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  • Museo Galileo, Piazza dei Giudici 1, Firenze – 6 giugno – 22 settembre 2019

    Come lavorava Leonardo?

    La risposta migliore ce la danno i suoi manoscritti. Leonardo non era un “omo sanza lettere”. Non gli bastava l’insegnamento diretto della maestra Natura: aveva anche bisogno del dialogo con gli autori, antichi e moderni. Nel tempo, era diventato un appassionato lettore, cacciatore e collezionista di libri. E i libri, per lui, non erano solo oggetti: erano affascinanti ‘macchine’ mentali, da costruire e smontare, con i loro ingranaggi (parole, pensieri, immagini). Alla fine della sua vita, arriverà a possedere quasi duecento volumi: un numero straordinario per un ingegnere-artista del ‘400.

    La biblioteca di Leonardoè uno degli aspetti meno conosciuti del suo laboratorio, perché si tratta di una biblioteca ‘perduta’: un solo libro è stato finora identificato, il trattato di architettura e ingegneria di Francesco di Giorgio Martini conservato nella Biblioteca Medicea Laurenziana di Firenze, con postille autografe di Leonardo.

    Per la prima volta, la mostra presso il Museo Galileo di Firenze tenterà la ricostruzione di questa biblioteca, in un percorso cronologico che racconta l’incontro di Leonardo con il mondo dei libri e della parola scritta: i documenti della famiglia Da Vinci, i primi grandi libri del giovane Leonardo (Dante, Ovidio), i grandi maestri (Alberti, Toscanelli, Pacioli). Saranno esposti manoscritti e incunaboli identificati con i testi utilizzati da Leonardo, affiancati da applicazioni multimediali che consentiranno di sfogliarli e confrontarli con i codici autografi. Verrà inoltre ricostruito lo studio di Leonardo con gli strumenti di scrittura e da disegno da lui utilizzati. L’intera biblioteca di Leonardo, grazie al lavoro di un’équipe internazionale di specialisti, sarà pubblicata online nella biblioteca digitale del Museo Galileo e costituirà una risorsa inestimabile per lo sviluppo degli studi vinciani.

    La mostra, a cura di Carlo Vecce, è realizzata dal Museo Galileo in collaborazione con Commissione per l’Edizione Nazionale dei Manoscritti e dei Disegni di Leonardo da Vinci, Accademia Nazionale dei Lincei e Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, nel quadro del progetto di ricerca FISR “Scienza, storia, società in Italia. Da Leonardo a Galileo alle ‘case’ dell’innovazione”, promosso e sostenuto dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca.

  • Ogni martedi dal 4 giugno al 24 settembre

    Gli Uffizi visitabili di sera, per una passeggiata tra i grandi capolavori della storia dell’arte, mentre la luce del tramonto entra dalle grandi finestre dei corridoi della galleria vasariana; oppure per un aperitivo, seduti nella suggestiva terrazza del #museo collocata sopra la loggia dei Lanzi, affacciata su piazza Signoria.

    Per il quarto anno consecutivo tornano le aperture serali estive della più celebre galleria fiorentina: a partire da martedi 4 giugno, fino al 24 settembre, ogni martedi sarà possibile entrare nella speciale fascia oraria delle 19-22 (unica eccezione il 13 agosto, data in cui non sarà attiva l’apertura). Il prezzo del biglietto sarà 20 euro, lo stesso per l’ordinario accesso al #museo previsto nel periodo annuale di alta stagione.

  • “Indagare l’uomo nella sua corporeità e nell’anima. Un uomo parte dell’Universo e nel contempo solo nella sua individualità: un caso irripetibile nella storia dell’umanità. Fautore di profonde innovazioni, magister della pittura, inventore di macchine e congegni di grande utilità, anticipatore in tanti campi della scienza e della tecnologia con intuizioni sorprendenti e avanzate proiettate nel futuro. Un sapere non sistematico dettato dalla curiosità, dalla continua osservazione della materia, dall’instancabile volontà di scoprire”.

    È il ritratto del genio toscano quale emerge dal documentario “Leonardo da Vinci” in programmazione su Sky Arte da domani giovedì 6 giugno 2019 (ore 20.45), realizzato da 3D Produzioni per Sky Arte e prodotto dall’Associazione MetaMorfosi.

    Il documentario, a cura di Daniela Annaro, racconta come in un viaggio le mostre “Leonardo da Vinci. Disegnare il futuro” e “Leonardo da Vinci. L’uomo modello del mondo” attualmente in esposizione ai Musei Reali di Torino e alle Gallerie dell’Accademia di Venezia, coprodotte dall’Associazione MetaMorfosi e dai musei ospitanti, con il sostegno di FPT Industrial, Listone Giordano e Mediolanum, in occasione delle celebrazioni mondiali del cinquecentenario della morte dell’artista.

    Nei venticinque minuti di affascinanti visioni e straordinarie ricostruzioni dell’immaginario leonardesco, la voce narrante di Lella Costa fa rivivere per lo spettatore le due esposizioni di Torino e Venezia, accompagnata dalle voci di coloro che hanno contribuito alla loro realizzazione.

