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  • Un invito a riflettere sulla verità e sulla scienza, uno sguardo al contemporaneo servendosi della particolare lente del teatro

    Il progetto artistico di Andrea De Rosa, nuovo direttore del TPE , si sviluppa lungo l’intero corso del prossimo triennio (2022-2024) mettendo al centro di ciascuna stagione teatrale una forte continuità tematica.

    La pandemia, la guerra e, ancora prima, la crisi economica e il terrorismo sembrano averci scaraventato in un tempo che credevamo non sarebbe mai più tornato: oscuro, minaccioso e incomprensibile. Se è vero che l’attualità arranca dietro a fatti che sfuggono da tutte le parti, inondandoci di parole e immagini, e se è vero che la voce del mondo ci insegue dovunque con la sua chiacchiera incessante, è altrettanto evidente la sensazione di confusione e stordimento nella quale tutti siamo precipitati. Per questo motivo, forse, il teatro può essere, o tornare ad essere, il luogo privilegiato dove la comunità può incontrarsi, interrogarsi e compiere un’esperienza collettiva di confronto ma anche di conoscenza, dando voce in questo modo al desiderio di molti artisti, e senz’altro anche del pubblico, di confrontarsi con il presente. Un presente che ci ha mostrato gli ingranaggi di un meccanismo che, una volta interrotto, ha condotto tutti noi a mettere in discussione molte delle certezze e verità che davamo per assodate.

    Il programma triennale di TPE – Teatro Astra vuole riflettere proprio sulla trasformazione in atto del nostro rapporto con la certezza e con la verità, esplorandole da vari punti di vista e attraverso la particolare lente del teatro. La Stagione 2022/23 s’intitola Buchi Neri e si concentra in modo specifico su come si sia trasformato il nostro rapporto con la verità scientifica.

    Il difficile rapporto tra scienza e potere sarà al centro di alcuni spettacoli. La recente crisi sanitaria ha infatti evidenziato quanto l’apparato tecnico-scientifico sia centrale per le nostre società ma, nello stesso tempo, ha anche mostrato quanto il retrocedere della politica di fronte a quell’apparato possa costituire un problema.

    Altri spettacoli, invece, guarderanno al paradosso nel quale si è mossa la ricerca scientifica dell’ultimo secolo, che ci ha mostrato come ci siano alcune verità che sono “verificate”, ma che non sappiamo spiegare. C’è forse un limite insormontabile della conoscenza? C’è forse una zona tanto buia nella quale non arriveremo mai a posare lo sguardo? Buchi neri, materia oscura, energia oscura, sono concetti entrati a far parte del nostro immaginario quotidiano, concetti che ci raccontano di un mistero della “materia” che tanto somiglia a quello con il quale il teatro si trova ad avere a che fare da sempre.

    Rovesciando il rapporto abituale vigente nel mondo del teatro italiano, De Rosa ha chiesto ai registi e ai drammaturghi di confrontarsi con questa chiara e specifica direzione artistica, chiedendo loro di farsi parte attiva, di contribuire con le loro creazioni a un programma che, almeno nelle sue principali produzioni, cercherà di dare un contributo di riflessione e di approfondimento, oltre che artistico, su questo tema.

     

    Gli spettacoli che si occuperanno direttamente del tema del rapporto con la verità scientifica sono:

    Processo Galileo scritto da Angela Dematté e Fabrizio Sinisi con la regia di Carmelo Rifici e Andrea De Rosa. Quasi un secolo dopo il testo di Brecht (Vita di Galileo), lo spettacolo si confronterà di nuovo con il pensiero del grande scienziato fiorentino che, soprattutto grazie al suo metodo, diede origine a una evoluzione dell’apparato tecnico-scientifico che oggi sembra non conoscere più limiti. Quanto abbiamo guadagnato ma anche quanto abbiamo perso grazie alla rivoluzione innescata dal suo pensiero?

    Costellazioni di Nick Payne per la regia Raphael Tobia Vogel, parte da uno dei risvolti più bizzarri della fisica quantistica, secondo il quale potrebbero esistere un numero infinito di universi, e lo applica a un rapporto di coppia. Una drammaturgia irresistibile nella quale anche la più sottile delle sfumature può drasticamente cambiare una scena, una vita, il futuro.

