Tag: #cultura

  • NATURALE ELEGANZA, MAGICO CHARME

    In occasione delle feste natalizie il Museo Nazionale del Cinema rende omaggio a Marilyn Monroe, con un allestimento scenografico per ricordare, attraverso alcuni oggetti iconici, colei che ha maggiormente incarnato il ruolo di star per eccellenza, universalmente riconosciuta come “la stella più brillante del firmamento hollywoodiano”.

    Dal 12 dicembre 2018 al 28 gennaio 2019,sotto i grandi schermi dell’Aula del Tempio, cuore del Museo e della Mole Antonelliana, trovano posto rari memorabilia provenienti da tutto il mondo che esaltano il fascino innato di Marilyn, nutrito di elementi tipici della femminilità in una combinazione di naturalezza e sensualità difficilmente ripetibili.

    Il tributo alla star – a cura di Nicoletta Pacini e Tamara Sillo – propone molti oggetti in mostra. Dalle collezioni del Museo Salvatore Ferragamo arrivano le scarpe originali appartenute all’attrice, oltre a una spettacolare installazione contemporanea che vede protagonista le décolleté tacco 11 in vernice rossa realizzate da Salvatore Ferragamo espressamente per l’attrice.

    Dall’Academy of Motion Picture Arts and Sciences di Los Angeles arrivano i figurini per costumi della star,realizzati da importanti costume designers.
    Il Museo Nazionale del Cinema propone un nuovo allestimento degli oggetti personali dell’attrice, che conserva nella sua collezione: un paio di orecchini e un bracciale con incisa la dedica “Marilyn Love Frank” (e chissà che non si tratti di un regalo di Frank Sinatra…), un sensuale bustino di pizzo nero, un paio di scarpe con le sue iniziali sulla suola e, per la prima volta in esposizione, il beauty-case utilizzatosul set di A qualcuno piace caldo.

    Ad arricchire l’allestimento, riviste d’epoca, estratti di film e fotografie che immortalano Marilyn in tutto il suo charme. Fra le immagini, una speciale sezione su Marilyn e il Natale conclude il festoso omaggio alla star.
    Il tributo a Marilyn Monroe continua al Cinema Massimo, dove, dall’8 al 22 gennaio, verranno riproposti 9 tra i più celebri film interpretati dall’attrice americana, come A Qualcuno Piace Caldo e Niagara.

    “Marilyn Monroe sapeva trasformare le cose sino a farle coincidere con la realtà”, disse Lee Strasberg ai funerali dell’attrice,nell’esatto momento in cui si spegnevano le luci della ribalta sull’icona bionda e nasceva il mito intramontabile della diva. Ecco così descritto lo stile interpretativo di Marilyn e la versatilità, che nasceva dalla capacità, al tempo stesso innata e perfezionata dallo studio, di sfumare malinconia, fragilità e persino i tratti comici in una dolente umanità.

    “Qualcosa tra Chaplin e James Dean”, secondo François Truffaut, a sottolineare il talento e l’istinto, la fisicità e la sensibilità di un’attrice la cui immagine si basava non solo sulla bellezza assoluta di una donna seducente, ma anche sulla complessa personalità di un’attrice che ha sfidato le convenzioni e ha imposto un nuovo modello.

    Diva della modernità, a suo modo femminista, Norma Jeane Mortenson Baker, in arte Marilyn Monroe, ha contribuito a dettare le nuove regole dello Star System, anticipando le rivoluzioni e i cambiamenti sociali che in pochi anni avrebbero trasformato Hollywood.

    Non a caso Edgar Morin la definisce “L’ultima star del passato e la prima senza Star System”, cui tentò di ribellarsi per sottrarsi alla mercificazione della sua stessa immagine. Capricciosa e umorale, al punto da mandare a monte le riprese di un film, ma capace di stupire registi come Henry Hathaway e Billy Wilder con il suo talento, Marilyn è stata proclamata dall’American Film Institute la sesta più grande attrice della storia del cinema.

    Fonte inesauribile di ispirazione per artisti e studiosi, su di lei non si è mai cessato di scrivere o di creare: dal dramma Dopo la caduta (After the Fall, 1964) in cui il commediografo Arthur Miller, suo ex marito, riflette in bilico tra cinismo e senso di colpa sul suicidio della diva, alle pagine di Truman Capote in Musica per camaleonti (Music for Chameleons, 1975), dal ritratto di Andy Wharol che trasforma Marilyn in un’icona pop; al recente romanzo Blonde di Joyce Carroll Oates, che la descrive come una “bellissima bambina” dalle mille insicurezze.

