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  •  Le matite sbriciolate di nonno Antonio

    CHIERI – Biblioteca Civica – Sala conferenze

    Come raccontare ai bambini il dramma della deportazione?
    In “Le matite briciolate di nonno Antonio” due fratellini, Agata e Nicola, scoprono i disegni realizzati dal nonno durante la prigionia nei lager tedeschi. Agata conosce la storia e la rivela al fratellino. Insieme guardano i disegni, osservano le baracche e i campi circondati dal filo spinato, cercano di comprendere la difficile condizione dei soldati italiani internati: la fame, il freddo, la lontananza da casa.
    Ma nei campi era proibito disegnare. Nonno Antonio trova un modo: spezza le matite, sfila le mine colorate, le sbriciola nelle tasche e le nasconde fino alla fine della prigionia.

    L’albo illustrato, dedicato ai bambini dai 7 ai 10 anni, racconta la storia del capitano Antonio Colaleo e dei 650 mila militari che, dopo l’8 settembre 1943, rifiutarono di collaborare con la Germania e vennero deportati nei campi del Terzo Reich.

    “Le matite sbriciolate di nonno Antonio”, di Antonella Bartolo con la illustrazioni di Sara Mancuso, Voglino Editrice.
    https://www.voglinoeditrice.it/shop/le-matite-sbriciolate-di-nonno-antonio


    Venerdì 20 gennaio 2023
    Biblioteca Civica Francone – Sala conferenze
    Via Vittorio Emanuele II, 1
    Dalle ore 17,30
    Ingresso libero

    Per informazioni: biblioteca@comune.chieri.to.it   011.9428400

  • Vittorio Emanuele II se ne innamorò quando lei aveva 14 anni.

    Bella? «Bella è bella, molto bella. Gran massa di capelli corvini, occhi scurissimi, carnagione perfetta. Il petto tutt’altro che acerbo»: parola di Re.

    A guardarla in foto, però, nella sequenza di ritratti più o meno ufficiali, questa donna è tutt’altro che devota ai canoni estetici: viso un po’ squadrato, lineamenti decisi, naso non certo alla francese.

    Bocca carnosa, inevitabilmente sensuale, natura corvina che non è solo un colore di capelli ma una profondità fisica di tutto il corpo, e unita da un’infinita dolcezza. Bela? Sì.

    Ma non certo secondo i canoni odierni: la Rosina Vercellana, se fosse vissuta un secolo e mezzo più tardi, non sarebbe diventata ne’ una modella, né una star e nemmeno un’attrice, troppe abbondanze e tratti campagnoli.Eppure il primo re d’Italia, Vittorio Emanuele II, se ne innamorò e l’amò per buona parte della sua vita. Un amore certamente tumultuoso e passionale nel segreto delle loro stanze da letto, ma che visto da fuori e a distanza di tanto tempo fu soprattutto un amore pacato, domestico e familiare, malgrado tutto, sereno. Invidiabile! «Chi si assomiglia, si piglia » sembra fatto apposta per questa coppia dall’aria niente affatto regale: tracagnotti, ma fieri. Sguardo dritto e profondo di chi sa cosa vuole dalla vita.

    Il giovane Vittorio la vede per la prima volta affacciata a un balcone di Racconigi, alla fine dell’immancabile battuta di caccia (una passione per lui, che diventerà anche quella di lei).

    È il 1847: lui ha 27 anni, quattro figli e uno in arrivo, è l’erede al trono del Regno di Sardegna. Lei di anni ne ha solo 14. Ma questa storia, non ha nulla a che vedere con gli odierni giochi pseudo-erotici del potere. È una storia di amore nel vero senso della parola, in tutti i sensi  e con tutti i sensi.

    Rosina darà a Vittorio due figli e la vita intera. Dopo la morte del re per una polmonite, nel 1878, lei gli «sopravviverà» (parole Di Rosina) sette anni. Prima, lo segue in tutte le tappe dell’Italia che si fa, sempre discosta. Ma sempre presente.

