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    Palazzo Madama – Museo Civico d’Arte Antica, dopo oltre 80 giorni di chiusura a causa delle misure di contenimento dovute all’emergenza sanitaria da Covid-19, riapre finalmente al pubblico.

    La Fondazione Torino Musei invita il pubblico a riappropriarsi del Palazzo simbolo della Città e delle collezioni del museo in assoluta sicurezza. L’ingresso sarà contingentato e, grazie ad alcune semplici norme di comportamento sarà assicurata una visita piacevole e sicura.

    Il museo osserverà i giorni e gli orari di apertura:

    giovedì – venerdì dalle 13.00 alle 20.00 – sabato e domenica dalle 10.00 alle 19.00

     

    Martedì 2 giugno Festa della Repubblica dalle 10.00 alle 19.00

    Palazzo Madama sarà aperto anche lunedì 1° giugno con orario 13.00-20.00 e mercoledì 24 giugno, festa patronale di San Giovanni con orario 10.00 – 19.00

    In particolare, saranno visitabili le sale delle collezioni permanenti e le mostre:

    A Palazzo Madama sarà finalmente possibile tornare ad ammirare i capolavori di Andrea Mantegna con la grande mostra prorogata al 20 luglio, mentre l’esposizione prevista Argenti preziosi. Opere degli argentieri piemontesi nelle collezioni di Palazzo Madama sarà aperta dal 2 luglio (in allegato i comunicati stampa). Saranno accessibili il percorso dedicato al Gotico e Rinascimento, il piano nobile del museo e la raccolta di vetri e ceramiche del secondo piano, mentre sono temporaneamente chiuse le sale del Lapidario, il Giardino medievale e la Torre panoramica.

    Modalità di accesso

    La Fondazione Torino Musei ha affrontato la delicata fase verso la riapertura lavorando con il Politecnico di Torino, che ha condotto l’iniziativa di ricerca “Imprese aperte, lavoratori protetti”. Il gruppo di esperti tecnico-scientifici ha elaborato un Rapporto contente le indicazioni che la Fondazione ha acquisito e inserito nelle procedure messe in atto per garantire la visita ai musei in massima sicurezza.

    Informazioni principali per i visitatori:

    • All’ingresso sarà misurata la temperatura. Non sarà consentito l’accesso al visitatore con temperatura superiore o uguale a 37,5°C. In tal caso anche gli eventuali accompagnatori non potranno accedere al museo
    • L’accesso sarà consentito a un numero contingentato di visitatori finalizzato a garantire un’adeguata distanza interpersonale. Tutti i percorsi di visita saranno guidati da un’apposita segnaletica e dal personale di sala presente
    • I visitatori in coda e nel corso della visita in museo sono tenuti a mantenere la distanza interpersonale di sicurezza
    • Per tutta la permanenza in museo sarà obbligatorio indossare correttamente la mascherina
    • Sono previsti erogatori di soluzione igienizzante idroalcolica a disposizione del pubblico
    • La prenotazione per l’accesso al museo e alle mostre è consigliata ma non obbligatoria.

    La Fondazione Torino Musei assicura la regolare, costante e periodica pulizia e igienizzazione degli ambienti museali. Tutto questo per garantire una visita piacevole e sicura.

    Per informazioni www.palazzomadamatorino.it e www.fondazionetorinomusei.it

     

  • In scena dal 1993, oltre 7000 spettacoli in tutto il mondo, 400 spettacolo ogni anno, oltre 4 milioni di spettatori.

