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  • Le celebrazioni del cinquecentesimo anniversario dalla morte di Leonardo da Vinci proseguono ai Musei Reali di Torino con un nuovo percorso tematico di approfondimento.

    Da martedì 10 dicembre a domenica 8 marzo 2020, la Biblioteca Reale propone la mostra Il tempo di Leonardo 1452-1519. Attraverso i preziosi materiali custoditi in Biblioteca, l’esposizione ripercorre oltre sessant’anni di storia italiana ed europea, un periodo di grande fermento culturale in cui si incrociarono accadimenti, destini e storie di grandi protagonisti del Rinascimento, da Michelangelo a Cristoforo Colombo, dal Savonarola a Cesare Borgia, dalla caduta dell’Impero Romano d’Oriente all’avvento del Protestantesimo e all’invenzione della stampa, eventi che mutarono per sempre il corso della storia.

    Il percorso si snoda nelle due sale al piano interrato della Biblioteca Reale: il primo caveau, la Sala Leonardo, accoglie una selezione di opere di artisti italiani contemporanei a Leonardo da Vinci, accanto al Codice sul volo degli uccelli. Nove disegni autografi del maestro vinciano accompagnano il celebre Autoritratto: è l’occasione per ammirare uno dei più noti capolavori della storia dell’arte dopo la recente esposizione Leonardo da Vinci. Disegnare il futuro, progettata dai Musei Reali dal 15 aprile al 21 luglio scorso.

    La seconda sala presenta manoscritti miniati, incunaboli, cinquecentine, preziose carte geografiche antiche, disegni e incisioni, affiancati da un ricco corredo didascalico, per illustrare i personaggi e i principali eventi storici occorsi durante la vita di Leonardo.

    LA MOSTRA

    Leonardo nasce a Vinci, piccolo borgo alle porte di Firenze, il 15 aprile 1452. L’anno successivo Costantinopoli è conquistata dai turchi ottomani guidati da Maometto II e l’Impero Romano d’Oriente cessa di esistere. La sua caduta segna non solo la fine dell’Impero Romano, ma soprattutto la fine di un’epoca: molti storici datano al 1453 l’avvento dell’era moderna. Di questo evento straordinario, la Biblioteca Reale conserva preziose testimonianze quali manoscritti, alcuni di provenienza orientale, ed edizioni a stampa antiche.

    Negli stessi anni, tra il 1453 e il 1455, il tipografo e orafo tedesco Johannes Gutenberg, nella sua officina di Magonza, lavora con l’incisore Peter Schöffer alla produzione del primo libro stampato a caratteri mobili: La Bibbia delle 42 linee. L’intuizione del tipografo tedesco genera una vera e propria rivoluzione culturale: la produzione dei libri diventa una attività̀ seriale, riducendo tempi e costi rispetto alla realizzazione della copia manoscritta. La Bibbia delle 42 linee è uno dei libri più preziosi al mondo e gli esemplari completi di cui si abbia notizia sono quarantanove, nessuno dei quali conservato in Italia. La Biblioteca Reale possiede una carta del prezioso incunabolo che, in quest’occasione, viene esposta con altri esemplari di volumi per illustrare le principali tappe della diffusione del libro a stampa e le trasformazioni culturali e sociali generate.

    Tre anni dopo la caduta di Costantinopoli, nel 1456, il passaggio della cometa che prenderà il nome dall’astronomo Edmund Halley fa nascere nuove paure in Europa: la sua coda a forma di sciabola, infatti, sembra annunciare altri trionfi islamici. Papa Callisto III ordina ai cristiani preghiere, digiuni e penitenze. Il forte impatto dell’evento nella coscienza collettiva è testimoniato in numerose pubblicazioni e nell’iconografia di libri a stampa e manoscritti.

    La Firenze medicea nella quale Leonardo si è formato, esaminata dall’anno della congiura dei Pazzi, il 1478, è una magnifica fucina culturale dove si intrecciano le vite dei più grandi protagonisti del Rinascimento italiano quali Lorenzo de’ Medici, Agnolo Poliziano, Marsilio Ficino, Pico della Mirandola, Sandro Botticelli.

    Nell’ottobre del 1480, Botticelli, Cosimo Rosselli, Domenico Ghirlandaio e Pietro Perugino lasciano Firenze per dirigersi a Roma, chiamati ad affrescare le pareti della Cappella Sistina: in mostra è esposto un disegno preparatorio del Perugino per la scena del Battesimo di Cristo. Deluso per non esser stato scelto tra i frescanti della Cappella di Sisto IV, per cercare affermazione lontano da Firenze, nella primavera del 1482 il giovane Leonardo si reca nella Milano di Ludovico il Moro, narrata nelle splendide miniature del manoscritto Leggendario Sforza–Savoia. In mostra sono presenti diverse testimonianze della vita di corte nella seconda metà del Quattrocento e, tra queste, un affascinante trattato manoscritto sul gioco degli scacchi e il Codice Sforza del giovane Ludovico il Moro.

    Nel 1487 il navigatore portoghese Bartolomeo Diaz, proseguendo le esplorazioni lusitane lungo le coste occidentali dell’Africa, raggiuge e doppia per la prima volta il promontorio all’estremità meridionale dell’Africa, detto Capo Tormentoso, rinominato Capo di Buona Speranza dal re Giovanni II di Portogallo, in riferimento alle interessanti prospettive commerciali ravvisabili dopo la sua scoperta. Vasco da Gama, inviato da Giovanni II nel 1497, porta a termine il tragitto verso le Indie affrontando un viaggio che ridisegna le mappe del mondo medievale, con conseguenze paragonabili all’impresa di Cristoforo Colombo, che raggiunse invece le coste americane nel 1492.

