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  • Opere dalle collezioni di Giuseppe Iannaccone, della GAM e dei Musei Reali di Torino  in favore della Fondazione Piemontese per la Ricerca sul Cancro

    a cura di Annamaria Bava, Riccardo Passoni, Rischa Paterlini

    5 maggio – 12 settembre 2021

    GAM – Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino

    La GAM di Torino inaugura una mostra dedicata a un periodo storico molto intenso per l’arte italiana, tra la fine della Grande Guerra e il termine della Seconda Guerra Mondiale: 25 anni di storia raccontati con circa 130 opere attinte dal patrimonio del museo e da alcune opere scelte dalla Galleria Sabauda, facendo ruotare le due raccolte pubbliche intorno a una significativa selezione di 73 capolavori dalla ricca collezione privata dell’Avvocato Giuseppe Iannaccone di Milano.

    La mostra, curata da Annamaria Bava, responsabile Area Patrimonio dei Musei Reali, dal direttore della GAM Riccardo Passoni e dalla curatrice della collezione Iannaccone Rischa Paterlini, è stata voluta e ideata per evidenziare il ruolo curativo dell’Arte, quale veicolo di guarigione che attraverso la bellezza sollecita la salute del corpo come dell’anima. L’evento sostiene una raccolta fondi a favore della Fondazione Piemontese per la Ricerca sul Cancro Onlus in occasione dei suoi 35 anni di attività. L’esposizione è realizzata in collaborazione con Fondazione CRT e Intesa Sanpaolo.

    Dal dialogo tra le tre collezioni, due pubbliche e una privata, nasce quindi questa mostra dove si è voluto indagare, attraverso opere di grande qualità artistica, la storia, le idee, i progetti e gli scontri che caratterizzarono gli anni tra le due guerre. Questi venticinque anni della nostra storia videro nascere, dopo i turbolenti anni dell’Avanguardia, i principi di “Valori Plastici” che, prendendo ispirazione dalla solennità del grande passato italiano, certamente influenzarono la retorica di un’arte fascista, che in seguito si sviluppò nel richiamo al classicismo: un’arte che prediligeva le impostazioni chiare e sobrie, con riferimento alla purezza delle forme e all’armonia nella composizione.

    La collezione di arte italiana tra le due guerre di Giuseppe Iannaccone rappresenta oggi un unicum nel panorama italiano e internazionale, e nasce nei primi anni Novanta con la volontà manifesta di ricostruire un’alternativa a questa dimensione retorica e ufficiale, riuscendo a rintracciare le opere di un significativo gruppo di artisti che credettero in un’arte dalle molte possibilità espressive, in un arco temporale che va dal 1920 al 1945. 

    La raccolta riunisce dunque le opere di artisti le cui ricerche hanno sviluppato visioni individuali e collettive controcorrente rispetto alle politiche culturali fasciste di ritorno all’ordine e classicità monumentale novecentista. Dalla poesia del quotidiano di Ottone Rosai e Filippo De Pisis all’espressionismo della Scuola di via Cavour (Mario Mafai, Scipione, Antonietta Raphaël), dal lavoro di scavo nel reale di Fausto Pirandello, Renato Guttuso e Alberto Ziveri, alle correnti dei Sei di Torino (Jessie Boswell, Gigi Chessa, Nicola Galante, Carlo Levi, Francesco Menzio, Enrico Paulucci) e del Chiarismo lombardo (Angelo Del Bon, Francesco De Rocchi, Umberto Lilloni), fino alle forze innovatrici dei pittori e scultori di Corrente (Ernesto Treccani, Renato Birolli, Lucio Fontana, Aligi Sassu, Arnaldo Badodi, Luigi Broggini, Giuseppe Migneco, Italo Valenti, Bruno Cassinari, Ennio Morlotti, Emilio Vedova), la collezione rappresenta un’originale e importante testimonianza di una stagione creativa, complessa e vitale, dell’arte italiana del Novecento.

    La mostra prevede un confronto incrociato con circa 60 opere provenienti dalle collezioni della GAM e dei Musei Reali: un accostamento che è stato possibile perché la maggior parte degli artisti della collezione Iannaccone sono presenti nelle raccolte della GAM grazie all’incremento del patrimonio, avvenuto proprio negli anni specifici del progetto, poi proseguito fino ad oggi con la recente acquisizione del Nudo rosso di Francesco Menzio da parte della Fondazione De Fornaris. Pochi sanno che la Galleria Sabauda, oltre a capolavori dal Trecento al primo Ottocento, possiede una cospicua raccolta di primo Novecento, confluita nelle sue collezioni in seguito al riaccorpamento delle opere acquisite dal 1935 al 1942 dalla Soprintendenza all’Arte Medievale e Moderna per il Piemonte e la Liguria, investendo importanti risorse finanziarie per rappresentare gli esiti dell’attività degli artisti piemontesi contemporanei. Una sfida particolare è stata inoltre quella di presentare, accanto alle opere novecentesche, alcune mirate opere di arte antica della Galleria Sabauda, che si scalano tra il Cinquecento e il Settecento, particolarmente efficaci per evocare lontani ricordi, suggestioni e confronti, tematici o stilistici, che consciamente o inconsciamente sembrano aver influenzato e stimolato i nostri artisti di primo Novecento.