    Slava Polunin nasce in una piccola città russa, lontano dai grandi centri urbani. Trascorre tutta la sua infanzia in mezzo alle foreste, ai campi e ai fiumi. Vive in un mondo incontaminato che ha sviluppato le sua capacità di inventare cose e storie sempre nuove: Slava ama costruire le case sugli alberi, anche di quattro piani e piccole città di neve, organizzando divertenti feste con i suoi amici. Grazie alla televisione e al cinema, conosce e si innamora dei grandi clown e dei grandi mimi. Il suo sogno è quello di poter diventare un clown; un desiderio talmente forte che lo spinge a non aspettare il conseguimento del diploma. All’età di 17 anni si trasferisce a San Pietroburgo (all’epoca Leningrado) con l’intenzione di studiare ingegneria. In realtà, si iscrive a una scuola di mimo; inizia così il lungo cammino di Slava verso la riscoperta e la riaffermazione dell’arte del vero clown. Grazie all’influenza di grandi artisti come Chaplin, Marcel Marceau, Engibarov e al suo innato talento, Slava e la sua Compagnia – fondata nel 1979 – danno una nuova valenza al ruolo del clown, estrapolandolo dal mondo circense e portandolo nelle strade prima e nei più grandi teatri del mondo poi.

    Negli anni ’80 fonda la compagnia teatrale “Licedei”, in questo periodo nasce l’idea del clown giallo. Nel 1993 raccoglie le gag e gli sketch più famosi del suo repertorio in un unico spettacolo SLAVA’S SNOWSHOW (precedentemente intitolato Yellow), che è un vero e proprio trionfo tanto da valergli il Time Out Award. Da allora lo spettacolo ha girato il mondo, ricevendo prestigiosi premi teatrali e riconoscimenti, come: Lawrence Olivier, Drama Desk, Triumph, Golden Nose…

    Come tutte le opere di Slava, SLAVA’S SNOWSHOW dovrebbe essere descritto come un “work in progress” in continua evoluzione di idee, innovazioni ed invenzioni.
    L’ispirazione creativa di Slava ha uno scopo ben preciso: portare il clown teatrale nel XXI secolo continuando a incantare le famiglie di tutto il mondo.

    Palloni colorati sul pubblico, una ragnatela che abbraccia tutta la platea,
    una nevicata che copre tutto il teatro a fine spettacolo,
    emozioni allo stato puro…
    Uno spettacolo che non si può spiegare: si deve vedere!

  • Artista, antropologo, esploratore, avventuriero, scrittore, fotografo, giornalista e inventore: Arnold Henry Savage Landor (1865-1924) è una figura poliedrica estremamente interessante, che ha goduto di grande successo in vita e che, per motivi non del tutto chiari, è caduta totalmente nell’oblio dopo la sua morte.

    Savage Landor nacque a Firenze da padre inglese e madre italiana. Visse la sua adolescenza in un ambiente colto, in cui letteratura e arte erano passioni quotidiane. Tra i suoi maestri vi fu Stefano Ussi (1822-1901), che intuì le capacità del giovane e suggerì alla famiglia di lasciare che si dedicasse alla pittura. 

    Partito presto alla scoperta del mondo, il giovane Henry visitò prima alcuni paesi dell’Africa settentrionale e dell’America, per muoversi poi alla volta dell’Asia: Giappone, Corea, Cina, dove dipinse centinaia di opere dal vero in uno stile ‘impressionistico-macchiaiolo’ di rapida esecuzione.
    L’unicità documentaria delle sue creazioni appare evidente: in un periodo in cui ci si affidava già all’immediatezza della fotografia, Savage Landor ha persistito a lungo nel dipingere en-plein-air, prendendo però nettamente le distanze dalle visioni fantasiose e dallo stile minuziosamente classico della pittura di genere Orientalista per immergersi invece nel mondo asiatico reale, restituendone i vari aspetti con i tratti espressivi della modernità.
    Lo stile dell’artista anglo-fiorentino, rapido e conciso, si rivela infatti estremamente efficace nel ‘fotografare’ con immediatezza luoghi e persone che di lì a qualche decennio sarebbero completamente cambiati per conseguenza dell’incipiente globalizzazione.