    Enrica Pagella,direttrice dei Musei Reali, Francesco Paolo Di Teodoro e Paola Salvi, studiosi e curatori della mostra torinese, e Giuseppina Mussari, direttrice della Biblioteca Reale di Torino, conducono il visitatore dietro le quinte dell’esposizione: l’atmosfera sospesa tra emozione e attesa per l’arrivo e il posizionamento della più famosa sanguigna su carta del mondo, l’Autoritratto di Leonardo, cuore della mostra “Disegnare il futuro”; lo straordinario Codice sul Volo degli uccelli, il piccolo quaderno di 38 pagine contenente 67 disegni datati tra il 1505 e il 1506 e gli appunti sull’osservazione degli uccelli uniti a studi sulla gravità e direttamente collegati ai tentativi di costruzione della macchina volante; l’incantevole Studio per l’Angelo della Vergine delle Rocce, conosciuto come Il Volto di Fanciullae considerato “il più bel disegno del mondo”.

    Valeria Poletto, direttrice del Gabinetto disegni e stampe delle Gallerie dell’Accademia di Venezia, e Annalisa Perissa Torrini, curatrici della mostra veneziana, raccontano invece nel documentario il celeberrimo Uomo Vitruvianosintesi insuperata degli studi di proporzione e di anatomia sulla figura umana condotti negli anni da Leonardo e fulcro dell’esposizione veneziana assieme ai segreti del Codice Huygense gli incredibili Studi per il Cenacolo.

    La Battaglia di Anghiari, infine, i cui disegni preparatori sono esposti in entrambe le mostre, raccontata da Pietro Folena, presidente dell’Associazione MetaMorfosi, e che rappresenta il trait d’uniontra le due esposizioni aperte al pubblico fino al 14 luglio 2019, chiude la mezz’ora di immagini dedicate a Leonardo da Vinci e al suo inarrivabile genio.

    Photo © Daniele Bottallo

  • 14 nuove sale per i maestri veneti e fiorentini, 105 dipinti per oltre 1100 metri quadrati di arte

    Direttore Schmidt: operazione gigantesca, è come un #museo dentro il museo

    La ‘Venere di Urbino’ di Tiziano in una stanza appositamente dedicata. Il ritorno in Galleria, dopo quasi dieci anni di lontananza dagli occhi del pubblico, della monumentale ‘Madonna del Popolo’ di Federico Barocci; una nuova sala interamente dedicata ai capolavori del naturalismo veneziano, altre per quelli del Tintoretto e del Veronese, oltre 30 dipinti che tornano visibili dopo molto tempo.Sono solo alcuni dei tesori della grande pittura veneta e fiorentina del ‘500 e del primo ‘600, accolti al primo piano degli Uffizi in 14 sale completamente riallestite. Vi sono esposte 105 opere, un terzo delle quali da tempo in deposito: i lavori, che hanno riguardato un’area del #museo di oltre 1100 metri quadrati, sono andati avanti per circa un anno.

    I colori delle pareti sono naturali e stesi secondo gli antichi metodi, che li rendono vibranti e vivi: verde per la pittura veneta – un verde ripreso dai tendaggi e dai rivestimenti dei muri che si notano in tanti dipinti del Rinascimento veneziano – mentre per gli spazi destinati alla scuola toscana è stato scelto un grigio scuro, che richiama la pietra serena dell’architettura degli Uffizi, ma con un timbro più caldo e vellutato.

    La ‘Venere di Urbino’ di Tiziano è affiancata a destra dalla ‘Flora’, sempre di Tiziano, e dalla ‘Fornarina’ di Sebastiano del Piombo. Protette da vetri antisfondamento che ne garantiscono anche la stabilità climatica, le tre celeberrime dame potranno ora essere ammirate in totale calma e concentrazione. Nelle sale vicine tornano finalmente visibili le opere di Lorenzo Lotto, Tintoretto, Veronese, molte delle quali da tempo non più visibili, che completano la collezione di pittura veneta degli Uffizi. Su questo lato è stata aperta anche una finestra sull’Arno, con una vista mozzafiato sul fiume e sulle colline a sud della città, a ristabilire il contatto della Galleria con il suo contesto urbano.