    L’esposizione si articola in sezioni tematiche: Interni; Figure; Allegorie e Ritratti; Nature morte;
    Paesaggi / vedute ed è accompagnata da un catalogo edito da Silvana Editoriale, curato da Annamaria Bava, Riccardo Passoni e Rischa Paterlini, che include tutte le riproduzioni delle opere in mostra e testi di approfondimento.

    La Fondazione Piemontese per la Ricerca sul Cancro Onlus opera dal 1986 e grazie alla generosità di oltre tre milioni di sostenitori – privati, associazioni, fondazioni, imprese e istituzioni del territorio – ha realizzato un grande progetto: l’Istituto di Candiolo IRCCS, che con il quotidiano impegno di medici, ricercatori, infermieri e tecnici è divenuto un centro oncologico di eccellenza e di rilievo internazionale al servizio di tutta la comunità. La Fondazione taglia quest’anno il traguardo dei 35 anni di attività dando avvio a un piano di ampliamento dell’Istituto che nei prossimi anni metterà a disposizione di pazienti, medici e ricercatori nuovi spazi di cura e di ricerca.

    GAM – GALLERIA CIVICA D’ARTE MODERNA E CONTEMPORANEA | Via Magenta, 31 – 10128 Torino 

    Informazioni e orari di apertura: https://www.gamtorino.it/it 

  • Mao Torino : 28 aprile – 26 settembre 2021

    La collezione d’opere d’arte proveniente dall’Asia meridionale comprende quattro dipinti religiosi incentrati sulla figura del dio Krishna, di cui tre di notevoli dimensioni. L’esposizione si propone di mostrare al pubblico questo tipo di produzione pittorica (picchavai), accompagnata da una selezione di componimenti poetici ascrivibili alla corrente devozionale della bhakti, nell’ottica di esaltare attraverso la visita il concetto di esperienza estetica cara alla tradizione indiana, il rasa. Il termine rasa, che significa “succo”, “essenza” o “gusto”, indica un particolare stato emozionale che è intrinseco all’opera d’arte, sia essa visiva, letteraria o musicale, e che riesce a suscitare nello spettatore la corrispondente disposizione d’animo. Le poesie presentate in mostra accanto ai dipinti, oltre a essere una chiave di lettura evocativa delle raffigurazioni pittoriche, intendono invitare a un pieno godimento estetico dell’esposizione attraverso il linguaggio universale dei modi dell’arte.

    I picchavai, opere pittoriche delle scuole del Rajasthan, sono grandi dipinti devozionali su tela libera consacrati al dio Krishna, una delle divinità indiane più conosciute in Occidente, manifestazione terrena del dio Vishnu e fulcro della corrente devozionale della bhakti. Tradizionalmente vengono esposti nella sala interna del tempio dove è venerata l’immagine di Krishna per adornare le pareti e gli arredi. I dipinti, di grande espressività artistica, raccontano la vita terrena del dio Krishna attraverso una serie di contesti diversi, che variano nel corso dell’anno in base al calendario delle festività relative alla divinità. Di particolare rilievo sono le raffigurazioni denominate Raslila, che rappresentano Krishna mentre intesse giochi amorosi con le giovani mandriane (gopi) nei boschi di Vrindavan, luogo dove la tradizione religiosa colloca la sua giovinezza. Lila significa appunto “gioco” e nell’ambito della corrente devozionale della bhakti questo termine è inteso in senso simbolico: le anime umane sono viste come “amanti” passionali del dio “amato”, rapite estaticamente in una danza amorosa con la divinità, come le gopi con Krishna. 

    Fra i versi che accompagnano i dipinti, il più antico risale alla Bhagavad-gita, uno dei testi sacri per eccellenza della tradizione hindu e di fondamentale importanza nel contesto delle correnti devozionali krishnaite, che risale al II secolo a.C. e che celebra la maestosità universale del Beato, epiteto attribuito a Krishna. Compiendo un salto temporale dall’antica tradizione brahmanica alle forme più recenti dell’induismo, tre dei quattro componimenti poetici sono invece traduzioni inedite da testi hindi ascritti a grandi poeti devozionali del XV – XVI secolo, epoca in cui l’India settentrionale si trovava sotto la dominazione islamica.  I testi letterari della corrente della bhakti di questo periodo evidenziano un ambiente culturale particolarmente fecondo, dove la fede devozionale per il dio amato apre le porte a nuove forme espressive che descrivono compiutamente una società multiculturale in cui musulmani e indù, uomini e donne, attraverso l’espressione artistica, diventano veicoli della simbiosi culturale in atto nella società indiana di quel periodo.

    MAO Museo d’Arte Orientale- Via San Domenico 11, Torino

    INFO t. 011.4436932 – www.maotorino.it

  • SUL PRINCIPIO DI CONTRADDIZIONE
    Francesco Barocco, Riccardo Baruzzi, Luca Bertolo, Flavio Favelli, Diego Perrone

    5 maggio — 3 ottobre 2021
    GAM — Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea Torino

    “Non è un tema, né un linguaggio quello che unisce i cinque artisti presenti in questa esposizione. È piuttosto la presenza di uno spazio di possibilità all’interno delle loro opere, composte, quasi sempre, da almeno due elementi, da due o più nature, da due o più immagini non pienamente conciliabili tra loro e legate da un vincolo di ambiguità che talvolta diviene chiaro rapporto di contraddizione. La forza emotiva del loro lavoro, pur nella grande diversità del loro procedere, sembra nascere dalla vibrazione di quello spazio generato tra elementi che non possono compiutamente sovrapporsi, né coincidere in un’affermazione univoca, che continuano a scivolare l’uno sull’altro e a pretendere attenzione uno a dispetto dell’altro.

