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  • 26 settembre 2020 – 31 gennaio 2021

    Per la prima volta in Italia, i Musei Reali presentano una raccolta di oltre 150 immagini a
    colori di Robert Capa. L’esposizione è nata da un progetto di Cynthia Young, curatrice
    della collezione al Centro Internazionale di Fotografia di New York, per illustrare il
    particolare approccio di Capa verso i nuovi mezzi fotografici e la sua straordinaria capacità
    di integrare l'uso del colore nei reportage realizzati tra il 1941 e il 1954, anno della morte.

     

  • VIVIAN MAIER, papa’ austriaco e mamma francese, nasce a New York nel quartiere del Bronx il 1 febbraio del 1926.

    Il papà abbandona presto la famiglia e Vivian trascorre gran parte della sua giovinezza in Francia con la madre Marie e l’amica Jeanne Bertrand, fotografa e scultrice affermata. Torna dagli Stati Uniti nel 1951 ed intraprende la carriera di bambinaia, mestiere che farà per tutta la vita.

    Vivian ha una grande passione: la fotografia! nel 1951 acquista una Rolleiflex, una macchina fotografica eccezionale. Aveva bisogno di immortalare cose, persone, luoghi, una passione bruciante che, in cinque decadi, le fa scattare oltre 100.000 foto, molte delle quali tra Chicago e New York. Sviluppava le sue foto in un piccolo bagno della loro casa, che era divenuto per lei luogo prezioso. Quegli anni furono prolifici; andava nei parchi con i suoi bambini e scattava, passeggiava per le strade e scattava, andava a fare la spesa, a svolgere delle commissioni, a pensare, a leggere… e scattava.

     

    Una volta, sull’autobus, guardando fuori dal finestrino d’un tratto vide una donna di una bellezza sofisticata, portava una collana di perle, aveva delle sopracciglia perfette per un volto perfetto, indossava un soprabito elegante, guardava in un punto, ma sembrava fosse persa. Rubo’ il suo sguardo.

     

     

    Nel 1959  Filippine, Thailandia, Yemen, India, Egitto. Culture ignote, popoli lontani, mari e foreste e templi e storie. Tanta bellezza. Quando torna a Chicago continua a fare la governante e continua a fotografare.

    Ovunque lavorasse, portava con se il suo materiale, le foto, e i negativi. Usava la fotografia, per immortalare l’incanto di tutto quanto la circondava. Non aveva interesse per le grandi imprese o i grandi uomini, voleva ricordare per sempre la normalità. Faceva esattamente quello che facciamo noi oggi, andava per strada e puntava il suo obbiettivo alla vita.

    Vivian, uno spirito libero e curioso, una donna indipendente che decide di rimanere sola e senza particolari amicizie per tutta l’esistenza; dedita ai Gensburgs, ricca famiglia di Chicago di cui alleva i tre figli, trovandosi poi in povertà quando i ragazzi crescono.

    Non potendo più pagare l’affitto di casa, è costretta a cedere i propri bagagli di ricordi: scatole contenenti tantissime cianfrusaglie collezionate negli anni, da cappelli a vestiti, da scontrini ad assegni, fino alle fotografie. Che John Maloof, giovane americano immobiliarista, compra nel 2007 ad un’asta, per soli 380 dollari, trovando centinaia di negativi e rullini ancora da sviluppare.

    Così, mentre nel 2008 Vivian batte la testa scivolando su una lastra di ghiaccio nella downtown Chicago, si aggrava rapidamente e muore nell’aprile del 2009, il mondo viene a conoscenza del suo immenso lavoro e della sua arte, di quel “teatro di vita”, recitato davanti ai suoi occhi, che ha saputo catturare in momenti diventati epici.

    Racconta in oltre cento opere, selezionate dalla curatrice Anne Morin, la vita quotidiana americana vista con gli occhi di una sublime fotografa che per tutta la vita non si è mai considerata tale. 

    Alla Palazzina di Caccia di Stupinigi è presente lo stesso modello di macchina fotografica utilizzata dalla Maier e la riproduzione di una camera oscura.

    Uno staff specializzato ed un team di esperti coordineranno i laboratori didattici mirati alla comprensione più profonda del mondo di Vivian e di quello fotografico in senso più ampio.

    I biglietti sono acquistabili in prevendita presso il circuito TicketOne (on-line su www.ticketone.it ed in tutti i punti vendita affiliati).

    Il costo di prevendita è di base di 1.50 euro, ma cambia a seconda della modalità di acquisto scelta (ritiro presso il luogo dell’evento o spedizione a casa con corriere).

    Durante i giorni e gli orari di apertura della mostra sarà possibile acquistare i biglietti anche direttamene al botteghino, senza costo di prevendita, presso la Palazzina di Caccia di Stupinigi, in Piazza Principe Amedeo 7 a Nichelino (TO).

     

     

     

  • Venti opere fotografiche collocate lungo il percorso di visita del Museo della Arti Orientali di Torino, sono il progetto che la fotografa inglese di origini turche, Güler Ates, ha realizzato per il MAO, all’interno di una proposta didattica formulata dalle Aziende e dagli Enti Soci della Consulta per la Valorizzazione dei Beni Artistici e Culturali di Torino per gli allievi dell’Accademia Albertina, con la Royal Academy of Schools di Londra, dove l’artista è Tutor.