    Le pareti della monumentale sala del Pilastro sono state lasciate chiare, così che l’ambiente richiami una chiesa a pianta centrale: qui sono infatti esposte le grandi pale d’altare del periodo della Controriforma. I visitatori vi possono finalmente ammirare di nuovo, dopo dieci anni di permanenza in deposito, la ‘Madonna del Popolo’ di Federico Barocci, capolavoro di grandi dimensioni del maestro urbinate, che il granduca Pietro Leopoldo comprò a caro prezzo per le collezioni fiorentine.Accanto, sempre del Barocci, lo splendido e atmosferico ‘Noli me tangere’ e appeso nella parete vicina quello dipinto da Lavinia Fontana, grande pittrice bolognese: due versioni dello stesso soggetto, due culture diverse a raffronto. Le stanze accanto alla sala del Pilastro sono state allestite come “studioli”, prevalentemente con opere di piccole dimensioni: una con dipinti sacri, l’altra con soggetti profani (prevalentemente mitologici e allegorici), tutti visibili nel dettaglio grazie alla protezione con vetri speciali, che permettono di avvicinarsi e di apprezzare ogni pennellata. Torna visibile anche la portentosa ‘Caduta degli Angeli ribelli’ di Andrea Commodi: nel grande bozzetto, un drammatico groviglio di anatomie umane con il quale il pittore fiorentino voleva confrontarsi direttamente con il Michelangelo della Cappella Sistina.

    Vi è infine la zona dedicata alle Dinastie, dove i ritratti dei Medici di Bronzino (tra i quali anche la famosa ‘Eleonora da Toledo con il figlio Giovanni’) spiccano come gioielli sul fondo grigio scuro. La nuova sistemazione delle sale è stata concepita per migliorare la visione e la comprensione delle opere da parte del pubblico. Ciò è reso possibile anche grazie alle panchine disseminate lungo il percorso per consentire la sosta e il raccoglimento davanti ai dipinti. Un supporto alla realizzazione di questo straordinario, estesissimo intervento di allestimento è arrivato dai Friends of the Uffizi Galleries, che hanno donato 100mila dollari per la nuova Sala della Venere di Urbino, e altri 15mila dollari – generosamente offerti da uno dei membri dell’associazione, Trish Savides – per il restauro della ‘Sacra Famiglia’ di Lorenzo Lotto.

    Il direttore delle #galleriedegliuffizi, Eike Schmidt, commenta: “È come se si fosse aperto un secondo, nuovo #museo dentro la Galleria. L’operazione è di portata gigantesca, ed è stata resa possibile anche grazie a una generosa donazione dei Friends of the Uffizi Galleries, presieduti da Maria Vittoria Rimbotti Colonna. Questa formidabile impresa è stata portata a compimento dall’eccezionale squadra delle #galleriedegliuffizi, che ha lavorato con passione e grande competenza. Finalmente possiamo mostrare nel modo migliore due settori delle nostre collezioni, quello della pittura della Controriforma e quella della pittura veneta, che sono anche tra i più importanti al mondo. Ma non è finita qui: nel giro di pochi mesi tutta l’ala del Cinquecento sarà riallestita”.

    E il curatore del patrimonio architettonico delle #galleriedegliuffizi, Antonio Godoli, aggiunge: “Due sono i temi fondamentali che hanno guidato il nuovo allestimento: la ricerca di continuità nello stile delle sale vasariane, mediante lo studio di traguardi e anche di punti focali e prospettici nel posizionamento dei quadri; e la costruzione di superfici espositive a supporto delle opere, superfici che hanno la funzione di definire il nuovo spazio museale separandolo dallo spazio architettonico”.

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    Dopo di lui la pittura non è più la stessa. Lo sguardo sull’arte del ritratto, sull’arte del nudo, sulla pittura storica: cambiano tutti i modi di rappresentare”. Introduce così la figura di Jean Auguste Dominique Ingres (1780 – 1867) la direttrice del museo a lui dedicato a Montauban, Florence Viguier-Dutheil.

    La mostra in corso a Milano, a Palazzo Reale, fino al 23 giugno, attraverso l’esposizione di oltre 150 opere tra cui oltre 60 dipinti, si pone come obiettivo la costruzione di un punto di vista diverso e più completo sul famoso artista francese. “Considerato come un inclassificabile, percepito come l’erede di Raffaello e allo stesso tempo come il precursore di Picasso, tra il maestro della bella forma e quello della non-forma, Ingres è innanzitutto un “rivoluzionario”.

    Realista e manierista al contempo, egli affascina tanto per le sue esagerazioni espressive quanto per il suo gusto del vero”, si legge nella presentazione.
    Il progetto pone inoltre una particolare attenzione alla città di Milano, che visse in quegli anni una stagione di grande prosperità e fu fortemente rimodellata nei suoi monumenti, nei suoi spazi verdi e nelle infrastrutture urbane, a partire dalla nuova Pinacoteca di Brera.

    Fonte: Artribune 

  • Art Nouveau, uno stile moderno e urbano

    Giovani, radicali, aggressivi e dotati di grande talento. Erano gli artisti dell’Art Nouveau, uno stile nuovo e moderno che esplose in Europa dal 1890 e che coinvolse ogni ramo delle arti visive.