    Ciò che unisce questi cinque artisti è la capacità di tenere all’interno delle loro opere lo spazio che separa e congiunge più rappresentazioni e di riconoscere il loro sovrapporsi nel tempo, di accogliere nel corpo stesso dell’opera il cono d’ombra da cui provengono svelando l’inesauribilità delle immagini, il loro emergere continuo e ripetuto. Una inesauribilità che è anche consapevolezza della perdita. A ogni apparire qualcosa si chiarifica e qualcosa recede nel fondo, sparisce nel buio.

    È lo spazio della dimensione umana quello della contraddizione, dell’ambiguo sovrapporsi di opposti, dove ogni immagine conduce per mano la sua ombra, ogni parola porta con sé l’impossibilità di dire e ogni nuovo sorgere è un separare.

    Parlare di un principio di contraddizione, porre queste parole a titolo di una mostra è un gioco antinomico, provoca in chi lo legge l’istinto a correggere la frase riportandola alla sua formulazione aristotelica. Il principio che tutti noi conosciamo è quello di non contraddizione. E su quel principio si regge la costruzione del pensiero su cui si fonda l’argomentazione logica e la solidità della scienza il cui progresso è stato determinato per esclusione di teorie contrapposte. L’accoglimento della contraddizione può sembrare una libertà che l’arte può rivendicare per amore di bizzarria, una libertà contro la ragione. Le due strade, quella del mito e quella del logos si sono divaricate all’inizio della filosofia, da una parte un racconto molteplice, indefinitamente variato e intessuto di una polisemia di simboli, dall’altra la logica e l’esercizio della dialettica che ad ogni bivio impongono una scelta, un vero e un falso. Eppure le odierne teorie scientifiche e filosofiche, dalla fisica quantistica alla logica paraconsistente e al dialeteismo, ci pongono a confronto con la contraddizione ammettendo all’interno dei loro campi la sovrapposizione e la compresenza di verità opposte, di determinazioni contrarie. Anche questo ci offre una piccola conferma che lo spazio di ambiguità e di vibrazione di significati inconciliati che le opere di questi cinque artisti ci presentano sia un luogo in cui vale la pena sostare: luogo della consapevolezza, della irrisolta condizione umana e spazio di pensiero che ci proietta all’indietro nel tempo, verso i dualismi originari propri di ogni cultura, e in avanti, verso le nuove rappresentazioni del mondo che più progrediscono e più si scoprono antiche.

    Molteplici sono le ragioni per le quali il lavoro di ciascun artista è stato considerato necessario all’esposizione e più complesse di quanto possa essere accennato qui in poche righe, ma certo le riflessioni che hanno preceduto questa mostra nascono in risposta all’immaginario di Flavio Favelli (Firenze, 1967), delle sue composizioni architettoniche fatte di note impassibili e insieme di echi viscerali, dei suoi retri di specchio che imprigionano le immagini invece di rifletterle, della sua capacità di far riemergere dal fondo del tempo la tragicità di avvenimenti storici insieme all’apparente leggerezza delle pubblicità che li accompagnarono sulle pagine dei giornali, di mostrarci come la memoria tenga insieme gli uni e le altre, per scoprire poi che, tra i due elementi, il vero geroglifico, l’immagine sprofondata in un tempo lungo e immutabile, non è l’avvenimento storico ma il simbolo pubblicitario. 

    Allo stesso modo, le ragioni di questa mostra si sono formate di fronte alle Veroniche di Luca Bertolo (Milano, 1968), indugiando sulla loro ostensione fatta di nascondimento, considerando la bellezza dei suoi dipinti paradossalmente protetta sotto tracce sfiguranti di spray, le sue eclettiche scelte stilistiche fatte in contrasto con l’oggetto del quadro, le sue ambigue superfici pittoriche composte di piani che paiono scivolare gli uni sugli altri contraddicendosi. 

    La mostra nasce pensando al lavoro di Diego Perrone (Asti, 1970) perché guardare una sua scultura di vetro significa guardare un volume e insieme un vuoto, un buco nello spazio dove lo sguardo a tratti passa attraverso e a tratti si arresta sua materia, sul dettaglio definito del bassorilievo, mentre l’attenzione corre già alle lingue di colore acceso che non coincidono con le figure scolpite, ma vi si sovrappongono. E mentre il nostro sguardo è catturato da queste diverse lusinghe, il peso del nostro corpo e le sculture col loro basamento fluttuano su un ulteriore piano: un pavimento reso liquido e instabile dalla presenza di altre immagini, di altri colori.

    Il pensiero dell’indecidibile si è nutrito dell’osservazione delle opere di Francesco Barocco (Susa, 1972) dell’impossibilità di dire se i suoi disegni di nera grafite siano il fondo oscuro da cui emerge il bianco della sua scultura o se siano le ombre a posarsi sul gesso per animarne il corpo in diverse presenze. Così come si è nutrito del suo non-finito fatto di perdita e insieme di possibilità, dei suoi titoli di altre opere incisi sulle sue opere, a evocare altre immagini, altri tempi, altri artisti.

