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    In occasione del 160° anniversario della nascita dello Stato italiano, il percorso dei Musei Reali, nella Rotonda dell’Armeria Reale, si arricchisce con la carrozza di Vittorio Emanuele II, protagonista con Cavour e Garibaldi del Risorgimento, primo Re d’Italia dal 1861 al 1878 e di cui è stato celebrato, nel 2020, il duecentesimo anniversario della nascita.

    L’arrivo a Torino della carrozza rappresenta un importante tassello del percorso dei Musei Reali, in una delle sezioni che maggiormente colpiscono l’immaginazione dei visitatori. Il mezzo sarà infatti collocato a pochi passi dalla loggia dalla quale Carlo Alberto annunciò, il 4 marzo 1848, la promulgazione dello Statuto. Appartenente alle Collezioni Presidenziali del Quirinale, la carrozza denominata Mylord, ricordata negli inventari con la definizione antica di ‘Polonese’ o ‘Polacca’, era uno dei mezzi di trasporto preferiti da Vittorio Emanuele II per le sue uscite private a Roma. È un modello aperto e basso, privo di portiere, a quattro ruote e a due sedili con cassetta di guida per il cocchiere, realizzata dalla ditta romana dei fratelli Casalini. Oggi la carrozza fa parte del nucleo più antico e prezioso della Collezione Presidenziale. Nell’inventario del 1882 figura una nota manoscritta a fianco che recita: “Le Polonesi erano le carrozze di cui abitualmente si serviva il Gran Re Vittorio Emanuele II [….]”. Il brano prosegue sottolineando che “questa seconda fu l’ultima adoperata in Roma avanti la sua morte” a ricordare, quindi, come questo mezzo fosse particolarmente amato dal re.

    In tale occasione viene presentato anche il nuovo allestimento Le armi del Re, una selezione di 21 oggetti di notevole pregio e importanza storica, recentemente restaurati, che facevano parte delle ricche raccolte personali di Vittorio Emanuele II. Oltre alle armi, la collezione comprende bandiere, uniformi, onorificenze e altri oggetti strettamente personali: alcuni si collegano al ruolo pubblico del sovrano, come i doni diplomatici o le armi che ricordano le battaglie del Risorgimento, altri sono da mettere in relazione con gli interessi personali di Vittorio Emanuele II, primo fra tutti la caccia, documentata da una spettacolare collezione di fucili e coltelli.

    L’allestimento include anche due armature giapponesi, la B. 53 e la B. 54, entrambe donate al sovrano dall’imperatore Meiji nel 1869 e nel 1871, a pochi anni di distanza dalla firma del trattato di amicizia e commercio che apriva le relazioni diplomatiche tra il Regno d’Italia e l’Impero giapponese. Si trattava di doni prestigiosi come testimoniano la cura nel realizzarle e la scelta dei materiali impiegati che indicano la destinazione a personaggi di rango elevato. La prima armatura è un apparato difensivo leggero utilizzato per lo scontro a piedi. A differenza della B. 53, montata già nell’Ottocento su un manichino, l’armatura B. 54 è stata riproposta nel suo insieme solamente ora, per sottolinearne l’aspetto unitario e facilitarne una più immediata lettura. Le due armature, con le collezioni extraeuropee, vennero allestite nella Rotonda dell’Armeria Reale, sala in cui furono sistemate anche le raccolte di Vittorio Emanuele II.

    Oggi l’Armeria Reale conserva oltre 5.000 opere, collocate in ambienti di raro fascino e pregio, finemente decorati e affrescati.

    “La collezione dell’Armeria Reale di Torino occupa un posto di riguardo nel contesto europeo, ma la sua valorizzazione non è né facile né scontata, dato l’impianto fortemente storicizzato degli spazi e l’impronta ottocentesca che contraddistingue il suo primo ordinamento – dichiara Enrica Pagella,  Direttrice dei Musei Reali. Esprimo, quindi, un sincero ringraziamento alla Presidenza della Repubblica per questo prestito che costituirà un elemento inedito di attrazione e di leggerezza nel severo circuito delle vetrine palagiane, contribuendo anche a rafforzare il legame simbolico tra la nostra capitale attuale e il Palazzo Reale di Torino, prima sede della casata sabauda e luogo in cui prese forma la prima carta costituzionale della nazione.”

    “Il nuovo allestimento Le armi del Re si propone di valorizzare un nucleo di oggetti poco noti ma di particolare rilievo, sia dal punto di vista storico sia per il loro pregio – dichiara Giorgio Careddu, curatore delle collezioni d’arte dell’Armeria Reale -. Le sciabole e le spade, per lo più di rappresentanza, furono offerte al Re come segno di gratitudine per il ruolo avuto nel processo storico che portò all’unificazione dell’Italia.  Le armi da fuoco sono invece, nella maggioranza dei casi, doppiette da caccia realizzate da Filippo Panataro, armaiolo personale di Vittorio Emanuele II, e dai più importanti produttori europei dell’epoca.”

     