    Per maggiori info

  • Le OGR-Officine Grandi Riparazioni di Torino, interamente riqualificate dalla Fondazione CRT, hanno vinto il “Corporate Art Awards 2018” premio Mecenati del XXI secolo: un’iniziativa internazionale promossa da PPTArt con il Parlamento europeo, quale riconoscimento a istituzioni, fondazioni e imprese che hanno contribuito attivamente allo sviluppo delle arti nella società.

    La cerimonia con cui la giuria ha premiato come “mecenate” delle OGR la Fondazione CRT – rappresentata per l’occasione della vice Presidente Anna Ferrino – si è tenuta al Parlamento europeo a Bruxelles, con questa motivazione: “Per aver dato una seconda vita alle Officine Grandi Riparazioni, trasformando un capolavoro architettonico abbandonato in una culla di creatività e innovazione”.

    “Siamo onorati di aver vinto il premio Mecenati del XXI secolo, un prestigioso riconoscimento internazionale per le OGR di Torino, che hanno da poco tagliato il traguardo del primo anno di vita come laboratorio di contemporaneità aperto al mondo con oltre 200.000 visitatori – dichiara il Segretario Generale della Fondazione CRT e Direttore Generale delle OGR Massimo Lapucci –. In linea con la propria mission filantropica, Fondazione CRT è stata un vero mecenate per le OGR, investendo oltre mille giorni di lavoro e circa cento milioni di euro per il recupero e la trasformazione dell’antica ‘fabbrica’ dismessa dei treni in una ‘fabbrica’ di creatività e innovazione con tre anime tra loro integrate: cultura contemporanea e arte, ricerca e start-up, enogastronomia”.

    Hanno concorso per il premio oltre 90 progetti provenienti da tutto il mondo (in particolare, Stati Uniti, Canada, Nuova Zelanda, Cina, Argentina, Brasile, Russia, Francia, Germania, UK), presentati da imprese e multinazionali come Google, istituzioni quali la FAO, università italiane e straniere, realtà filantropiche come, appunto, la Fondazione CRT.

    Il Comitato Scientifico che ha esaminato le candidature era presieduto da Luca Desiata, docente alla LUISS Business School e curatore presso la Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma, e composto, tra gli altri, dal Direttore delle Gallerie degli Uffizi Eike Schmidt, dal Direttore del Parco archeologico di PaestumGabriel Zuchtriegel, dal Direttore di MAXXI Arte Bartolomeo Pietromarchi, dalla Direttrice di Ales e responsabile per il MiBAC del programma Art Bonus Carolina Botti.

    __________________________________

    Le OGR di Torino

    Ex Officine dei treni sorte nell’Ottocento su un’area di 35.000 mq, le OGR sono state interamente riqualificate dalla Fondazione CRT e rinate il 30 settembre 2017 come Officine delle idee, della creatività, dell’innovazione: un luogo aperto al mondo per la sperimentazione artistica (compresa la virtual reality), la ricerca scientifica, tecnologica e industriale, l’enogastronomia.

    Alle OGR si sono alternati protagonisti delle arti visive contemporanee (William Kentridge, Patrick Tuttofuoco, Arturo Herrera, Liam Gillick, Tino Sehgal, Susan Hiller, Rokni Haerizadeh, Mike Nelson), della musica (in particolare, Kraftwerk, Kamasi Washington, New Order, John Cale, Michael Nyman), e realizzate importanti partnerships internazionali, quali, ad esempio, con il Manchester International Festival e il Wiener Festwochen.

    Nel 2019 le OGR si caratterizzeranno ancora di più come innovation hub internazionale, con spazi per acceleratori di imprese, laboratori di ricerca e un centro sui Big Data per la filantropia.

    Diventeranno inoltre la “casa” italiana di BEST, il programma bilaterale Italia-USA per promuovere la cultura imprenditoriale high-tech nel nostro Paese: un nuovo ponte con gli Stati Uniti e, in particolare, con la Silicon Valley, passerà dalle OGR di Torino.

    www.ogrtorino.it

  • “Nel mezzo del cammin di nostra vita / mi ritrovai per una selva oscura / ché la diritta via era smarrita”.

