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  • Venti opere fotografiche collocate lungo il percorso di visita del Museo della Arti Orientali di Torino, sono il progetto che la fotografa inglese di origini turche, Güler Ates, ha realizzato per il MAO, all’interno di una proposta didattica formulata dalle Aziende e dagli Enti Soci della Consulta per la Valorizzazione dei Beni Artistici e Culturali di Torino per gli allievi dell’Accademia Albertina, con la Royal Academy of Schools di Londra, dove l’artista è Tutor.

    La mostra è parte di Art Site Fest 2019, curata da Domenico Maria Papa, giunge quest’anno alla quinta edizione e propone un percorso attraverso i linguaggi della contemporaneità – scultura, pittura, teatro, musica, letteratura – in dialogo con alcune delle più belle residenze del Piemonte.

    Le opere fotografiche di Güler Ates riprendono autentiche perfomance tra danza e teatro, contestualizzate per gli ambienti in cui hanno luogo.

    Le modelle, delle quali si intuisce appena la fisionomia, sono abbigliate con stoffe colorate, spesso preziose, rappresentano presenze metafisiche che si muovono all’interno degli ambienti storici, restituendone lo spirito.

    I progetti realizzati da Güler Ates sono ambientati in dimore e musei situati in diversi Paesi europei, Medio Oriente, India e Sud America.

    Nel corso della sua residenza torinese, Güler Ates ha prodotto alcune immagini tratte da shooting fotografici all’interno delle sale del MAO, dove ha allestito un vero e proprio set, per proporre e raccontare con il suo linguaggio una personale visione del Museo.

    Durante il suo lavoro l’artista è stata seguita da 25 selezionati studenti dell’Accademia Albertina, che hanno potuto partecipare alle diverse fasi del lavoro dell’artista e seguire un workshop sulla creatività e i contenuti del progetto che ha portato a SHORELESS.

    Le foto scattate al MAO, insieme ad altre immagini riprese in diversi Paesi e in particolare in India, costituiscono il nucleo della mostra SHORELESS, un dialogo aperto a livelli di interpretazione a confronto con le preziose collezioni del museo, un invito a riflettere sulla migrazione che da sempre caratterizza la storia dei popoli e l’incontro/scontro tra le culture. La mostra è, dunque, la condizione di un approdo sempre rimandato e mai definitivo, della costante messa in discussione delle identità culturali.

    Nella sua ricerca Ates è soprattutto interessata al dialogo tra Oriente e Occidente.

    Nell’approfondire i molti rapporti, intessuti nel corso dei secoli, rimango affascinatadice l’artistada come la cultura occidentale sia debitrice di forme e immagini verso l’Oriente, prossimo o lontano. E da come l’Oriente guardi da sempre all’arte europea come ad una fonte di ispirazione. La nostra epoca spesso dimentica questa millenaria storia di scambi, finendo paradossalmente per allungare le distanze, proprio in un momento storico che ci permette di accorciarle.”

    Secondo il curatore della mostra e direttore artistico di Art Site Fest, Domenico Maria Papa, “le opere di Güler Ates sono site responsive. Quando non sono create per gli spazi in cui sono esposte, sono sensibili ad essi. Si caricano delle qualità e dei significati dei luoghi. A differenza di una parte importante della produzione contemporanea, che spesso si astrae da un contesto per essere osservata nello spazio neutro di una galleria, la ricerca di Ates è da sempre indirizzata a cultura e storia degli ambienti ai quali si rivolge. Ogni sua opera mira, attraverso lo spiazzamento provocato dalle sue misteriose figure, a sollecitare lo spettatore, inducendolo a riconsiderare le sue abitudini percettive.”