    Così come quel medesimo pensiero ha trovato nuove conferme, nuovo terreno di riflessione, nelle trasparenze di Riccardo Baruzzi (Lugo, 1976), nelle sue tele fatte di figure abitate da altre figure, di contorni che si sovrappongono in uno spazio contraddittorio, di sfondi profondi e senza tempo da cui emergono immagini sempre sul punto di dissolversi nuovamente. Il suo immaginario si nutre della conoscenza dell’arte passata così come di forme di decorazione popolare e l’apparente contrasto si scioglie nella leggerezza di una pratica che si muove libera tra la linea pittorica, il disegno digitale, il riverbero sonoro e l’azione performativa.”    Elena Volpato

    La mostra è accompagnata da un catalogo pubblicato da Viaindustriae

    GAM – GALLERIA CIVICA D’ARTE MODERNA E CONTEMPORANEA | Sala del Contemporaneo, piano -1 | 

    Via Magenta, 31 – 10128 Torino 

    Per informazioni e orari di apertura: https://www.gamtorino.it/it

  • Il manager dello spettacolo Antonio Desiderio e tanti altri artisti tra cui étoile e coreografi di fama internazionale della Antonio Desiderio Management hanno lanciato un appello per chiedere la riapertura dei teatri immediata.

    La situazione per il mondo dello spettacolo è sempre più drammatica e le riaperture dei teatri annunciate con numeri ridotti e modalità di accesso difficilmente sostenibili, si parla di tampone obbligatorio prima dello spettacolo, potrebbero dare il colpo di grazia ad un settore già martoriato. Antonio Desiderio e tantissime stelle della danza e dell’opera nazione ed internazionale – di cui molti facenti parte della sua Desiderio Management – si sono voluti riunire lanciando un accorato appello alle istituzioni.

    Antonio Desiderio manager di opera lirica e balletto internazionale: “La  riapertura dei teatri sottoposta al solo pubblico vaccinato, è l’ennesima discriminazione di un luogo che dall’inizio ha patito e sta ancora patendo la mal volontà ed un accanimento immotivato del nostro governo. Non si è voluta trovare da un anno nessuna soluzione per i teatri e la cosa piu semplice è stata per loro tenerli chiusi, portando allo sfinimento questo settore che da sempre è motivo di vanto nel mondo ed infrangendo i dettami della nostra Costituzione fondata sul lavoro e sulla democrazia.

    I teatri vanno aperti, contingentando il pubblico proporzionalmente in base alla capienza del teatro stesso (no con capienza uguale per tutti) nella stessa identica maniera in cui lo si è fatto per i programmi televisivi che già da tempo hanno ripreso con pubblico in presenza.”

    Kristian Cellini coreografo internazionale: “In attesa di essere tutti vaccinati e tornare alla “normalità”, credo che una soluzione potrebbe essere quella di richiedere l’esito del tampone  rapido al pubblico fatto 72 ore prima dello spettacolo ( come già avviene per i viaggi di lavoro e in alcune produzioni  teatrali e televisive); oppure predisporre il giorno stesso dello spettacolo un presidio medico all’interno del teatro per il tampone rapido considerando che ci sarà ancora per un po’ un numero ridotto di pubblico.”

    Sabrina Borzaga docente Kino Centro Danza ed ideatrice del Metodologia Entolè: “Personalmente credo che l’inserimento dell’obbligo vaccinale per entrare nei teatri contribuirà ancora di più ad allontanare il pubblico, considerato che tutti coloro che non accetteranno ricatti (me compresa) piuttosto che vaccinarsi rinunceranno; tra l’altro un ricatto simile viola l’articolo 31 della costituzione italiana e non dimentichiamo quanti dei nostri nonni sono morti per la nostra libertà. Inoltre non si comprende tutto questo accanimento nei confronti dei teatri a fronte di luoghi molto più pericolosi dal punto di vista degli assembramenti come i mezzi di trasporto o i centri commerciali…quindi si può entrare in un centro commerciale o in un aereoporto senza vaccino ma in teatro no? Vista così sembra una congiura nei confronti del mondo teatrale”.

    Matteo Addino, coreografo della trasmissione tv Il Cantante Mascherato in onda su Rai 1 e direttore della Compagnia Experience Danze Company: “Come si può vivere senza arte lo abbiamo capito. E credo che si viva male. Male perché  esprimere il nostro sentire attraverso il movimento, la parola ci mette in comunione con qualcosa di più alto che non è solo esibizione ed ego. Ci riconcilia con i rifiuti i lutti, la rabbia: le esperienze dure difficili si incanalano e si risolvono. Oppure si celebra la vita, la forza, la determinazione. Tutto questo in uno scambio con il pubblico che respira e vive con l’arte lo stupore. Chiedere i teatri significa questo. Significa perimetrare la natura umana. Rinchiuderla. È un anno questo, di nebbia. I professionisti sono monchi con  bonus che servono solo a sopravvivere. Ti tengono in piedi come un’impalcatura,  l’arte chiede uno scheletro, la forza dei muscoli, la testa alta, gli occhi rivolti all’orizzonte per sognare. E siamo stanchi, tutti,  dentro questa cattività forzata. Escludere i non vaccinati sarebbe una discriminazione, chiediamo un protocollo che permetta buona sicurezza senza tagliare fuori nessuno”.