    Così Dante Alighieri inizia il suo capolavoro, il suo viaggio spirituale passa dall’Inferno, al Purgatorio e infine al Paradiso.

    Un viaggio che gli fa incontrare la Storia fino a quel momento. Virgilio, Ulisse, Tiresia, Giustiniano, Guinizzelli, Catone l’Uticense e molti altri che il “sommo poeta” immagina di incontrare nel suo percorso che lo portano alla conversione dal peccato, al ritorno sulla “retta via”, fino a giungere alla visione di Dio.

    Viaggio intrapreso grazie alla Ragione,  compiuto grazie a Virgilio, a Beatrice, la sua amata che lo guiderà nel Paradiso fino all’anfiteatro dei beati, dove sarà San Bernardo a condurlo alla visione di Dio e della verità.

    Secondo alcune teorie, come quella di Porena e Sermonti, il viaggio sarebbe iniziato il 25 marzo, seguendo perciò il calendario fiorentino dell’epoca, secondo il quale in questa data sarebbe stato concepito il Cristo. Nel Medioevo era consueto iniziare a contare i giorni dell’anno non dal I° Gennaio ma “ab nativitade”, ovvero dal 25 dicembre, oppure “ab incarnatione”, cioè dal 25 marzo.

    Il comune fiorentino dell’epoca in cui visse Dante adottò, secondo alcuni atti notarili, il secondo parametro. Perciò stando a quanto il diavolo Malacoda afferma nel canto XXI ai vv 112-114 (Ier, più oltre cinqu’ ore che quest’otta, mille dugento con sessanta sei anni compié che qui la via fu rotta), Porena e Sermonti hanno fissato l’inizio del viaggio al 25 marzo del 1300.

    Natalino Sapegno, uno dei maggiori studiosi del ‘300 letterario italiano, sostiene le parole del diavolo indicando che Dante intendeva fissare l’inizio del proprio viaggio con il giorno della morte di Cristo al Venerdì Santo, che nel 1300 cadde l’8 aprile.

    Dunque la notte del 7 aprile del 1300, secondo gli studi di Sapegno, Dante si perse nella “selva oscura”, simbolo della perdizione, del peccato in cui l’uomo contemporaneo si trovava.

    Grazie alla Ragione, Virgilio, Dante riesce ad uscire  alle prime luci dell’alba del Venerdi Santo (8 aprile) e ad intraprendere il viaggio descritto nei 33 canti della Divina Commedia.

    Un viaggio in cui Dante fa sfoggio di tutta la sua cultura. Sia religiosa che classica.

    Per la discesa all’Inferno prende spunto dai miti di Orfeo, di Teseo, di Ercole. Fa riferimento alla discesa di Enea nell’Ade raccontato magnificamente da Virgilio nel VI libro dell’Eneide.

    La lettera ai Corinzi dell’Apostolo Paolo, nella quale viene narrato il suo rapimento “al terzo cielo” interpreta i 3 giorni che passano tra la morte di Cristo e la sua resurrezione come il tempo necessario per discendere nell’inferno e liberare i patriarchi.

    Da uno stile più basso ed umile dell’Inferno si passa ad uno stile più elevato, aulico nel Paradiso.

    Cambia quindi a seconda del tema, dei luoghi e dei personaggi trattati.

    Un viaggio iniziato 718 anni fa, che ancora oggi è motivo di orgoglio per la letteratura italiana.

  •  

    Anche quest’anno per l’8 marzo tutti i musei e luoghi della cultura statali apriranno le loro porte gratuitamente alle donne.

    Una giornata di festa che il Ministero dei Beni e delle Attività e del Turismo, guidato da Dario Franceschini, celebra, insieme alle aperture gratuite, con un’apposita campagna di comunicazione social e una galleria di donne eccezionali, la cui fama ha attraversato i secoli anche grazie all’arte e alla cultura. 

    Sante e prostitute, dee e popolane, intellettuali e artiste, attrici e martiri, scrittrici e poetesse, madri, madonne e rivoluzionarie: la campagna social del Mibact, in occasione dell’8 marzo, celebra il mondo femminile, attraverso le sue rappresentazioni più significative nell’arte, puntando i riflettori sulle vite delle donne che hanno fatto la storia.