    L’esperienza di ingegnere civile e militare, acquisita da Leonardo alla corte milanese, torna utile nel 1502 quando Cesare Borgia lo convoca per sostenerlo nelle sue lunghe e sanguinose campagne militari. In quest’occasione, Leonardo consolida l’amicizia con Nicolò Machiavelli, che probabilmente aveva già avuto modo di conoscere nei suoi trascorsi fiorentini.

    Nel 1503, con l’elezione al soglio pontificio di Giulio II, mecenate di progetti dallo straordinario impatto culturale, riprende la Renovatio Urbis politica e culturale di Roma. Al papa della Rovere si deve anche l’incarico a Michelangelo Buonarroti di ridipingere la volta della Cappella Sistina. In mostra è esposto uno splendido studio di Sibilla, opera di Michelangelo, e alcuni fogli coevi raffiguranti dei particolari della volta affrescata.

    Il successore di Giulio II, Leone X de’ Medici, chiama Leonardo a Roma; qui l’artista continua i suoi studi senza tuttavia ricevere commissioni ufficiali. Grazie al papa, Leonardo incontra a Bologna Francesco I, re di Francia e mecenate delle arti, che seguirà nel 1517 trasferendosi ad Amboise.
    La mostra analizza anche le figure di Cosimo I de’ Medici, nato nel 1519, e di Carlo V, incoronato imperatore del Sacro Romano Impero nell’anno di morte di Leonardo. Immancabili i riferimenti anche ad altri grandi personaggi dell’epoca, quali Albrecht Dürer ed Erasmo da Rotterdam.

    www.museireali.beniculturali.it

    Foto di copertina Daniele Bottallo

     

     

     

     

     

  • “Photography, fortunately, to me has not only been a profession but also a contact between people – to understand human nature and record,

    if possible, the best in each individual.”

    Nickolas Muray

    Next Exhibition e ONO arte contemporanea sono lieti di presentare “Frida Kahlo through the lens of Nickolas Muray”, una mostra che offre uno sguardo intimo e privato su Frida Kahlo, l’artista più prolifica, conosciuta e amata del Messico, attraverso l’obiettivo fotografico del suo amico di lunga data e amante, Nickolas Muray.

    NICKOLAS E FRIDA

    L’incontro tra Muray e Kahlo avviene quasi per caso: nel 1923 Nickolas Muray incontrò l’artista messicano Miguel Covarrubias che era venuto a New York con una borsa di studio di sei mesi offerta dal governo messicano. Poco dopo il suo arrivo, Covarrubias iniziò a lavorare per Vanity Fair – rivista alla quale Muray contribuiva da diversi anni con i suoi ritratti di celebrità – e i due diventarono presto amici. Nel 1931 Muray si recò in Messico in vacanza con Covarrubias e sua moglie Rosa. Poiché Covarrubias era stato uno studente di Diego Rivera, era inevitabile che Frida Kahlo e Nickolas Muray si incontrassero.

    Immediatamente dopo il loro primo incontro Kahlo inviò a Muray un biglietto che recitava:

    Nick,

    I love you like I would love an angel.

    You are a Lillie of the valley my love.

    I will never forget you, never, never.

    You are my whole live

    I hope you will never forget this.

    Frida

    Sotto, a chiosa del messaggio, lo stampo di un bacio.

    I due iniziarono una storia d’amore che continuò e si spense per i successivi dieci anni e un’amicizia che durò fino alla sua morte, nel 1954.

    Le fotografie che Muray realizzò nel corso di questa relazione, che coprono un periodo che va dal 1937 al 1946, ci offrono una prospettiva unica, quella dell’amico, dell’amante e del confidente, ma al tempo stesso mostrano le qualità di Muray come ritrattista e come maestro della fotografia a colori, campo pionieristico in quegli anni. Queste immagini mettono anche in luce il profondo interesse di Kahlo per la sua eredità messicana, la sua vita e le persone per lei importati con cui la condivideva.

    © Nickolas Muray Photo Archives

    LE FOTO ICONA DI FRIDA

    Nato in Ungheria ma naturalizzato americano, Nickolas Muray è diventato un fotografo di moda e pubblicità famoso per i suoi ritratti di celebrità, politici e artisti. Era un artista prolifico: i suoi archivi infatti contengono oltre 25.000 negativi, ma indubbiamente il soggetto che ha ritratto di più in assoluto fu proprio Frida. Muray è stato sperimentatore nel campo della fotografia a colori sin dai primi anni della sua carriera, ma ha trovato il suo modello più colorato nella Kahlo.

    Le immagini nate dal rapporto professionale e personale tra i due si sono fatte strada nella cultura popolare, attraverso i più diversi media, e hanno influenzato profondamente la visione che il pubblico ha di Frida. Sono diventate un’icona, la prima immagine che ci viene in mente quando si pensa alla pittrice messicana. Sono parte integrante della comprensione di chi fosse Frida Kahlo come individuo dietro l’opera d’arte.

    UNA PRIMA VISIONE EUROPEA

    La mostra, promossa da Next Exhibition e ONO arte, è organizzata dall’archivio Nickolas Muray attraverso GuestCurator Traveling Exhibition, LCC.

    Si compone di 60 fotografie ed è presentata per la prima volta in Europa alla Palazzina di Caccia di Stupinigi dal 1 febbraio fino al 3 maggio 2020.

    IL PERCORSO ESPOSITIVO

    La mostra racconta, seguendo la cronologia delle fotografie di Nickolas Muray, il percorso professionale e personale di Frida Kahlo, a partire dagli scatti del 1937 a Tizapan in Messico, per chiudere con quelli del 1948 a Pedregal e Coyoacan. In questo lasso di tempo nascono alcune delle foto più importanti mai fatte a Frida Kahlo, come quelle realizzate nel 1939 nello studio di Muray e nel 1946 a New York, esposte in mostra come a ricostruire un album fotografico di famiglia.