    Frankenstein, tratto dal romanzo di Mary Shelley, sarà riletto da Filippo Andreatta come una profetica anticipazione delle ansie contemporanee sul destino dell’ambiente e della superbia dell’uomo nel voler manipolare il corpo, la vita e le leggi della natura.

    Con Principia, Alessio Maria Romano costruirà un gioco scenico in cui, a partire dagli studi sulla “materia oscura”, danza, suono, spazio e luce lavoreranno sulla complessità affascinante di un linguaggio scientifico che sfida i confini della logica pur radicandosi fortemente nella realtà quotidiana di tutti noi.

    Nottuari, tratto dai racconti di horror filosofico di Thomas Ligotti, è uno spettacolo in cui Fabio Condemi ci metterà a contatto con i lati più oscuri della realtà, attraverso marionette inquietanti e misteri di ogni sorta, in un continuo vagare ipnotico tra il sogno, il ricordo e la vita.

    Ne La tecnologia del silenzio, Giorgina Pi si chiede, con la collaborazione drammaturgica di Erika Z. Galli e Martina Ruggeri (Industria Indipendente), se le democrazie non abbiano strumentalizzato la scienza come pratica di sottomissione e se «il veleno del potere» non sia entrato nel loro corpo. Lo spettacolo vuole rispondere a queste domande a partire dal pensiero di scienziate, filosofe e scrittrici di fantascienza.

    Questo ciclo di spettacoli sarà accompagnato da un serie di incontri con scrittori, divulgatori, scienziati e filosofi che si occupano di questi argomenti ai quali verrà chiesto di affrontare le tematiche degli spettacoli dal punto di vista delle proprie discipline. Un terreno fertile di discussione per assistere alle rappresentazioni con un accresciuto senso critico.

    Oltre alle produzioni che rientrano nel nucleo tematico sin qui descritto, il cartellone si arricchirà di coproduzioni e ospitalità, per un totale di ventinove spettacoli, che coinvolgeranno alcuni degli artisti più rappresentativi della scena contemporanea italiana e internazionale:

    Filippo Andreatta / Fabrizio Arcuri / Alessandro Averone / Balletto Civile / Bluemotion / Elena Bucci / Roberta Caronia / Renato Carpentieri / Massimiliano Civica / Fabio Condemi / Anna Coppola / Silvia Costa / Maddalena Crippa / Francesca Cutolo / Linda Dalisi / Andrea De Rosa / Anna Della Rosa / Angela Dematté / Marcial Di Fonzo Bo / Claire Dowie / Fanny & Alexander / Liv Ferracchiati / Elena Ferrante / David Foster Wallace / David Harrower / Industria Indipendente / Matthias Langhoff / Luca Lazzareschi / Elena Lietti / Thomas Ligotti / Frédérique Loliée / Marco Lorenzi / Michela Lucenti / Olivia Manescalchi / Milvia Marigliano / Laura Marinoni / Paolo Mazzarelli / Pietro Micci / Luca Micheletti / Heiner Müller / Lino Musella / Henry Naylor / Danilo Nigrelli / Filippo Nigro / OHT / Umberto Orsini / Nick Payne / Giorgina Pi / Piccola Compagnia della Magnolia / Harold Pinter / Armando Pirozzi / Gabriele Portoghese / Carmelo Rifici / Alessio Maria Romano / Elena Serra / Marco Sgrosso / Fabrizio Sinisi / Peter Stein / Antonio Tarantino / Giovanni Testori / Raphael Tobia Vogel / Daniel Veronese / Thomas Vinterberg.

    È in via di definizione una serata con il regista Paolo Sorrentino durante la quale saranno proiettati i monologhi presenti nei suoi film. La serata sarà l’occasione per esplorare lo speciale rapporto che c’è tra il suo cinema e il teatro.

    Citazioni di firme celebri, assunti che evidenziano la molteplicità delle domande che si celano dietro ogni verità compaiono a rotazione nella campagna multisoggetto realizzata dall’agenzia pubblicitaria e di comunicazione Arkè. La nuova Stagione TPE ha un nuovo volto, un nuovo logo che mette al centro, non solo l’ente, ma soprattutto il teatro. Il Teatro Astra, che è il cuore della programmazione 2022/23 ed è casa del TPE, almeno fino al 2039, grazie alla convenzione rinnovata nel 2019 con la Città di Torino.