    Il nuovo stile emerge nelle arti decorative soprattutto in Belgio e Inghilterra. Ma è in Francia che si sviluppa e cresce in modo spettacolare. Parigi era la capitale indiscussa dell’arte e in questo scorcio di secolo, Art Nouveau diventa lo stile per eccellenza della modernità cittadina. Il suo nome lo deve alla Galerie Art Nouveau, inaugurata nel 1895 da Siegfried Bing. Commerciante, collezionista, designer e teorico, Bing credeva di vivere in un’epoca di grandi cambiamenti tecnologici, ma anche politici e sociali ai quali il mondo dell’arte non era stato in grado di rispondere adeguatamente. “In mezzo a questo sconvolgimento universale, la decorazione continuava a essere copiata da quella in voga nei secoli precedenti, quando erano in uso abitudini e modi diversi. Che stupefacente anacronismo!” Art Nouveau per lui e molti altri era la giusta risposta, uno stile moderno e urbano.

    E se Parigi era il cuore del nuovo movimento, a cui approdavano gli artisti da tutto il mondo, Nancy era altrettanto importante per il nuovo stile: lì operavano Gallé e Majorelle. Scopo dell’esposizione è restituire l’idea di un’epoca ricca e sfaccettata, mostrando le invenzioni degli artisti designer per gli ambienti e le decorazioni contemporanee, seguendo un percorso suddiviso per temi iconografici che possano illustrare le molteplici anime di un fenomeno complesso come quello di Art Nouveau anche in rapporto al Liberty italiano anche se in fondo, si tratta sempre e comunque di un linguaggio ornamentale, legato alle architetture e agli oggetti d’arte decorativa, che si ispira liberamente alla natura e alla contemporaneità.

    Katy Spurrell

    Curatrice della mostra

  • La mostra si apre con la sezione Antichi modelli, dedicata al confronto conl’eredità classica, banco di prova per tutti gli artisti del Rinascimento. Con ildisegno dei Carri muniti di falci, un esempio tra i più spettacolari dellemolteplici visualizzazioni di strumenti bellici dell’antichità, Leonardo recupera epone a verifica il tema della macchina da guerra; con Ercole e il leone Nemeoentra in scena il motivo della figura eroica incarnata da Ercole, dovel’immagine si ricollega al progetto di una statua per la piazza della Signoria aFirenze. Con il superbo Volto virile di profilo coronato di alloro, infine, Leonardosi cimenta con il tema della “Testa all’eroica”, un altro soggetto di derivazione classica caro agli artisti del Rinascimento.

    La sezione Corpi, strutture, funzioni inizia con la pagina spettacolare deiNudi per la Battaglia di Anghiari e altri studi di figura riconducibile ad opere specifiche di Leonardo, oltre alla Battaglia, i monumenti equestri dedicati a Francesco Sforza e Gian Giacomo Trivulzio. Accanto, sono riuniti i fogli dedicati a temi che riguardano da diverse angolazioni lo studio di figura, delleproporzioni, dell’anatomia, dei corpi in movimento, del rapporto dell’uomo conil cavallo, del cavallo come soggetto artistico ma anche oggetto di comparazione anatomica con il corpo umano. Tutti questi temi si intrecciano nei disegni di Leonardo come pensiero unitario, e sono posti a confronto con esempi di soggetto analogo di Antonio del Pollaiolo, Botticelli, Michelangelo e Raffaello, opere provenienti da musei di Firenze, Parigi, Haarlem e Oxford.

    Nel disegno con Studi di proporzioni del volto e dell’occhio, Leonardo indaga i rapporti di misura delle varie parti del volto, collegandole mediante uncommento scritto alla struttura ossea sottostante: «dove l’occhio termina nella cassa dell’osso che lo contiene». Il piccolo disegno dedicato all’occhio richiama l’importanza che Leonardo assegna al senso della vista, che in numeroseoccasioni definisce “il miglior senso”, per il suo valore come strumentoconoscitivo (Codice Atlantico) e per le sue connessioni con il cervello.

    La terza sezione, Disegno e poesia, ha un carattere intimistico e intendeportare l’attenzione sul rapporto tra il disegno e la scrittura, soprattutto quella caratterizzata da accenti ritmici. In questo caso si tratta di uno schizzo abbinato a un breve componimento poetico che allude al destino degli amanti

    accecati dalla passione e dello straordinario Codice Trivulziano, con la nota terzina satirica attribuita a Bramante: «Se ’l Petrarcha amò sì forte il lauro / fu perché gli è bon fra lla salsicia e tordo / i’ non posso di lor giance far tesauro». Accanto, due celebri rime di Michelangelo, un sonetto di Raffaello e composizioni poetiche di Donato Bramante.

    Al centro del percorso, la quarta sezione intitolata Autoritratto è interamente dedicata all’Autoritratto di Leonardo, una delle icone più celebri della storia dell’arte italiana. In questo volto assorto, incorniciato dai lunghi capelli e dallabarba fluente, con la fronte solcata di rughe, la piega austera delle labbra el’ombra profonda degli occhi, generazioni di conoscitori e di storici dell’arte hanno riconosciuto l’immagine dell’artista da vecchio, forse ispirata a quella diun saggio o di un filosofo antico. In questa sorprendente sezione,L’Autoritratto, tema più che mai attuale, dialoga con opere d’artecontemporanea realizzate da Luigi Ontani, Salvo e Alberto Savinio.