    Andrea Volpintesta primo ballerino del Teatro Alla Scala di Milano: “Le richiesta dei vaccini per la riapertura dei teatri potrebbe essere ulteriore freno alla ripresa, dovuto allo scetticismo ancora imperversante nella popolazione e questo prevederebbe una platea poco nutrita e che sarà contingentata; inoltre la popolazione è ancora indietro sulle tempistiche di vaccinazione e di certo non si può attendere l’immunità di gregge. Il nostro pensiero è più orientato su misure preventive, come si era pensato da subito, e quindi sanificazione di persone e ambiente e capienza contingentata, mascherine obbligatorie per tutta la durata dello spettacolo. Forse il tampone sarebbe una buona soluzione, ma di certo non la vaccinazione considerando le tempistiche per questo, no. E cmq il vaccino serve solo per entrare in teatro?! E i supermercati e i centri commerciali?! Allora il vaccino per poter andare ovunque non solo in teatro”.

    Sabrina Brazzo, étoile Teatro alla Scala di Milano: “Ancora una volta la politica ci chiede di dare esempio. Ma questo è strano, abbiamo tenuto duro definendoci soggetti che sanno far divertire ma il messaggio non doveva essere questo. Ci daranno ora la possibilità di andare avanti e riprendere? Ancora si parla di una falsa idea di settore elitario quando invece non è cosi. Non si vuole dare il giusto rilievo alla Danza. Al di la di vaccinarsi per il bene di tutti, non si può chiedere ancora di essere di esempio in questa situazione drammatica, non avendo poi dei veri numeri di contagio sul quale fondare tutto questo”.

    Maria Grazia Gargioli coreografa e già direttrice del Coropp di Ballo della Fondazione Arena di Verona: “Friedrich Nietzsche diceva “Conta per perduto un giorno senza danza” Quanti giorni ancora dobbiamo perdere della nostra vita, della nostra storia, del nostro essere artisti. Fateci tornare a vivere e risorgere come la fenice più forti e più belli dalle nostre ceneri 

    In Italia ogni piazza, borgo è un palcoscenico naturale, aspettateci stiamo arrivando!”

    Giuseppe Picone étoile internazionale, già Direttore del Ballo del Teatro San Carlo di Napoli: “Un famoso detto dice ” Impara l’arte e mettila da parte”. La mia paura è dover testimoniare che l’arte può essere tranquillamente messa da parte”.

  • Mercato del libro: nel primo trimestre 2021 cresce a volume e soprattutto a valore.

    Gli indipendenti battono il mercato, crescendo del 34%. E raggiungono il 47,3% del valore globale.

    Roma, 21 aprile 2021

    Adei, in collaborazione con GfK, ha presentato i dati del mercato del libro relativi al primo trimestre 2021*. Per la prima volta, oltre ai dati generali di mercato si sono rilevati in dettaglio i valori degli editori indipendenti, suddivisi per generi e classi di fatturato.

    Il mercato registra una crescita significativa, pari al 29,8% per numero di libri venduti. Ma gli indipendenti segnano una crescita in volume del 34%, superiore dunque alla media del mercato. Gli sconti praticati da librerie, GD e rivenditori online sono scesi dal 9,5% del 2020 al 4,7% del 2021.

    “Se il mercato avesse mantenuto lo sconto medio del 2020, si sarebbero bruciati ben 16,6 milioni di euro, come rileva il dato panel GfK” dichiara Marco Zapparoli, presidente di Adei “e il valore degli editori indipendenti, nel loro insieme, è salito al 47,3%”, conclude.

    “Non solo la Legge che ha visto prima firmataria Flavia Piccoli Nardelli non ha danneggiato il mercato: oltre a renderlo più equo, ha generato da subito performance migliori. Nel settore della fiction, noi indipendenti siamo cresciuti in volume del 43%” aggiunge Sandro Ferri, editore di e/o. “Mentre nel settore bambini e ragazzi”, conclude Francesca Archinto, editore di Babalibri” siamo cresciuti del 29,3%, contro il 20,8% del mercato. Gli editori più piccoli, con fatturato inferiore a 300.000 euro, hanno guadagnato terreno”.

    Questi risultati estremamente positivi confermano il costante trend di crescita dell’editoria indipendente in Italia. Il valore complessivo del segmento indipendente, infatti, si attesta al 47,3% del mercato.

    Ricordiamo che per editori indipendenti si intendono tutte le società editoriali che non fanno parte, e non sono partecipate, da uno dei gruppi proprietari, in tutto o in parte, di uno o più marchi editoriali, di una società di distribuzione, di una catena di librerie.

    *Dal 4 gennaio al 28 marzo 2021

    Ufficio stampa

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  • Fonte FinestreSull’Arte 11/04/2021, 11:30:44

    Oggi, con la nostra rubrica dei programmi tv, scopriamo il palinsesto dal 12 al 18 aprile.

    Su Rai 1 la quarta puntata della serie tv Leonardo sarà trasmessa lunedì 13 aprile alle 21.25.

    Continua su Rai 3 l’appuntamento con Cultura presenta Maestri dal lunedì al venerdì alle 15.25.

    Su Rai 5 ci saranno delle repliche di Museo con vista da martedì al venerdì alle 20.15. Il film Loving Vincent andrà in onda martedì 13 aprile alle 21.15. Venerdì 16 alle 19.22 ci sarà la puntata di I più grandi musei del mondo dedicata al Museo del Prado, mentre alle 21 Art Night parlerà di Botticelli e Gillo Dorfles.

     

    Su Rai Storia le puntate 38, 39 e 40 di #Maestri saranno trasmesse mercoledì, giovedì e venerdì alle 17.30.