    Un teatro che accoglie le collaborazioni con enti e con istituzioni locali e oltre confine, racconta un programma che include proposte frutto di una progettualità congiunta. È il caso dello spettacolo Ciara. La donna gigante, regia di Elena Serra con la pluripremiata Roberta Caronia, produzione TPE – Teatro Astra, in collaborazione con Intesa Sanpaolo, in replica dal 21 febbraio al 12 marzo 2023 presso l’Area X, già palcoscenico della stessa fortunatissima rappresentazione. Anche la Fondazione Piemonte dal Vivo è parte della rete di collaborazioni con gli spettacoli, Principia di Alessio Maria Romano e Made4you.eu di Eko Dance Project, entrambi all’interno del progetto Residenze coreografiche Lavanderia a Vapore. Frutto della sinergia con alcune attivissime realtà del territorio, la sezione A Porte Aperte chiude la stagione con Benjii, di Claire Dowie e la regia di Lorenzo Fontana, e con Favola, lo spettacolo della Piccola Compagnia della Magnolia, oltre alla collaborazione con Play with Food, Interplay e Torino Fringe Festival.

    Il tema 2023 di Palcoscenico Danza, con la direzione artistica di Paolo Mohovich è “Volare oltre”: sette spettacoli di danza italiana e internazionale, in dodici rappresentazioni complessive. Rifare Bach di Roberto Zappalà, da questa edizione coreografo associato a TPE fino al 2024, Elias Aguirre Ibernon con il suo Insecto Primitivo, Michele Di Stefano che firma per il Nuovo Balletto di Toscana Bayadère – Il regno delle ombre. Torna Made4You.eu di Eko Dance Project, la compagnia fondata e diretta a Torino da Pompea Santoro, nella stessa serata sarà possibile scoprire il giovane coreografo emergente della sezione Interplay Link. La compagnia italo-spagnola Kurtidos è formata interamente da danzatori over 50 e propone con ironia e consapevolezza lo spettacolo El Ensayo. Infine la sinergia Palcoscenico Danza e Stagione TPE – Teatro Astra vede Principia, spettacolo del regista e coreografo Alessio Maria Romano, parte integrante della stagione tematica TPE.

    Il Festival delle Colline Torinesi, dal 2018 è realizzato dalla Fondazione TPE, torna in autunno, dall’11 ottobre al 6 novembre 2022 con il suo slogan «confini/sconfinamenti». Nella nuova formula il programma prevede la presenza di un paese ospite, una monografia d’artista, dedicata alle compagnie che hanno avuto importanza nella storia sia del festival che del teatro italiano, e la contaminazione del teatro con l’arte contemporanea, condivisa con la Fondazione Merz. Anticipazione di rilievo della prossima edizione è Bros, lo spettacolo di Romeo Castellucci frutto della collaborazione tra Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale e TPE Teatro Piemonte Europa e Festival delle Colline Torinesi, in programma il 29 e 30 ottobre alle Fonderie Limone.

     

    INFO & BIGLIETTERIA

    Dal 16 giugno è possibile abbonarsi alla Stagione TPE 2022/23. Sono sei le formule classiche che includono under 30, studenti universitari e over 65, alle quali si aggiungono due abbonamenti tematici e quattro soluzioni per adulti con bambini che possono usufruire del servizio di babysitting lab.

    Entro il 15 luglio il prezzo degli abbonamenti resta bloccato alla stagione precedente, una promozione che premia i più veloci e affezionati. Gli abbonamenti TPE possono essere utilizzati per assistere agli spettacoli del Festival delle Colline Torinesi 27.

    TEATRO ASTRA
    Biglietteria Teatro Astra, via Rosolino Pilo 6, Torino, 011 / 5634352 fino al 15 luglio: dal martedì al venerdì ore 16-19
    dal 6 settembre: dal martedì al sabato ore 16-19

    ONLINE
    fondazionetpe.vivaticket.it
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  • Palazzo Madama – Museo Civico d’Arte Antica propone, mercoledì 22 giugno alle ore 16.45, la conferenza Da Veronica a “vera icon”: la devozione al Volto di Cristo nel Medioevo tra Oriente e Occidente con il professor Gian Maria Zaccone, direttore del CISS – Centro Internazionale di Studi sulla Sindone.

