Nasce dall’incontro fra il lavoro di ricostruzione storica degli archeologi e dei conservatori del Museo Egizio sulla propria collezione e gli strumenti mutuati dalle più recenti frontiere dello sviluppo tecnologico, il nuovo progetto espositivo temporaneo che caratterizza il 2019 dell’istituzione culturale torinese.
“Archeologia Invisibile” è il titolo della mostra visitabile a Torino fino al 6 gennaio 2020, a cui Enrico Ferraris, egittologo del Museo che ha curato e coordinato il progetto concepitoall’interno del dipartimento collezioni e ricerca, ha affidato il compito di condurre il pubblico alla scoperta della “biografia degli oggetti”, illustrando principi, strumenti, esempi e risultati della meticolosa opera di ricomposizione di informazioni, dati e nozioni resa oggi possibile dalla collaborazione delle scienze naturali con la propria disciplina nello studio dei reperti.
Cos’è in grado di raccontare un oggetto di sé? I nostri sensi, la vista in primis, ce ne restituisconoinformazioni di base come l’aspetto, la dimensione, la forma, il colore, finanche le tracce che l’uomo, la natura o il tempo vi hanno impresso. Eppure, tutto ciò non è evidentemente sufficientea disvelarne l’intera storia e il ciclo di vita, a partire dalla sua origine, né le reali funzioni, i contestid’impiego, il valore materiale o simbolico e molto altro ancora.
Nulla, fra ciò che ci circonda, ne è sottratto, ma quando tale principio viene traslato in ambitoarcheologico, l’approccio, nel farsi scientifico, comporta un grado di analisi superiore, che poggiaproprio sulla conoscenza approfondita del reperto, il cui percorso biografico si amplia: anchel’oblio entra a far parte della narrazione e la vita dell’oggetto si dilata – potremmo forse dire si rianima – col momento stesso del suo ritrovamento e poi, ancora, col suo successivo destino in una collezione, con la sua musealizzazione.
Il progetto “Archeologia Invisibile” muove proprio dall’intento di esplorare l’affascinante dimensione di quell’attività d’investigazione che le moderne apparecchiature, applicate alle modalità d’indagine e ricerca dell’egittologia, consentono di compiere nello studio di un repertoarcheologico: grazie alla crescente interazione con la chimica, la fisica o la radiologia, il patrimonio materiale della collezione di Torino rivela di sé elementi e notizie altrimenti inaccessibili, che permettono di tratteggiarne volti ancora ignoti.