Tag: #mariaantonietta

  • A Ginevra è stata battuta un’asta milionaria per i due gioielli che la regina di Francia aveva messo al sicuro per il suo futuro.

    La casa d’aste Christie’s contava ottimisticamente di venderli a una cifra che si poteva aggirare fra i 2 e i 4 milioni di dollari.

    Ma il misterioso acquirente telefonico che si è aggiudicato i due braccialetti di diamanti della regina di Francia Maria Antonietta d’Asburgo-Lorena è stato disposto a sborsare 8 milioni di dollari, pur di averli. E così si è conclusa con una cifra record la vendita del 9 novembre 2021 a Ginevra dei due gioielli che da oltre 200 anni erano in mano ai discendenti dell’ultima regina di Francia dell’ancien régime. Nel 1791 la consorte di re Luigi XVI, prigioniera nel Tuileries Palace di Parigi, li aveva avvolti in un panno di cotone e riposti dentro una cassa di legno per affidarli all’ex ambasciatore austriaco a Bruxelles, con una lettera d’accompagnamento in cui gli chiedeva di tenerli da parte in un luogo sicuro, nel caso in cui la situazione fosse diventava drammatica. I bracciali arrivarono a destinazione ma lei non li rivide mai più, perché il 16 ottobre di due anni dopo fu ghigliottinata.

    Negli ultimi tempi c’è un crescente interesse dei collezionisti verso gli abiti e i gioielli della regina sfortunata, ma nessuno immaginava che i due bracciali messi all’asta a Ginevra avrebbero raggiunto la somma di 7,46 milioni di franchi svizzeri, molto più alta della stima iniziale. Chi sia l’acquirente forse non lo sapremo mai, ma deve essere qualcuno ricco quasi – o forse più – di quanto lo fossero i reali all’alba della Rivoluzione francese. Maria Antonietta, che era arrivata in Francia a 14 anni per sposare l’erede al trono, spendeva molto in gioielli e abiti, una passione che la rendeva, insieme al suo carattere infantile e viziato, sgradita al popolo quanto alla nobiltà. Fece realizzare i due braccialetti di diamanti su misura per lei nel 1776, due anni dopo che suo marito era stato incoronato re. Ognuno dei due bracciali è composto da tre fili di diamanti per un totale di 112 gemme, e da una chiusura a barretta in argento e oro. La figlia di Maria Antonietta, Maria Teresa Carlotta nota come Madame Royal, sopravvissuta alla rivoluzione, li ricevette dall’ex ambasciatore dopo la morte di sua madre e di suo fratello e li tramandò alla sua progenie, i cui ultimi membri hanno deciso di metterli all’incanto a più di 200 anni da quel giorno in cui la prima proprietaria li spedì in Belgio. Ora li ammirerà solo un fortunato miliardario che se l’è potuti permettere senza battere ciglio.

  • “Vi amo alla follia. Non c’è momento in cui io non vi adori”.

    È un messaggio scritto in codice dalla regina Maria Antonietta (17551793), solo recentemente decifrato.

    Il destinatario è il conte Hans Axel von Fersen (1755-1810), che le risponde: “Vivo ed esisto solo per amarvi. Adorarvi è la mia sola consolazione”.

    Lei è la regina di Francia, stretta da ragioni dinastiche nella gabbia di un matrimonio politico, lui un nobile svedese, un’anima ardente sotto una corteccia di ghiaccio. Il loro amore clandestino attraversa la storia della Francia in uno dei suoi momenti più drammatici, quelli della rivoluzione. Tutto era iniziato nell’inverno del 1774, quando la futura regina di Francia e Fersen, appena diciottenni, si incontrarono per la prima volta.

    L’occasione, un gran ballo in maschera all’opéra di Parigi. Lei indossava il “domino”, un lungo mantello con cappuccio, una sottile mascherina a coprire gli occhi e la voglia di innamorarsi, come ogni ragazza della sua età. Lo svedese era arrivato in città nell’ambito del Grand Tour, viaggio d’istruzione che facevano tutti i giovani del suo lignaggio. Alto un metro e novanta, i lineamenti regolari, gli occhi azzurri orlati da scure ciglia nere: per le dame di corte divenne presto le beau Fersen, “Fersen il bello”.

    Raramente i matrimoni dinastici sono felici, ma quello celebrato a Versailles il 16 maggio 1770 tra Maria Antonia Giuseppa Giovanna d’Asburgo-lorena, e il delfino di Francia  fu decisamente infausto.  La prima notte di nozze fu un disastro, ma era solo l’inizio: l’unione rimase “bianca” per i primi sette anni. E fu in questo infruttuoso ménage che Fersen divenne il favorito di Maria Antonietta, quello che più spesso e facilmente poteva accedere al suo cospetto. Il 10 maggio 1774 Luigi XV morì di vaiolo e la delfina divenne la nuova regina di Francia, con la responsabilità e la condotta che questo implicava.  Fersen capì che era meglio cambiare aria. Con sollievo dei cortigiani, ingelositi dalla sua rapida ascesa.

