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  • Marina Abramovic nasce a Belgrado, nipote di un patriarca della chiesa ortodossa serba, successivamente proclamato santo. Entrambi i genitori erano partigiani nella seconda guerra mondiale: suo padre Vojin Abramović (conosciuto come Vojo) fu un comandante riconosciuto, dopo la guerra, eroe nazionale; sua madre, Danica Rosić, maggiore dell’esercito, alla metà degli anni sessanta fu nominata direttrice del Museo della Rivoluzione e Arte in Belgrado.

    Marina ricevette la sua prima lezione d’arte dal padre all’età di 14 anni: era il 30 novembre 1960; avendo chiesto al genitore di comprarle dei colori, lui si presentò con un amico il quale cominciò con il tagliare a caso un pezzo di tela, poi una volta steso a terra vi gettò sopra colla, sabbia, pietrisco, bitume, colori vari dal giallo al rosso, poi dopo aver cosparso il tutto con trementina collocò un fiammifero al centro della composizione che fu avvolta dalle fiamme e disse: “Questo è il tramonto”.

    Dal 1965 al 1972 studia presso l’Accademia di Belle Arti di Belgrado. Dal 1973 al 1975 ha insegnato presso l’Accademia di Belle Arti di Novi Sad, mentre creava le sue prime performance. Nel 1974 viene conosciuta anche in Italia, dove presenta la sua performance, Rhythm 4, esposta a Milano, nella Galleria Diagramma di Luciano Inga Pin. Nel 1976 lascia la Jugoslavia per trasferirsi ad Amsterdam. Nello stesso anno inizia la collaborazione e la relazione (che durerà fino al 1988) con Ulay, artista tedesco. Nel 1997 vince il Leone d’oro alla Biennale di Venezia con l’esecuzione Balkan Baroque.

    Attraversare i muri: Un’autobiografia di Marina Abramovic

    Editore: ‎ Bompiani
    Data di pubblicazione: 31 gennaio 2018
    Formati: ebook e cartaceo
    Lingua: ‎ Italiano
    Copertina flessibile: ‎ 428 pagine
    ISBN: ‎ 8845295753

    Nel 2010, in occasione della retrospettiva che il MoMA dedicò a Marina Abramovic, più di 750mila persone aspettarono in fila fuori dal museo per avere la possibilità di sedersi di fronte all’artista e di comunicare con lei senza dire una parola, in una performance senza precedenti durata più di settecento ore. Una celebrazione di quasi cinquant’anni di performance art rivoluzionaria. Figlia di genitori comunisti, eroi di guerra sotto il regime di Tito nella Jugoslavia postbellica, Marina Abramovic fu cresciuta secondo una ferrea etica del lavoro.
    Agli esordi della sua carriera artistica internazionale viveva ancora con la madre e sotto il suo totale controllo, obbedendo a un rigido coprifuoco che la costringeva a rincasare entro le dieci di sera. Ma nulla poté placare la sua insaziabile curiosità, il suo desiderio di entrare in contatto con la gente e il suo senso dell’umorismo. Tutto ciò che ancora oggi la contraddistingue e da’ forma alla sua vita.
    Al cuore di Attraversare i muri c’è la storia d’amore con il collega perfomance artist Ulay: una relazione sentimentale e professionale durata dodici anni, molti dei quali passati a bordo di un furgone viaggiando attraverso l’Europa, senza un soldo. Un legame che arrivò al drammatico epilogo sulla Grande Muraglia cinese.
    La storia di Marina Abramovic, commovente, epica e ironica, parla di un’incomparabile carriera artistica che spinge il corpo oltre i limiti della paura, del dolore, dello sfinimento e del pericolo, in una ricerca assoluta della trasformazione emotiva e spirituale. Esso stesso straordinaria performance, Attraversare i muri è la rappresentazione vivida e potente della vita di un’artista eccezionale.

     

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    di Monica Ferri

     

    ”Il compleanno”, un olio su tela 81 x 100 cm, ora esposto al MoMA di New York è il titolo dell’opera che Marc Chagall dipinse nel 1915, rappresentando il suo amore per Bella Rosenfeld, che amò per più di trent’anni.

    Un bacio sulle labbra, un uomo con gli occhi chiusi si solleva per raggiungere la sua amata che quasi sorpresa lo guarda ricambiando il bacio. Una stanza sullo sfondo, dove il tempo sembra essersi fermato. Una finestra con le tendine bianche, si intravede la via di una città, mentre su un tavolo sono abbandonati un borsellino, un vassoio con una torta e un coltello. Al centro i due giovani: lei tiene tra le mani un mazzo di fiori, entrambi sospesi in aria, come appena librati in volo, uniti unicamente dal bacio.

    Siamo nell’estate del 1915 e quei due innamorati altri non sono altro che Marc e Bella Chagall. Chagall è appena ritornato da un lungo soggiorno a Parigi. Là ha conosciuto i pittori cubisti, da cui ha appreso la libertà di scomporre le immagini e di forzare i confini della prospettiva tradizionale. Ma, soprattutto, è entrato in contatto con il movimento dei Fauves, Matisse in particolare, che gli ha insegnato a raffigurare le emozioni attraverso il colore.

    E quell’estate le emozioni per lui sono tante. È contento di essere rientrato a casa e di riassaporare i colori e gli odori della sua città, Vitebsk (oggi in Bielorussia). Per lui, l’amore e la felicità fanno parte integrante di quel mondo. In quell’estate del 1915 sta finalmente per sposare la sua Bella e dare un lieto fine alla loro storia d’amore. Si sono conosciuti a San Pietroburgo, sei anni prima, lui ventitreenne, lei appena quindicenne: poi si sono rivisti più volte a Vitebsk presso il ponte, entrambi di origine ebree, ma, per il resto, tra di loro c’è un abisso. Non potrebbero essere più diversi, eppure, fin dal primo incontro, tra i due scocca la scintilla: lui racconterà nella sua autobiografia di una giovane dalla pelle d’avorio e dai grandi occhi neri che lo ha affascinato da subito.

    Lei parlerà di un colpo di fulmine per quello strano ragazzo dai riccioli spettinati e lo “sguardo di una volpe negli occhi azzurro-cielo”. Sarà un grande amore di quelli che durano per tutta la vita.

     

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