    Il percorso prosegue con la sezione Volti tra realtà e idealizzazione,dedicata al tema dei moti dell’animo, di cui Leonardo è stato maestroindiscusso, e si incentra sul Busto di giovane donna visto di tre quarti, dariferirsi a una prima idea per l’angelo della Vergine delle rocce, e sullo Studio di testa virile in tre posizioni. Seguendo i precetti di Leon Battista Alberti, Leonardo esplora la diversità dei caratteri fisionomici e la loro mutevolezzaespressiva a seconda della posa, dell’incidenza della luce e degli stati emotivi, arricchendo così all’infinito, attraverso l’osservazione e la registrazione deldisegno, il catalogo dei tipi umani a cui l’artista può attingere per restituire un’immagine più vera e più convincente del mondo reale. Sono presentati disegni e dipinti di artisti attivi negli stessi anni di Leonardo, che evidenzieranno connessioni, tipologie, predilezioni e attitudini, tra cui Verrocchio e Raffaello, e i leonardeschi Ambrogio de Predis e Giovanni Antonio Boltraffio.

    La penultima tappa del percorso è interamente dedicata al Codice sul volo degli uccelli, che ha origine da un piccolo quaderno con sette disegni tracciati a pietra rossa, di vario soggetto: una gamba, un ramoscello, due foglie, due fiori e una testa di tre quarti. Niente più che un taccuino per schizzi dal vero e per piccoli studi. Nella primavera del 1506, quando è a Firenze, Leonardo decide di reimpiegare il quadernetto per trascrivere i suoi appunti sul volo, conosservazioni e descrizioni finissime sul comportamento nell’aria di varie speciedi uccelli, fino alle annotazioni tecniche per la macchina volante a propulsioneumana. L’uccello e l’aliante, la macchina della natura e quella dell’uomo, siidentificano e si sovrappongono; le curiosità del naturalista si intrecciano aquelle dell’ingegnere, e dal racconto del volo ascensionale ad ala battente si arriva ai disegni analitici che raffigurano le nervature portanti dell’alaartificiale.

    La settima e ultima sezione affronta un tema inedito: Leonardo e il Piemonte. Imperniata attorno al foglio 563r del Codice Atlantico conl’annotazione riguardante il “Navilio di Invrea facto dal fiume della Doira” e alle annotazioni sul variare del colore del cielo durante un’ascesa al Monte Rosa (“E questo vedrà come vid’io, chi andrà sopra Monboso, giogo dell’Alpi che dividano la Francia dalla Italia…” Codice Leicester, c. 4r), la sezione dà conto, oltre che del corso del Po, dalla sorgente all’Adriatico, delle località piemontesiricordate da Leonardo (Saluzzo, Alessandria…) per loro peculiari caratteristiche. Una spettacolare ricostruzione del Monte Rosa e una mappastorica con un sorvolo leonardesco “a volo d’uccello” lungo il corso del navigliodi Ivrea consentirà al visitatore di immedesimarsi con le parole di Leonardo. La contestualizzazione del tema confronterà la Geographia di Tolomeo, il De re aedificatoria di Leon Battista Alberti, il trattato d’architettura di Francesco diGiorgio (Torino, Biblioteca Reale, Codice Torinese Saluzziano 148).

    Foto di Copertina:  Danile Bottallo

  • Alcuni dei più importanti musei europei ed extraeuropei – tra i quali l’Ashmolean Museum of Art and Archaeology di Oxford, il L.A. Mayer Museum of Islamic Art di Gerusalemme, il Benaki Museum di Atene, il Museo de La Alhambra diGranada, laBiblioteca Apostolica Vaticana, il Museo Nazionale del Bargello di Firenze, il MUCIV – Museo delle Civilta’ di Roma – hanno messo a disposizione le loro preziose opere per realizzare una grande mostra che racconta il rapporto tra acqua e Islam, dalle sue radici più antiche ai suoi tanti complessi sviluppi, sino alle necessità più recenti.

     

    La goccia d’acqua che lasciò la sua casa, l’oceano,

    Quando vi fece ritorno

    trovò un’ostrica ad aspettarla

    e divenne una perla.

    Rumi

     

    Mā’, poche lettere in arabo. Comincia tutto da lì.

     

     

    A partire dalle affermazioni del Corano e della letteratura successiva, si illustra lo sviluppo storico dei tanti ruoli e significati ricoperti dall’acqua e l’incarnazione dei suoi significati nell’arte e nei manufatti islamici.

    Tra l’acqua e il mondo islamico esiste infatti un rapporto antico e intimo. Le ragioni climatiche lo spiegano solo in parte: vi è un’eredità antica di culture e civiltà precedenti, un senso religioso profondo e tante complesse ragioni sociali e culturali. L’acqua appartiene ai nostri sogni più profondi: evoca la maternità, la pulizia, la purità, la sensualità, la nascita e la morte. Questo naturalmente vale per ogni civiltà, ma nell’Islam tale serie di idee ha trovato un suo senso più profondo, facendo dell’acqua uno dei cardini stessi dell’esistenza umana: un cardine tanto spirituale quanto sociale ed estetico.