    La mostra fotografica di Nickolas Muray sarà ulteriormente arricchita. Il visitatore avrà infatti la possibilità di immergersi nei sentimenti e nelle emozioni che hanno caratterizzato l’artista: suggestiva e toccante la parte introduttiva multimediale che simula l’incidente che ha segnato la sua vita.

    In mostra saranno presenti anche riproduzioni di ambienti, abiti messicani, gioielli e lettere d’amore tra Nickolas Muray e Frida Kahlo.

     

    GIORNI ED ORARI DI APERTURA

    La mostra sarà aperta:

    • dal martedì al venerdì dalle 10 alle 17.30
    • sabato e domenica dalle 10 alle 18.30

    Ultimo ingresso consentito in mostra un’ora prima dell’orario di chiusura.

    Aperture straordinarie:

    • 14 febbraio dalle 10 alle 18.30
    • 8 marzo dalle 10 alle 22
    • 13 aprile (Pasquetta) dalle 10 alle 18.30

     

    PREZZO BIGLIETTI

    Intero: 14 euro

    Ridotto generico (valido per over 65, under 12*, partners convenzionati, studenti universitari): 12 euro

    Ridotto gruppi (per un minimo di 20 persone): 10 euro

    Ridotto possessori di Tessera Musei: 10 euro

    Ridotto cral: 10 euro

    Ridotto scuole (per un minimo di 15 alunni): 8 euro

    *I bambini al di sotto dei 6 anni entrano gratuitamente.

    Open (per visitare la mostra in un giorno di apertura, senza decidere la data precisa al momento dell’acquisto; ideale nel caso si regali il biglietto per la mostra): 16 euro

    Supplemento audioguida in mostra (facoltativo): 2 euro

    I biglietti sono acquistabili in prevendita presso il circuito TicketOne (on-line su www.ticketone.it ed in tutti i punti vendita affiliati) da lunedì 9 dicembre.

    Il costo di prevendita, da aggiungere ai prezzi sopracitati, è di base di 1,50 euro, ma cambia a seconda della modalità di acquisto scelta (ritiro presso il luogo dell’evento o spedizione a casa con corriere).

    Durante i giorni e gli orari di apertura della mostra sarà possibile acquistare i biglietti anche direttamene al botteghino, senza costo aggiuntivo di prevendita, presso la Palazzina di Caccia di Stupinigi, in Piazza Principe Amedeo 7 a Nichelino (TO).

    NOTA BENE: chi presenterà il biglietto di visita della Palazzina di Caccia di Stupinigi potrà entrare in mostra a prezzo scontato a 10 euro.

    Info prenotazioni: per ulteriori informazioni/prenotazioni gruppi è possibile contattare la biglietteria di Next Exhibition srl al numero 380/1028313; e scrivere all’indirizzo e-mail: info@nextexhibition.it  oppure a biglietteria@fridatorino.it

     

    Frida Kahlo a Torino Sito Web

     

  • Una delle più antiche divinità cinesi è Xiwangmu, la Regina Madre d’Occidente, che vive su monti Kunlun, presso un giardino immerso fra le nuvole in cui cresce il pesco dell’immortalità, un albero che dà frutti ogni 3.000 anni.

    Questa pianta prodigiosa rappresenta il punto d’unione fra cielo e terra e Xiwangmu, che la possiede, è considerata sovrana degli immortali, protettrice della vita e dispensatrice di longevità.

    Per il loro carattere beneaugurale, le rappresentazioni della Dea venivano anche appese alle pareti nelle grandi dimore dei mandarini, alla maniera degli arazzi occidentali.

    In occasione del suo 11° compleanno, il MAO ha il piacere di esporre per la prima volta al pubblico un grande drappo raffigurante la Regina Madre d’Occidente nel giardino degli immortali, completamente restaurato.

    Il drappo in seta, donato da un privato e restaurato grazie al generoso contributo dell’Associazione Amici della Fondazione Torino Musei, ha misure notevoli (445 cm d’altezza per 320 di larghezza) ed è finemente decorato con filati di sete policrome e dorati: ad una prima analisi stilistica si ritiene che possa risalire al periodo finale del regno del famoso imperatore Qianlong (1735-1796) e, considerando la sua altissima qualità, non si esclude che potesse far parte degli arredi di corte.

    L’eccezionalità del manufatto consiste nella sua rarità e nel suo stato di conservazione: al contrario della maggior parte dei drappi ricamati di grandi dimensioni, solitamente smembrati per essere venduti in parti separate, quest’opera ha infatti mantenuto la sua integrità, che consente di apprezzare la minuzia dei dettagli e l’abilità tecnica nella realizzazione.

    Il tema principale della raffigurazione è la discesa della Regina Madre d’Occidente, Xiwangmu, a cavallo di una fenice nel giardino del pesco dell’immortalità e tutta l’iconografia dell’opera – compresa quella dei riquadri laterali – è permeata di simboli del taoismo popolare legati alla lunga vita e alla prosperità.

    Il drappo sarà esposto nel Salone Mazzonis fino al 22 marzo 2020.

