Tag: #sculture

  • Galleria Open Art, Prato
    3 dicembre 2022 – 25 febbraio 2023

    QUINTO GHERMANDI
    La Forma delle Cose

    Testo critico di Beatrice Buscaroli

    Inaugurazione: sabato 3 dicembre, ore 17.30

     

    La Galleria Open Art di Prato presenta, dal 3 dicembre 2022 al 25 febbraio 2023, La Forma delle Cose di Quinto Ghermandi (Crevalcore, 1916 – San Lazzaro di Savena, 1994), artista anomalo all’interno di un contesto spesso ricco di pregiudizi e di preclusioni, che ha attraversato con ammirevole determinazione e con sottile ironia il teatro delle forme plastiche per oltre un quarantennio.
    La mostra, che sarà inaugurata sabato 3 dicembre alle ore 17.30, è accompagnata da una monografia curata da Mauro Stefanini con un testo di Beatrice Buscaroli, che ricostruisce per la prima volta l’intera vicenda critica di Quinto Ghermandi, attraverso le partecipazioni alla Biennale di Venezia, le esposizioni internazionali, i premi, le collezioni, le opere d’arte installate negli spazi pubblici e l’importante esperienza di Villa Baldissera a Pianoro.
    Dalla Babele dei linguaggi, Ghermandi emerge lentamente, dopo una formazione che lo vede allievo di due maestri – Cleto Tomba prima, Ercole Drei poi – che amano plasmare la materia, immergere con piacere fisico in essa le mani. La terracotta e la ceramica dei primi anni creativi sono debitrici di quell’insegnamento; un gusto, una piacevolezza che in realtà non abbandonerà mai Ghermandi. Così come non abbandonerà il gusto di cimentarsi con le prove in apparenza meno “nobili” delle rappresentazioni tematiche dei carri carnevaleschi di San Giovanni in Persiceto.
    Scultore comunque e sempre, anche nei passaggi cruciali degli anni Sessanta, allorché si compie -il passaggio dalle immagini metamorfiche di una natura che pare dissolvere ogni immediatezza a richiami empirici, dove il rimando naturalistico si traduce in vago riferimento per liberare l’immagine nelle forme plastiche “pure” dei cicli delle Foglie, dei Voli e delle Ali.
    Con ogni probabilità Ghermandi non è mai stato conquistato dalle sollecitazioni dell’“ultimo naturalismo” profetato da Francesco Arcangeli; ha vissuto il clima informale come una gabbia concettuale che lentamente, ma in modo inesorabile, si dissolve.
    Nella sua pratica è il tempo narrativo a dilatarsi; la ricerca tesa a individuare strutture all’interno delle quali il valore “totemico” dell’immagine possa essere amplificato; la costruzione di oggetti non consumabili dall’immediatezza della percezione. Nessun ritorno all’inquietudine di una natura tormentata, vitale, che sfugge alle certezze della ragione, che travalica i confini della definizione concettuale a favore dell’imprevedibilità, del caso. Ma piuttosto sforzo teso a eliminare ogni determinismo, ogni “immediatezza” formale, e, allo stesso tempo, tentativo di imporre all’opera una morfologia che metta in discussione ogni principio di organizzazione geometrica, ogni stabilità.
    I suoi oggetti instabili vivono all’interno di un tempo asimmetrico; progetto, creazione e percezione solo nell’opera possono rendere ragione del “respiro delle cose”.
    Il percorso espositivo comprende oltre venti sculture, alcune delle quali di grandi dimensioni, tutte realizzate negli anni Cinquanta e Sessanta. La Galleria Open Art promuove il lavoro di Quinto Ghermandi dal 2001, anno di inizio della propria attività, attraverso esposizioni collettive, fiere d’arte e pubblicazioni dedicate alla scultura contemporanea.
    La mostra è visitabile da lunedì a venerdì con orario 15.00-19.30, sabato ore 10.30-12.30 e 15.00 – 19.30, chiuso domenica e festivi. Ingresso libero. Catalogo Edizioni Masso delle Fate, Firenze, 2022, con ampia antologia critica e apparato iconografico. Per informazioni: T. +39 0547 538003, galleria@openart.it, www.openart.it.

