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  • PAGINE GIAPPONESI

    Letture di autori giapponesi contemporanei

    Torna anche per la primavera 2023 il ciclo di incontri mensili con la letteratura giapponese, a cura di Fabiola Palmeri.
    Il formato non cambia: un romanzo al mese per quattro appuntamenti, durante i quali la scrittrice e giornalista darà ai partecipanti alcune notizie biografiche sui vari autori e discuterà con i partecipanti sui testi proposti, approfondendo alcune tematiche e proponendo un’analisi critica dei singoli romanzi.
    Fra i numerosi autori tradotti negli ultimi anni in Italia, per questo ciclo di incontri Palmeri ha selezionato due scrittrici giovani, Harada Hika e Yū Miri, a dimostrazione della grande presenza e importanza dell’onda femminile autoriale contemporanea, e due autori affermati come il surrealista Abe Kobo e il celebre giallista Keigo Higashino.

    Costo: ciclo di 4 appuntamenti 40 € | appuntamento singolo 12 €.
    Info e prenotazionieventiMAO@fondazionetorinomusei.it

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    • giovedì 16 febbraio ore 15.30

    Come petali nel vento, Harada Hika, Garzanti
    «Il modo in cui si usano tremila yen decide la vita di una persona, sai?» aveva detto la nonna. È da questa rivelazione di nonna Kotoko Mikuriya, apparentemente banale e anche molto generica – visto che 3000 yen corrispondono a circa 21 euro – che si svolge pagina dopo pagina la storia di tre generazioni di donne, raccontate dalla scrittrice Harada Hika nel romanzo Come petali nel vento. Scritto nel 2018, tradotto in italiano da Daniela Guarino e pubblicato da Garzanti, il romanzo narra la quotidianità di tre generazioni di donne: nonna, nuora e due nipoti, trasmettendo i fondamentali dell’ultima arte che dal Giappone arriva, quasi a illuminare lo sconcerto di questi anni di economia stagnante e inflazione dilagante, ovvero: l’arte del risparmio.
    Scrittrice classe 1970, grande ammiratrice di Murakami Haruki, in questo scorrevole e arguto racconto Harada Hika dipinge le donne del Giappone di oggi, dalla 73enne Kotoko, alla nuora 50enne Tomoko, fino alle due giovani nipoti (da “Il fatto Quotidiano”, recensione di Fabiola Palmeri – gennaio 2023).

     

    • giovedì 16 marzo ore 15.30

    Il paese dei suicidi, Yu Miri, Atmosphere Libri
    Mone è un’adolescente all’inizio delle scuole superiori. Ha una famiglia, ma il padre ha un’amante da anni e lei è l’ultima a scoprirne l’esistenza. La madre le preferisce il fratello minore, Satoshi, e progetta di portarlo via con sé, lontano dalle radiazioni, lasciandola da sola. Il suo unico alleato è il cellulare che porta sempre con sé, grazie al quale può raggiungere il lato più oscuro di internet. Ciò che trova è un forum, una chat di morte dove individui di età e provenienza diverse, con le motivazioni più disparate, cercano dei compagni con cui togliersi la vita. Yodogawa, Namiki e Nana sono gli utenti anonimi che entrano a far parte del “Gruppo della fine”, i compagni che ha scelto per accompagnarla nel suo ultimo viaggio. Un cammino verso la morte che porterà Mone a entrare in contatto con aspetti di sé stessa prima sconosciuti.

     

    • giovedì 20 aprile ore 15.30

    L’incontro segreto, Abe Kobo, Atmosphere Libri
    Il protagonista, giovane rappresentante di fantascientifiche scarpe che permettono di effettuare balzi straordinari, si reca in un gigantesco e labirintico ospedale di Tokyo per ritrovare la moglie, inspiegabilmente prelevata da un’ambulanza nelle prime ore del mattino. L’ospedale è dominato da un elaborato sistema tecnologico che spia il comportamento sessuale dei pazienti, che tra quelle algide pareti perdono ogni contatto con l’esterno e trovano nel sesso l’unico mezzo per sfuggire alla solitudine totale. Il protagonista, intrappolato in un mondo assurdo, onirico e senza vie d’uscita, si ritrova ad affrontare i bizzarri e grotteschi personaggi che popolano l’ospedale, alla ricerca della consorte e della sua stessa identità.
    L’incontro segreto, con la sua miscela di suspense, erotismo e poesia, è uno dei romanzi più avvincenti di Abe Kobo, grande genio letterario del secondo Novecento giapponese mai sufficientemente compreso.