    Oltre trenta locandine digitali – selezionate dagli storici dell’arte del principali Musei Italiani – animeranno infatti il profilo Instagram di @Museitaliani da oggi fino all’8 marzo, data in cui l’ingresso nei musei e nei luoghi della cultura statali sarà gratuito per tutte le donne, in tutta Italia.

    Dipinti, sculture, stampe, busti, reperti archeologici e ritratti che celebrano il “femminile” saranno dunque i protagonisti della campagna social: da Sofonisba Anguissola, una delle prime esponenti della pittura europea, ritrattista alla Corte di Filippo II di Spagna, a Ofelia, il personaggio shakespeariano e tragica eroina, che ha ispirato nei secoli pittori e poeti e che qui prende le forme della scultura in gesso di Arturo Martini conservata alla Pinacoteca di Brera, il busto di Madame de Stael, l’intellettuale liberale francese che ha animato i salotti letterari e fautrice del romanticismo europeo, e ancora il dipinto pompeiano di Saffo – conservato al Museo Archeologico Nazionale di Napoli – la poetessa greca che ha tradotto in versi l’erotismo femminile, Cleopatra ritratta da Giovan Francesco Guerrieri, la celeberrima regina seduttrice e amante appassionata, che secondo la versione classica di Plutarco, morì suicida con il morso di un serpente, e ancora, tra le tante altre protagoniste della galleria di immagini, Jane Burden Morris, modella, musa dei preraffaelliti e moglie dell’artista e architetto britannico William Morris, la scultura di Eleonora Duse – conservata a Palazzo Pitti – attrice amata dal pubblico e osannata dalla critica, e protagonista in vita dell’amore tormentato con il poeta Gabriele d’Annunzio, fino alle Tre Età della donna, il capolavoro dell’artista austriaco Gustav Klimt, simbolo delle tre fasi della vita femminile.
    Anche per questa iniziativa l’invito rivolto ai visitatori è quello di una vera e propria caccia al tesoro digitale nei musei italiani, muniti di smartphone o macchina fotografica, alla ricerca di donne in dipinti, sculture, vasi figurati, arazzi e affreschi delle epoche e delle collezioni più disparate.

    Tutti possono condividere le proprie foto con l’hashtag #8marzoalmuseo e invadere i social con opere da tutta Italia, seguendo un filo rosso che unisce, nella bellezza, le straordinarie collezioni statali.

    Fonte: MiBACT

  • Foto e Video Gallery Scavi di Pompei

    Pompei torna alla luce dopo secoli di oblio verso la fine del ‘700, e in poco più di un secolo la testimonianza di un dramma senza fine riemerge dall’abbandono, dalle ceneri e dalle polveri.

    Parte integrante della cultura popolare, fonte di ispirazione per artisti di ogni genere,  patrimonio archeologico di valore inestimabile,  fotografia di un dramma che ha portato un’intera città al buio più assoluto.

    Nonostante i crolli degli ultimi anni, conserva l’antico splendore, continua a tramandarci l’abilità nella costruzione degli edifici, le piccole tracce familiari delle abitazioni e delle attività quotidiane,  le anfore nelle cantine conservate per secoli e ancora indisturbate.

    Tutto intorno si respira la solitudine e la malinconia mortale di POMPEI.

     

    “Molte sciagure sono accadute nel mondo, ma poche hanno procurato tanta gioia alla posterità. Credo sia difficile vedere qualcosa di più interessante: guardando oltre la spalliera si vede il mare e il sole al tramonto. Un posto mirabile, degno di sereni pensieri”. 

    Johann Wolfgang Goethe, Viaggio in Italia, 1817.

    A proposito dei calchi:

    “E’ impossibile vedere quelle tre sformate figure, e non sentirsi commosso.. Sono morti da diciotto secoli, ma sono creature umane che si vedono nella loro agonia. Lì non è arte, non è imitazione; ma sono le loro ossa, le reliquie della loro carne e de’ loro panni mescolati col gesso: è il dolore della morte che riacquista corpo e figura…. Finora si è scoverto templi, case ed altri oggetti che interessano la curiosità delle persone colte, degli artisti e degli archeologi; ma ora tu, o mio Fiorelli, hai scoverto il dolore umano, e chiunque è uomo lo sente”.

     Luigi Settembrini 

    Wolfgang Amadeus Mozart  dopo aver visitato ed apprezzato il Tempio di Iside compose il Flauto Magico.