    La mostra è una narrazione attraverso immagini, reperti, libri e miniature: tecnologia, vita quotidiana e arte, che per secoli si sono rispecchiate nelle tante diverse fruizioni dell’acqua.

    Grazie ai prestiti concessi dalle più importanti istituzioni europee ed extraeuropee, da autorevoli collezionisti privati e alle preziose opere custodite al MAO, l’esposizione testimonia la varietà e la ricchezza di manufatti legati al tema e all’uso dell’acqua. Tra gli oltre 120 manufatti esposti, vi saranno bocche di fontane siriane, una brocca iznik del XV secolo, tappetiche coprono un arco temporale che va dal XVI al XIX secolo, una coppa in vetro iranianadel IX-X secolo, uno spargiprofumo del XII-XIII secolo proveniente dall’India, oltre a numerosi manoscritti.

    Verranno raccontate le canalizzazioni siriane, i giardini di Spagna e i bagni di Istanbul. Ma non solo. Vi sarà spazio anche per guardare all’eredità islamica nel mondo europeo: dal cinquecento sino all’orientalismo ottocentesco – nelle vetrine troveranno spazio straordinari oggetti “trasformati”, come il vaso d’arte fatimide del X-XI secolo in cristallo di rocca con montatura di manifattura fiorentina del 1555 diventato un reliquiario o oggetti ispirati al mondo islamico, come ilcatino da barbiere di manifattura veneta – fino a scoprire che tanto di quel passato non ci è solo vicino, ma ci appartiene intimamente.

    L’allestimento giocherà con il suono e il movimento dell’acqua, così da far immergere opere e visitatori in un paesaggio di armonie sonore e visive. Richiamando impianti e simboli, la mostra si suddivide in quattro tematiche principali. Un percorso scandito da grandi temi, che servono a sottolineare le caratteristiche comuni di tale relazione, pur mostrando l’importanza delle varie differenze culturali e regionali dei mondi islamici. Il percorso comincerà dalla fruizione religiosa: la parola del Corano, il pellegrinaggio, la preghiera, la purificazione. E per questa via il pubblico entrerà poi nella seconda sala, per una necessaria sosta nell’hammam, nel bagno inteso come luogo di purificazione e aggregazione, per sottolinearne il senso religioso, igienico e sociale. Poi si seguiranno i percorsi dell’acqua sino all’interno delle case e dei palazzi, nella vita quotidiana, tra sostentamento e convivialità, per affrontare infine il tema dell’approvvigionamento, degli acquedotti e delle fontane. Per questa via sarà inevitabile uscire infine negli spazi aperti, quelli dell’agronomia e del giardino, per parlare di campagne, di oasi e degli spazi domestici o pubblici adibiti alla coltivazione e alla ricreazione. Tecnologia, vita quotidiana e arte, che per secoli si sono rispecchiate nelle tante diverse fruizioni dell’acqua. Per non dimenticare quanto tutto questo parli al presente, visto che l’acqua è oggi forse il bene più fragile e conteso e che troppa parte del mondo musulmano lotta e soffre per l’accesso a quella risorsa. 

    SEZIONI DI MOSTRA

    Nella prima sezione si affronterà l’importanza dell’acqua nella religione islamica. Nel Corano, ad esempio il termine mā’, “acqua”, ricorre più di 60 volte, presentandosi nelle sue svariate forme (pioggia, rugiada, sorgente, mare, fiume, ecc.) e sia al Corano, sia agli hadith si deve anche l’importanza dell’offerta di ospitalità, valore profondamente radicato nella struttura della società araba già prima dell’Islam In quanto veicolo del sacro, l’acqua, soprattutto a livello popolare è stata collegata da sempre alla magia e usata per varie tecniche di divinazione. Il simbolismo islamico ha dato un posto importante all’acqua corrente, considerata benefica, al contrario di quella stagnante, considerata rifugio dei demoni. Spesso si attribuiva un carattere particolarmente misterioso alle sorgenti calde, talvolta ritenute luoghi di passaggio con il mondo sotterraneo.

    Tutto comincia col calore; un calore particolare, sprigionato dalla terra attraverso acque profonde, così si arriva all’hammam, il secondo tema. L’uso delle acquecalde risale alle civiltà più antiche eanche per il mondo islamico l’acqua purificava e curava. Anzi di più: l’acqua è una manifestazione della stessa bontà divina. DalIX-X secolo circa l’hammamdiviene uno degli elementi più caratteristici e diffusi delle città islamiche, tanto che si raccontava, sicuramente esagerando, che Baghdad ne contasse 10.000. Inoltre, grazie all’acqua purificatrice l’hammamsimbolizza e consente la purezza rituale del musulmano. Lavarsi, purificarsi, curarsi: l’hammamraccoglie su di sé questi significati amplificandoli e ha finito con l’assumere una fondamentale centralità nella vita urbana del mondo islamico, i bagni erano il luogo dove un’intera società si incontrava.Fu attraverso il mondo ottomano che gli europei incontrarono l’hammame lo chiamarono “bagno turco”. Di quei luoghi, della loro quotidianità, videro in realtà poco e immaginarono molto. La sensualità del bagno e la sua valenza erotica erano ovviamente già ben presenti al mondo islamico, ma per gli europei l’hammam, divenne quasi un’espressione tangibile di quella lussuria che essi attribuivano agli “orientali”.