    Su Sky Arte dal lunedì al venerdì alle 9.30 continua la rassegna di Sette meraviglie. Lunedì 12 aprile alle 16 torna Banksy Most Wanted. Martedì 13 alle 17.45 sarà nuovamente proposto Il caso Caravaggio. Mercoledì 14 alle 1730 sarà trasmesso Michelangelo – Il cuore e la pietra. Giovedì 15 alle 18.15 torna Brunelleschi e le grandi cupole del mondo seguito dal Io, Leonardo. Venerdì 16 alle 16.20 torna Goya – Visioni di carne e sangue, mentre alle 20.15 ci sarà una replica di Luce Social Club.

     

  •  A un anno dall’inizio della pandemia, i 12 assessori alla Cultura delle grandi Città italiane hanno presentato alla stampa le loro proposte a sostegno degli ecosistemi culturali urbani, resi fragili da un anno di emergenza sanitaria e dall’incertezza che ancora governa la loro attività.

    Consapevoli da subito dei danni che la situazione pandemica avrebbe provocato nel sistema socio-culturale del Paese, gli assessori Luca Bergamo (Roma), Filippo Del Corno (Milano), Francesca Leon (Torino), Ines Pierucci (Bari), Paola Mar (Venezia), Tommaso Sacchi (Firenze), Paolo Marasca (Ancona), Matteo Lepore (Bologna), Paola Piroddi (Cagliari), Eleonora De Majo (Napoli), Barbara Grosso (Genova), Mario Zito (Palermo), riuniti in un coordinamento, hanno interloquito nei mesi scorsi sia con il Ministero che con ANCI, ottenendo risultati concreti, soprattutto per quel che concerne le garanzie riservate ai lavoratori della cultura.

    Frutto del lavoro di coordinamento costante e della volontà condivisa di dare piena realizzazione al diritto alla cultura, le proposte presentate oggi dai 12 assessori si iscrivono all’interno di un’auspicata alleanza tra il Governo e i territori in cui la cultura esiste, produce e si sviluppa.

    Musei, teatri, luoghi di spettacolo, sedi espositive, luoghi d’arte e cultura: le Città intendono mettere a disposizione del Governo la propria conoscenza capillare del mondo culturale e delle sue problematiche, ponendo le basi e stabilendo insieme i protocolli per una ripresa il più possibile certa, rapida e omogenea in tutto il territorio nazionale.

    Le proposte presentate riguardano:

    a) la garanzia dell’apertura dei luoghi di cultura con un protocollo unico: questo eviterebbe la reversibilità delle aperture, a meno di situazioni particolarmente gravi, garantirebbe la continuità del presidio culturale sul territorio, assicurerebbe il lavoro e fiducia, darebbe sostanza al diritto inalienabile alla cultura e fornirebbe ai cittadini alternative controllate e sicure, invece di obbligarli a una socialità compressa in pochi, e poco controllati, luoghi pubblici o privati.

    L’esperienza delle Città, la serietà con cui teatri, musei e luoghi di cultura hanno mostrato di saper gestire i periodi di apertura, l’elasticità del servizio, la disponibilità ad adattarsi ai vincoli che di volta in volta si rendono necessari, rendono questo obiettivo realisticamente possibile.

    b) la garanzia dell’apertura degli istituti museali e dei luoghi di cultura anche nei weekend, nel rispetto di ogni norma prevista ad oggi per il contenimento del rischio sanitario e in attesa dell’auspicato protocollo unico. Un intervento necessario per la sostenibilità del lavoro culturale, per garantire la continuità nella conservazione del patrimonio, per consentire l’accesso ai luoghi di cultura a tutti i lavoratori del Paese, e quindi il pieno rispetto del diritto alla cultura.

    1. c) la costituzione di un Tavolo permanente Enti Locali in costante dialogo con il Ministero alla Cultura e, nell’ambito del nuovo assetto dei sottosegretariati ministeriali, la creazione di un sottosegretariato con delega ai rapporti con ANCI ed Enti Locali, come già avvenuto in passato per il Turismo. Questo nuovo riferimento aprirebbe un dialogo costante con il Ministero e garantirebbe la concertazione di politiche culturali – necessarie per la rinascita del Paese – tra Governo centrale e le Città, che si metterebbero a disposizione con spirito di servizio come interlocutori per la costruzione di politiche condivise e come portavoce delle istanze derivanti dai territori.

    Infine, gli assessori hanno auspicato la creazione di un fondo speciale destinato alla ripartenza delle Città sul piano culturale.

    Queste proposte nascono dall’esperienza di governo locale e dall’impegno continuo e costante nella tutela della produzione, della programmazione e del lavoro culturale. Con il senso pratico che distingue il mondo delle Città, a un anno dall’inizio della nostra collaborazione, vogliamo allinearci a quanto sostenuto dal Presidente del Consiglio Mario Draghi nella replica al Senato: ‘Il rischio è di perdere un patrimonio che definisce la nostra identità […] Molto è stato fatto, serve fare ancora di più’”, hanno dichiarato gli assessori.

  • Mostra Virtuale

    E’ uscito in libreria il volume “Fragile bellezza: arte e oreficeria contemporanea”, pubblicato da Silvana editoriale.

    Il volume racconta la collaborazione fra artisti e aziende orafe di Valenza a partire dagli anni ’50 e documenta la creazione, proprio per questo progetto, di dieci nuove opere frutto della fusione fra il pensiero artistico e il saper fare artigianale.