  • “Sono un figlio del Nord, e tutto ciò che sono è una parte del suo popolo e

    della sua natura selvaggia. Ovunque mi trovi, il Nord sarà sempre la mia patria

    (nel senso più ampio). Amo la natura aspra e  malinconica del Nord,

    e quei vividi lampi di luce che gli artisti nordici sanno esprimere”

    (Konrad Mägi, dicembre 1907)

     

    Arriva ai Musei Reali di Torino nelle Sale Chiablese dal 30 novembre 2019 all’8 marzo 2020 la mostra Konrad Mägi. La luce del Nord, dedicata all’artista estone dalla straordinaria forza espressiva, fatta soprattutto di colore e di luce. Mägi è considerato il capostipite della pittura estone moderna ed è spesso assimilato ad artisti come Vincent Van Gogh e Alfred Sisley, con cui ha in comune l’uso audace della materia pittorica e degli effetti luminosi.

     

    La mostra, curata dallo storico dell’arte Eero Epner in collaborazione con la direzione dei Musei Reali, cade in prossimità dei 100 anni dalla visita di Konrad Mägi in Italia e, con oltre cinquanta opere (paesaggi, ritratti e disegni), è una delle personali più grandi mai realizzate in Europa. Le opere provengono dal Museo Nazionale d’Arte dell’Estonia e dal Museo d’Arte di Tartu, oltre che dalle collezioni private di Enn Kunila e Peeter Värnik e da quelle della Società degli studenti estoni.

    L’opera di Konrad Mägi è il lavoro di una personalità irrequieta e intensa, che attraverso la sua pittura di paesaggio, tesa e talvolta onirica, costruita con una materia densa ed espressiva, racconta al continente europeo il fascino della natura del Nord, dei suoi grandi cieli solcati da nuvole instabili e accese dai bagliori del tramonto, i laghi, le campagne distese e le scogliere a picco sul mare.

    Impossibile da collocare in un preciso movimento, Mägi sfiora tutte le correnti senza mai farne propria nessuna. Ama la natura e la dipinge come se stesse facendo un ritratto; al contrario, i suoi pochi ritratti di persone sono realizzati come se stesse dipingendo la natura, che percepisce come uno spazio metafisico e sacro. Anarchico, eccentrico, sognatore e utopista, Mägi è un artista unico nel panorama europeo del primo ventennio del Novecento, per il suo approccio alla pittura e, più in generale, alla vita. Come scrisse egli stesso nel 1906: “Prima o poi bisogna andare a vedere il mondo, anche a costo della vita, perché non fa differenza come uno muore e dove muore”.

    La mostra Konrad Mägi. La luce del Nord per la direttrice dei Musei Reali Enrica Pagella è al contempo una scoperta e una sfida: “Sono certa che le opere di Konrad Mägi saranno per il pubblico dei Musei Reali una scoperta e una sfida. La scoperta di un artista ancora poco noto e, insieme, del suo mondo, fatto di esperienze e di contatti che, partendo dall’Estonia, uniscono San Pietroburgo a Parigi e a Roma. Una sfida, perché la poetica di Mägi, pur così diretta, incrocia segni di culture artistiche – Art Nouveau, fauves, impressionismo, espressionismo – che devono essere interpretati alla luce di un’ispirazione peculiare e personale, come suggestioni che provengono da terre lontane dentro un solco di sapore quasi etnografico. Una pittura che scrive, con i suoi mezzi di forma, di colore e di luce, un pezzo di storia europea”.

    Per la direttrice del Museo Nazionale d’Arte dell’Estonia Sirje Helme la mostra rappresenta un riconoscimento e un risarcimento nel contesto dell’arte europea: “Il grande e ben documentato interesse di una prestigiosa istituzione del mondo dell’arte nei confronti della storia dell’arte estone del primo Novecento serve da ulteriore conferma che i concetti di ‘periferia’ e ‘centro’ stanno progressivamente perdendo il proprio significato nella storia della cultura europea. Il programma di altissimo livello dei Musei Reali e la loro grande professionalità organizzativa posizionano l’opera di Mägi in contesti da cui essa è stata esclusa per cent’anni. In questo modo si arricchisce la storia dell’arte sia estone che europea”.

    Un film-documentario su Konrad Mägi, appositamente realizzato per la mostra dalla regista estone Marianne Kõrver, sarà proiettato nell’ultima sala espositiva. Il documentario si concentra sulla personalità contradditoria e in parte inesplicabile di Mägi, che si riflette in forme diverse anche nelle sue opere. La storia appassionata e autodistruttiva delle ricerche metafisiche dell’artista, unita a un certo mistero che circonda sia la sua vita che la sua arte offrono allo spettatore la possibilità di fare esperienza della sua opera in modo molto personale e partecipato. Vari scrittori, storici dell’arte e studiosi estoni (Tiina Abel, Tõnu Õnnepalu, Eha Komissarov, Veiko Õunpuu, Hasso Krull, Lauri Sommer, Marek Tamm, Jaan Elken ja Kristi Kongi) descrivono la personale relazione di Konrad Mägi con l’arte e spiegano il contesto in cui essa si è sviluppata.

    L’allestimento della mostra è curato da Tõnis Saadoja e il design grafico da Kätlin Tischler. L’organizzazione della mostra è coordinata dal Museo Nazionale d’Arte dell’Estonia e supportata dalla Fondazione Konrad Mägi.

    Al termine dell’esposizione torinese, la mostra continuerà il suo viaggio facendo tappa nell’autunno 2021 al museo EMMA di Espoo, in Finlandia.