    Il MAO – dice il direttore Marco Guglielminotti Trivelnasce come museo di arte orientale antica, ma si è aperto fin dal 2010 all’esplorazione della contemporaneità – ospitando in diverse occasioni sia le opere di artisti asiatici sia i lavori di artisti europei che si ispirano alle culture dell’Asia da varie prospettive. Il lavoro di Güler Ates coniuga queste due possibilità: artista di origine asiatica ma naturalizzata europea, guarda a un museo europeo di oggetti asiatici con uno sguardo da cittadina del Mondo. E in questo sguardo, attraverso il velo delle sue misteriose figure, si disvela la Musa ispiratrice della natura stessa di un museo come il MAO, che è stato creato e continua a vivere proprio per il superamento di dicotomie e di confini. Shoreless, per l’appunto”.

    Il Progetto Didattico promosso e sostenuto dalla Consulta di Torino è nato con l’intento di offrire una straordinaria opportunità agli allievi dell’Accademia Albertina: poter seguire un’artista nelle diverse fasi di realizzazione di un progetto espositivo, analizzarne i contenuti e osservarne la messa in opera.

    Afferma la Presidente Adriana Acutis: “Le imprese della Consulta per la Valorizzazione dei Beni Artistici e Culturali di Torino sono desiderose di offrire a studenti esperienze di alto livello, contestualizzate nel patrimonio sul quale si fonda l’identità della Città Metropolitana di Torino. Tale impegno vede nell’identità ereditata un punto di partenza per comunicazione, apertura e creatività e nella contestualizzazione un punto d’unione fra formazione artistica e realizzazione creativa e imprenditoriale.

     

    MAO Museo d’Arte Orientale Via San Domenico 11, Torino

    ORARIO da martedì a venerdì 10-18; sabato e domenica 11-19

    Photo di copertina: Guler Ates © Whirled.100×51.5cm.

  • Museo bello! di grande interesse improntato all’arte orientale .

    Non me lo sarei aspettata! Una mattina passata al MAO con effetto sorpresa.

    Collocato in uno stabile d’epoca, dislocato su piani, pezzi unici nel loro genere e provenienti da tutto l’Oriente, un riferimento di livello per appassionati di arte orientale.

    E’ necessario ritagliarsi due ore per la visita, perché è un museo da seguire e da metabolizzare.

    Permette di spaziare tra culture lontane e scoprire similitudine con la nostra e grandi differenze.

    Il percorso di visita è tranquillo, curato nei minimi dettagli, poco affollato, situazione favorevole per immergersi nella storia di culture lontane, eccellente e indimenticabile.
    Ho visitato il MAO durante l’esposizione di marionette e burattini della mostra “Le figure dei sogni”, prima mostra in Italia dedicata interamente la teatro di figura orientale.

    Allestimento affascinante, ricco di suggestioni e colori: ho fatto un percorso scolastico, imparando una che l’arte teatrale delle figure umane accomuna tutti i popoli del mondo, e le somiglianze tra loro maggiori delle differenze.

    In mostra 400 figure dalla collezione personale di Augusto Grilli, appassionato collezionista e fondatore della compagnia che porta il suo nome, per scoprire il mondo affascinante e complesso delle ombre, dei burattini e delle marionette cinesi, indiane, nepalesi, vietnamite, giavanesi, birmane, turche e greche.

    La mostra è un viaggio itinerante attraverso le diverse aree culturali, per condurre il visitatore alla scoperta degli straordinari aspetti del teatro di figura.

    Il wayang kulit, il teatro delle ombre giavanesi, dal 2003 è stato proclamato dall’Unesco parte del Patrimonio orale e immateriale dell’umanità.

    Questo massimo riconoscimento, conferito a un’arte ingiustamente ritenuta ancora oggi secondaria e popolare, sottolinea l’importanza che da secoli ha il teatro di figura in Oriente.

    L’allestimento della mostra mette in contatto diretto il pubblico con gli oggetti esposti ed è concepito in modo da rendere vive le figure, proponendo la ricostruzione di alcuni teatrini orientali.

    La mostra LE FIGURE DEI SOGNI è realizzata dal MAO Museo d’Arte Orientale in collaborazione con l’Associazione Culturale A.G.S.T. – Augusto Grilli Spettacoli Torino.

    Con il supporto di Turkish Airlines

    Le figure dei Sogni – Museo Arti Orientali di Torino

     

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