    Nella terza sezione si indaga il fondamentale ruolo dell’acqua da bere nel mondo islamico: l’uso pubblico e la convivialità. Fin dall’antichità l’approvvigionamento e il trasporto dell’acqua si sono avvalsi di grandi opere d’ingegneria, ma la conservazione e la distribuzione furono il punto cruciale. Ovunque e sin dall’inizio, i governanti musulmani si distinsero nella costruzione di grandi cisterne, migliorarono e ingrandirono la rete sotterranea di canalizzazioni. Secondo un famoso hadīth, l’acqua è considerata come proprietà comune e ovviamente un simile pronunciamento fu da subito insufficiente per dirimere le infinite questioni legate all’acqua e la gestione divenne una questione di potere così come un mezzo attraverso il quale il sovrano o il governatore mostravano la propria benevolenza al popolo, esempio ne sono le innumerevoli fontane pubbliche. L’acqua era un soggetto di particolare interesse anche per i geografi arabi che spesso nelle loro opere fornivano dettagli riguardo alle differenti modalità di approvvigionamento idrico delle varie città e regioni.Anche la letteratura gastronomica spesso dedicava specifici capitoli all’acqua, inoltre l’acqua serviva come base per la grande varietà di bevande, alcune delle quali erano considerate anche farmaci o tonici e le si può incontrare persino nella letteratura medica. Altro aspetto affrontato è quello delle tecnologie idrauliche ed irrigue che si fonde con la storia della diffusione delle tecniche agronomiche e idrauliche nel Mediterraneo islamico, che dalla tradizione classica giunge al medioevo occidentale. Una tradizione che ha sempre visto nel giardino e nelle sue acque un luogo di delizie, uno spazio privilegiato e, in molti casi, adibito alla cura.

    L’ultimo tema, raccontato e mostrato, è appunto quello dei giardini. Il modello del giardino islamico, che sul piano della cosmogonia islamica è percepito come una ripetizione del paradiso. Nel Corano sono giardini perennemente ombrosi e fioriti, situati molto in alto ma con frutti bassi e facili da cogliere; Sono immensi, sono cinti da mura e aperti da più porte; in essi zampillano fontane, scorrono ruscelli e fiumi di latte, vino e miele. Un simile modello, così forte sul piano iconografico, avrebbe profondamente ispirato l’arte islamica. Ma il giardino è anche un elemento architettonico che ebbe una sua complessa storia sociale, una fruizione quotidiana e suoi usi culturali che non necessariamente si rifecero sempre alle altezze del paradiso.

    Su un piano funzionale, il giardino arabo risponde a delle attese precise. Il giardino arabo rimanda almeno in parte, all’immagine dell’oasi: l’opposizione tra piante e deserto, tra luogo coltivato e terra di nessuno, tra nomade e sedentario. Il mondo islamico sperimentò da subito unaprofonda innovazione dell’agricolturafino ad arrivare ai giardini monumentali, quelli dei palazzi dei più ricchi e degli uomini di governo, dove sappiamo ci si ricreava, bevendo, amoreggiando, ascoltando musica o dedicandosi ad altri piaceri. Talvolta vi si tenevano convivi, ritrovi nei i quali si recitavano le più svariate opere letterarie; incontri che per lungo tempo furono di fatto tra i principali luoghi di trasmissione del sapere nel mondo arabo-islamico.

     

    Mostra a cura di Alessandro Vanoli

    Comitato scientifico:

    Giovanni Curatola, Presidente,

    Ilaria Bellucci, Marco Galateri di Genola, Claudia Maria Tresso, Alressandro Vanoli

    Catalogo mostra edito da Silvana Editoriale.

    Per tutta la durata della mostra un calendario di eventi consentirà al pubblico di approfondirne i temi e di immergersi, anche se solo figurativamente, nell’acqua che scorre nelle sale espositive del MAO.

    La rassegna prevedeincontricon gli studiosi che hanno contribuito alla realizzazione della mostra e conferenzein collaborazione con il Politecnico di Torino. A completare il calendario visite guidate e attività per famiglie.

     

  • Si inaugura oggi una mostra innovativa e multimediale, che dà vita a quattro sculture gotiche provenienti dalla celebre cattedrale di Notre-Dame de Paris.

    L’esposizione, curata della conservatrice di Palazzo Madama Simonetta Castronovo e allestita nella Sala Stemmi del museo, è frutto di una collaborazione con il Musée de Cluny – Musée national du Moyen Âge di Parigi.