    LA VITA DI KONRAD MÄGI

    Mägi nasce in un ambiente rurale dell’Estonia meridionale nel 1878 e nel 1889 si sposta con la famiglia a Tartu, dove comincia a lavorare come apprendista falegname. Poco più che ventenne inizia la sua formazione artistica nella scuola di arti industriali di San Pietroburgo ma, già inquieto, abbandona la città nel 1906 per trasferirsi in Finlandia, nelle isole Åland, dove realizza i suoi primi dipinti. Nel 1907 approda a Parigi, dove vive per un anno, lottando con i disagi causati dalla povertà e dalle difficoltà di inserimento nell’ambiente artistico della metropoli. Nel 1908 è in Norvegia, dove dipinge intensamente, creando la base per le prime esposizioni di Tartu e di Tallin (1910), che gli daranno grande notorietà consentendogli un altro viaggio a Parigi. Ma già nel 1912 fa definitivamente ritorno in Estonia, dove lavora come insegnante d’Arte. L’ultima sua fase creativa coincide, nel 1921, con il viaggio in Italia, dove realizza luminose vedute di Roma, di Capri e di Venezia. Tornato in patria e gravemente malato, si spegne nel 1925, all’età di quarantasette anni.

    Per maggiori info

    Foto di copertina:

    Paesaggio con nuvola rossa. 1913‒1914. Olio su tela. Museo nazionale d’arte, Estonia

    Landscape with a Red Cloud. 1913‒1914. Oil on canvas. Art Museum of Estonia

     

     

  • La Fondazione Accorsi-Ometto rende omaggio a un altro importante pittore dell’Ottocento: Vittorio Corcos, maestro indiscusso del ritratto femminile.
    La mostra, attraverso una scelta mirata di opere, ripercorre sei ‘capitoli’ di un’avventura dello sguardo che Corcos traduce in quadri ora intimi ora consacrati ai mille dettagli del lusso così da restituirci, quasi percepibile e fragrante, l’aria del tempo.

    Il percorso espositivo è così suddiviso: Sguardi, dedicato alle intense espressioni delle donne della Belle Époque; In posa nell’atelier dove i protagonisti sono personalità del tempo come lo scrittore Jack La Bolina (Augusto Vittorio Vecchi), il macchiaiolo Francesco Gioli o la moglie del pittore Adolfo Belimbau; Aria di Parigi con lo splendido Le istitutrici ai Campi Elisi del 1892; Nel salotto della “gentile ignota” dove incontriamo il poeta Giosuè Carducci, il compositore e direttore d’orchestra Pietro Mascagni e il pittore Silvestro Lega; Luce mediterranea con La lettura sul mare del 1910 circa e Veduta di Pracchia del 1905; infine Eterno femminino con le opere iconiche di Corcos, tra cui Sogni del 1896 e i ritratti della cantante lirica Lina Cavalieri del 1903 o di Maria Josè S.A.R. principessa di Piemonte del 1931.

    Per maggiori informazioni 

  • In un’epoca di chef stellati e di classifiche gastronomiche, Il Ristorante “Sottosopra” si distingue per la sua scelta di abbinare l’arte alla gastronomia.

    Situato a Chieri, in Via S. Giorgio, in un’atmosfera intima e accogliente,  potete vedere appesi alle pareti del locale, insieme ad altre di altri artisti,  4  opere fotografiche in bianco e nero dell’artista Stefania Romano.

    Milanese, diplomata al liceo artistico U. Boccioni, laureata all’Università Cattolica di Milano e consegue un Master presso l’Institut Catholique di Parigi.

    La critica premia il suo lavoro sin dal 2005. Attualmente vive e lavora a Parigi dove si occupa della stesura di progetti d’arte e collabora con alcuni musei e prosegue le sue ricerche nell’ambito della fotografia analogica in bianco e nero.

    Le foto di Stefania Romano sembrano arrivare da un’altra cultura, da un’altra atmosfera, osservarle fa tornare indietro fino agli anni ’20.

    Le opere sono state gentilmente messe a disposizione dalla Galleria Fine-Art Images Gallery di Chieri che si occupa esclusivamente di fotografia, attraverso la mostra e la vendita di opere dei maestri del XX secolo con una vasta gamma di fotografi contemporanei.

    L’invito è di concedervi una cena da Sottosopra, scegliere un menu della tradizione, Chieri è territorio ricco di eccellenze enogastronomiche e cogliere l’occasione di vedere alcune delle opere di questa giovane e promettente artista in esposizione fino al 9 dicembre.

     

     

  • Sarà una delle grandi mostre della stagione museale di Torino: il 12 dicembre apre a Torino, nelle sale monumentali di Palazzo Madama, una grande esposizione che vede protagonista Andrea Mantegna (Isola di Carturo 1431 – Mantova 1506), uno dei più importanti artisti del Rinascimento italiano, in grado di coniugare nelle proprie opere la passione per l’antichità classica, ardite sperimentazioni prospettiche e uno straordinario realismo nella resa della figura umana. Intorno alle sue opere si articolano le testimonianze di una stagione artistica – il Rinascimento in pianura padana, prima a Padova e poi a Mantova – capace di rivivere l’antico e di costruire il moderno.

    La rassegna presenta il percorso artistico del grande pittore, dai prodigiosi esordi giovanili al riconosciuto ruolo di artista di corte dei Gonzaga, articolato in sei sezioni che evidenziano momenti particolari della sua carriera e significativi aspetti dei suoi interessi e della sua personalità artistica, illustrando al tempo stesso alcuni temi meno indagati come il rapporto di Mantegna con l’architettura e con i letterati.

    Viene così proposta ai visitatori un’ampia lettura della figura dell’artista, che definì il suo originalissimo linguaggio formativo sulla base della profonda e diretta conoscenza delle opere padovane di Donatello, della familiarità con i lavori di Jacopo Bellini e dei suoi figli (in particolare del geniale Giovanni), delle novità fiorentine e fiamminghe, nonché dello studio della scultura antica.

    Un’attenzione specifica è dedicata al suo ruolo di artista di corte a Mantova e alle modalità con cui egli definì la fitta rete di relazioni e amicizie con scrittori e studiosi, che lo resero un riconosciuto e importante interlocutore nel panorama culturale, capace di dare forma ai valori morali ed estetici degli umanisti.