    Passarono anni prima che i due si rivedessero: Fersen era diventato un uomo e faceva i primi passi in politica sotto l’ala del suo sovrano, Gustavo III. Maria Antonietta era una giovane regina finalmente incinta. Anche questa volta Fersen non si trattenne a lungo sul suolo francese. Gli americani si battevano per la loro indipendenza dall’Inghilterra e Parigi, nemica naturale di Londra, inviò oltreoceano un contingente ad appoggiare i ribelli. All’inizio del 1779, Fersen si aggregò.

    Al ritorno, re Gustavo lo portò con sé in un lungo giro diplomatico in Europa, fatto di serate danzanti, cene e incontri galanti.  Nell’estate del 1784, Gustavo e Fersen fecero tappa a Versailles: non ci volle molto perché lo svedese e la regina si lasciassero risucchiare da quel parco dei divertimenti per adulti concepito dal Re Sole oltre un secolo prima. Fersen fece di tutto per rimanere in Francia: sapeva che il legame con la regina poteva giovargli. E non si sbagliava: Maria Antonietta convinse il marito a prestargli il denaro necessario per comprare il comando nel Régiment Royal Suédois, formato quasi esclusivamente da svedesi, che gli avrebbe fruttato una generosa rendita annuae.

    I tempi però stavano per cambiare, e con una velocità che prese tutti alla sprovvista.

    La presa della Bastiglia (14 luglio 1789) segnò la fine di un’epoca. “Tutte le menti degli uomini sono in fermento”, scrive Fersen a un amico.

    Molti di questi opuscoli, di simpatie giacobine, avevano come bersaglio la regina. Non era mai stata popolare e, per i tempi superstiziosi in cui viveva, essere nata il 2 novembre, giorno dei morti, non era d’aiuto. La dipingevano come una donna frivola e spendacciona che, incurante delle miserie del popolo, intrecciava amori saffici con le dame di corte; un’austriaca che si era impadronita del trono di Francia, obbedendo alle direttive della madre Maria Teresa, per condurre la nazione alla rovina. Un fondo di verità c’era. Maria Antonietta sperperava cifre favolose a carte e per il guardaroba, e le sue feste a volte duravano giorni.

    L’odio ispirato dai pamphlet si materializzò il 5 ottobre 1789, quando migliaia di donne marciarono da Parigi a Versailles chiedendo pane per i loro figli. I loro slogan erano tutti contro la regina, identificata con i mali del Paese. Fersen intervenne in difesa di Maria Antonietta: con una galoppata precedette il corteo e fece appena in tempo a metterla al sicuro.

    La marcia un risultato lo ottenne: l’indomani il re e la regina furono costretti a trasferirsi a Parigi, alle Tuileries, un palazzo ormai in rovina sulla riva destra della Senna. Per oltre un anno e mezzo il re ingaggiò un braccio di ferro con i suoi avversari, incerto se fare concessioni o chiamare in suo soccorso gli altri monarchi d’europa.

    Scomparsi i fasti e gli adulatori, per Maria Antonietta sarebbero rimaste disperazione e solitudine, se Fersen, non avesse continuato a esserle fedele. Non fu una scelta ovvia, neanche per un aristocratico come lui che poteva in ogni momento essere eliminato come nemico della rivoluzione.

    Solo nella primavera del 1791 Luigi si convinse a tentare la fuga. L’obiettivo era raggiungere una località a est del Paese, dove un comandante militare fedele lo avrebbe atteso con la sua guarnigione. La comitiva doveva apparire come il seguito di una ricca baronessa. Maria Antonietta finse di essere la governante ma il travestimento non funzionò: a Varennes, nelle Argonne, furono riconosciuti e costretti a tornare sotto custodia nella capitale, tra due ali di folla inferocita. Fersen riuscì per miracolo a evitare la cattura e da quel momento cominciò a girare tra le corti europee, facendosi portavoce dei lealisti che speravano di coinvolgere Paesi come l’austria, l’inghilterra o la Prussia nel soffocare l’esperimento rivoluzionario francese. Non se ne fece niente.

    Il 28 giugno Maria Antonietta scrisse all’amato, rassicurandolo: “Non essere turbato sul mio conto, non mi succederà nulla. L’assemblea Nazionale mostrerà clemenza. Addio, uomo amatissimo. Stai calmo se puoi. Abbi cura di te stesso, fallo per me. Non posso più scrivere, ma nulla al mondo potrebbe impedirmi di adorarti fino alla morte”.  Il 16 ottobre 1793, Maria Antonietta fu condotta al patibolo e ghigliottinata.

    Fersen apprese la notizia della morte dell’amata mentre era a Bruxelles, dove ancora cercava una soluzione. “Sebbene fossi preparato per questo e lo aspettassi, fui devastato”, annotò nelle sue memorie.

    Prima del tragico epilogo erano riusciti a vedersi solo un’ultima volta. Lei gli restituì un anello che molto tempo prima lui le aveva donato, gli consegnò un biglietto su cui era scritta una breve frase, in italiano: “Tutto a te mi guida”.

     

    Fonte: Focus Storia

     

HTML Snippets Powered By : XYZScripts.com