    Vittorio resta vedovo di Maria Adelaide nel 1855. Solo le tenaci manovre (e minacce) di Cavour a impedire al Re di sposare ufficialmente Rosina. Ancora oggi resta il mistero su quelle nozze morganatiche contratte nel 1869 in articulo mortis (quando l’avevano precipitosamente dato per spacciato), e comunque quando ormai Cavour e il suo cipiglio non c’erano più.

    I figli di Rosina, Vittoria ed Emanuele Alberto, il cui cognome sarà Guerrieri, erediteranno da lei il titolo nobiliare di conti di Mirafiori e Fontanafredda, da lei acquisito nel 1859.

    Vittorio Emanuele II non la farà mai regina, la sua Rosina. Avrebbe voluto, ma molte ragioni di stato glielo impedirono: pressioni politiche, veti dei figli «ufficiali», opportunità di ordine «mediatico». Ma certamente le case dove Rosina abitò – dalla Mandria a Venaria, alla Pietraia nei pressi di Firenze, alla Villa Mirafiori fatta costruire sulla Nomentana a Roma, apposta per lei, furono le vere case anche del re. Quelle dove trovava una vera famiglia, e un’aria vera di casa, con lei che lo aspettava per dargli tutto quello che una brava moglie sa dare a un marito.

    Certo, si vestiva in modo un po’ eccentrico, a un certo punto della vita sembrava un po’ troppo incline agli sfarzi, per quanto sempre relativi…

    E lui, d’altro canto, non mise mai a freno i propri istinti, invigaghendiso dell’attrice di turno. Ma Rosina aspettava, paziente e fiduciosa. E lui tornava sempre, fino all’ultimo.

    Rosa Vercellana trascorse il resto della sua vita presso palazzo Beltrami di Pisa, che il re aveva acquistato per la figlia Vittoria,morì nel 1885. Il suo atto di morte, nei registri dell’ufficio dello stato civile di Pisa, la indicò come “nubile” e vi si possono leggere varie altre imprecisioni.

    Casa Savoia vietò che Rosa venisse seppellita al Pantheon, non essendo mai stata regina: per questo motivo, e in aperta sfida alla corte reale, i figli fecero costruire a Torino Mirafiori Sud una copia del Pantheon in scala ridotta, poi soprannominata il “Mausoleo della Bela Rosin”.

    Nel 1972 le sue spoglie furono traslate al Cimitero monumentale di Torino (Campo primitivo nord – edicola n.170 A), per evitare profanazioni e vandalismi della tomba.Un amore durato trent’anni, un’eternità, e un’infinità di momenti condivisi , a letto, certo, ma anche a tavola (ce la immaginiamo cuoca provetta, la bela Rosin), la sera davanti al camino, a cavallo nei boschi, in passeggiata a braccetto per la vigna.

    Informazioni Pratiche

    Indirizzo:
    Strada del Castello di Mirafiori, 148/7 – 10135 Torino

    Orari: 
    Apertura Estiva (aprile-ottobre): dal mercoledì alla domenica ore 10.00-12.00 e 15.30-19.30
    Apertura Invernale (novembre-marzo): venerdì, sabato e domenica ore 10.00-12.00 e 14.30-17.00

    Visite guidate:

    Durante alcuni fine settimana i volontari del Progetto Senior civico della Città di Torino sono a disposizione per visite guidate al mausoleo e per raccontare la storia del posto e dei suoi personaggi. Per informazioni: mausoleo.belarosin@comune.torino.it, oppure Tel. 011 01 12 98 36.

    Mausoleo della Bela Rosin. 

     

     

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    Glenn Cooper dopo aver conseguito la laurea con il massimo dei voti in Archeologia a Harvard, ha scelto di conseguire un dottorato in medicina.

    Oggi è presidente e amministratore delegato della più importante industria di biotecnologie del Massachusetts ma, a dimostrazione della sua versatilità, è anche sceneggiatore e produttore cinematografico.

    Nel 2009  pubblica il suo primo libro, The Library of the Dead, tradotto ed edito in Italia come La biblioteca dei morti dalla Editrice Nord.

