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  • 7 luglio – 18 settembre 2022
    Palazzo Martinengo Cesaresco Novarino, via dei Musei 30, Brescia

    La Fondazione Provincia di Brescia Eventi è lieta di presentare la mostra Clouds Never Say Hello, grande personale dell’artista bresciano Gabriele Picco a cura di Claudio Musso negli spazi di Palazzo Martinengo Cesaresco Novarino. L’esposizione – organizzata in collaborazione con Provincia di Brescia, Fondazione Provincia di Brescia Eventi e Fondazione Brescia Musei nell’ambito del progetto Una Generazione di Mezzo – si sviluppa su due piani dello storico edificio e presenta una selezione articolata di opere inedite che conducono gli spettatori in un viaggio immersivo nell’immaginario dell’autore.

    Picco riesce ad affrontare con leggerezza temi delicati come la morte, il sesso, la solitudine dell’uomo contemporaneo, mettendo spesso in luce le contraddizioni della nostra società, e mostrando come la vita e il mondo siano un immenso teatro visionario.

    Ecco per esempio The wall, la stanza le cui pareti sono state completamente ricoperte da 18mila biscotti savoiardi, un intervento dell’artista che modifica la percezione sensoriale dello spazio e che insieme segna l’accesso al nucleo centrale della mostra. Una sala di decompressione ricca di reminiscenze infantili, via di evasione fiabesca non priva però di elementi sinistri, implicito al muro è infatti il riferimento all’incomunicabilità e a tutti quei muri che ancora abitano il mondo.

    Le nuvole, di pasoliniana memoria, simbolo di leggerezza, di sospensione e di poesia, sono un tema ricorrente nel lavoro di Gabriele Picco. Visibili e presenti sia nella storia dell’arte che nella vita di tutti giorni, al contempo così impalpabili ed evanescenti, rappresentano metaforicamente l’ambiguità e la contraddizione che regnano nell’immaginario dell’autore bresciano.

    Due delle sale della mostra sono dedicate proprio alle nuvole. In una le ritroviamo sul portapacchi di modelli in scala di auto storiche del secondo Novecento. Sono le automobili diventate vere e proprie icone, come la Dyane o la Citroen DS, che fanno seguito alla prima opera di questa serie intitolata Cloud, che Picco realizzò nel 2005 con una vera Fiat 500 come scultura permanente nel Parco delle Madonie in Sicilia.

    Nell’altra sala lo spettatore incontrerà, sospese a mezz’aria, quelle che potrebbero essere descritte come cinque piccole poesie. Nuvole di vari colori scolpite in marmi diversi, dal nero portoro, al bianco statuario di Carrara, al blu Bahia, al rosa del Portogallo fino alla pietra dorata. Su ogni nuvola scorgerà, in un sottile rimando alla pittura tonale, un piccolo volatile imbalsamato dello stesso colore della roccia. Qui lievità e gravità si incontrano creando un ossimoro visivo e concettuale.

    In una terza sala si trova Il collezionista di amore: un omino in marmo rosa del Portogallo il cui lunghissimo fallo è ornato da anelli con diverse pietre preziose. La sessualità esplicita trattata con linguaggio iperbolico, sia verbale che visivo, è tra i temi ricorrenti nel lessico dell’artista che fonde elementi Pop con quelli della scultura classica. A seguire una lapide in granito nero che commemora una nuvola svanita. La poesia e l’ironia tagliente, che a volte sfiora un cinico sarcasmo, è una delle modalità con cui Picco affronta nelle sue opere argomenti complessi e delicati come la vita e la morte, il pubblico e il privato, la religione e i tabù, senza lesinare riferimenti all’attualità.

    Nella sala più grande i visitatori sono accolti da un’installazione parietale di nove metri per quattro: una carta da parati composta da disegni che tagliano trasversalmente tutta la sua produzione in un cortocircuito continuo tra parole e immagini.

    La scrittura, sia quella breve di natura quasi poetica che gioca con il linguaggio scarno e ficcante dello slogan pubblicitario, sia quella più verbosa, automatica, che si colloca tra il flusso di coscienza e la letteratura d’avanguardia, è un altro tratto distintivo del modus operandi di Picco che, come uno dei personaggi dei suoi romanzi, vede la vita e le esperienze che la attraversano come un grande teatro surreale.

    Surreale è anche l’opera Eternal love: due mani in lattice che sbucano da una parete, con i palmi attraversati dai gambi di due rose rosse i cui vasi poggiano su due mensole di legno grezzo. Un chiaro riferimento a Eros e Thanatos in una nuova forma contemporanea di crocifissione.

    Nell’ultima sala la dimensione onirica trova la sua rappresentazione in una scultura composta da un letto di legno antico, dal cui materasso si innalza un albero dai rami spogli, abitati da un solitario canarino rosso. L’immagine, che richiama l’idea della nascita, della morte e del sogno, diventa anche metafora della solitudine e della capacità dell’essere umano di rinascere costantemente.

    La mostra sarà accompagnata da un corposo volume monografico edito da SKIRA in cui saranno raccolte attraverso il filtro di specifiche sezioni tematiche centinaia di opere prodotte dall’artista tra il 1998 e il 2022, un settore specifico sarà dedicato in forma di cahier al disegno e la parte testuale sarà composta da un saggio firmato dal curatore Claudio Musso, una conversazione tra l’artista e Davide Ferri, note biografiche e bibliografiche.

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