte applicata, dipinti e sculture, manifesti, filmati e molto altro, provenienti da istituzioni pubbliche e da collezioni private, capaci di coprire un arco cronologico che, dall’antichità classica giunge fino al XX secolo.
La mostra presenta una serie di ceramiche attiche dell’Antikenmuseum di Basilea, tra cui la prestigiosa anfora con Eracle e Atena del Pittore di Berlino, risalente all’inizio del V secolo a.C., per la prima volta esposta in Italia, grandi quadri secenteschi raffiguranti le fatiche dell’eroe che ornavano importanti residenze nobiliari, cammei e gioielli che riproducono in minimis le storie dell’Ercole, fino a giungere a una grande sala cinematografica dove rivivranno le grandi produzioni cinematografiche di Cinecittà e di Hollywood.
A marcare l’aspetto europeo e internazionale del tema è stata la Swiss Lab for Culture Management, guidata da Paolo e Lidia Carrion, che ha prodotto con entusiasmo e competenza la mostra e che, forte della sua collocazione a Basilea in Svizzera, si è fatta ponte tra Italia e Germania, ideando e coordinando il complesso comitato scientifico internazionale dall’archeologo Friedrich-Wilhelm von Hase.
A supportare il progetto scientifico e l’organizzazione sono stati coinvolti il Museo Archeologico Nazionale di Napoli, il Museo Civico Gaetano Filangieri principe di Satriano, Napoli, la Galleria Nazionale della Liguria a Palazzo Spinola, Genova, l’Antikenmuseum Basel und Sammlung Ludwig e il Museumslandschaft Hessen Kassel.
Siete curiosi di vedere quanto sia cambiata Torino negli ultimi 50 anni?
La trama del film è conosciuta, se invece non la conoscete è un’occasione per vedere un vecchio e leggero film. Sia chiaro nulla a che vedere con il remake girato a Venezia nel 2003 con Charlize Theron
I tre protagonisti del film a bordo di tre Mini Cooper corrono nei meno probabili angoli e vicoli della nostra città, permettendoci di tornare alla Torino della fine degli anni 60.
I portici di via Roma, la Chiesa della Gran Madre, la Stazione di Porta Nuova, la pista parabolica del Lingotto ed il tetto del Palazzo del Lavoro sono solo alcuni dei luoghi in cui è ambientato il film.
Posti rimasti quasi del tutto identici ad allora: la città negli ultimi 40 anni, non è cambiata poi cosi tanto., non fosse per Piazza Castello ancora aperta al traffico, la presenza di numerosi dehors sotto i portici di via Roma o i diversi locali siti ai Murazzi.
Il regista Peter Collinson scelse di girare proprio a Torino, perché già alla fine degli anni ’60, allora prima tra le metropoli europee, disponeva veramente” di un centro di controllo computerizzato del traffico: un meccanismo che consentiva di disporre la cosiddetta onda verde tra i semafori.
Rä di Martino in collaborazione con Artissima e altri partner, cerca foto, diapositive, film in Super 8 e racconti inediti di chi ha vissuto gli anni del Piper di Torino per farne un documentario
A Roma il Piper è stato il palcoscenico di moltissimi musicisti italiani e star internazionali – dagli Who, ai Rolling Stone, dai Pink Floyd a Jimi Hendrix, fino a Patty Pravo – diventando negli Anni Sessanta un vero e proprio fenomeno di costume, a Torino è stato laboratorio di molta arte contemporanea di quegli anni.
LA CALL DI RA
Ora la memoria di quel locale che non esiste più diventerà un film, grazie all’idea di Paola Nicolin – che della discoteca torinese ha fatto un progetto artistico per Artissima 2017, PIPER. Learning at the discotheque – di invitare Rä di Martino a girarne un documentario.
L’artista-regista ha, così, deciso di lanciare una call pubblica – in collaborazione con Artissima, il Centro Conservazione e Restauro di Venaria Reale, l’Archivio Nazionale Cinema Impresa e the classroom – alla ricerca della documentazione inedita di chi ha vissuto gli anni del Piper con foto, filmati in Super 8, diapositive, racconti.
La raccolta dei materiali – aperta fino al 28 febbraio – sarà poi digitalizzata e duplicata da due realtà specializzate nel preservare le testimonianze dell’arte contemporanea: l’Archivio Nazionale Cinema Impresa e il Centro Conservazione Restauro di Venaria Reale.
Sarà possibile inviare materiali e testimonianze fino al 28 febbraio 2018 ai seguenti indirizzi:
Per il materiale in formato digitale: piper@centrorestaurovenaria.it
Per il materiale cartaceo: Artissima, Corso Vittorio Emanuele II, 12 – 10123 Torino.
Per il materiale in pellicola e video: Archivio Nazionale Cinema Impresa, cinemaimpresa@fondazionecsc.it, 3316183115
Distribuito in oltre 60 paesi nel mondo (in Italia dal 16 novembre con L’Altrofilm), è una coproduzione internazionale tra l’italiana L’Altrofilm, la Red RocksEntertainment (UK) e l’americana Fantastic Films International con la collaborazione di Film Commission Torino Piemonte. ”Un film concepito sulla linea orizzontale delle Sette Arti Liberali, la cui pratica ascetica – spiega il regista -, secondo la fulgida interpretazione Dantesca, può portare alla trasmutazione dei Sette Peccati Capitali nelle corrispondenti Virtù Cardinali”.