     

    • giovedì 18 maggio ore 15.30

    Sotto il sole di mezzanotte, Keigo Higashino, Giunti
    Doveva essere un giorno di riposo per l’ispettore Sasagaki, invece è l’inizio di un caso inestricabile che finirà per ossessionarlo per molto tempo. Il corpo di Yosuke Kirihara, stimato proprietario di un banco dei pegni, viene rinvenuto in un edificio abbandonato. I sospetti ricadono sui familiari, poi sui clienti del negozio, infine su una presunta amante, ma più il cerchio si stringe più la polizia brancola nel buio: non ci sono prove schiaccianti e gli indiziati hanno alibi che si sostengono a vicenda. E, come una maledizione, tutti coloro che hanno a che fare con il caso Kirihara finiscono per morire in strane circostanze. Tutti tranne il figlio della vittima, Ryo, un ragazzo cupo, e la figlia dell’amante di Kirihara, Yukiho, studentessa brillante e di una bellezza mozzafiato. Si dice che la pazienza sia la virtù dei forti, ma vent’anni sono davvero troppi, specialmente quando si tratta di un efferato omicidio. Riuscirà l’ispettore Sasagaki a sciogliere il mistero che lo tormenta e a incastrare un colpevole che gli sfugge da decenni?

  • I doni dell’Imperatore

    L’ingresso nelle collezioni dei Savoia di due delle tre armature giapponesi complete conservate nell’Armeria è conseguente all’apertura di relazioni diplomatiche, avvenute a seguito della firma del trattato di amicizia e commercio tra il Regno d’Italia e l’Impero giapponese, siglato il 25 agosto 1866 e successivamente ratificato a Edo, l’odierna Tokyo. Le armature B. 53 e B. 54 vennero donate a Vittorio Emanuele II dall’imperatore del Giappone Meiji rispettivamente nel 1869 e nel 1871, a pochi anni di distanza dalla stipula dell’intesa tra i due Paesi. 

    Si trattava di doni prestigiosi, come testimoniano la cura nel realizzarle e la scelta dei materiali impiegati, a indicare che erano destinate a personaggi di rango elevato. Le due armature, con le collezioni extraeuropee, vennero allestite nella Rotonda, sala in cui furono sistemate pochi anni dopo anche le raccolte di Vittorio Emanuele II. A differenza della B. 53, montata già nell’Ottocento su un manichino, l’armatura B. 54 è stata riproposta nel suo insieme solamente ora, per sottolinearne l’aspetto unitario e facilitarne una più immediata lettura.

    Le armature giapponesi B. 53 e B. 54

    L’armatura B. 53, costituita da lamelle in cuoio e metallo laccato e dorato, unite da fettucce di seta azzurre e arancio, è un apparato difensivo leggero utilizzato per lo scontro a piedi (do-maru). Le sue parti, caratteristiche della tradizione militare giapponese tra il XII e il XIX secolo, rispondono alla necessità di garantire, nello stesso tempo, resistenza e libertà di movimento.  L’armatura è esposta insieme alla spada (tachi), indispensabile corredo del samurai: identificata con l’anima stessa del proprietario, era un simbolo del suo onore e del suo stato sociale.

    L’armatura B. 54, collocabile all’interno del periodo Edo (1603-1868), è invece il frutto dell’assemblaggio di elementi differenti, ma coerenti tra di loro. Tre stemmi appartenenti a casate diverse sono posti sulla maschera, sulle manopole e sul kabuto (elmo). Quest’ultimo, firmato dell’autore Yoshihisa, è l’elemento più antico e risale al XVI secolo.  Per quanto concerne la corazza, di due secoli dopo, si è di fronte a una hatomune okegawa-do ovvero a una corazza realizzata per un’armatura moderna (tosei gusoku) e composta da lamelle rivettate e attraversate da una piega centrale posta verticalmente. Oltre alla firma dell’autore, sulla corazza sono presenti ideogrammi ageminati che riportano una invocazione alla “grande divinità del monte Fuji”. Quest’armatura è assai differente dalla tipologia do-maru della B. 53 in uso prima della introduzione delle armi da fuoco occidentali in Giappone. Gli altri elementi che compongono l’armatura sono posteriori, tra cui la corazza che presenta in corrispondenza del lato di apertura la firma dell’armaiolo Munenori di Osaka, vissuto almeno due secoli dopo.

     Dal catalogo “Una carrozza e le armi del Re. Le raccolte di Vittorio Emanuele II nell’Armeria Reale” a cura di Giorgio Careddu e Marco Lattanzi, Editris.

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