    Il MAO Museo d’Arte Orientale dedica alla figura di Henry Arnold Savage Landor una mostra monografica, a cura di Francesco Morena, che rappresenta l’occasione per scoprire una figura affascinante e di grande interesse per la comunità internazionale, ma anche l’opportunità per ridisegnarne il profilo e per restituire, dopo decenni di oblio, la giusta dimensione del personaggio.
    L’esposizione raduna il corpus più consistente a noi noto della pittura a olio di Savage Landor: un patrimonio prezioso – proveniente da più collezioni private – di circa 130 dipinti, 10 acquarelli e 5 disegni che l’artista anglo-fiorentino realizzò nei suoi lunghi soggiorni e viaggi attraverso Cina, Giappone, Corea, Tibet e Nepal.
    L’insieme di queste opere costituisce, allo stato attuale delle nostre conoscenze, il nucleo più consistente e significativo di dipinti di Savage Landor esistente al mondo e rappresenta il tassello fondamentale per comprendere l’evoluzione artistica del suo autore.

    Per offrire una visione completa di questa fase della sua vita, oltre ai dipinti realizzati in Asia, in mostra sono presenti anche alcune opere eseguite durante l’adolescenza a Firenze, nel corso dei suoi viaggi in Europa e nella sua prima esperienza oltre confine, in Egitto.
    Come tessere di un mosaico capace di esprimere la complessità della poliedrica figura di Savage Landor, accanto ai dipinti troveranno posto un suo brevetto depositato negli Stati Uniti d’America e tutti i volumi da lui stesso pubblicati.

    Per l’occasione verrà pubblicato un catalogo bilingue italiano/inglese, edito da SAGEP, con saggi di Francesco Morena e Silvestra Bietoletti.

  • È l’eclettico Pelagio Palagi, disegnatore, architetto e pittore, il protagonista della mostra autunnale dei Musei Reali Pelagio Palagi a Torino. Memoria e invenzione nel Palazzo Reale, che dal 9 novembre 2019 al 9 febbraio 2020 approfondisce nello Spazio Scoperte della Galleria Sabauda l’attività svolta dall’architetto bolognese a Torino, dal 1832, in qualità di “Pittore preposto alla decorazione dei Reali Palazzi” per Carlo Alberto di Savoia.

    Il Palazzo Reale di Torino è per eccellenza il luogo in cui l’arte di Palagi ha raggiunto la massima espressione: l’architetto riallestì la residenza per i Savoia, conferendo alla struttura un nuovo e monumentale aspetto, allineato alle nuove esigenze legate alle grandi ambizioni del sovrano e al cerimoniale di corte. Un lavoro che oggi potremmo definire di restyling, eseguito anche grazie anche alla collaborazione di un team di pittori (Francesco Gonin, Carlo Bellosio), scultori e stuccatori (Giuseppe Gaggini, Francesco Somaini, Diego Marielloni), ebanisti (Gabriele Capello detto il Moncalvo), bronzisti (ditte Colla e Odetti, Manfredini e Viscardi).

    Cuore della mostra sono i trentuno fogli della Biblioteca dell’Archiginnasio di Bologna messi in dialogo, dove possibile, con le opere a cui si riferiscono. Il percorso espositivo inizia al secondo piano della Galleria Sabauda, precisamente dallo Spazio Scoperte. Accanto ai disegni progettuali relativi al Salone delle Guardie Svizzere e alle principali sale di rappresentanza, saranno anche allestite alcune opere effettivamente realizzate e tuttora conservate a Palazzo Reale. Nello specifico, il dipinto raffigurante San Michele Arcangelo(modello per una vetrata realizzata nel Castello di Pollenzo), il taboretto scolpito in legno dorato e il ricco candelabro figurato in bronzo dorato provenienti dalla Sala delle Udienze Private, a testimoniare l’attività dell’équipe palagiana. I diversi progetti, accostati uno all’altro, permettono di cogliere le caratteristiche stilistiche di Palagi, fra recuperi classici e rispetto delle preesistenze barocche. Ampio rilievo è dato alla progettazione della neoclassica Sala da Ballo, autentico capolavoro dell’artista, al disegno di un nuovo Scalone d’Onore (mai realizzato), agli ambienti e agli arredi dell’Armeria Reale.