    Quinto Ghermandi nasce a Crevalcore (BO) nel 1916. Frequenta il Liceo Artistico e l’Accademia Belle Arti di Bologna. Partecipa alla Seconda Guerra Mondiale come paracadutista, è catturato ad El Alamein dagli inglesi e trascorre quattro anni di prigionia nei campi di concentramento in Egitto e nel Medio Oriente. Ritornato dalla prigionia, si dedica alla caricatura ed effettua viaggi a Parigi,Bruxelles e Amsterdam. Dopo un primo periodo dedicato alla ceramica, rivolge la sua attenzione alla scultura in ferro e successivamente al bronzo a cera persa. Da segnalare, tra le altre, le partecipazioni alla Biennale di Venezia (1950, 1956, 1960,1966), alla Quadriennale di Roma (1952, 1965, 1986) e alla Biennale del Mediterraneo (Alessandria d’Egitto, 1963). Tra il 1954 e il1963 realizza più di cinquanta sculture informali per la villa e il parco del collezionista Giona Cesare Baldissera a Pianoro (BO),esperienza che influisce positivamente sulla sua carriera artistica. È presente alle più importanti mostre di scultura in Italia e all’estero, ottenendo numerosi premi e riconoscimenti. Le sue opere sono collocate in spazi pubblici e sono presenti nelle collezioni di numerosi musei ed istituzioni. Muore a San Lazzaro di Savena (BO) nel 1994.

     

    SCHEDA TECNICA:
    Quinto Ghermandi. La Forma delle Cose
    Testo critico di Beatrice Buscaroli
    Galleria Open Art, Prato
    3 dicembre 2022 – 25 febbraio 2023
    Inaugurazione: sabato 3 dicembre, ore 17.30
    Orari: da lunedì a venerdì ore 15.00-19.30, sabato ore 10.30-12.30 e 15.00-19.30, chiuso domenica e festivi
    Ingresso libero
    Catalogo a cura di Mauro Stefanini con un testo critico di Beatrice Buscaroli, Edizioni Masso delle Fate,
    Firenze, 2022

    INFORMAZIONI:
    Galleria Open Art
    Viale della Repubblica 24, 59100 Prato
    T. +39 0547 538003 | galleria@openart.it | www.openart.it.
    www.facebook.com/galleriaopenart
    www.instagram.com/galleriaopenart

     

  • Dopo l’importante mostra I marmi Torlonia. Collezionare capolavori (14 ottobre 2020 – 27 febbraio 2022) che ne ha segnato l’apertura al pubblico, la nuova sede espositiva dei Musei Capitolini, Villa Caffarelli, torna ad ospitare una grande mostra di archeologia romana.

    L’esposizione Domiziano imperatore. Odio e amore, aperta al pubblico dal 13 luglio 2022 al 29 gennaio 2023, è coprodotta dalla Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali e dal Rijks museum van Oudheden della città olandese di Leiden; essa è dunque il risultato di un accordo culturale di dimensione internazionale.

    Wim Weijland, Nathalie de Haan, Eric M. Moormann, Aurora Raimondi Cominesi e Claire Stocks hanno ideato e curato l’esposizione God on Earth. Emperor Domitian, ospitata a Leiden dal 17 dicembre 2021 al 22 maggio 2022, cui la Sovrintendenza Capitolina ha partecipato con importanti prestiti.

    In continuità con essa e riprendendo parte del progetto scientifico e dei prestiti, la Sovrintendenza Capitolina ha elaborato nella nuova mostra una diversa articolazione del racconto e del percorso espositivo anche grazie all’aggiunta di nuove opere. Densa di significato è stata la scelta della sede espositiva, in un luogo fortemente legato all’imperatore e da lui restaurato lussuosamente dopo l’incendio dell’80 d.C: il Tempio di Giove Capitolino, sulle cui fondamenta è stata costruita Villa Caffarelli.

    Curata da Claudio Parisi Presicce, Maria Paola Del Moro e Massimiliano Munzi, la mostra ai Musei capitolini è promossa da Roma Culture, Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali. L’organizzazione è di Zètema Progetto Cultura.