    Protagonisti dell’iniziativa sono stati gli artisti Elizabeth Aro, Güler Ates, Enrica Borghi, Antonio De Luca, Paolo Delle Monache, Mario Fallini, Fukushi Ito, Carlo Galfione, Project-To, Alice Zanin e le aziende orafe valenzane Ceva Gioielli Srl, Crivelli Srl, Il Diamante Snc, Gioj Srl, Leo Pizzo Spa, Margherita Burgener, Ofir Srl, Scuola Orafa For.Al “Vincenzo Melchiorre”, Vendorafa Lombardi Srl e Villa Pedemonte Atelier (VPA) Srl.

    Una mostra con l’esposizione dei dieci oggetti frutto di questa collaborazione avrebbe dovuto inaugurare la scorsa primavera ma, a causa delle limitazioni causate dalla crisi pandemica, non si è potuta per ora ancora realizzare.

    Dal 21 dicembre 2020 è, possibile accedere al tour virtuale della mostra collegandosi alla pagina facebook del Centro Comunale di Cultura di Valenza o al portale www.archiviorafivalenza.it.

    Il volume è anche il catalogo delle mostre della rassegna “Fragile bellezza” che sono state realizzate tra dicembre 2019 e febbraio 2020 nelle città di Valenza e di Casale Monferrato: Memoria e Territorio con le opere di Ezio Campese, Saverio Cavalli, Laura Rivalta e Paolo Spalla, Ritratto di Signora con gioiello con le fotografie di Walter Zollino, Acqua…un mormorar di fiume con i progetti grafici elaborati dagli allievi del corso di design dell’IIS “Benvenuto Cellini” di Valenza e i gioielli realizzati dai ragazzi della scuola orafa For.Al “Vincenzo Melchiorre” di Valenza.
    La pubblicazione di “Fragile bellezza”, proprio in questo periodo storico, è una ulteriore dimostrazione di come i valenzani sappiano reagire e trarre da un progetto interrotto, qualcosa di ancora più utile e bello.

    Noi crediamo che l’arte sia sempre, anche in momenti di crisi sociale ed economica, necessaria (Maurizio Oddone, Sindaco di Valenza – Alessia Zaio, Assessore ai Beni Culturali)

    Arte e gioielli a Valenza: dialogo tra passato e contemporaneità. Lungo i decenni è avvenuto un dialogo tra il mondo dell’arte e l’oreficeria: artisti , maestri orafi e designer che a partire dagli anni ’50 hanno condotto ricerche e sperimentazioni connettendo ambiti come le arti visive, quelle plastiche e il gioiello. Presenze e esperienze coinvolte in un confronto desiderato, seppure a volte complicato, che trova nell’oro, come preziosa materia dell’arte, un elemento di unione, una trama

    lucente di individui, pensieri, opere, intenti.

    (Lia Lenti)

    Il diffondersi di una terribile pandemia segna l’attualità che viviamo, lasciandoci terribilmente indifesi di fronte a un’insidia pericolosa.

    Il tema della fragilità apre a una nuova prospettiva estetica, grazie alla quale è possibile istituire una più autentica relazione con il mondo. Fragile bellezza vuole dunque essere qualcosa di più del titolo di un progetto e nasce come un programma di sperimentazione per un rinnovato rapporto tra arte contemporanea e produzione orafa.

    (Domenico Maria Papa)

    Il volume “Fragile bellezza: arte e oreficeria contemporanea” e le esposizioni inaugurate lo scorso inverno sono state realizzate grazie al fondamentale contributo della Regione Piemonte e delle Fondazioni CRAL e CRT.

  • Il Museo del Grande Torino e della Leggenda Granata è nato e vive grazie solo ai volontari che con la loro quotidiana opera hanno permesso di raccogliere cimeli legati agli eventi e alle imprese accaduti nei 114 anni del club granata e portano avanti la storia del Torino divulgandola e tramandandola ai posteri. I volontari non ricevono alcun compenso e, anzi, di prodigano incessantemente per raccogliere i fondi che permettono al Museo del Toro di esistere. Qualsiasi museo per esistere ha bisogno di soldi, anche il Museo del Toro e aiutare il @MuseoDelToro a costo zero oggi si può attraverso la dichiarazione dei redditi donando il 2 per mille.

    Che cos’è il 2 per mille? Sono le quote dell’imposta dovuta da ciascun contribuente da destinare a determinati soggetti, enti, associazioni che operano in diversi ambiti della società. Queste quote sono destinate dal contribuente attraverso la dichiarazione dei redditi, Farlo non comporta nessuna maggiorazione d’imposta perché la quota è prelevata dall’imposta medesima, che è comunque già pagata. E anche coloro che non sono obbligati alla consegna della dichiarazione dei redditi possono presentare la scheda unica di assegnazione con cui destinare il 2 per mille.

    Che cosa si deve fare per devolvere il 2 per mille al Museo del Toro? E’ semplicissimo: basta la tua #firma sulla #dichiarazionedeiredditi apposta nel relativo riquadro per donare il tuo #2per1000 all’#AMSG, indicando nell’apposita casella il Codice Fiscale associato 97564750012.