    Un romanzo basato sulla scoperta di una vasta, misteriosa libreria sotterranea di testi medievali. Ha presentato il manoscritto a ben 66 agenti letterari e 65 rifiutarono prima che un solo agente letterario decidesse di rappresentarlo. Il romanzo è stato successivamente pubblicato e tradotto in altri 31 paesi. La Biblioteca dei Morti, insieme agli altri sei libri scritti da Cooper, è diventato bestseller internazionale.

    Dopo aver scritto La biblioteca dei morti, Cooper scrive altri due libri sviluppando la trilogia omonima: Il libro delle animeI custodi della biblioteca. Ognuno di questi libri vede protagonista l`agente speciale dell’FBI, Will Piper.

    Nel 2014 inizia una nuova trilogia, Dannati, composta da Dannati, La porta delle tenebre L’invasione delle tenebre, oltre,ad altri cinque singoli: La mappa del destino, Il marchio del diavolo, L’ultimo giorno, Il calice della vita, Il Segno della Croce.

    I romanzi di Cooper sono spesso radicati in eventi storici del passato, sceglie spesso di scrivere riguardo a luoghi e persone realmente esistiti. Cooper ha affermato di “leggere 250-300 libri o parte di essi” per ogni romanzo che scrive. Ognuno dei suoi libri cerca di fare luce su grandi tematiche filosofiche, esplorando tematiche relative al destino, alla predestinazione, alla natura del male, alla concezione della vita nell’aldilà e all’interfaccia tra scienza e fede.

    Lo stile di Cooper viene spesso elogiato e messo a confronto con quello di Dan Brown, però secondo un mio umile pensiero Glenn Cooper batte do gran lunga Dan Brown,  Nonostante i libri di Cooper condividano elementi simili ai romanzi di Dan Brown, Cooper ha un dialogo migliore, un migliore sviluppo dei personaggi ed una trama molto più ricercata.

    Cooper è divenuto famoso per essere uno degli scrittori più amichevoli con i suoi fan. Nonostante viva negli Stati Uniti e scriva sette giorni su sette per più di dieci mesi all’anno, è noto che risponda personalmente ai suoi messaggi di Facebook e Twitter, delle volte addirittura dopo pochi minuti. Cooper viene in Italia solo per cinque/dieci giorni all’anno, per la promozione dei suoi libri e per le varie interviste. Tuttavia, ogni volta dedica dalle dodici alle quattordici ore al giorno ad incontrare il maggior numero di fan possibile.

    Il 20 novembre 2012 ha ricevuto la cittadinanza onoraria della città italiana di Solofra in Campania.

    Nel settembre 2014 è stato pubblicato “Dannati” e il 18 giugno 2015 è uscito, sempre edito da Casa Editrice Nord, il suo seguito “La porta delle tenebre”. Il 16 novembre 2015 è uscito “L’invasione delle tenebre“, il terzo libro della trilogia “Dannati”.

    Nel novembre 2016 è stato pubblicato, sempre dalla Casa Editrice Nord, il romanzo “Il segno della croce” che narra le vicende di un professore di storia delle religioni dell’Università di Harvard coinvolto dal Vaticano per indagare sui misteriosi segni apparsi ai polsi di un giovane prete abruzzese.

    Nel 6 novembre 2017,  Casa Editrice Nord pubblica il romanzo “ Il Debito”. Nell’Archivio Segreto Vaticano, sepolto dalla povere del tempo,
    è custodito un documento sconcertante. Per il papa è la pietra su cui costruire una nuova Chiesa, per altri una scoperta da celare agli occhi del mondo. Per sempre.  In Vaticano è in corso una guerra silenziosa. E nessuno è al sicuro…

    Ora l’ultimo romanzo I figli di Dio: Le avventure di Cal Donovan. Il papa decide di affidare a Cal Donovan il compito d’incontrare tre vergini per capire se quello che successede sia un miracolo autentico.

     

     

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    Fonti: Il Libraio 

  • L’arcipelago che domina il Lago Maggiore, legato alla dinastia Borromeo, può diventare meta di un affascinante Grand Tour.