    Edward Bulwer-Lytton ha scritto, verso la metà dell’800, il romanzo Gli Ultimi Giorni di Pompei, da cui hanno presero ispirazione diversi film nel corso del secolo successivo.

    [amazon_link asins=’B00II5F0D6′ template=’ProductCarousel’ store=’newfro-21′ marketplace=’IT’ link_id=’6c00583b-8e27-11e7-a8ca-fded0e7a6144′]

    Fotografie di Donatella Muraro

    Per ulteriore informazioni Sovrintendenza Pompei

    La Mappa di Pompei   

    La guida in italiano di Pompei

    Orari

    Tutti i siti archeologici
    Dal 1 aprile al 31 ottobre: 9.00 – 19.30 (ultimo ingresso 18.00)
    Dal 1 novembre al 31 marzo: 9.00 – 17.00 (ultimo ingresso 15.30)
    Boscoreale: dal 1 novembre al 31 marzo: 8.30 – 18.30 (ultimo ingresso 17.00)
    Giorni di chiusura: 1 Gennaio, 1 Maggio, 25 Dicembre

    I biglietti si acquistano alle biglietterie presso gli ingressi dei siti oppure dal servizio di biglietteria online.

    Le biglietterie ufficiali sono solo all’interno del Parco.

     

  • La mostra “Intorno a Leonardo” espone uno dei tesori più preziosi custoditi all’interno di Musei Reali di Torino, il celebre Autoritratto di Leonardo da Vinci, insieme a parte della straordinaria collezione di disegni frutto degli illuminati acquisti del re di Sardegna Carlo Alberto.

    L’esposizione è anche l’occasione per i Musei per dare il via alle celebrazioni che nel 2019 ricorderanno Leonardo a cinquecento anni dalla sua morte, una tappa di avvicinamento attraverso la quale si intende valorizzare e approfondire il contesto all’interno del quale si muoveva il Maestro.

    La mostra alla Biblioteca Reale di Torino, con il celebre Autoritratto esposto per la prima volta dopo due anni di restauro, dà l’avvio all’anno di Leonardo che vedrà coinvolte anche Firenze, Venezia e Milano.

    Alcuni disegni di Leonardo da Vinci custoditi presso la Biblioteca Reale di Torino, fra i quali il celebre Autoritratto, avranno una collocazione definitiva in una sezione apposita all’interno dei Musei Reali della città piemontese.

    Lo ha annunciato il suo Direttore Enrica Pagella a margine della mostra appena inaugurata nei locali del caveau della Biblioteca “Per il 2019 stiamo pensando a una valorizzazione permanente dei nostri disegni che sono tredici, più il Codice sul volo degli uccelli”, ha spiegato la Dott.ssa Pagella.

    “Ma non nel nostro caveau, troppo piccolo per accogliere una collezione dall’attrattiva mondiale. Inoltre, vorremmo accompagnarla a dei supporti multimediali, come filmati e tavoli touch screen”.

    Un progetto che si inserisce perfettamente nella legge del Ministero dei Beni Culturali, sui finanziamenti per le celebrazioni dei 500 anni dalla morte di Leonardo Da Vinci (nel 2019) e Raffaello Sanzio (2020) e per i 700 anni dalla morte di Dante Alighieri (2021), e che sarà discusso e definito a settembre a Torino, nel corso di una cabina di regìa con le città che possiedono opere di Leonardo, quindi Firenze, Venezia e Milano (con Castello Sforzesco e la Veneranda Biblioteca Ambrosiana): sul tavolo, la proposta di un circuito turistico, anche internazionale, per offrire la possibilità di viaggiare per le città di Italia, scoprendo di volta in volta aspetti differenti della produzione e dell’arte leonardesca.

    La Biblioteca Reale, istituita dal re Carlo Alberto di Savoia-Carignano (1798-1849), ubicata al piano terreno dell’ala di levante del Palazzo Reale, è inserita nel raffinato ambiente ideato nel 1837 dall’architetto di corte Pelagio Palagi e raccoglie prevalentemente opere di storia degli Stati sabaudi e di scienze storiche.

    Conserva preziosi codici miniati medievali – di cui sono pregevole testimonianza i lussuosi messali del duca Amedeo VIII – eleganti portolani, rari incunaboli, splendidi album scenografici disegnati da Giovanni Tommaso Borgonio, atlanti naturalistici seicenteschi – esemplari unici per contenuto e qualità – appartenuti al duca Carlo Emanuele I.