    Si coglie lì occasione per ricordare che il Museo del Toro ha riaperto ed è possibile visitarlo il venerdì con orario 15-20. In ottemperanza alle norme vigenti in merito al distanziamento interpersonale dovuto all’emergenza Covid-19. Pertanto l’accesso ai locali museali è consentito a gruppi limitati di persone per cui le visite sono possibili per tre persone alla volta che saranno accompagnate da un volontario del museo che farà, come d’abitudine, da cicerone. L’inizio delle visite sarà scaglionato ogni mezz’ora e l’ultima partirà alle ore 18,30.
    Le visite devono essere prenotate compilando l’apposito modulo presente sul sito del Museo.

    Per ogni necessità è possibile contattare Roberto Allasia dalle 9 alle 12 e dalle 15 alle 18 dal lunedì al venerdì  al numero + 39 339 337. 04.26
    Il Museo del Toro si trova a villa Claretta Assandri in via G.B. La Salle 87 a Grugliasco, comune in provincia di Torino.
    Si rammenta inoltre che il Museo del Toro fa parte del circuito Carta Musei.

    Una scelta perfetta per chi ha il Cuore Granata.

     

     

  • La nuova serie TV su casa Savoia, che sarà lanciata nel 2022. si prepara aad esordiire sul set. La serie è una produzione italo francese, che porta le firme di Commission Torino Piemonte, Lume Torino e Les Films d’Ici casa di produzione transalpina. I produttori non nascondono che l’ispirazione sia nata dalla serie ispirata a casa Windsor. Tuttavia, la produzione italiana promette di essere altrettanto intrigante e che il budget messo a disposizione dai produttori non sarà inferiore a quello della produzione Netflix.

    La scrittura della produzione si è arrestata a maggio,rallentando le fasi preliminari della produzione durante la pandemia, ma è ripresa in queste settimane con lo scopo di ultimare le riprese nel 2021 e lanciare il prodotto l’anno seguente. Oltre le vicissitudini della casata sabauda, la serie sarà incentrata sulle gesta di Marie-Jeanne de Nemours, moglie di Carlo Emanuele II.

    Lo show spazierà tra realtà storica e fantasy, e dai dettagli rilasciati finora dovrebbe partire dagli albori del XVII secolo, esplorando la storia di Marie-Jeanne de Nemours. Da orfana, si ritroverà ad essere moglie del duca di Savoia, Carlo Emanuele, diventando Reggente del Regno e Madama Reale (nel 1675). Proprio da quest’ultimo titolo dovrebbe essere tratta la denominazione della serie, anche se al momento sono in molti ad affermare che potrebbe chiamarsi semplicemente “I Savoia”.

    La donna sarà al centro della serie, e verranno raccontate le sue vicissitudini amorose, la sua ostentazione dei giovani numerosi amanti (e la vendetta nei confronti di quelle del defunto marito) ma ampio spazio avrà anche, naturalmente, il filone politico. Verrà infatti mostrato come la Reggente abbia sfidato Luigi XIV (il Re Sole), cercando di affermare a livello internazionale il ruolo dei Savoia. Giocando secondo le sue regole, provò a trasformare Torino in una nuova Atene, dal punto di vista culturale e della conoscenza. Stravolgendo i costumi dell’epoca e i rigidi dettami di corte – provenienti per lo più dalla vicina Francia – sobillerà l’intera città.

    Per la fiction sui Savoia è stato fatto un contest dal titolo semplice ed efficace, I Savoia – La Serie. L’ispirazione viene, sembra facile capirlo, dal successo di operazioni come I Borgia, I Tudor e il più recente, e vicino, I Medici.

    Come si legge nella brochure che raccoglie i progetti finalisti, il contest è stato lanciato nell’autunno 2017 da Film Commission Torino Piemonte, FIP Film Investimenti Piemonte e Regione Piemonte e ha messo in palio 50.000 euro per lo sviluppo dell’idea vincente. Certo pochi per immaginare l’effettiva realizzazione di un prodotto miniseriale.

    Il bando, infatti, richiedeva un concept per una miniserie da 6-8 episodi da 50’ ambientato nei secoli d’oro dei Savoia, tra il XVII e il XVIII, che portano la dinastia dal ducato al titolo regio e segnano l’affermazione a livello europeo. Dal trattato di Cateau-Cambresis del 1559 agli splendenti decenni delle Madame Reali con l’affermazione della dinastia a livello europeo, dal lungo regno di Vittorio Amedeo II e del figlio Carlo Emanuele III all’epoca della Rivoluzione Francese, fino al Risorgimento, con l’Unità Italiana del 1861.

    L’obiettivo dei patrocinatori era quello di promuovere una serie TV di alto profilo, capace di valorizzare la storia del territorio piemontese e il circuito delle residenze reali. E i progetti non sono mancati. Stando a quanto pubblicato dalla FCTP, al bando europeo hanno risposto 247 autori per un totale di 150 concept presentati, di cui il 10% stranieri. Una commissione ha quindi selezionato i 10 progetti più convincenti da presentare al TFF 2018, dove sarebbe stato anche premiato il vincitore.

    “La serie tv “Madama Reale” ha convinto per la capacità di unire la grande epica storica e televisiva con temi e linguaggi di grande attualità. La vita di Maria Giovanna di Nemours viene raccontata nella cornice di una serie di lettere tra una madre e una nipote, che sviluppano apertamente il difficile rapporto tra genere, potere e sentimenti privati; un tema centrale per comprendere l’originalità delle figure storiche delle Madame Reali e che al tempo stesso risuona con sempre maggiore importanza nel mondo contemporaneo”.

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