    Quando l’ultimo traghetto salpa dal porticciolo e sulla costa di fronte del Lago Maggiore inizia a calare il sole sopra gli alberghi in stile liberty di Stresa, quando i vicoli chic e i bar affacciati sul lungolago si svuotano del turismo mordi e fuggi, quando i passi del custode risuonano nelle sale eleganti di Palazzo Borromeo e fra i viali del giardino popolato dai pavoni bianchi, è allora e solo allora che cala il silenzio.

    L’Isola Bella si rivela in pochi minuti nella sua unicità, regalando la sensazione di diventare un po’ padroni di un luogo unico e incantato, che non a caso ha conquistato poeti e scrittori.

    E da qui, avvolti in un’atmosfera esclusiva, ha inizio un viaggio raffinato e solitario fra angoli antichi ricchi di storia ma anche di contemporaneità.

    Le tre le isole borromee: luoghi dal fascino di paradiso perduto come l’Isola Bella, l’Isola Madre e l’Isolino di San Giovanni: solo le prime due, entrambe di proprietà del principe Vitaliano Borromeo (che possiede anche la Rocca di Angera), sono aperte al pubblico e possono essere visitate.

    Nel tour è inclusa anche l’Isola dei Pescatori, a metà strada fra l’Isola Bella e l’Isola Madre nella rotta delle crociere lacustri. L’Isola dei Pescatori non è privata e ospita ristorantini tipici perfetti per una  cena al tramonto.

    Per un’immersione culturale e turistica, fulcro di questo viaggio sull’acqua restano l’Isola Bella e l’Isola Madre, entrambe caratterizzate dal medesimo progetto urbanistico: il palazzo di famiglia e il giardino lussureggiante, ricco di specie botaniche.

    Stresa, perla del Lago Maggiore, esclusiva quanto ambita.

    Per sperimentare una dimensione più discreta è necessario prendere la via del lago. In pochi minuti, sia con il battello che con il motoscafo, si raggiunge la costa dell’Isola Bella, della quale già dal lago s’intravedono il profilo del palazzo secentesco e le architetture barocche dell’immenso giardino all’italiana.

    Approdati sull’isola, si viene accolti da un’atmosfera quasi caprese, con le bancarelle lungolago e i negozietti dei marchi del Made in Italy, seminascosti lungo la via dello shopping di Vicolo del Fornello.

    I prodotti marchiati Isole Borromee con il simbolo dei tre cerchi intrecciati, che rappresentano l’antico sodalizio fra le casate dei Borromeo, dei Visconti e degli Sforza, sono l’espressione più evidente di una corporate identity, ispirata all’antica aristocrazia, che contraddistingue la comunicazione delle isole.

     

    La prima tappa di questo tour è a Palazzo Borromeo, dove è possibile prenotare una visita guidata o noleggiare un’audioguida. L’edificio è in stile barocco; all’interno saloni affrescati, arredi raffinati, stucchi neoclassici e arazzi fiamminghi danno la cifra della potenza della casata nel corso dei secoli.

    La Galleria Berthier con i suoi 130 dipinti vanta esempi notevoli come il Ritratto di uomo in veste di martire del veneziano Vicenzo Catena, allievo di Giovanni Bellini e opere di Paris Bordon, Camillo Procaccini e Daniele Crespi. Durante il percorso lungo le sale dell’edificio, merita una sosta la Sala del Trono: alle pareti due stipi napoletani, placcati in tartaruga, con specchiature in vetro dipinto con vedute e rovine antiche.

    L’ambiente più vasto del palazzo resta il Salone, che si eleva oltre tre piani, a pianta quadrilobata, sopra la quale si sviluppa una cupola con al centro la scritta “Humilitas”, motto della famiglia Borromeo.

    A palazzo soggiornò per due giorni, reduce dalla Campagna d’Italia, Napoleone Bonaparte con la moglie Giuseppina e un seguito di sessanta persone.

    Di quelle notti resta la Sala di Napoleone e il letto a baldacchino dove il generale (non ancora imperatore) aveva dormito cullato dal suono delle onde del lago.

    Da non perdere al piano inferiore di Palazzo Borromeo le grotte rivestite di ciottoli, sassi e schegge di tufo, antico luogo di frescura divenuto nel tempo galleria di oggetti e sculture collezionati dai principi Borromeo.