    Il Theatrum Sabaudiae, edito ad Amsterdam nel 1682, testimonia la volontà dei duchi di Savoia di affidare alla stampa la divulgazione della magnificenza della capitale, delle residenze e del loro territorio rappresentata in tavole colorate di forte impatto visivo.

    Di eccezionale valore la collezione grafica della Biblioteca, acquisita dal re Carlo Alberto nel 1839, composta da disegni di grandi maestri italiani e stranieri dal XIV al XVIII secolo e resa straordinaria dalla presenza di tredici fogli autografi di Leonardo da Vinci.

    Dal 1998 nella Sala Leonardo, realizzata con il contributo della Consulta per la Valorizzazione dei Beni Artistici e Culturali di Torino, viene esposto a rotazione prezioso materiale bibliografico e storico-artistico secondo una precisa politica di valorizzazione del patrimonio posseduto.

    Un uomo canuto, con capelli e barba lunghi, ma con ampia stempiatura, dallo sguardo corrucciato che gli conferisce un’espressione severa: è l’intensa immagine, tratteggiata a sanguigna, che identifica in tutto il mondo il celebre pittore, scienziato e ingegnere fiorentino che incrocia lo sguardo del visitatore appena si entra nella sala di sinistra del caveau della biblioteca.

    In mostra inoltre una selezione di oltre quaranta disegni italiani del ‘400 e del ‘500, corrispondenti ad altrettanti artisti citati da Giorgio Vasari nelle sue Vite, vero e proprio fil rouge dell’esposizione.

    Le vite dei più eccellenti pittori, scultori, e architettori di Giorgio Vasari, pubblicate in una prima edizione nel 1550 e poi in forma definitiva nel 1568, costituiscono un fondamentale vademecum per la conoscenza dell’arte italiana fino al Cinquecento e un imprescindibile modello per la storiografia artistica.

    A Vasari, architetto e pittore al servizio del granduca di Toscana Cosimo de’ Medici, si deve la codificazione di molti concetti che oggi diamo per scontati: il ruolo delle tre arti ‘maggiori’ (architettura, scultura e pittura), la periodizzazione storico-artistica per cronologia e per scuole, la visione evolutiva del Rinascimento italiano che raggiunge il suo culmine con Michelangelo, il concetto di Manierismo.

    Nell’introduzione alle Vite, Vasari definisce il disegno “padre delle tre arti nostre, architettura, scultura e pittura”, che “procedendo dall’intelletto, cava di molte cose un giudizio universale, simile a una forma o vero idea di tutte le cose della natura”. I disegni esposti in mostra illustrano questa fondamentale unità dell’espressione artistica, al di là delle epoche e delle scuole regionali.

    Due sono le edizioni antiche delle Vite custodite nella Biblioteca Reale: la prima è un esemplare di quella stampata a Firenze da Lorenzo Torrentino nel 1550. Più tardi, nel 1568 Vasari diede alle stampe l’edizione giuntina, ampliata, corretta e aggiornata con l’inserimento dei ritratti incisi degli artisti: di questa versione la Biblioteca Reale possiede una sontuosa edizione in tre volumi, stampata a Roma nel 1759 con dediche al re di Sardegna Carlo Emanuele III e ai suoi figli Vittorio Amedeo, duca di Savoia, e Benedetto Maria Maurizio, duca di Chiablese. I volumi settecenteschi sono corredati di tavole che riproducono le opere più celebri di Michelangelo.

    Nella mostra, i disegni sono disposti in modo da illustrare l’evoluzione dell’arte italiana secondo il racconto vasariano: dal Rinascimento toscano e veneto a Leonardo; maestri e allievi di Raffaello; Michelangelo e la prima Maniera a Firenze; il ‘500 tra classicismo e manierismo; Vasari e le sue omissioni.

    La collezione della Biblioteca Reale offre un’ampia panoramica della storia dell’arte italiana a partire dal Quattrocento, con alcune punte che ne fanno una delle più importanti collezioni pubbliche di disegni in Italia.

    Oltre alla nota opera di Leonardo da Vinci, fanno parte dell’esposizione ottimi esempi della grafica di artisti del Rinascimento toscano e veneto, quali Francesco di Giorgio Martini e Marco Zoppo; un foglio attribuito alla fase giovanile di Raffaello e diverse opere di alcuni tra i suoi migliori allievi (Giulio Romano, Perin del Vaga); uno studio di Michelangelo per il volto della Sibilla Cumana dipinta sulla volta della Cappella Sistina; uno dei rari disegni del veneziano Lorenzo Lotto; e validi esempi dell’eleganza del Manierismo emiliano e veneto, dal Parmigianino ad Andrea Schiavone.