  • Oltre i muri Dal 1° ottobre Torino accoglie la nuova tappa di Beyond Walls – Oltre i muri,
    il progetto di Land Art dell’artista franco-svizzero Saype sostenuto dal Gruppo Lavazza in collaborazione con il Comune di Torino e i Musei Reali Torino. Torino, 1° ottobre 2020 – Due mani che si tendono l’una verso l’altra e si stringono, in una presa che trasmette fiducia e aiuto reciproco: è questa l’immagine al centro del progetto Beyond Walls – Oltre i muri firmato dall’artista franco-svizzero Saype.
    Città di Torino con questo progetto, conferma il proprio impegno sui temi della sostenibilità e della condivisione, consolidandosi come metropoli internazionale dalla spiccata vocazione culturale. Un messaggio di solidarietà e di fratellanza per un’opera dipinta sull’erba, che connette idealmente la città di Torino al resto del mondo. Dopo essersi fatta portavoce dei messaggi
    di rinascita e solidarietà con la campagna #TheNewHumanity, ora Lavazza ha deciso di supportare Saype, artista con cui condivide visione e valori che faranno da filo conduttore per il Calendario Lavazza 2021.
    In parallelo, i Musei Reali si fanno sostenitori del progetto grazie alla volontà di connettere
    il patrimonio delle arti classiche alle espressioni artistiche contemporanee, contribuendo a realizzare uno dei più importanti interventi artistici su scala globale degli ultimi anni.
    Nella cornice del Parco archeologico della Porta Palatina di Torino, uno dei luoghi storici della città, Beyond Walls diventa un ulteriore tassello della “più grande catena umana della storia”, coprendo cinque continenti per un totale di oltre venti città diverse. Settima tappa di un progetto globale inaugurato a Parigi nel 2019 e che ha già toccato luoghi come la Tour Eiffel di Parigi, il muro di Berlino e il memoriale di Ouagadougou in Burkina Faso.
    La scelta di accogliere l’opera presso una delle porte di accesso della città, soglia che delimitava i confini dello spazio cittadino dal mondo esterno, sottolinea il desiderio dell’artista di superare i muri fisici e mentali, invitandoci a intraprendere uno sforzo collettivo per sentirci parte viva di un unico ecosistema, responsabili di un fragile equilibrio che richiede la nostra cura e il nostro impegno individuale.

    Ogni singola mano appartenente al progetto Beyond Walls, con i suoi dettagli che rimandano a etnie, provenienze, culture differenti rappresenta il caleidoscopio di un’umanità in continua evoluzione, che non è disposta a farsi fermare da restrizioni e muri e che si fa portavoce di tolleranza e inclusione.Inserito dalla prestigiosa rivista Forbes nell’elenco delle 30 personalità sotto i trent’anni più influenti nel mondo dell’arte e della cultura, Saype ha sviluppato la propria personale ricerca fondendo l’immediatezza e l’impegno sociale della street art alla consapevolezza della land art, dando vita a una grammatica artistica del tutto personale. Tutta l’opera dell’artista, nato
    a Belfort nel 1989 e formatosi da autodidatta, è realizzata nel totale rispetto della natura ed è costituita da dipinti di dimensioni monumentali realizzati sull’erba grazie all’utilizzo di pigmenti biodegradabili, ideati dall’artista stesso. I dipinti, di natura effimera e di grande impatto visivo, sono nati dall’esperienza maturata da Saype attraverso l’arte di strada, trasformatasi poi verso il linguaggio della land art, un movimento d’avanguardia nato alla fine degli anni ‘70, focalizzato sul dialogo tra gli artisti e la natura.
    La visione di Saype rispetto al presente e alla responsabilità dell’arte è molto chiara:
    «Ci troviamo a un punto della storia in cui il mondo si sta polarizzando, e in cui molte persone si stanno ripiegando su se stesse. Tuttavia credo profondamente che sia solo rimanendo insieme che l’umanità possa rispondere alle più grandi sfide del nostro tempo.» I suoi enormi dipinti, che hanno una durata media che varia tra i 15 e i 90 giorni, rappresentano un richiamo alla transitorietà dell’esistenza e alla relazione tra tutte le forme viventi e coniugano la trasversalità e la forza dell’arte urbana alla profondità e all’urgenza della land art, dando vita a una formula visiva del tutto originale.

    La scelta di Saype – nome d’arte di Guillaume Legros, nato dalla contrazione di “say peace” – avviene in continuità con il percorso intrapreso da Lavazza. L’artista ha già collaborato con l’azienda in qualità di protagonista di uno scatto di Amy Vitale, curatrice del Calendario Lavazza 2019, che ha ritratto il suo dipinto Take Care for Future, realizzato in sinergia con il progetto
    “Colombia Breathes” della Fondazione Lavazza.
    Con questa nuova opera, la Città di Torino e Lavazza si fanno portatrici di un messaggio di speranza, di ottimismo e di resilienza che parte dalla città di Torino e si apre a tutto il mondo. Hanno voluto che anche Torino fosse uno dei luoghi scelti da Saype per realizzare la propria opera, per sostenere e diffondere la ripartenza della città già rappresentante dei 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite, dopo l’emergenza sanitaria.
    Il progetto è un percorso che comprende anche la prima mostra personale dell’artista franco-svizzero presso le sale centrali della Galleria Sabauda dei Musei Reali. Beyond Walls. Torino 2020 ricostruisce poetica, carriera e tecnica dei “Foot Murales” che hanno reso celebre Saype in tutto il mondo e sarà visibile fino al 17 gennaio 2021.

     

  • 26 settembre 2020 – 31 gennaio 2021

    La mostra Capa in color presenta, per la prima volta in Italia, gli scatti a colori di Robert Capa, fotografo di fama mondiale. La collezione è presentata da ICP-International Center of Photography, grazie a ICP Exhibitions Committee e ai fondi pubblici del New York City Department of Cultural Affairs in partnership con il consiglio cittadino.

    Curata dal Centro Internazionale di Fotografia di New York, è prodotta dalla Società Ares con i Musei Reali eallestita nelle Sale Chiablese dal 26 settembre 2020 al 31 gennaio 2021. Robert Capa è internazionalmente noto come maestro della fotografia in bianco e nero, ma ha lavorato regolarmente con pellicole a colori fino alla morte, nel 1954. Sebbene alcune fotografie siano state pubblicate sui giornali dell’epoca, la maggior parte degli scatti a colori non erano ancora stati presentati in un’unica mostra. L’esposizione presenta oltre 150 immagini a colori, lettere personali e appunti dalle riviste su cui furono pubblicate.

    L’esposizione è nata da un progetto di Cynthia Young, curatrice della collezione di Robert Capa al Centro internazionale di fotografia di New York, per presentare un aspetto sconosciuto della carriera del maestro. Rispetto a quanto è stato mostrato in precedenza, l’esposizione intende illustrare il particolare approccio dell’autore verso i nuovi mezzi fotografici e la sua straordinaria capacità di integrare il colore nei lavori da fotoreporter, realizzati tra gli anni ‘40 e ‘50 del Novecento.