    Lungo il percorso espositivo articolato in 15 sale, la mostra racconta, dunque, la storia di Domiziano, complessa figura di principe e tiranno non compresa dai contemporanei e successivamente dai posteri, che hanno basato il loro giudizio sulle fonti storiche e letterarie a lui, sostanzialmente, avverse. Più recentemente, l’analisi delle fonti materiali, in particolare epigrafiche, ha restituito l’immagine di un imperatore attento alla buona amministrazione e al rapporto con l’esercito e con il popolo, devoto agli dei e riformatore della moralità degli uomini. Un imperatore che non pretese e non incoraggiò la formula autocratica “dominus et deus”, ritenuta da molti la motivazione profonda del clima di sospetti, terrore e condanne a morte sfociato nella congiura nella quale egli perse la vita. La violenta damnatio memoriae che, secondo la drammatica testimonianza di Svetonio e Cassio Dione, avrebbe comportato subito dopo la sua morte l’abbattimento delle statue che lo ritraevano e l’erasione del suo nome dalle iscrizioni pubbliche, fu in realtà limitata ad alcuni contesti e non trova conferma nel numero di ritratti giunti fino a noi a Roma e in tutto l’Impero.

    Il racconto della vita di Domiziano è affidato alle 58 opere provenienti dalla mostra di Leiden e alle 36 aggiunte per l’edizione romana: ritratti in marmo ed in bronzo di personaggi imperiali e di divinità, elementi di decorazione architettonica in marmi bianchi e colorati e oggetti di piccole dimensioni in oro e bronzo.

    I musei che hanno collaborato alla mostra con i loro prestiti sono il British Museum di Londra, la Ny Carlsberg Glyptotek di Copenhagen, il Musée du Louvre di Parigi, la Nederlandsche Bank, il Rijks museum van Oudhedendi Leiden, il Badisches Landes museum di Karlsruhe, la Glyptothek di Monaco, i Musei Vaticani, il Museo Archeologico dei Campi Flegrei, il Museo Archeologico Nazionale di Napoli, il Parco Archeologico di Ostia e, da Roma, il Museo Nazionale Romano e il Parco archeologico del Colosseo – Antiquarium Palatino. Tra i prestiti, tutti importanti, risaltano l’aureo a nome di Domizia Longina, moglie dell’imperatore, con la rappresentazione del figlioletto divinizzato del British Museum; il ritratto sempre di Domizia Longina del Louvre; il rilievo del Mausoleo degli Haterii dei Musei Vaticani; le teste colossali di Vespasiano e di Tito divinizzati dal Museo Nazionale Archeologico di Napoli e i frammenti del Dono Hartwig del Museo Nazionale Romano.

    L’esposizione è arricchita inoltre da opere della Sovrintendenza Capitolina normalmente non esposte al pubblico. Tra i reperti dell’Antiquarium si segnala uno dei pannelli con affreschi della domus romana ricomposti all’inizio degli anni Duemila nella “sala E. Pastorelli” del Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco di via Genova, reso disponibile per la mostra grazie al rapporto di collaborazione tra le due istituzioni.

    Tra le sculture in marmo dei depositi capitolini spiccano due opere poco note provenienti dallo stadio di Domiziano: il torso della statua di Ermete che si slaccia un sandalo, visto solo nella mostra Lisippo a Palazzo delle Esposizioni nel 1995,e la testa di giovane satiro ridente coronato di pino. Tra quelle della collezione permanente dei Musei Capitolini ricordiamo il ritratto femminile della “Dama Flavia” (cd. “busto Fonseca”).

    Prima opera e icona dell’esposizione, a Leiden come a Roma, è il celebre ritratto di Domiziano conservato nei Musei Capitolini. Da esso parte il percorso espositivo, articolato in 15 sale e sviluppato lungo cinque grandi tematiche: Domiziano, imperatore e caro agli dei; l’esaltazione della gens Flavia e la propaganda dinastica; i luoghi privati di Domiziano, dalla casa natale sul Quirinale al palazzo imperiale sul Palatino e alla villa di Albano; l’intensa attività costruttiva a Roma; l’impero protetto dall’esercito e retto dalla buona amministrazione.