    La mostra prosegue nello spazio adiacente lo Spazio Scoperte, con gli importanti progetti per le sale allestite al Secondo Piano di Palazzo Reale per le nozze di Vittorio Emanuele II avvenute nel 1842. I disegni per la cancellata, realizzata in bronzo nella Piazzetta Reale, e i progetti per i Giardini concludono questa sezione della mostra.

    Lungo il percorso di visita del Piano Nobile di Palazzo Reale è infine possibile seguire un vero itinerario palagiano, con rimandi ai disegni in mostra e visite guidate dedicate anche ad ambienti del Secondo Piano, normalmente chiusi al pubblico, dove le suggestive sale del Salotto Blu e del Salotto Rosso furono completamente riallestite dal Palagi.

    L’esposizione è curata da Giorgio Careddu, Franco Gualano e Lorenza Santa dei Musei Reali, con la collaborazione della prof.ssa Marinella Pigozzi dell’Università degli Studi di Bologna. Alla realizzazione dell’esposizione e del relativo catalogo hanno infatti partecipato l’Università di Bologna con la Scuola di Specializzazione in beni storico artistici che, nell’ambito di un progetto formativo confluito in un tirocinio, ha realizzato un censimento completo del fondo palagiano relativo agli odierni Musei Reali. Il frutto di questa ricerca sarà pubblicato in forma di regesto insieme alle schede scientifiche dei disegni esposti, redatte per l’occasione dagli studenti specializzati.

    Foto di copertina Credit Ⓒ Daniele Bottallo

  • Giorgio Pirolo e Paolo Mancini fondatori e sviluppatori della hypercar, un’auto ibrida da 110 cavalli, la presenteranno l 30 maggio al MAUTO e il 2 Giugno a Montecarlo.

    La casa automobilistica presenterà il primo esemplare di Asfanè DieciDieci giovedì 30 maggio 2019 al Mauto, Museo Nazionale dell’Automobile di #torino, e domenica 2 giugno presso l’Ambasciata d’Italia di #montecarlo, in occasione della festa della Repubblica Italiana, su richiesta dell’Ambasciatore Cristiano Gallo.

    L’auto sarà mostrata al Principe Alberto II di Monaco e ai più importanti nomi dell’imprenditoria.La FV Frangivento #asfanediecidieci è il primo prototipo di produzione, evoluzione del concept presentato al Salone di #torino 2016 come anticipatore della propulsione ibrida e elettrica ad alte prestazioni su una piattaforma tutta italiana, in sfida ai grandi marchi dell’industria automobilistica mondiale. Ora è realtà e rispetta le caratteristiche annunciate, grazie anche all’importante iniezione finanziaria da parte di Carlo Pirolo, terzo socio, insieme a Giorgio Pirolo e Paolo Mancini, di Pirman, società che ha in gestione il brand FV Frangivento. Il nome Asfanè è composto di tre termini del dialetto piemontese “as” “fa” “nen“, cioè “non si fa”, una provocazione che allude all’aver reso possibile un concept apparentemente impossibile. L’aggiunta di “DieciDieci” si riferisce invece alla potenza complessiva di 1010 cavalli fornita dal propulsore turbo benzina e dai due motori elettrici.

    Pur rispettandone l’impostazione e il look generale, #asfanediecidieci propone molte novità stilistiche rispetto al concept di tre anni fa, fra cui il nuovo musetto anteriore a mo’ di trimarano, gli interni totalmente rivisti, la scocca battuta a mano in alluminio e carbonio, telaio in alluminio, trazione integrale, motore termico posteriore con compressore volumetrico unito a due motori elettrici sull’asse anteriore.