    Nato a Budapest con il nome di Endre Ernő Friedmann e naturalizzato cittadino americano nel 1946, Capa fu considerato dal Picture Post come “il più grande fotografo di guerra”, con riferimento agli scatti realizzati durante la guerra civile spagnola. Durante la Seconda Guerra Mondiale, Capa ha collaborato con molte riviste come Collier’s e Life, ciò che gli permise di acquisire una particolare sensibilità nel rappresentare la guerra e le devastazioni. Le sue famose immagini ben simboleggiano la brutalità dei conflitti e hanno contribuito a cambiare la percezione del pubblico verso la fotografia di guerra.

    Il 27 luglio 1938, trovandosi in Cina per documentare la guerra sino-giapponese in un reportage durato otto mesi, Capa scrisse a un amico della sua agenzia di New York: “Spediscimi immediatamente 12 rulli di Kodachrome con tutte le istruzioni su come usarli, filtri, etc… in breve, tutto ciò che dovrei sapere, perché ho un’idea per Life”. Sebbene di quel servizio siano sopravvissute soltanto fotografie in bianco e nero, ad eccezione di quattro immagini pubblicate sulla rivista Life il 17 ottobre 1938, la lettera esprime il chiaro interesse di Capa per i lavori con pellicole a colori, ben prima che venissero largamente impiegate da molti altri fotoreporter.

    Nel 1941, Capa fotografò a colori Ernest Hemingway nella sua casa a Sun Valley, in Idaho, e utilizzò pellicole a colori anche durante la traversata dell’Atlantico su una nave merci con un convoglio alleato, scatto pubblicato dal Saturday Evening Post.

    Della produzione di Robert Capa sono molto noti i reportage della Seconda Guerra Mondiale, in particolar modo dello sbarco in Normandia, pur avendo privilegiato maggiormente pellicole in bianco e nero. Le poche immagini a colori ritraggono soprattutto le truppe americane e il corpo francese a cammello in Tunisia, nel 1943.

    Dopo il secondo conflitto mondiale, l’attività di Capa si orientò esclusivamente verso l’uso di pellicole a colori, soprattutto per fotografie destinate alle riviste dell’epoca come Holiday e Ladies’Home Journal (USA), Illustrated (UK), Epoca (Italia). Quelle immagini, presentate ai lettori per la prima volta, avevano lo scopo di raccontare al pubblico americano ed europeo la vita quotidiana di persone comuni e di paesi lontani, in maniera radicalmente diversa rispetto ai reportage di guerra che avevano guidato i primi anni della carriera di Capa. L’abilità tecnica del maestro, abbinata alla capacità di raccontare le emozioni umane dimostrata nelle prime fotografie in bianco e nero, gli permise di muoversi con particolare abilità tra i diversi tipi di pellicola, impiegando il colore a completamento dei soggetti fotografati. Tra questi primi lavori si trovano le fotografie della Piazza Rossa di Mosca, realizzate durante un viaggio in URSS nel 1947 con lo scrittore John Steinbeck e la vita dei primi coloni in Israele nel 1949-50. Per il progetto Generazione X, Capa si recò a Oslo, a Essen, nel nord della Norvegia e a Parigi per catturare la vita e i sogni delle giovani generazioni nate prima della guerra.

    Le fotografie di Capa presentano ai lettori anche un interessante ritratto dell’alta società, dovuto al sapiente ed elegante uso della fotografia a colori. Nel 1950, ritrasse le stazioni sciistiche più alla moda delle Alpi svizzere, austriache e francesi, e le affascinanti spiagge francesi di Biarritz e Deauville per il fiorente mercato turistico presentato dalla rivista Holiday. Scattò anche diverse fotografie di moda, lungo le banchine della Senna e in Place Vendôme. Fotografò diversi attori e registi sui set cinematografici, come Ingrid Bergman nel film Viaggio in Italiadi Roberto Rossellini, Orson Welles in Black Rose e John Huston in Moulin Rouge. In questo periodo realizzò anche una serie di ritratti, come quelli di Pablo Picasso, fotografato su una spiaggia con il figlio Claude, o di Giacometti nel suo studio a Parigi. L’immaginario a colori era parte indissolubile della ricostruzione e della vitalità del dopoguerra.

    Per tutti i lavori realizzati dalla fine della guerra in avanti, Capa impiegava sempre almeno due fotocamere: una per le pellicole in bianco e nero e una per quelle a colori, usando una combinazione di 35 mm e 4×5 Kodachrome, e le pellicole Ektachrome di medio formato, sottolineando l’importanza di questo nuovo mezzo per la sua crescita professionale. Continuò a lavorare con pellicole a colori fino al termine della sua vita, anche durante il viaggio in Indocina dove morì nel maggio 1954. In particolare, gli scatti a colori dall’Indoncina sembrano anticipare le immagini che avrebbero dominato l’immaginario collettivo della guerra in Vietnam, negli anni ‘60 del Novecento.

    Capa in color è una mostra che offre la possibilità unica di esplorare il forte e decennale legame del maestro con la fotografia a colori, attraverso un affascinante percorso che illustra la società nel secondo dopoguerra. Il suo talento nella composizione del bianco e del nero fu enorme, ma la scoperta della potenzialità delle pellicole a colori, quasi a metà della sua carriera, rese necessario definire un nuovo approccio. Capa in color rivela come Robert Capa iniziò a osservare il mondo in maniera diversa e come la sua attività riuscì ad adattarsi alla nuova sensibilità postbellica. L’innovativo mezzo fotografico lo obbligò non solo a riconsiderare la composizione dei colori, ma anche a trovare il modo migliore per soddisfare la curiosità di un pubblico reduce dal conflitto, che desiderava divertirsi e conoscere luoghi lontani.