La storia è ambientata in un futuro non lontano, ambientata tra presente e futuro (2033), ma che parte dall’antichità e con al centro un manoscritto egizio (ancora conservato nel Museo di Torino) è in pericolo.
Torino come sfondo: Museo Egizio, Castello del Valentino, l’Accademia delle Scienze, il Museo del Cinema, Torino Esposizioni, e i luoghi suggestivi della Sacra di San Michele.
Il mondo è controllato dalla Grande Z: la Zimurgh Corporation.
Sullo sfondo di questa visione del domani, il ricercatore inglese Arthur J. Adams (Andrea Cocco) viene spinto all’avventura dal padre putativo, il professor Moonlight.
La ricerca del frammento mancante di un antico papiro, protetto dalla misteriosa confraternita dei seguaci di Horus, viene ostacolata da indecifrabili omicidi legati ai sette peccati capitali.
Arthur, insieme alla sua assistente (Diana Dell’Erba) dovrà addentrarsi nei meandri di una misteriosa metropoli del futuro, specchio della sua anima, per ritrovare il pezzo mancante e salvare l’umanità intera. E questo tra quadri di Bosch, frammenti della Divina Commedia e l’alchimia di Nikolas Tesla.
Il mondo è controllato dalla Zimurgh Corporation mentre Arthur J. Adams, spinto dal dottor Moonlight, suo padre putativo, è alla ricerca del frammento mancante di un papiro. Il protagonista si muove nei meandri del Museo Egizio, in un mondo dove stampare è reato e la carta è un bene raro e prezioso.
”Questo progetto – spiega il regista – nasce tre anni fa anche per la complessità dell’impianto organizzativo. Il mio desiderio era quello di far vivere allo spettatore lo stesso viaggio del protagonista Adams”. Sulla difficoltà dei temi affrontati, spiega Nero, il cinema non è solo intrattenimento, è arte e ha la funzione di far si che il pubblico si faccia delle domande”.
L’attore principale, Andrea Cocco, ha parlato di una “evoluzione del personaggio”, perché nella sua ricerca, Arthur compie in realtà un viaggio dentro se stesso, come ha sottolineato anche Diana Dell’Erba, anche lei nel cast di “The Broken Key”.
Franco Nero, padre del regista, spiega: ”mi ha convinto a fare questo cameo di un architetto, un egittologo, come potevo dirgli di no. Più che un film di genere e un lavoro molto intellettuale”.
Del film, tuttavia, Paolo Tenna, presidente di Film Investimenti Piemonte, e Paolo Damilano, presidente di Film Commission Torino Piemonte, hanno sottolineato soprattutto la capacità di essere riuscito – e in questo molto merito è stato riconosciuto alla caparbietà del regista – a guadagnarsi una distribuzione. È questo, più che la ricerca di finanziamenti (che eppure sono fondamentali) il vero ostacolo alla realizzazione di pellicole cinematografiche, perché senza distribuzione, di fatto, il film praticamente non esiste.
“Il nostro territorio – ha aggiunto Tenna – non sa solo accogliere, ma sa anche produrre. Uno dei nostri obiettivi è quello di creare una classe produttiva e dirigenziale del cinema”.
“Nel mio film – ha raccontato Louis Nero – ci sono anche tanti luoghi inaccessibili al grande pubblico, che sarà molto interessante mostrare sullo schermo. Per quanto riguarda la distribuzione, devo molto all’appoggio di un amico, Luigi Boggio”.
Proprietario dell’Ideal Cityplex, Boggio è stato fondamentale nello sviluppo della distribuzione di questo film, che sarà diffuso in oltre 200 copie. “Questo film – ha commentato – non ha nulla da invidiare alle produzioni americane. Sono rimasto davvero colpito dai notturni”. E dell’opera è soddisfatta anche Francesca Leon, assessora alla cultura del Comune di Torino, che, intervenuta alla presentazione, ha commentato: “Il film contribuisce al lavoro che la Città sta facendo sul cinema, la produzione ha lavorato sul nostro patrimonio culturale”.
Louis Nero in ‘The Broken Key’ ha chiamato il padre, ma anche Christopher Lambert, Rutger Hauer, Michael Madsen, Geraldine Chaplin, William Baldwin, Maria De Medeiros e Kabir Bedi.
Sia per chi conosce Torino o per chi è in vacanza, l’ascensore della Mole Antonelliana è un esperienza da fare!
La veduta da 85 metri d’altezza dal cosiddetto «Tempietto» bella di giorno, unica di notte!
Vista mozzafiato di Torino dall’alto, in una bella giornata di sole e cielo limpido si posso ammirare le montagna che sorvegliano su Torino.
L’ascensore panoramico è una delle caratteristiche della Mole Antonelliana: in funzione per la prima volta nel 1961, in occasione delle celebrazioni del Centenario dell’Unità d’Italia, venne rinnovato nel 1999 per permettere il raggiungimento del «tempietto» da cui poter ammirare la città con una vista a 360 gradi. Dalla base al suo arrivo l’ascensore ci impiega solo 59 secondi.
L’esperienza è completa con la visita al museo del cinema.
Opera di Antonelli inizialmente progettata per diventare una sinagoga ebraica con annessa scuola, ora museo del cinema, vale la pena di essere visitata! E’ un percorso piacevole e per nulla noioso anche per bambini non troppo grandi!
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