    Di particolare interesse sono gli studi delle antichità romane, da quelli contenuti nel Trattato di architettura civile e militare di Francesco di Giorgio Martini a quelli del taccuino di Girolamo da Carpi.

     

    Orari della mostra

    • dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 18,30 (ultimo ingresso 17,30)
    • sabato dalle 9 alle 14 (ultimo ingresso 12,30)
    • domenica chiuso

    Tariffe

    Intero € 5; ridotto € 3 (18-25 anni); ingresso gratuito per i minori di anni 18, per i possessori di Abbonamento Musei, della Torino+Piemonte Card e della Royal Card.

    Il biglietto è acquistabile dal martedì al sabato presso la biglietteria dei Musei Reali e lunedì direttamente presso la Biblioteca.

    Visite guidate

    Ogni mercoledì alle ore 17, al costo di 5 Euro (gruppi max 25 persone).

    Prenotazione obbligatoria ai seguenti recapiti: tel. 011 543 855 – mr-to.info@beniculturali.it.

    BIBLIOTECA REALE – Piazza Castello, 191 – 10122 – Torino – Tel. +39 011 543855 – E-mail: b-real@beniculturali.i –www.bibliotecareale.beniculturali.it

    [amazon_link asins=’B0062P1DRG’ template=’ProductCarousel’ store=’newfro-21′ marketplace=’IT’ link_id=’fcaa2544-70b5-11e7-8edc-e5350f59ea7e’]

  • Dal 13 luglio al 23 ottobre 2017 un nuovo importante appuntamento con la fotografia d’autore nella splendida cornice della Corte Medievale.

    La mostra, a cura di Walter Guadagnini, direttore di CAMERA – Centro Italiano per la Fotografia di Torino, rende omaggio al celebre fotografo Franco Fontana (Modena, 1933) attraverso venticinque immagini di grande formato in prestito dalla UniCredit Art Collection, una delle principali raccolte d’arte in Europa a livello corporate.

    Leitmotiv del percorso espositivo è il colore, inteso come rivelazione, come fondamento di poetica, come linguaggio assoluto attraverso il quale passa ogni possibilità di espressione. Questo è, sin dai precoci inizi alla fine degli anni Sessanta, il fondamento della poetica di Fontana, maestro di una fotografia di paesaggio intimamente e profondamente anti-naturalistica e anti-documentaristica, paradosso questo che da sempre rappresenta la sua forza, la sua caratteristica primaria.

    Nel colore Fontana cerca e trova gli equilibri compositivi, e con il colore risolve lo spazio: nulla importa, a chi guarda, dove quella fotografia sia stata scattata, né quando, nulla importa del contesto. In questo senso, il suo è un paesaggio puro, liberato dalle necessità e dai vincoli della contingenza, poiché il vero soggetto della sua fotografia è il gioco delle cromie e delle luci, il taglio dell’inquadratura, l’estensione emotiva di questi elementi, non della natura in quanto tale.

    L’esposizione – realizzata con la collaborazione della Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per la Città Metropolitana di Torino – arricchisce con un nuovo capitolo il filone delle mostre fotografiche che ormai da qualche anno Palazzo Madama accoglie in Corte Medievale.

    Nato a Modena nel 1933, Franco Fontana inizia a fotografare nel 1961, e realizza i suoi primi scatti celebri nella seconda metà degli anni Sessanta, quando inizia a esporre quelle fotografie a colori che ne caratterizzeranno l’attività sino ai giorni nostri, conferendogli una fama mondiale come uno degli “inventori” della moderna fotografia a colori.

    Negli anni Settanta tiene una personale all’interno di “Photokina”, dove espone i suoi paesaggi, ottenendo un grande riscontro di critica e di pubblico. In seguito a un primo viaggio negli Stati Uniti nel 1979 approfondisce la ricerca sugli spazi urbani che proseguirà anche nei decenni successivi; nel 1982 pubblica “Presenzassenza”, volume dedicato alla ricerca sull’ombra e nel frattempo prosegue anche la sua ricerca nell’ambito del nudo.