    Dichiara Enrica Pagella, Direttrice Musei Reali:

    «La verità è l’immagine migliore, la miglior propaganda. Con questa frase celebre, Robert Capa afferma l’importanza del mezzo fotografico come arma di testimonianza e di denuncia. Noto universalmente come figura emblematica del fotoreporter di guerra, Capa documentò in bianco e nero i principali conflitti del Novecento, dalla guerra civile spagnola alla Seconda Guerra Mondiale, dal conflitto arabo-israeliano alla prima guerra di Indocina. Sperimentò l’uso del colore mentre si trovava sul fronte della seconda guerra sino-giapponese, nel 1938, e si avvicinò al cinema intervenendo in una pellicola prodotta da Luis Buñuel (Spagna 36) o quale fotografo di scena sul set del film Notorious, diretto da Alfred Hitchcock, che gli consentì di introdurre al neorealismo di Rossellini l’amata Ingrid Bergman. Un’estetica calata nella realtà e un uomo sempre pronto a misurarsi con le miserie, il caos e la storia, fino alla morte avvenuta nel 1954 in Vietnam, mentre scattava una foto.

    Capa è stato tra i fondatori della storica agenzia Magnum Photos con Henri Cartier-Bresson, David Seymour, Georges Rodger e William Vandivert nel 1947, ancora oggi tra le più importanti agenzie di fotogiornalismo mondiali. Dopo la Seconda Guerra Mondiale la sua poetica si concentrò soprattutto sulle pellicole a colori, ritraendo la vita decadente dell’alta società europea per le riviste, così come attori e artisti. A questa produzione meno nota, ma altrettanto affascinante e inconsueta, è dedicata la mostra Capa in color: il percorso è costituito da 150 immagini che appartengono alla collezione conservata all’International Center of Photography di New York e che sono arrivate a Torino qualche mese prima dell’emergenza sanitaria. Grazie all’accordo con la Società Ares, è ora possibile presentare per la prima volta in Italia, in un’unica mostra, un ritratto della multiforme società internazionale del dopoguerra, grazie al sapiente ed elegante uso del colore. Una mostra importante, sia per la qualità delle immagini che per l’opportunità di estendere l’offerta dei Musei Reali all’attività di un grande maestro del Novecento. Una sfida espositiva che accompagna la ripresa dopo i mesi del confinamento, un modo per “andare più vicino” al pubblico e alla vita, proprio come suggeriva uno degli insegnamenti di Capa: Se le vostre foto non sono abbastanza buone, non siete andati abbastanza vicino».

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    Da sabato 27 giugno il Giardino Ducale rinnovato attende i visitatori con una scenografica accoglienza serale. Domenica 28 giugno la riapertura prosegue nel Boschetto con performance, musica dal vivo, attività e visite guidate.
    Torino, 25 giugno 2020. Uno spazio verde che rivela meraviglie naturali e architettoniche, in cui concedersi un momento speciale di relax o una passeggiata tra giochi prospettici e sculture, all’ombra di Palazzo Reale, della Cappella della Sindone e della Galleria Sabauda. Dopo un importante intervento di recupero e rifunzionalizzazione, il Giardino del Duca torna a essere patrimonio dei torinesi e di tutti i visitatori, uno dei luoghi simbolo della città nuovamente fruibile con un’ampia offerta di attività.

    Sabato 27 giugno, dalle 19.30 alle 00.30, un’apertura straordinaria a ingresso gratuito permetterà al pubblico di attraversare la Corte d’Onore della prima reggia d’Italia e ammirare il rinnovato Giardino Ducale che, dalle ore 22, sarà impreziosito da una scenografica illuminazione serale. Da domenica 28 giugno torna a essere fruibile anche il Boschetto, restaurato nel 2017 grazie all’intervento congiunto del MiBACT e della Consulta per la Valorizzazione dei Beni Artistici e Culturali di Torino con il socio Reale Mutua. La giornata inaugurale presenta un ricco programma di performance e musica dal vivo, realizzato con i giovani partecipanti al progetto Talenti per il Fundraising della Fondazione CRT e con la collaborazione di Piatino Pianoforti dal 1910. Alle ore 10.30, 16 e 17.30 sono previste delle visite speciali condotte dalle guide CoopCulture.

    Il Giardino Ducale

    La rifunzionalizzazione e il recupero del Giardino Ducale è parte della grande opera di valorizzazione dei sette ettari di verde che si sviluppano a ridosso degli antichi bastioni, il tessuto connettivo dei Musei Reali di Torino. Dal primo disegno di Henri Duparc del 1563 al progetto di André Le Nôtre, architetto dei giardini di Versailles, l’impianto attuale dei Giardini Reali è frutto di molteplici trasformazioni che attraversano secoli di storia. Teatro delle passeggiate e di spettacolari feste che animavano la corte, i Giardini Reali sono ancora oggi un luogo dal valore monumentale e ambientale irripetibile.

    Grazie all’intervento conservativo finanziato dalla Fondazione Compagnia di San Paolo con un contributo di 2 milioni di euro, sospeso a marzo per l’emergenza sanitaria, la porzione più antica dei Giardini Reali collocata a nord del Palazzo, il Giardino Ducale, assume un nuovo splendore.

    “La Fondazione Compagnia di San Paolo, ispirata all’agenda 2030 delle Nazioni Unite, si rivolge alla cultura con uno sguardo che ci permette di attingere alla creatività e all’arte per rendere più attrattivi i nostri territori, pensare e reinterpretare spazi in cui le persone diventano protagoniste, rapportarsi ai beni culturali con spirito di custodia e protezione. Coerentemente con questo approccio oggi partecipiamo all’apertura al pubblico dei Giardini di Palazzo Reale, nel cuore di Torino, che rappresentano un ulteriore arricchimento, con la messa a disposizione di un elegante spazio verde, dell’offerta dei musei reali oltre al loro capitale di architetture, collezioni e offerta di servizi al pubblico. Vero e proprio polmone verde cittadino, i giardini giocano un ruolo determinante nel processo in corso di sviluppo dei MRT in una logica di investimento strategico, attraverso un’evoluzione gestionale/organizzativa e il miglioramento della sostenibilità economico-finanziaria fortemente appoggiato dalla Compagnia”, osserva Alberto Anfossi, Segretario generale della Fondazione Compagnia di San Paolo.