    Si dice che per trasportare i sassi all’Isola Bella, dal 1759 al 1769, furono impiegate decine di persone che le raccolsero lungo il fiume Intra e sulla riva di Pallanza.

    Dopo il palazzo, tappa obbligatoria è il giardino barocco all’italiana, capolavoro di decori architettonici, geometrie e spazi scenografici di grande impatto a cominciare dall’anfiteatro in pietra con nicchie, statue e obelischi. Il percorso si snoda lungo dieci terrazze, con affaccio diretto sul lago, che occasionalmente ospitano esposizioni e installazioni di arte contemporanea, come quella di Velasco Vitali nel 2013.

    Tra fontane con giochi d’acqua e le torri ottagonali (come la Torre dei Venti, che oggi ospita il bookshop), si possono scoprire angoli suggestivi, come il viale degli Aranci amari, la Serra Elisa e l’edificio della Rotonda con le sue decorazioni a mosaico.

    La vegetazione del giardino è ricca di specie esotiche, ninfee tropicali, conifere, azalee e piante di ogni genere, spesso riparo dei pavoni bianchi dell’isola durante il caldo estivo.

    Conclusa la visita al giardino, si scende di nuovo verso il lungolago. I turisti hanno ormai lasciato l’isola e si viene immersi in una dimensione di tranquillità e armonia, ideale per un’esperienza, tanto antica e rara, di contemplazione del paesaggio del Lago Maggiore.

    La visita riprende verso l’Isola Madre.  Si raggiunge in pochi minuti di navigazione e subito ci si arrampica lungo un rigoglioso giardino all’inglese. “Il luogo più voluttuoso che abbia mai visto” – scrisse Flaubert.

    Specie botaniche esotiche e uniche accompagnano lo sguardo del visitatore che percorre i viali ombreggiati mentre in pochi minuti sale verso il palazzo dell’isola, situato accanto al gigantesco cipresso del Kashmir.

    Meno fastoso di Palazzo Borromeo all’Isola Bella, appare come un’elegante dimora di campagna.

    Lungo lo scalone d’ingresso i volti di questa dinastia (incluso il ramo degli Arese) di cardinali, principi e conti appaiono nei ritratti appesi alle pareti.

    Proseguendo si possono ammirare trompe l’oeil alle pareti, collezioni di porcellane, arredi preziosi e l’inusuale presenza di teatrini e marionette, destinati all’intrattenimento di casa Borromeo durante i secoli passati.

    Lo straordinario materiale di apparati scenici, allestimenti e copioni, distribuito in tre sale del palazzo, rappresenta una delle più importanti collezioni di questo ambito ma anche un patrimonio notevole e una testimonianza di quei teatri di Casa Borromeo che videro impegnati nella realizzazioni importanti scenografi come Alessandro Sanquirico e Carlo Fontana, cui si devono gli effetti di grandiosa risonanza drammatica ottenuti dalla creazione di ambienti prospettici profondi e quasi smisurati.

    Dalle finestre del palazzo dell’Isola Madre, s’intravede il profilo dell’Isolino di San Giovanni, a pochi metri dalla costa e dalla cittadina di Pallanza. Qui nell’estate del 1916 la principessa romana Vittoria Colonna, come racconta Marella Caracciolo Chia nel libro Una parentesi luminosa, visse una bruciante passione per il pittore futurista Umberto Boccioni. Lui morì un mese dopo, cadendo da cavallo: la tragedia mise fine alla storia d’amore clandestina. Rimase uno scambio epistolare in cui le dichiarazioni appassionate si avvicendano sullo sfondo del Lago Maggiore. Ma se l’Isolino, di proprietà privata di un ramo della famiglia Borromeo, non è visitabile, i dipinti di Boccioni eseguiti in quell’estate fra l’Isolino e Stresa sono esposti al pubblico: il magnifico Ritratto di Ferruccio Busoni, oggi conservato alla Galleria d’Arte Moderna di Roma, e non molti sanno che la sua storia è legata al Lago Maggiore.

    Info e maggiori dettagli Isole Borromee

     

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