    La mostra è parte di Art Site Fest 2019, curata da Domenico Maria Papa, giunge quest’anno alla quinta edizione e propone un percorso attraverso i linguaggi della contemporaneità – scultura, pittura, teatro, musica, letteratura – in dialogo con alcune delle più belle residenze del Piemonte.

    Le opere fotografiche di Güler Ates riprendono autentiche perfomance tra danza e teatro, contestualizzate per gli ambienti in cui hanno luogo.

    Le modelle, delle quali si intuisce appena la fisionomia, sono abbigliate con stoffe colorate, spesso preziose, rappresentano presenze metafisiche che si muovono all’interno degli ambienti storici, restituendone lo spirito.

    I progetti realizzati da Güler Ates sono ambientati in dimore e musei situati in diversi Paesi europei, Medio Oriente, India e Sud America.

    Nel corso della sua residenza torinese, Güler Ates ha prodotto alcune immagini tratte da shooting fotografici all’interno delle sale del MAO, dove ha allestito un vero e proprio set, per proporre e raccontare con il suo linguaggio una personale visione del Museo.

    Durante il suo lavoro l’artista è stata seguita da 25 selezionati studenti dell’Accademia Albertina, che hanno potuto partecipare alle diverse fasi del lavoro dell’artista e seguire un workshop sulla creatività e i contenuti del progetto che ha portato a SHORELESS.

    Le foto scattate al MAO, insieme ad altre immagini riprese in diversi Paesi e in particolare in India, costituiscono il nucleo della mostra SHORELESS, un dialogo aperto a livelli di interpretazione a confronto con le preziose collezioni del museo, un invito a riflettere sulla migrazione che da sempre caratterizza la storia dei popoli e l’incontro/scontro tra le culture. La mostra è, dunque, la condizione di un approdo sempre rimandato e mai definitivo, della costante messa in discussione delle identità culturali.

    Nella sua ricerca Ates è soprattutto interessata al dialogo tra Oriente e Occidente.

    Nell’approfondire i molti rapporti, intessuti nel corso dei secoli, rimango affascinatadice l’artistada come la cultura occidentale sia debitrice di forme e immagini verso l’Oriente, prossimo o lontano. E da come l’Oriente guardi da sempre all’arte europea come ad una fonte di ispirazione. La nostra epoca spesso dimentica questa millenaria storia di scambi, finendo paradossalmente per allungare le distanze, proprio in un momento storico che ci permette di accorciarle.”

    Secondo il curatore della mostra e direttore artistico di Art Site Fest, Domenico Maria Papa, “le opere di Güler Ates sono site responsive. Quando non sono create per gli spazi in cui sono esposte, sono sensibili ad essi. Si caricano delle qualità e dei significati dei luoghi. A differenza di una parte importante della produzione contemporanea, che spesso si astrae da un contesto per essere osservata nello spazio neutro di una galleria, la ricerca di Ates è da sempre indirizzata a cultura e storia degli ambienti ai quali si rivolge. Ogni sua opera mira, attraverso lo spiazzamento provocato dalle sue misteriose figure, a sollecitare lo spettatore, inducendolo a riconsiderare le sue abitudini percettive.”

    Il MAO – dice il direttore Marco Guglielminotti Trivelnasce come museo di arte orientale antica, ma si è aperto fin dal 2010 all’esplorazione della contemporaneità – ospitando in diverse occasioni sia le opere di artisti asiatici sia i lavori di artisti europei che si ispirano alle culture dell’Asia da varie prospettive. Il lavoro di Güler Ates coniuga queste due possibilità: artista di origine asiatica ma naturalizzata europea, guarda a un museo europeo di oggetti asiatici con uno sguardo da cittadina del Mondo. E in questo sguardo, attraverso il velo delle sue misteriose figure, si disvela la Musa ispiratrice della natura stessa di un museo come il MAO, che è stato creato e continua a vivere proprio per il superamento di dicotomie e di confini. Shoreless, per l’appunto”.

    Il Progetto Didattico promosso e sostenuto dalla Consulta di Torino è nato con l’intento di offrire una straordinaria opportunità agli allievi dell’Accademia Albertina: poter seguire un’artista nelle diverse fasi di realizzazione di un progetto espositivo, analizzarne i contenuti e osservarne la messa in opera.

    Afferma la Presidente Adriana Acutis: “Le imprese della Consulta per la Valorizzazione dei Beni Artistici e Culturali di Torino sono desiderose di offrire a studenti esperienze di alto livello, contestualizzate nel patrimonio sul quale si fonda l’identità della Città Metropolitana di Torino. Tale impegno vede nell’identità ereditata un punto di partenza per comunicazione, apertura e creatività e nella contestualizzazione un punto d’unione fra formazione artistica e realizzazione creativa e imprenditoriale.