    “I Giardini sono un elemento centrale dell’agenda dei Musei Reali – spiega la Direttrice Enrica Pagella –. Il 24 aprile 2016 sono stati riaperti al pubblico dopo una chiusura di quasi dieci anni e da quel momento i cantieri non si sono mai interrotti. Tra il 2017 e il 2018, grazie anche alla collaborazione con la Consulta di Torino e il suo socio Reale Mutua, è stata rifunzionalizzata l’area del Boschetto, arricchita dall’inserto monumentale Pietre preziose di Giulio Paolini. Successivamente, con il sostegno della Compagnia di San Paolo, i lavori sono stati dedicati al Giardino del Duca e a breve si completerà anche l’intervento nella parte di Levante, con la restituzione della settecentesca Fontana dei Tritoni. L’attenzione per la radice storica di questo grande spazio verde è andata di pari passo con la cura per tutti gli aspetti legati all’accessibilità e al comfort, nella convinzione che i Giardini del Palazzo Reale costituiscano un naturale prolungamento dello spazio museale e una impareggiabile risorsa di benessere per la vita dei cittadini, in un paesaggio antico e moderno insieme, all’incontro tra natura e cultura”.

    In occasione della riapertura del 2 giugno, la nuova pavimentazione in pietra di Luserna posta lungo le facciate di Palazzo Reale e della Galleria Sabauda, collegamento tra la Corte d’Onore e la Manica Nuova della residenza, ha reso pienamente accessibile l’ingresso e l’uscita del percorso museale dal Giardino. Il perimetro esterno dei due edifici è ornato da 42 casse in acciaio inossidabile contenenti piante di Ligustrum Iaponicum Texanum, arbusti sempreverdi simili agli aranci e resistenti ai freddi invernali. Nelle innovative citroniere hi-tech sono integrati i dispositivi per illuminare scenograficamente le facciate e segnalare i percorsi. All’allestimento del Giardino Ducale si aggiungono 61 nuove anfore in ghisa, realizzate sul modello dei 43 vasi originali facenti parte delle collezioni storiche, ma con un disegno semplificato per facilitarne l’identificazione; i vasi delimitano i parterre   e segnano l’incrocio dei viali. Rose paesaggistiche della varietà Meilland Bonica completano la composizione che poggia su basamenti ottagonali in granito di Montorfano, contenenti piccoli fari Led per illuminare i camminamenti. Al confine dell’aiuola nord sono state aggiunte panchine, corpi illuminanti e cestini di servizio, coordinati con gli arredi già progettati per il recupero del Boschetto, situato a nord-est e di matrice ottocentesca. L’intero sistema di conduzione delle acque, così come l’impianto di irrigazione, è stato ripensato per rispondere nel modo migliore alle esigenze del giardino, mentre nuove prese di servizio a scomparsa sono state inserite nella pavimentazione per alimentare zone strategiche per favorire lo svolgimento di eventi serali. In una posizione di snodo tra i Giardini del Duca e di Levante e il Boschetto troverà spazio un nuovo punto informazioni per il pubblico con il supporto dei volontari del Touring Club Italiano, progetto Aperti per voi, che dal 1° luglio riprendono le attività di accoglienza nei Giardini.

    La scultura in granito intitolata Ulisse, opera dello scultore Giuliano Vangi e donata dall’artista ai Musei Reali, sarà posizionata su un basamento nell’area settentrionale del Giardino Ducale, in prossimità dell’ingresso alla Manica Nuova.

    I Giardini Reali non saranno soltanto un luogo in cui concedersi una piacevole divagazione nella natura, ma anche uno spazio in cui partecipare agli eventi per festeggiare la riapertura al pubblico. Si comincia domenica 28 giugno con “Welcome green”, osservazione guidata alla scoperta delle specie floreali che impreziosiscono i Giardini. Le visite continueranno nel fine settimana per tutto il mese di luglio. Domenica 12 e 26 luglio, alle ore 17, vista, tatto, udito e olfatto saranno convolti nell’inedita esperienza “Giardini sensoriali” per conoscere da vicino piante e materiali che compongono le aree verdi dei Musei Reali. Grandi e piccoli appassionati del disegno a mano libera, sabato 18 luglio non potranno perdere l’appuntamento con “MRT Garden Drawing 2020”: affiancati dai giovani artisti e maestri della Pinacoteca Albertina, i partecipanti si cimenteranno con il disegno dal vero, prendendo ispirazione dalla natura e dall’affascinante panorama architettonico che incornicia i Giardini (ingresso esclusivo e contingentato, al costo di 2 euro).

     

     

     

  • In ottemperanza all’ordinanza urgente n.1 emessa dal Ministero della Salute e dalla Regione Piemonte in data odierna, i Musei Reali di Torino comunicano che le attività sono sospese e i Musei e le mostre connesse (Konrad Magi. La luce del Nord nelle Sale Chiablese e Il tempo di Leonardo 1452-1519 in Biblioteca Reale) rimarranno chiusi al pubblico fino a sabato 29 febbraio o sino a nuove indicazioni.

    Le motivazioni dell’ordinanza, a firma del Ministro della Salute Roberto Speranza e del Presidente della Regione Piemonte Alberto Cirio, sono di ordine sanitario e connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-2019.