    Il percorso della mostra è preceduto e integrato, nella Corte Medievale di Palazzo Madama, da uno spettacolare apparato di proiezioni multimediali: ai visitatori viene proposta una esperienza immersiva nella vita, nei luoghi e nelle opere di Mantegna, così da rendere accessibili anche i capolavori che, per la loro natura o per il delicato stato di conservazione, non possono essere presenti in mostra, dalla Cappella Ovetari di Padova alla celeberrima Camera degli Sposi, dalla sua casa a Mantova al grande ciclo all’antica dei Trionfi di Cesare.

    Il Piano Nobile di Palazzo Madama accoglie, quindi, l’esposizione delle opere, a partire dal grande affresco staccato proveniente dalla Cappella Ovetari, parzialmente sopravvissuto al drammatico bombardamento della seconda guerra mondiale ed esposto per la prima volta dopo un lungo e complesso restauro e dalla lunetta con Sant’Antonio e San Bernardino da Siena proveniente dal Museo Antoniano di Padova.

    Il percorso espositivo non è solo monografico, ma presenta capolavori dei maggiori protagonisti del Rinascimento nell’Italia settentrionale che furono in rapporto col Mantegna, tra cui opere di Donatello, Antonello da Messina, Pisanello, Paolo Uccello, Giovanni Bellini, Cosmè Tura, Ercole de’ Roberti, Pier Jacopo Alari Bonacolsi detto l’Antico e infine il Correggio. Accanto a dipinti, disegni e stampe del Mantegna, saranno esposte opere fondamentali dei suoi contemporanei, così come sculture antiche e moderne, dettagli architettonici, bronzetti, medaglie, lettere autografe e preziosi volumi antichi a stampa e miniati.

    Per rendere chiaro e lineare questo tema complesso, un prestigioso comitato scientifico internazionale ha selezionato un corpus di oltre un centinaio di opere, riunito grazie a prestigiosi prestiti internazionali da alcune delle più grandi collezioni del mondo, tra cui il Victoria and Albert Museum di Londra, il Musée du Louvre e il Musée Jacquemart André di Parigi, il Metropolitan Museum di New York, il Cincinnati Art Museum, il Liechtenstein Museum di Vienna,  lo Staatliche Museum di Berlino, oltre a prestiti di numerose collezioni italiane, tra cui le Gallerie degli Uffizi, la Pinacoteca Civica del Castello Sforzesco, il Museo Poldi Pezzoli di Milano, l’Accademia Carrara di Bergamo, il Museo Antoniano e i Musei civici di Padova, la Fondazione Cini e le Gallerie dell’Accademia di Venezia, il Museo di Capodimonte di Napoli, i Musei Civici di Pavia, la Galleria Sabauda e il Museo di Antichità di Torino, i Musei Civici, il Seminario Arcivescovile e la Basilica di Sant’Andrea a Mantova.

    Il comitato scientifico della mostra è composto dai curatori Sandrina Bandera e Howard Burns, con Vincenzo Farinella come consultant curator per l’antico, insieme a Laura Aldovini, Lina Bolzoni, Molly Bourne, Caroline Campbell, Marco Collareta, Andrea Di Lorenzo, Caroline Elam, David Ekserdjian, Marzia Faietti, Claudia Kryza – Gersch, Mauro Mussolin, Alessandro Nova, Neville Rowley e Filippo Trevisani.

     

    La mostra, promossa dalla Fondazione Torino Musei e da Intesa Sanpaolo, è organizzata da Civita Mostre e Musei.

    Il catalogo, comprendente numerosi saggi introduttivi e di approfondimento oltre alle schede scientifiche di tutte le opere in mostra, è pubblicato da Marsilio Editori.

    Foto di Copertina: Andrea Mantegna – Ecce homo, 1500-1502 – Tempera su tela lino 54 X 42 cm -Paris, Musée Jacquemart-André – Institut de France © Studio Sébert Photographes

     

  • Partita da Torino ieri 31 ottobre A COLLECTION, la prima tappa di un grande progetto che intreccia la ricerca contemporanea di giovani ma affermati artisti del panorama italiano alla visione creativa delle nuove tecniche di tessitura.

    Il progetto prende forma in 10+1 affascinanti grandi arazzi contemporanei realizzati con straordinari filati ottenuti dalla lavorazione della plastica riciclata. Un’operazione per affermare come sia possibile, con la ricerca tecnologica e la creatività, unire l’attenzione per l’ambiente alla produzione di opere d’arte realizzando, da un prodotto considerato “rifiuto”, un oggetto contemporaneo di alto livello, di lusso in quanto opera d’arte.

    A COLLECTION è fortemente innovativo sia nella forma artistica sia nella sua realizzazione pratica.

    Il progetto, curato da Chiara Casarin con gli arazzi realizzati dal Maestro tessitore Giovanni Bonotto, vede la partecipazione di dieci artisti invitati: Giuseppe Abate, Thomas Braida, Nebojša Despotović, Manuel Felisi, Alberto La Tassa, Elena Mazzi, Ruben Montini, Giovanni Ozzola, Fabio Roncato, Giuseppe Stampone.

    La prima tappa di A COLLECTION, ideata da Giovanni Bonotto e Chiara Casarin nel 2018 e che a Torino vede la sua prima espressione pubblica, è realizzata in collaborazione con Opera Barolo, che ospita l’esposizione nel prestigioso Palazzo barocco sede dell’Ente collocato nel cuore storico di Torino.

    Da qui partirà e verrà presentato nelle più importanti e prestigiose sedi del contemporaneo internazionale in un percorso che si svilupperà nei prossimi anni.