    Nel 2000 pubblica il volume “Sorpresi nella luce americana”, nel quale concentra la sua attenzione sulla figura umana in rapporto allo spazio urbano.

    Negli ultimi anni si dedica con frequenza anche all’elaborazione digitale della fotografia, in un continuo rinnovamento della propria ricerca. Nel 2003 è pubblicata la monografia “Franco Fontana – Retrospettiva”, con introduzione di A.D.Coleman, che ripercorre l’intero suo percorso creativo.

    Nel 2006 ha ricevuto la Laurea Magistrale ad Honorem in Design eco compatibile dal Consiglio della Facoltà di architettura del Politecnico di Torino.

    Le sue opere sono presenti nelle collezioni dei più importanti musei del mondo.

    Accompagna la mostra un ricco programma di eventi collaterali.

    Si parte il 21 e 22 luglio con un workshop fotografico sul paesaggio urbano a cura dell’Accademia Torinese di fotografia (info e prenotazioni t. 011 2484308 – www.accademiatf.eu).

    A seguire, la sera del 26 luglio per la rassegna Cinema a Palazzo Reale organizzata da Distretto Cinema nel Cortile di Palazzo Reale, verrà proiettato il film di Paolo Sorrentino Youth – La Giovinezza, su suggerimento di Franco Fontana quale contrappunto cinematografico alla sua poetica fotografica (info www.distrettocinema.it).

    Infine, per tutta la durata della mostra, il museo propone un calendario di visite guidate e laboratori famiglia consultabili al sito www.palazzomadamatorino.it.

     

     

  • “Meraviglie degli Zar” ripercorre lo splendore di uno dei complessi di palazzi e fontane più sontuosi d’Europa: grandi proiezioni, immagini e un centinaio di opere tra dipinti, abiti, porcellane, arazzi ed oggetti preziosi provenienti dalle sale auliche di Peterhof, rievocano una delle più importanti e prestigiose residenze dei Romanov, oggi meta principale del turismo culturale in Russia.

    Il percorso di visita si apre con una presentazione di Peterhof e dei personaggi che lo abitarono, a cominciare dal grande arazzo di Pietro il Grande.

    Una selezione poi di opere ed oggetti, acquistati dai Romanov durante i loro viaggi in Europa negli spettacolari Gran Tour e di quelli invece commissionati dagli Zar agli artisti e artigiani russi, ricostruiscono in mostra lo sfarzo della corte russa ed i rapporti intercorsi nell’arco dei secoli tra i Romanov ed i Savoia.

    Situato in un grande parco sulle rive del Golfo di Finlandia,  vicino a San Pietroburgo, il primo Palazzo di Peterhof fu costruito da Pietro il Grande, per aggiungersi poi nel corso degli anni, altri splendidi edifici e giardini voluti dai successivi sovrani russi, da Caterina la Grande fino a Nicola II

    Peterhof è testimonianza del gusto dei sovrani che l’hanno abitata e riassume oggi i tratti più caratteristici della cultura russa: 430 ettari di parco, più di 150 fontane, 96 metri di canali, 135 costruzioni idriche, 33 musei ospitati ed oltre 4 milioni di visitatori l’anno.

    Peterhof, una delle più sfarzose residenze imperiali d’Europa e delle più note dimore estive dei Romanov, che è stata raccontata nella Sala delle Arti della di Reggia di Venaria, grandioso complesso monumentale sabaudo alle porte di Torino, proclamato Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco e considerato uno dei simboli della magnificenza dell’architettura barocca europea molto ammirato  da tutti i curatori della mostra giunti dalla Russia.

    L’ultimo incontro ufficiale tra i Romanov e i Savoia avvenne in Piemonte, nel Castello Reale di Racconigi nel luglio del 1909.

    La visita di Nicola II a Racconigi fu anche l’occasione per firmare quello che venne ricordato in seguito come “l’Accordo segretissimo”: un trattato segreto di reciproca intesa tra Russia ed Italia sui Balcani, con lo scopo di contrastare la crescente influenza austriaca.

    La Prima Guerra Mondiale e la Rivoluzione d’Ottobre del 1917 chiuderanno definitivamente un’intera epoca storica.

    A cura di Elena Kalnitskaya
    In collaborazione con The Peterhof State Museum-Reserve, San Pietroburgo.

    Per info – Meraviglie degli Zar – Venaria Reale

HTML Snippets Powered By : XYZScripts.com