    Ogni aggiornamento relativo alle attività dei Musei Reali sarà comunicato tempestivamente sul sito www.museireali.beniculturali.it e sui canali

  • Reali Mon Amour
    Un San Valentino speciale all’insegna della cultura e del buon cibo ai Musei Reali
    Il 14 febbraio, chi entra in coppia ai Musei Reali e paghi solo un ingresso.
    Alle 17 e alle 18, speciale percorso guidato agli Appartamenti Nuziali del Secondo Piano di Palazzo Reale e sfizioso aperitivo in caffetteria, nella Corte d’Onore.

    Modalità di partecipazione
    Prenotazione al numero 011 19560449.
    Costo: € 5 a persona

     

     

    La cena degli innamorati al Caffè Reale ti attende!
    14 e 15 febbraio, cena € 40 a coppia. Per chi si presenta con il biglietto dei Musei reali emesso in giornata, prezzo speciale scontato di € 32.
    Modalità di partecipazione
    Prenotazione al numero 335 8140537.

    Carnevale ai Musei Reali
    Un pomeriggio da romano
    Sabato 22 febbraio 2020, ore 17
    Museo di Antichità
    Visita per bambini dai 5 anni
    Tra le statue del Museo di Antichità c’è aria di festa: a Carnevale, rivive il clamore dei Saturnali, i giorni dedicati al dio Saturno. Questo è il momento migliore per trasformarsi in antichi romani e immergersi nella vita quotidiana di 2000 anni fa! I bambini potranno vestirsi a casa o farsi aiutare dall’archeologo in museo, portando con sé lenzuoli, tessuti colorati, nastro e spille.

    Modalità di partecipazione
    Prenotazione obbligatoria al numero +39.011.19560449
    Costo: € 5 a bambino | ingresso gratuito per un accompagnatore.

    Semel in anno….carnevale a corte
    Domenica 23 febbraio 2020, ore 16
    Palazzo Reale e Armeria
    Visita tematica per tutti
    Percorrendo le sale auliche di Palazzo Reale e dell’Armeria, si scoprirà come Casa Savoia festeggiava il periodo più anticonvenzionale dell’anno, quello del Carnevale.
    Tra balli di corte, mascherate, spettacoli teatrali e tornei cavallereschi un’occasione di conoscenza del divertimento a Corte.

    Modalità di partecipazione
    Prenotazione consigliata al numero +39.011.19560449
    Costo: € 5 a persona + biglietto di ingresso

    © Stanislav Stepashko

    Colori! Colori! Colori!
    Domenica 23 febbraio 2020, ore 15.30
    Martedì 25 febbraio 2020, ore 15.30
    Mostra Konrad Mägi. La luce del Nord – Sale Chiablese
    Visita laboratorio per bambini dai 6 ai 10 anni
    Il carnevale è una delle feste più colorate dell’anno. Quale occasione migliore per provare ad osservare e conoscere meglio i colori? Partendo dalle opere del pittore Konrad Mägi si proverà a capire insieme quali sono i colori primari e secondari, cosa succede mescolandoli insieme o avvicinandoli l’uno all’altro, quali colori sono amici tra di loro e come usarli per creare effetti brillanti o al contrario più tenui, proprio come veri artisti. Una volta svelati tutti i segreti del colore i bambini potranno utilizzare quanto imparato per realizzare insieme una allegra maschera di carnevale artistica.

    Modalità di partecipazione
    Prenotazione consigliata al numero +39.011.19560449
    Costo: € 5 a bambino | ingresso gratuito per un accompagnatore.

     

    Guerrieri in maschera
    Martedì 25 febbraio 2020, ore 17
    Armeria Reale
    Visita laboratorio per bambini dai 5 anni
    Che ci fanno sugli elmi e le armature degli antichi cavalieri tutti quei volti grotteschi, musi feroci, sguardi truci e becchi di rapaci? Un tempo spaventavano i nemici, oggi stupiscono e divertono. I piccoli visitatori li scopriranno nell’Armeria Reale e poi, imitando gli armaioli del passato, potranno scatenare la fantasia per creare una maschera da battaglia.

    Modalità di partecipazione
    Prenotazione obbligatoria al numero +39.011.19560449
    Costo: € 5 a bambino | ingresso gratuito per un accompagnatore.

  • Musei Reali Torino e tutti noi  con la storia a portata di mano… prima fila!!
    Questa sera, 4 gennaio, alle 21.15 Rai1 ritorna Alberto Angela con Meraviglie – La Penisola dei tesori, racconterà come solo lui sa fare, le splendide sale dei Musei Reali Torino. Non Mancate! La nostra storia Vi aspetta!
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  • Le celebrazioni del cinquecentesimo anniversario dalla morte di Leonardo da Vinci proseguono ai Musei Reali di Torino con un nuovo percorso tematico di approfondimento.

    Da martedì 10 dicembre a domenica 8 marzo 2020, la Biblioteca Reale propone la mostra Il tempo di Leonardo 1452-1519. Attraverso i preziosi materiali custoditi in Biblioteca, l’esposizione ripercorre oltre sessant’anni di storia italiana ed europea, un periodo di grande fermento culturale in cui si incrociarono accadimenti, destini e storie di grandi protagonisti del Rinascimento, da Michelangelo a Cristoforo Colombo, dal Savonarola a Cesare Borgia, dalla caduta dell’Impero Romano d’Oriente all’avvento del Protestantesimo e all’invenzione della stampa, eventi che mutarono per sempre il corso della storia.

    Il percorso si snoda nelle due sale al piano interrato della Biblioteca Reale: il primo caveau, la Sala Leonardo, accoglie una selezione di opere di artisti italiani contemporanei a Leonardo da Vinci, accanto al Codice sul volo degli uccelli. Nove disegni autografi del maestro vinciano accompagnano il celebre Autoritratto: è l’occasione per ammirare uno dei più noti capolavori della storia dell’arte dopo la recente esposizione Leonardo da Vinci. Disegnare il futuro, progettata dai Musei Reali dal 15 aprile al 21 luglio scorso.