    Il 31 maggio avverrà il primo viaggio della nuova FV Frangivento da “Casa Frangivento”, la sede operativa di Moncalieri. Guidata dagli stessi Giorgio Pirolo e Paolo Mancini, la #asfanediecidieci imboccherà la Torino- Savona alla volta del Principato di Monaco.”Sono orgoglioso di portare su strada la creatura che ho disegnato. Un sogno ad alte prestazioni ecosostenibile e tutto italiano che si avvera. La dedico a tutti i giovani che hanno un’idea nel cassetto e consumano una vita per realizzarla. FV Frangivento ha la libertà del nuovo e nella Asfanè, a partire dal nome e dal marchio, abbiamo messo tutta la freschezza e la provocazione che questa condizione ci consente di fare“, afferma l’ideatore e designer di FV Frangivento, Giorgio Pirolo. Paolo Mancini, ideatore di FV Frangivento, afferma: “Asfanè DieciDieci è una “Dream Car” in tutti i sensi. Per noi lo è perché rappresenta la realizzazione di un sogno. È però anche la dimostrazione che  l’imprenditoria che sa fare sistema riesce ad esprimersi ad alti livelli. Ringrazio tutti i nostri partner per aver creduto in questo progetto e per averci seguito in questi tre anni. Con questo primo prototipo di produzione apriamo un nuovo capitolo nella storia di FV Frangivento“.FV frangivento

  • Nei mesi successivi al rogo della Cappella del Guarini la Fondazione La Stampa – Specchio dei Tempi ha raccolto donazioni per il restauro da parte dei lettori de La Stampa pari a Lire 1 ̇247 ̇536 ̇824  (644 ̇299,54 euro).

    Ad oggi sono stati spesi euro 544 ̇210,21. Con il denaro già erogato, in collaborazione con l’Associazione Amici di Palazzo Reale, che ha seguito la parte storico-artistica, è stato possibile realizzare:

    – il laboratorio di restauro dell’ex capannone di prelettura (la zona utilizzata durante l’ostensione della Sindone);
    – la catalogazione dei migliaia di frammenti residui dell’incendio;
    – la realizzazione di un sistema informativo per individuare e ricollocare i frammenti;

    – il restauro dei monumenti sepolcrali di Tommaso I di Savoia, Amedeo VIII, Carlo Emanuele II ed Emanuele Filiberto;
    – la realizzazione di un sistema di monitoraggio sui restauri ai monumenti sepolcrali.

    Con euro 100 ̇089 ancora disponibili verrà realizzato il restauro dell’altare e delle statue annesse. Questo intervento, secondo quanto comunicato dalla Soprintendenza, verrà realizzato nell’arco dei prossimi mesi.

    «La generosità dei lettori de La Stampa sostiene non solo gli oltre 70 progetti di solidarietà sociale in corso, ma è attenta ai simboli dell’identità storica e civile della nostra città» ha dichiarato Lodovico Passerin d’Entrèves, Presidente della Fondazione La Stampa – Specchio dei tempi

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    La Stampa – Specchio dei tempi è una fondazione sostenuta dalla solidarietà dei lettori del quotidiano La stampa e dei cittadini torinesi.

    Ad oggi la fondazione ha attivi oltre 70 progetti a Torino, in Italia e nel mondo: promuove iniziative di solidarietà sociale, fornisce assistenza a persone, famiglie, scuole, comunità, popolazioni colpite da calamità, nonché mette a disposizione della collettività strumenti, apparecchiature e opere per alleviare sofferenze o migliorare le condizioni di vita dei singoli.

    Per conoscere le attività di Specchio dei Tempi 

     

  • Il Teatro Regio di Torino è il teatro della città di Torino, e uno dei più grandi ed importanti d’Italia.