    L’evento si configura come una mostra dossier dedicata al tema della scultura gotica francese nella prima metà del 1200 e, in particolare, al cantiere della Cattedrale di Notre- Dame di Parigi. Dal portale dell’Incoronazione della Vergine sulla facciata occidentale proviene la Testa d’Angelo, mentre dal portale del braccio settentrionale del transetto provengono la Testa di Re mago, la Testa di uomo barbuto e la Testa di figura femminile, allegoria di una virtù teologale. Queste quattro opere, oltre a essere esempi di altissima qualità della scultura medievale europea, sono testimonianze di quel momento della civiltà gotica indicato dal celebre storico dell’arte Cesare Gnudi come “classicismo gotico” o “naturalismo gotico”, che ebbe un forte influsso, alla fine del Duecento, anche sui protagonisti del Gotico in Italia: Giotto, Nicola Pisano, Giovanni Pisano, Arnolfo di Cambio.

    Le teste sono presentate con un coinvolgente allestimento audiovisivo, realizzato da Leandro Agostini, che ricrea uno sfondo architettonico e ambientale per le sculture, arricchendo la visita con proiezioni e voci fuori campo, che animano i quattro personaggi e ne raccontano la storia.

    In questo modo il percorso espositivo diventa un’occasione di approfondimento sullestraordinarie sculture gotiche di Notre-Dame, offrendo contemporaneamente ai visitatori una narrazione sulla Cattedrale parigina (dal Medioevo alle distruzioni successive alla Rivoluzione Francese, fino ai restauri integrativi di Eugène Viollet-le-Duc alla metà dell’Ottocento) e un’illustrazione dei diversi caratteri iconografici e stilistici dei suoi portali.

    Tra il 1793 e il 1794 le quattro sculture esposte a Palazzo Madama furono rimosse dalla cattedrale parigina, insieme a molte altre che decoravano la galleria dei Re e i portali della facciata, su ordine del Comité revolutionnaire de la Section de la Cité, in quanto simbolo della feudalità, della monarchia e della religione. Infatti dal 1793 la Francia era diventata una repubblica – Luigi XVI e Maria Antonietta erano stati ghigliottinati all’inizio dell’anno – retta da un Comitato di salute pubblica guidato da Robespierre. Le sculture, molte ormai allo stato di frammenti, abbandonate a lungo sul sagrato della chiesa, vennero successivamente cedute a impresari cittadini interessati a reimpiegarle come materiale da costruzione. Una perdita che èall’origine dell’imponente cantiere di restauro della Cattedrale, negli anni 1845-64, a opera diEugène Viollet-le-Duc e Jean-Baptiste Lassus, che si dovettero basare, per realizzare le nuove sculture, in sostituzione di quelle perdute, su disegni e incisioni antiche raffiguranti i portali, imitando per quanto riguarda lo stile il linguaggio delle sculture gotiche coeve di Chartres, Reims e Amiens.

    Molte delle sculture originali di Notre-Dame, comprese le quattro opere esposte a Palazzo Madama, insieme a centinaia di frammenti, sono state rinvenute nel 1977 durante lavori alle fondazioni dell’hôtel Moreau a Parigi, sede della Banque Française du commerce extérieur, che poi decise di donarle allo Stato francese per essere depositate al Musée de Cluny, che le conserva dal 1980.

    Il pubblico della mostra potrà quindi ammirare da vicino quattro capolavori del gotico francese e trovare al contempo spunti di riflessione su altri temi: l’organizzazione del lavoro in un cantiere medievale complesso come quello di una cattedrale, il tema della distruzione e mutilazione delle opere d’arte per ragioni politiche, fino a quello del restauro integrativo“romantico” dei monumenti medievali, che caratterizza gli interventi del XIX secolo in tutta Europa.

    Foto di copertina: Testa di Re mago, da Notre-Dame de Paris, 1250-1258, musée de Cluny – musée national du Moyen Âge, Parigi – Photo (C) RMN-Grand Palais – © Michel Urtado

  • Si è conclusa ieri, domenica 24 marzola mostra I MACCHIAIOLI Arte italiana verso la modernità allestita nelle sale della GAM – Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino, organizzata e promossa da Fondazione Torino Musei, GAMTorino e 24 ORE Cultura – Gruppo 24 ORE, a cura di CristinaAcidini e Virginia Bertone, con il coordinamento tecnico-scientifico di Silvestra Bietoletti e Francesca Petrucci.

    L’esposizione, che ha presentato circa 80 opere provenienti dai più importanti musei italiani, enti e collezioni private,è stata visitata in questi mesi da : .  Un ricco racconto artistico sulla storia del movimento della Macchia, dalle origini al 1870, con affascinanti confronti con i loro contemporanei italiani.

    La mostra ha visto la collaborazione dell’Istituto Matteucci di Viareggio e ha permesso non solo di ammirare capolavori assoluti della pittura macchiaiola, ma di permetterne una migliore comprensione del movimento macchiaiolo, sottolineando il dialogo che ha unito gli artisti divarie parti d’Italia nella ricerca tesa alla modernità.

     

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