    La seconda sala presenta manoscritti miniati, incunaboli, cinquecentine, preziose carte geografiche antiche, disegni e incisioni, affiancati da un ricco corredo didascalico, per illustrare i personaggi e i principali eventi storici occorsi durante la vita di Leonardo.

    LA MOSTRA

    Leonardo nasce a Vinci, piccolo borgo alle porte di Firenze, il 15 aprile 1452. L’anno successivo Costantinopoli è conquistata dai turchi ottomani guidati da Maometto II e l’Impero Romano d’Oriente cessa di esistere. La sua caduta segna non solo la fine dell’Impero Romano, ma soprattutto la fine di un’epoca: molti storici datano al 1453 l’avvento dell’era moderna. Di questo evento straordinario, la Biblioteca Reale conserva preziose testimonianze quali manoscritti, alcuni di provenienza orientale, ed edizioni a stampa antiche.

    Negli stessi anni, tra il 1453 e il 1455, il tipografo e orafo tedesco Johannes Gutenberg, nella sua officina di Magonza, lavora con l’incisore Peter Schöffer alla produzione del primo libro stampato a caratteri mobili: La Bibbia delle 42 linee. L’intuizione del tipografo tedesco genera una vera e propria rivoluzione culturale: la produzione dei libri diventa una attività̀ seriale, riducendo tempi e costi rispetto alla realizzazione della copia manoscritta. La Bibbia delle 42 linee è uno dei libri più preziosi al mondo e gli esemplari completi di cui si abbia notizia sono quarantanove, nessuno dei quali conservato in Italia. La Biblioteca Reale possiede una carta del prezioso incunabolo che, in quest’occasione, viene esposta con altri esemplari di volumi per illustrare le principali tappe della diffusione del libro a stampa e le trasformazioni culturali e sociali generate.

    Tre anni dopo la caduta di Costantinopoli, nel 1456, il passaggio della cometa che prenderà il nome dall’astronomo Edmund Halley fa nascere nuove paure in Europa: la sua coda a forma di sciabola, infatti, sembra annunciare altri trionfi islamici. Papa Callisto III ordina ai cristiani preghiere, digiuni e penitenze. Il forte impatto dell’evento nella coscienza collettiva è testimoniato in numerose pubblicazioni e nell’iconografia di libri a stampa e manoscritti.

    La Firenze medicea nella quale Leonardo si è formato, esaminata dall’anno della congiura dei Pazzi, il 1478, è una magnifica fucina culturale dove si intrecciano le vite dei più grandi protagonisti del Rinascimento italiano quali Lorenzo de’ Medici, Agnolo Poliziano, Marsilio Ficino, Pico della Mirandola, Sandro Botticelli.

    Nell’ottobre del 1480, Botticelli, Cosimo Rosselli, Domenico Ghirlandaio e Pietro Perugino lasciano Firenze per dirigersi a Roma, chiamati ad affrescare le pareti della Cappella Sistina: in mostra è esposto un disegno preparatorio del Perugino per la scena del Battesimo di Cristo. Deluso per non esser stato scelto tra i frescanti della Cappella di Sisto IV, per cercare affermazione lontano da Firenze, nella primavera del 1482 il giovane Leonardo si reca nella Milano di Ludovico il Moro, narrata nelle splendide miniature del manoscritto Leggendario Sforza–Savoia. In mostra sono presenti diverse testimonianze della vita di corte nella seconda metà del Quattrocento e, tra queste, un affascinante trattato manoscritto sul gioco degli scacchi e il Codice Sforza del giovane Ludovico il Moro.

    Nel 1487 il navigatore portoghese Bartolomeo Diaz, proseguendo le esplorazioni lusitane lungo le coste occidentali dell’Africa, raggiuge e doppia per la prima volta il promontorio all’estremità meridionale dell’Africa, detto Capo Tormentoso, rinominato Capo di Buona Speranza dal re Giovanni II di Portogallo, in riferimento alle interessanti prospettive commerciali ravvisabili dopo la sua scoperta. Vasco da Gama, inviato da Giovanni II nel 1497, porta a termine il tragitto verso le Indie affrontando un viaggio che ridisegna le mappe del mondo medievale, con conseguenze paragonabili all’impresa di Cristoforo Colombo, che raggiunse invece le coste americane nel 1492.

    L’esperienza di ingegnere civile e militare, acquisita da Leonardo alla corte milanese, torna utile nel 1502 quando Cesare Borgia lo convoca per sostenerlo nelle sue lunghe e sanguinose campagne militari. In quest’occasione, Leonardo consolida l’amicizia con Nicolò Machiavelli, che probabilmente aveva già avuto modo di conoscere nei suoi trascorsi fiorentini.

    Nel 1503, con l’elezione al soglio pontificio di Giulio II, mecenate di progetti dallo straordinario impatto culturale, riprende la Renovatio Urbis politica e culturale di Roma. Al papa della Rovere si deve anche l’incarico a Michelangelo Buonarroti di ridipingere la volta della Cappella Sistina. In mostra è esposto uno splendido studio di Sibilla, opera di Michelangelo, e alcuni fogli coevi raffiguranti dei particolari della volta affrescata.

    Il successore di Giulio II, Leone X de’ Medici, chiama Leonardo a Roma; qui l’artista continua i suoi studi senza tuttavia ricevere commissioni ufficiali. Grazie al papa, Leonardo incontra a Bologna Francesco I, re di Francia e mecenate delle arti, che seguirà nel 1517 trasferendosi ad Amboise.
    La mostra analizza anche le figure di Cosimo I de’ Medici, nato nel 1519, e di Carlo V, incoronato imperatore del Sacro Romano Impero nell’anno di morte di Leonardo. Immancabili i riferimenti anche ad altri grandi personaggi dell’epoca, quali Albrecht Dürer ed Erasmo da Rotterdam.

    www.museireali.beniculturali.it

    Foto di copertina Daniele Bottallo

     

     

     

     

     

  • È l’eclettico Pelagio Palagi, disegnatore, architetto e pittore, il protagonista della mostra autunnale dei Musei Reali Pelagio Palagi a Torino. Memoria e invenzione nel Palazzo Reale, che dal 9 novembre 2019 al 9 febbraio 2020 approfondisce nello Spazio Scoperte della Galleria Sabauda l’attività svolta dall’architetto bolognese a Torino, dal 1832, in qualità di “Pittore preposto alla decorazione dei Reali Palazzi” per Carlo Alberto di Savoia.