    Costruito nel 1740,  quando Vittorio Amedeo II decise di commissionare all’architetto Filippo Juvarra la progettazione e la costruzione di un nuovo grande teatro nell’ambito del più generale riassetto urbano della Piazza Castello.

    L’intento venne però perfezionato solo qualche anno più tardi da Carlo Emanuele III (incoronato re nel 1730) il quale, in seguito alla morte di Juvarra, scelse di affidare il progetto all’architetto Benedetto Alfieri con la richiesta di progettare un teatro di grande prestigio.

    Il «Regio Teatro» di Torino, edificato nel tempo record di due anni, venne inaugurato il 26 dicembre 1740 per diventare un punto di riferimento internazionale per la capienza – circa 2.500 posti tra platea e cinque ordini di palchetti –, le magnifiche decorazioni della sala fra le quali spiccava la volta dipinta da Sebastiano Galeotti, gli imponenti scenari e le attrezzature tecniche.

    Nella notte tra l’8 e il 9 febbraio 1936 il Teatro viene distrutto da un violento incendio: saranno necessari quasi quarant’anni per la sua ricostruzione. Della vecchia struttura rimane la facciata, si sono salvati pochi cimeli, tra i quali un antico caminetto in marmo ricollocato in una sala del nuovo teatro.

    Dopo l’incendio del 1936, si pone il problema di stabilire a chi affidare il progetto di ricostruzione del Teatro,  l’amministrazione comunale promuove  l’affidamento dell’incarico all’architetto Carlo Mollino. I lavori hanno inizio nel settembre 1967 per concludersi nei primissimi mesi del 1973.

    Nel 1977 la facciata del Teatro Regio viene inserita nel sito seriale UNESCO Residenze Sabaude iscritto alla Lista del Patrimonio dell’Umanità

    Per visitare il Teatro è sufficiente visitare la sezione dedicata del Sito del Teatro Regio 

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    La Giornata del Contemporaneo, promossa da AMACI, è la grande manifestazione organizzata ogni anno per portare l’arte del nostro tempo al grande pubblico.

    Anche per questa edizione la Giornata del Contemporaneo aprirà gratuitamente le porte dei 24 musei AMACI e di un migliaio di realtà in tutta Italia. Un programma multiforme che di anno in anno ha saputo regalare al grande pubblico un’occasione per vivere da vicino il complesso e vivace mondo dell’arte contemporanea, portando la manifestazione organizzata da AMACI a essere considerata lappuntamento annuale che ufficialmente inaugura la stagione dell’arte in Italia

    La GAM, museo associato AMACI partecipa alla tredicesima giornata del Contemporaneo offrendo l’ingresso gratuito per tutta la giornata di sabato 14 ottobre.

    L’accesso libero prevede la visita alle Collezioni permanenti e alle mostre in corso:

     

    Dalle bombe al museo 1942-1959 (che terminerà il 5 novembre)

    ARCHIVI 2 | 1960-1962 IL GIAPPONE A TORINO. Omaggio a Sofu Teshigahara (Giardino) installazione permanente 
    La mostra Strutture e stile alla GAM
    (Secondo piano) (che terminerà il 21 gennaio)

     

    GAM Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea Torino

    Via Magenta 31, Torino

    orario: martedì – domenica 10.00-18.00 (la biglietteria chiude un’ora prima)

    Chiuso il lunedì

  • Nell’aulica Sala del Senato di Palazzo Madama va in scena la mostra Gianfranco Ferré. Sotto un’altra luce: Gioielli e Ornamenti. 

    Gallery della Mostra

    L’esposizione – organizzata e prodotta da Fondazione Gianfranco Ferré e Fondazione Torino Musei – presenta in anteprima mondiale 200 oggetti-gioiello che ripercorrono per intero la vicenda creativa del celebre stilista italiano.