    Il progetto è la materializzazione di un semplice assunto: i filati ottenuti dal riciclo della plastica, grazie alle loro infinite cromie e matericità, possono comporre arazzi dettagliati e raffinatissimi. La plastica, proveniente per lo più dalle bottigliette che inquinano i mari, viene lavorata mediante un processo meccanico di fusione e filatura. La trasformazione della cosiddetta materia prima-seconda è condotta in maniera ecologia, sostenibile e produttiva e procede fino allo stadio finale in cui delicati sistemi di manipolazione consentono di ottenere filati che simulano alla perfezione quelli di origine naturale, anzi, le loro caratteristiche ne sono ulteriormente valorizzate.

    Lo spessore, la texture, il volume possono risultare differenti a seconda della lavorazione e diventano elementi perfetti per ogni tipo di utilizzo anche, soprattutto, quello creativo. Questo processo, che ha richiesto anni di studio, è ora messo al servizio della produzione artistica contemporanea e si configura come un nuovo linguaggio per la realizzazione di opere d’arte inedite.

    L’esposizione di A COLLECTION a Torino durerà fino al 15 dicembre; al suo fianco un intenso public program realizzato grazie al coinvolgimento delle istituzioni culturali del territorio metterà a fuoco i temi che ruotano intorno alla mostra: arte, sostenibilità, economia circolare e innovazione.

  • VIVIAN MAIER, papa’ austriaco e mamma francese, nasce a New York nel quartiere del Bronx il 1 febbraio del 1926.

    Il papà abbandona presto la famiglia e Vivian trascorre gran parte della sua giovinezza in Francia con la madre Marie e l’amica Jeanne Bertrand, fotografa e scultrice affermata. Torna dagli Stati Uniti nel 1951 ed intraprende la carriera di bambinaia, mestiere che farà per tutta la vita.

    Vivian ha una grande passione: la fotografia! nel 1951 acquista una Rolleiflex, una macchina fotografica eccezionale. Aveva bisogno di immortalare cose, persone, luoghi, una passione bruciante che, in cinque decadi, le fa scattare oltre 100.000 foto, molte delle quali tra Chicago e New York. Sviluppava le sue foto in un piccolo bagno della loro casa, che era divenuto per lei luogo prezioso. Quegli anni furono prolifici; andava nei parchi con i suoi bambini e scattava, passeggiava per le strade e scattava, andava a fare la spesa, a svolgere delle commissioni, a pensare, a leggere… e scattava.

     

    Una volta, sull’autobus, guardando fuori dal finestrino d’un tratto vide una donna di una bellezza sofisticata, portava una collana di perle, aveva delle sopracciglia perfette per un volto perfetto, indossava un soprabito elegante, guardava in un punto, ma sembrava fosse persa. Rubo’ il suo sguardo.

     

     

    Nel 1959  Filippine, Thailandia, Yemen, India, Egitto. Culture ignote, popoli lontani, mari e foreste e templi e storie. Tanta bellezza. Quando torna a Chicago continua a fare la governante e continua a fotografare.

    Ovunque lavorasse, portava con se il suo materiale, le foto, e i negativi. Usava la fotografia, per immortalare l’incanto di tutto quanto la circondava. Non aveva interesse per le grandi imprese o i grandi uomini, voleva ricordare per sempre la normalità. Faceva esattamente quello che facciamo noi oggi, andava per strada e puntava il suo obbiettivo alla vita.

    Vivian, uno spirito libero e curioso, una donna indipendente che decide di rimanere sola e senza particolari amicizie per tutta l’esistenza; dedita ai Gensburgs, ricca famiglia di Chicago di cui alleva i tre figli, trovandosi poi in povertà quando i ragazzi crescono.

    Non potendo più pagare l’affitto di casa, è costretta a cedere i propri bagagli di ricordi: scatole contenenti tantissime cianfrusaglie collezionate negli anni, da cappelli a vestiti, da scontrini ad assegni, fino alle fotografie. Che John Maloof, giovane americano immobiliarista, compra nel 2007 ad un’asta, per soli 380 dollari, trovando centinaia di negativi e rullini ancora da sviluppare.

    Così, mentre nel 2008 Vivian batte la testa scivolando su una lastra di ghiaccio nella downtown Chicago, si aggrava rapidamente e muore nell’aprile del 2009, il mondo viene a conoscenza del suo immenso lavoro e della sua arte, di quel “teatro di vita”, recitato davanti ai suoi occhi, che ha saputo catturare in momenti diventati epici.

    Racconta in oltre cento opere, selezionate dalla curatrice Anne Morin, la vita quotidiana americana vista con gli occhi di una sublime fotografa che per tutta la vita non si è mai considerata tale. 

    Alla Palazzina di Caccia di Stupinigi è presente lo stesso modello di macchina fotografica utilizzata dalla Maier e la riproduzione di una camera oscura.

    Uno staff specializzato ed un team di esperti coordineranno i laboratori didattici mirati alla comprensione più profonda del mondo di Vivian e di quello fotografico in senso più ampio.

    I biglietti sono acquistabili in prevendita presso il circuito TicketOne (on-line su www.ticketone.it ed in tutti i punti vendita affiliati).

    Il costo di prevendita è di base di 1.50 euro, ma cambia a seconda della modalità di acquisto scelta (ritiro presso il luogo dell’evento o spedizione a casa con corriere).

    Durante i giorni e gli orari di apertura della mostra sarà possibile acquistare i biglietti anche direttamene al botteghino, senza costo di prevendita, presso la Palazzina di Caccia di Stupinigi, in Piazza Principe Amedeo 7 a Nichelino (TO).