    Il Palazzo Reale di Torino è per eccellenza il luogo in cui l’arte di Palagi ha raggiunto la massima espressione: l’architetto riallestì la residenza per i Savoia, conferendo alla struttura un nuovo e monumentale aspetto, allineato alle nuove esigenze legate alle grandi ambizioni del sovrano e al cerimoniale di corte. Un lavoro che oggi potremmo definire di restyling, eseguito anche grazie anche alla collaborazione di un team di pittori (Francesco Gonin, Carlo Bellosio), scultori e stuccatori (Giuseppe Gaggini, Francesco Somaini, Diego Marielloni), ebanisti (Gabriele Capello detto il Moncalvo), bronzisti (ditte Colla e Odetti, Manfredini e Viscardi).

    Cuore della mostra sono i trentuno fogli della Biblioteca dell’Archiginnasio di Bologna messi in dialogo, dove possibile, con le opere a cui si riferiscono. Il percorso espositivo inizia al secondo piano della Galleria Sabauda, precisamente dallo Spazio Scoperte. Accanto ai disegni progettuali relativi al Salone delle Guardie Svizzere e alle principali sale di rappresentanza, saranno anche allestite alcune opere effettivamente realizzate e tuttora conservate a Palazzo Reale. Nello specifico, il dipinto raffigurante San Michele Arcangelo(modello per una vetrata realizzata nel Castello di Pollenzo), il taboretto scolpito in legno dorato e il ricco candelabro figurato in bronzo dorato provenienti dalla Sala delle Udienze Private, a testimoniare l’attività dell’équipe palagiana. I diversi progetti, accostati uno all’altro, permettono di cogliere le caratteristiche stilistiche di Palagi, fra recuperi classici e rispetto delle preesistenze barocche. Ampio rilievo è dato alla progettazione della neoclassica Sala da Ballo, autentico capolavoro dell’artista, al disegno di un nuovo Scalone d’Onore (mai realizzato), agli ambienti e agli arredi dell’Armeria Reale.

    La mostra prosegue nello spazio adiacente lo Spazio Scoperte, con gli importanti progetti per le sale allestite al Secondo Piano di Palazzo Reale per le nozze di Vittorio Emanuele II avvenute nel 1842. I disegni per la cancellata, realizzata in bronzo nella Piazzetta Reale, e i progetti per i Giardini concludono questa sezione della mostra.

    Lungo il percorso di visita del Piano Nobile di Palazzo Reale è infine possibile seguire un vero itinerario palagiano, con rimandi ai disegni in mostra e visite guidate dedicate anche ad ambienti del Secondo Piano, normalmente chiusi al pubblico, dove le suggestive sale del Salotto Blu e del Salotto Rosso furono completamente riallestite dal Palagi.

    L’esposizione è curata da Giorgio Careddu, Franco Gualano e Lorenza Santa dei Musei Reali, con la collaborazione della prof.ssa Marinella Pigozzi dell’Università degli Studi di Bologna. Alla realizzazione dell’esposizione e del relativo catalogo hanno infatti partecipato l’Università di Bologna con la Scuola di Specializzazione in beni storico artistici che, nell’ambito di un progetto formativo confluito in un tirocinio, ha realizzato un censimento completo del fondo palagiano relativo agli odierni Musei Reali. Il frutto di questa ricerca sarà pubblicato in forma di regesto insieme alle schede scientifiche dei disegni esposti, redatte per l’occasione dagli studenti specializzati.

    Foto di copertina Credit Ⓒ Daniele Bottallo

  • A poco più di un anno dalla sua riapertura, martedì 29 ottobre 2019 a Parigi si è celebrato lo straordinario recupero della Cappella della Sindone, gioiello architettonico di Guarino Guarini, con l’assegnazione del prestigioso Premio del patrimonio europeo / Premio Europa Nostra 2019 per la categoria Conservazione.

    La cerimonia di premiazione dell’European Heritage Awards tenutasi  al Théâtre du Châtelet alla presenza del Commissario Europeo Tibor Navracsics sotto l’alto patrocinio del Presidente della Repubblica francese Emmanuel Macron.
    A ricevere il premio per i Musei Reali di Torino, di cui la Cappella è parte integrante, la Direttrice Enrica Pagella e la Direttrice dei lavori di restauro Marina Feroggio.

    Il premio è indetto dalla Commissione Europea ed Europa Nostra, principale rete per il patrimonio culturale che ogni anno celebra e promuove l’eccellenza nel campo del patrimonio artistico.

    In occasione della cerimonia di premiazione verrà svelato anche il vincitore della categoria Public Choice Award, in cui la Cappella della Sindone è stata inclusa e che nei giorni della votazione ha conosciuto un imponente sostegno da parte del pubblico italiano, manifestato in particolar modo attraverso i social e il web.

    I lavori di recupero del monumento barocco di Guarini sono stati definiti da più parti una “scommessa vinta” per la complessità e la difficoltà del restauro, che ha visto alternarsi tre diversi cantieri nell’arco di vent’anni. Oggi la Cappella della Sindone è uno dei gioielli barocchi più visitati apprezzati dai visitatori che non mancano di soffermarsi ad ammirare il capolavoro ritrovato

    A ricevere il premio per i Musei Reali di Torino, di cui la Cappella della Sindone, vincitrice nella categoria Conservazione, è parte integrante, la Direttrice Enrica Pagella e la Direttrice dei lavori di restauro Marina Feroggio.

    PHOTO credit: Daniele Bottallo

     

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