    Per Ferré l’ornamento è stata sempre una passione, legata in modo inscindibile alle collezioni moda e risultato di un approccio appassionato e spesso innovativo, mai inferiore a quella riservata all’abito. Come sottolinea la curatrice della mostra Francesca Alfano Miglietti: “Ferré costruisce una zona franca all’interno di un proprio mondo di riferimento, elaborando ogni oggetto sulla scia di un sistema di classificazione generale di concetti che diventano oggetti. E così pietre lucenti, metalli smaltati, conchiglie levigate, legni dipinti, vetri di Murano, ceramiche retrò, cristalli Swarovski, e ancora legno e cuoio e ferro e rame e bronzo, nel susseguirsi di un incantato orizzonte di spille, collane, cinture, anelli, bracciali, monili. Per Ferré l’ornamento non è il figlio minore di un prezioso, ma un concetto di eternità che deve rappresentare l’immanenza del presente”.
    Gli oggetti in mostra, realizzati per sfilate dal 1980 al 2007, sono raccontati come complemento dell’abito e suo accessorio ma vengono esposti insieme ad alcuni capi in cui è proprio la materia-gioiello a inventare e costruire l’abito, diventandone sostanza e anima. Anche in questo caso l’attenzione di Gianfranco Ferré ai materiali è determinante, come parte essenziale della sua ricerca.
    Il progetto espositivo – realizzato dall’architetto Franco Raggi – gioca sul contrasto tra la Sala del Senato di Palazzo Madama, ambiente di immenso pregio architettonico, e le strutture minimaliste ed essenziali in ferro e vetro dell’allestimento, mettendo in risalto la fantasiosa bellezza dei gioielli disegnati da Ferré che sembrano librarsi in volo nella penombra.

    Gianfranco Ferré nasce a Legnano (MI) il 15 agosto 1944. Dopo la Laurea in Architettura conseguita nel 1969 al Politecnico di Milano, ottiene un primissimo successo come creatore di bijoux ed accessori. Seguono  la  lezione  fondamentale  dell’India  dove  vive  e  lavora  per  lunghi periodi, la nascita del suo Prêt à Porter femminile – nel 1978 – e la fondazione della società che porta il suo nome. Al lancio dell’abbigliamento maschile, nel 1982, e alla creazione di una gamma articolata di collezioni e accessori realizzati su licenza, si aggiungono l’esperienza dell’Alta Moda, tra il 1986 ed il 1989, le cui collezioni vengono presentate a Roma. A seguire, il prestigioso incarico presso la maison Christian Dior, di cui Gianfranco Ferré è Direttore Creativo dal 1989 al 1996 per le linee femminili. Negli anni successivi vengono sviluppate numerose altre linee e si susseguono altrettanti, significativi progetti. Nel marzo 2007 lo stilista è nominato Presidente dell’Accademia di Belle Arti di Brera. Gianfranco Ferré muore prematuramente il 17 giugno di quello stesso anno.

  • Capolavori concepiti per essere indossati dalle tante signore che Gianosone frequentava e ammirava, ricambiato grazie ad un fascino misterioso ed esoterico.

    Impegnato per tanti anni sia come artista sia come professore presso l’Istituto d’Arte di Torino (oggi Liceo Artistico Aldo Passoni), Giansone nel corso della sua attivissima vita, ha scolpito, disegnato, dipinto e realizzato incisioni e arazzi con uno stile personalissimo, sospeso tra una sintetica figuratività e l’astrazione pura. Il marmo, la pietra, il ferro, i legni più duri, sono stati la materia prima che nelle sue mani ha dato forma e vita alle sue intense emozioni, alla sua visione dell’umanità, dell’universo e dell’ultraterreno.
    All’interno del vastissimo corpus di opere realizzate tra il 1935 e il 1997, spiccano questi suoi “gioielli da indossare”. Microsculture fuse in oro, in cui Giansone mette in estremo risalto la componente scultorea del gioiello, senza nulla concedere alle forme e alle mode dell’arte orafa del suo tempo. Questo lo si può cogliere osservando anche i contenitori in legno che custodiscono e fanno da espositori a quasi tutti i gioielli. Sono “scatole” intagliate nei legni durissimi che l’artista privilegiava: il mogano, l’azobè, il paduk, il palissandro, la radica e soprattutto l’ebano, il più raro e difficile da lavorare. Contenitori che diventano a loro volta piccole sculture e capolavori artistici, indissolubilmente congiunti col gioiello incastonato dentro di essi.