    La statua del Genio di Domiziano è al centro della prima sala, dedicata alla caducità della vita, rappresentata idealmente da ritratti infantili, allusivi all’imperatore e al figlioletto morto prematuramente, e dalla vetrina “del tempo della vita”: sul quadrante di un orologio, soluzione concettuale e visiva per far percepire con immediatezza lo scorrere veloce ed inesorabile del tempo, otto oggetti-simbolo simboleggiano i momenti cruciali della vita dell’imperatore, indicati dal pugnale-lancetta che ucciderà Domiziano. La galleria dei ritratti mostra l’evoluzione dell’iconografia di Domiziano nel tempo. Accompagnano l’imperatore il padre Vespasiano e il fratello Tito, nonché le Auguste Giulia figlia di Tito e Domizia Longina, le cui ricercate acconciature sono emulate dalle dame di età flavia, ma anche la sua familia allargata, composta da liberti e schiavi. Alla damnatio memoriae decretata dal Senato all’indomani del suo assassinio riportano invece due iscrizioni e una moneta, sulle quali il suo ricordo è stato cancellato.

    Il concetto di continuità dinastica dominò gran parte delle azioni di Domiziano, arrivando all’esaltazione della gens Flavia attraverso l’erezione di archi onorari al fratello divinizzato e, sul luogo in cui sorgeva la casa natale, mediante la costruzione del Templum Gentis Flaviae, monumento di ripresa ma anche di rottura con il luogo e con la tradizione del Mausoleo di Augusto. L’eccezionale testa colossale di Tito divinizzato e i frammenti del Dono Hartwig mostrano la maestosità concettuale e dimensionale del complesso templare dedicato alla famiglia Flavia.

    La tematica dei luoghi privati dell’imperatore prende avvio dal contesto del Quirinale, il colle sul quale Domiziano nacque, per arrivare alla grandiosità architettonica e decorativa delle ville fuori Roma e, soprattutto, del Palazzo imperiale sul Palatino ,opera dell’architetto Rabirio. È questo il luogo dove l’imperatore appariva come dominuse dove l’opulenza e il lusso flavio maggiormente si esprimono, grazie a nuovi linguaggi architettonici e decorativi, che ricorrono al massiccio impiego di marmi colorati.

    Il percorso attraverso i luoghi pubblici domizianei illustra l’intensa attività edilizia sviluppata sia nella ricostruzione degli edifici distrutti dall’incendio dell’80 d.C. sia nella realizzazione di nuovi monumenti funzionali alla propaganda imperiale. Tra questi il Foro Transitorio, costruito da Domiziano ma inaugurato dal successore Nerva, e la progettazione di una sistemazione urbanistica dell’area tra Quirinale e Campidoglio attraverso lo sbancamento della sella montuosa che univa i due colli. Sarà possibile avere la percezione di questo intervento attraverso un video immersivo realizzato appositamente per la mostra e destinato a diventare uno dei prodotti della comunicazione del Museo dei Fori Imperiali. Negli edifici per gli spettacoli (Stadio, Odeon, Anfiteatro Flavio) si manifestava maggiormente il consenso popolare; l’impressione e l’atmosfera che essi suscitavano nel pubblico sono evocate dal calco del sepolcro di Quinto Sulpicio Massimo, morto a 11 anni, la cui iscrizione ricorda la brillante partecipazione del bambino prodigio al terzo agone capitolino di poesia greca, e dalla moneta in bronzo con l’effigie del rinoceronte, mai visto a Roma prima dei giochi nell’Anfiteatro voluti da Domiziano.

    Nella sezione su Domiziano “fuori da Roma, fuori dai confini”, introdotta dalla pianta dell’Impero, sono affrontati il rapporto con l’esercito e l’attività edilizia e monumentale nelle città e nei territori dell’impero, conferma di una coesione non solo militare ma anche sociale.

HTML Snippets Powered By : XYZScripts.com