     

     

     

  • “Era eccentrica, forte, determinata, colta ed incredibilmente riservata. Indossava un cappello largo, un vestito lungo, un cappotto di lana, scarpe
    da uomo e un passo deciso. Una macchina fotografica intorno al collo ogni volta che usciva di casa. Faceva ossessivamente delle foto, ma non le mostrava mai a nessuno…”

    VIVIAN, UN’ANIMA UNICA

    Padre austriaco e madre francese, nasce a New York nel quartiere del Bronx il 1 febbraio del 1926. Mentre il padre abbandona ben presto la famiglia, Vivian trascorre gran parte della sua giovinezza in Francia con la madre Marie e l’amica Jeanne Bertrand, fotografa e scultrice affermata. Torna dagli Stati Uniti nel 1951 ed intraprende la carriera di bambinaia, mestiere che farà per tutta la vita. Ma Vivian ha un grande passatempo: la fotografia! Una passione bruciante in 50 anni scatterà oltre 100.000 foto, molte delle quali tra Chicago e New York.

    Vivian, uno spirito libero e curioso, una donna indipendente che decide di rimanere sola e senza particolari amicizie per tutta l’esistenza; dedita ai Gensburgs, ricca famiglia di Chicago di cui alleva i tre figli, trovandosi poi in povertà quando i ragazzi crescono.

    Non potendo più pagare l’affitto di casa, è costretta a cedere i propri bagagli di ricordi: scatole contenenti tantissime cianfrusaglie collezionate negli anni, da cappelli a vestiti, da scontrini ad assegni, fino alle fotografie. Che John Maloof, giovane americano immobiliarista, compra nel 2007 ad un’asta, per soli 380 dollari, trovando centinaia di negativi e rullini ancora da sviluppare.

    Così, mentre nel 2008 Vivian batte la testa scivolando su una lastra di ghiaccio nella downtown Chicago, si aggrava rapidamente e muore nell’aprile del 2009, il mondo viene a conoscenza del suo immenso lavoro e della sua arte, di quel “teatro di vita”, recitato davanti ai suoi occhi, che ha saputo catturare in momenti diventati epici.

     

    LA MOSTRA

    La mostra organizzata dall’Associazione Culturale Dreams, con il coordinamento operativo di Next Exhibition, racconta in oltre cento opere, selezionate dalla curatrice Anne Morin, la vita quotidiana americana vista con gli occhi di una sublime fotografa che per tutta la vita non si è mai considerata tale.

    Vivian scatta compulsivamente, ma non mostrerà mai a nessuno le sue foto, conserva intimamente il suo mondo privato.

    Uno sguardo sottile e un punto di vista acuto per ritrarre la strada, le persone, gli oggetti, tutto ciò che la sorprende, cercando di rappresentare al meglio l’emozione fuggevole di un momento.

    Quando i protagonisti dei ritratti erano poveri, lascia loro una legittima distanza; quando invece appartengono all’alta società mette in atto azioni di disturbo facendo in modo che nello scatto risultino infastiditi.  Ritrae dalle persone comuni alle stelle del cinema.                  

     La mostra è divisa in cinque aree:

    • Self-portrait
    • Ritratti
    • Dettagli
    • Città
    • Filmati Super 8

    Un’area didattica completerà il percorso espositivo dando la possibilità di approfondire molte tematiche relative al mondo della fotografia, della composizione dell’immagine e soprattutto della componente artistica dell’atto fotografico creativo.

    Alla Palazzina di Caccia di Stupinigi sarà presente lo stesso modello di macchina fotografica utilizzata dalla Maier e la riproduzione di una camera oscura.

    Uno staff specializzato ed un team di esperti coordineranno i laboratori didattici mirati alla comprensione più profonda del mondo di Vivian e di quello fotografico in senso più ampio.

    GIORNI ED ORARI DI APERTURA

    La mostra sarà aperta:

    • dal martedì al venerdì dalle 10 alle 17
    • sabato e domenica dalle 10 alle 18

    Ultimo ingresso consentito in mostra un’ora prima dell’orario di chiusura.

    Ponti e festività:

    • 1 novembre, 8 dicembre, 26 dicembre e 1 gennaio: dalle 10 alle 18.30
    • 9 dicembre, 16 dicembre e 30 dicembre: dalle 10 alle 17.30
    • 31 dicembre: dalle 10 alle 14
    • 25 dicembre: chiuso

    PREZZO BIGLIETTI:

    Intero:12 euro + prevendita

    Ridotto generico (valido per over 65, under 12, cral convenzionati, media partner, disabili*): 10 euro + prevendita

    Ridotto gruppi(per un minimo di 25 persone): 8 euro + prevendita

    Ridotto scuole (per un minimo di 15 alunni): 6 euro + prevendita

    I bambini al di sotto dei 6 anni e i possessori di Abbonamento Musei non pagano.

    I biglietti sono acquistabili in prevendita presso il circuito TicketOne(on-line su www.ticketone.ited in tutti i punti vendita affiliati).

    Il costo di prevendita è di base di 1.50 euro, ma cambia a seconda della modalità di acquisto scelta (ritiro presso il luogo dell’evento o spedizione a casa con corriere).

    Durante i giorni e gli orari di apertura della mostra sarà possibile acquistare i biglietti anche direttamene al botteghino, senza costo di prevendita, presso la Palazzina di Caccia di Stupinigi, in Piazza Principe Amedeo 7 a Nichelino (TO).

    Info e Prenotazioni: per ulteriori informazioni è possibile contattare la biglietteria di Next Exhibition srl al numero 011/19214730 o al numero 375/5364140.

    Per le prenotazioni scuole il numero Ticketone dedicato ai gruppi è 011/0881178

    Foto di copertina:  Vivian Maier, Autoritratto, giugno 1953

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