    I curatori della mostra, Marco Basso e Giuseppe Floridia, coadiuvati dalla registrar di Palazzo Madama, la storica dell’arte Stefania Capraro, hanno selezionato una quarantina di pezzi, in gran parte di proprietà dell’Associazione Archivio Storico Mario Giansone di Torino, che sponsorizza in toto questa mostra, più alcuni gioielli di proprietà di collezionisti privati. Giansone ebbe una significativa fortuna collezionistica a Torino negli anni Sessanta: alcune sue opere fanno oggi parte delle collezioni della GAM – Galleria Civica d’Arte Moderna di Torino, della sede Rai di Torino e di prestigiose raccolte torinesi, tra cui quelle delle famiglie Agnelli e Pininfarina.

    Accompagna la mostra un catalogo edito da AdArte, con una presentazione scritta dal professor Giuseppe Floridia, che da vent’anni, dopo la morte di Giansone, si batte affinché l’opera di questo grande scultore non venga ingiustamente dimenticata.

    In occasione della mostra a Palazzo Madama, lo studio di scultura di Mario Giansone (Via Messina 38, Torino) resterà eccezionalmente aperto per visite guidate con il curatore della mostra rivolte al pubblico adulto.

    Le visite guidate, gratuite con prenotazione obbligatoria, si svolgeranno dal 13 ottobre 2017 al 20 gennaio 2018, tutti i venerdì e sabato, alle ore 17.30 e alle 18.30, ad esclusione dei giorni 8, 9, 22, 23, 29 e 30 dicembre 2017.

     

    Mario Giansone nasce a Torino il 26 gennaio 1915. Nel 1935 si diploma presso il Liceo Artistico di Torino. Negli anni seguenti è per breve tempo assistente di Alberto Cibrario, docente di Anatomia Artistica alla Scuola Libera del Nudo dell’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino, e lavora presso lo studio privato dello scultore Michele Guerrisi, seguendo al contempo le sue lezioni di Storia dell’Arte all’Albertina. Dal 1956 al 1985 insegna presso l’Istituto Statale d’Arte di Torino, dapprima Plastica Ornamentale (ornato e figura modellata) e poi, dal 1962, Disegno dal vero ed Educazione visiva, ricoprendo anche la carica di Vicepreside dell’Istituto d’Arte fino al 1975. Nel corso degli anni Cinquanta espone alle Quadriennali di Torino e Roma con un successo crescente testimoniato dalla commessa della scultura di Santa Cecilia per l’Auditorium RAI di Torino e dalla sua presenza di sue opere in alcune prestigiose collezioni private torinesi. In quegli anni anche la Galleria civica d’Arte Moderna di Torino acquista due sue sculture. Gli anni Sessanta costituiscono la fase più felicemente ed intensamente creativa di Giansone. Alla pubblicazione della monografia sull’artista, con testo di Giuseppe Marchiori – uno dei maggiori critici del periodo – segue, nel 1965, la personale alla Galleria “La Bussola” di Torino. Nel 1980 vince un concorso nazionale per la realizzazione di un’opera monumentale che lo impegna per i due anni successivi. Negli anni seguenti si dedica alla realizzazione di una complessa opera da lui definita “Opera Omnia”, i cui primi studi risalgono al1978, e, al venir meno delle forze fisiche, si dedica alla pittura su pannelli di compensato. Muore a Torino l’8 gennaio 1997.

    Fonte redazione Fondazione Musei

    www.fondazionetorinomusei.it

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