     

    MAO Museo d’Arte Orientale Via San Domenico 11, Torino

    ORARIO da martedì a venerdì 10-18; sabato e domenica 11-19

    Photo di copertina: Guler Ates © Whirled.100×51.5cm.

  • Arriva alla Reggia di Venaria, presso la Citroniera delle Scuderie Juvarriane, la grande mostra di David LaChapelle Atti Divini che invita i visitatori ad immergersi in una coinvolgente visione dei lavori del famoso fotografo americano.

    Questa nuova rassegna propone 70 opere di grandi e grandissimi formati, le più significativedei vari periodi della carriera dell’artista. Un percorso visivo rivoluzionario, testimone della profonda rappresentazione dell’umanità che LaChapelle conduce all’interno e contro la natura, fino a far emergere una nuova espressione artistica ambientata in un paradiso colorato.

    La mostra presenta i lavori più iconici che hanno contribuito a farlo diventare uno degli artisti più influenti al mondo. Nella piena consapevolezza dell’artificio creativo, LaChapelle si distingue per la capacità di narrarsi e raccontarsi attraverso la fotografia e in relazione con le manifestazioni più significative della civiltà occidentale, dal Rinascimento al contemporaneo ed oltre.

    Tra le opere più significative si segnalano Rape of Africa (2009) che ritrova Naomi Campbell come una Venere di Botticelli ambientata nelle miniere d’oro dell’Africa eShowtime at the Apocalypse (2013), un ritratto della famiglia Kardashian che rappresenta non solo la famiglia stessa, ma le nostre paure, le ossessioni e i desideri che vi si riflettono. Sono in mostra anche le vivaci ed elettrizzanti serie Land SCAPE (2013) e Gas (2013), progetti di nature morte in cui LaChapelle riunisce oggetti trovati per creare raffinerie di petrolio e le loro stazioni di servizio interconnesse e poi presentarle come reliquie in una terra bonificata dalla natura.

    Al centro del percorso espositivo troviamo Deluge (2007) in cui LaChapelle rendecontemporaneo l’affresco di Michelangelo nella Cappella Sistina. A seguire lavori comeAwakened (2007) e Seismic Shift (2012) rivelano scene legate alla divinità nel mondo moderno.

    Questa mostra, Atti Divini presenta per la prima volta alcune opere inedite della nuova serie di LaChapelle New World (2017-2019) che rappresenta lo stupore dell’artista per il sublimee la ricerca della spiritualità in scene di utopia tropicale.

    Curata da Denis Curti e Reiner Opoku, con il progetto allestitivo di Giovanni Tironi, la mostra è organizzata da Civita Mostre e Musei con il Consorzio delle Residenze Reali Sabaude, in collaborazione con Lavazza.

  • Le foto di Steve McCurry dedicate alla lettura  con un contrappunto di brani letterari  e una sezione dedicata ai suoi libri

    Steve McCurry. Leggere è una mostra costituita da una selezione di scatti realizzati in oltre quarant’anni di carriera e comprende la serie di immagini che egli stesso ha riunito in un magnifico volume, pubblicato come omaggio al grande fotografo ungherese André Kertész. Con questa nuova rassegna Steve McCurry presenta le sue foto legate al tema universale della lettura in una città, Torino, che, anche in virtù del Salone del Libro, può essere considerata la “capitale italiana della lettura”.

    Curata da Biba Giacchetti e, per i contributi letterari da Roberto Cotroneo, giornalista e scrittore, la rassegna presenta 65 fotografieche ritraggono persone di tutto il mondo, assorte nell’atto intimo e universale del leggere. Persone catturate dall’obiettivo di McCurry che svela il potere insito in questa azione, la sua capacità di trasportarle in mondi immaginati, nei ricordi, nel presente, nel passato e nel futuro e nella mente dell’uomo. I contesti sono i più vari: i luoghi di preghiera in Turchia, le strade dei mercati in Italia, dai rumori dell’India ai silenzi dell’Asia orientale, dall’Afghanistan a Cuba, dall’Africa agli Stati Uniti. Immagini vibranti e intense, che documentano momenti di quiete durante i quali le persone si immergono nei libri, nei giornali, nelle riviste. Giovani o anziani, ricchi o poveri, religiosi o laici: per chiunque e dovunque c’è un momento per la lettura.

    Le fotografie che rendono omaggio alla parola scritta sono accompagnate da una serie di brani letterari scelti da Roberto Cotroneo, in una sorta di percorso parallelo. Un contrappunto di parole dedicate alla lettura che affiancano gli scatti di McCurry, coinvolgendo il visitatore in un rapporto intimo e diretto con la lettura e con le immagini.

    La mostra è completata dalla sezione Leggere McCurry, dedicata ai libri pubblicati a partire dal 1985 con le foto di Steve McCurry, molti dei quali tradotti in varie lingue: ne sono esposti 15, alcuni ormai introvabili, insieme ai più recenti, tra cui il volume edito da Mondadori che ha ispirato la realizzazione di questa mostra. Tutti i libri sono accompagnati dalle foto utilizzate per le copertine, che sono spesso le icone che lo hanno reso celebre in tutto il mondo.

    www.palazzomadamatorino.it            

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