    Due tradizioni, quella orientale del Mandylion e quella occidentale della Veronica si intrecciano fortemente, con esiti diversi nella storia della spiritualità, sebbene entrambe di forte impatto nella evoluzione della ricerca e della Pietà verso la vera immagine di Cristo.

    All’epoca di Innocenzo III l’immagine cosiddetta della “Veronica” –  presente da tempo in Roma e oggetto di culto crescente – raggiunge il suo status di immagine-reliquia universale del volto di Cristo. L’immagine della Veronica racchiude una doppia valenza, che impronterà la sua iconografia, che la vede ora come immagine del Cristo vittorioso e ora di quello paziente, che l’avvicina all’immagine orientale del Mandylion.

    Ciò si riflette anche sulle leggende circa la sua origine, in una versione donata da Gesù alla mitica figura di Veronica che desiderava ardentemente avere un’immagine del suo maestro e guaritore, ed in un’altra realizzata durante la passione. Sarà quest’ultima ad imporsi nell’ambito occidentale. Per molto tempo gli studiosi si sono interrogati su quale delle due leggende – Veronica e Mandylion – si fosse modellata l’altra. Al di là della questione storica è fondamentale prendere atto come, da un ben preciso punto della storia della Chiesa, con sempre maggiore interesse la Cristianità anela ad identificare le fattezze umane di Cristo. Il Mandylion in Oriente e la Veronica in Occidente in realtà rappresentano due fondamentali espressioni dello stesso Volto, recepite secondo le più profonde attese delle diverse spiritualità. Ne è palese testimonianza il ruolo della Veronica nella pietà medievale, ed in particolare il significato enorme rivestito nel Giubileo del 1300. Le relazioni dei pellegrini, i testi letterari, da Dante a Petrarca, le cronache liturgiche segnalano in maniera inequivocabile l’emozione della presenza di quel volto a Roma la cui storia ancora oggi risulta di difficile ricostruzione e a tratti controversa.

     

    Gian Maria Zaccone,  storico, Direttore del Centro Internazionale di Studi sulla Sindone di Torino. Laureato in Storia del Diritto si è specializzato nello studio dei processi per i percorsi di canonizzazione nel medioevo e nella storia della Pietà. In questo ambito ha approfondito il tema della ricerca della raffigurazione di Cristo con particolare attenzione agli esiti sindonici. È titolare di un corso universitario di Storia della Sindone e delle reliquie di Cristo nell’ambito della Pietà.

     

    Info: ingresso libero fino a esaurimento posti

    Prenotazione facoltativa: t. 011 4429629 (da lunedì a venerdì, orario 9,30-13 e 14-16)

    e-mail: madamadidattica@fondazionetorinomusei.it

  • La Fondazione Torino Musei in collaborazione con la Fabbrica di San Pietro in Vaticano e con il patrocinio dell’Arcidiocesi di Torino, dal 16 giugno al 29 agosto 2022, presenta nella Corte Medievale di Palazzo Madama La tavola di Ugo da Carpi per l’altare del Volto Santo nella Basilica Vaticana (1524-1525).

    L’opera viene esposta al vasto pubblico grazie al sostegno di Reale Mutua e al contributo tecnico di Targetti Sankey Spa attraverso tecnologie illuminotecniche ad accensione diversificata per una narrazione visiva abbinata.

    Nel prestigioso spazio espositivo di Palazzo Madama, i visitatori potranno ammirare la pala d’altare di Ugo da Carpi con la Veronica che dispiega il velo del Volto Santo tra gli Apostoli Pietro e Paolo – un’opera di straordinaria importanza per arte e fede. Si tratta di una tavola “fatta senza pennello”, come è scritto dall’autore accanto alla firma e come riferisce Giorgio Vasari che la vide in San Pietro insieme a Michelangelo.

    Quella di Ugo da Carpi “intagliatore” fu una sperimentazione audace, ingegnosa e senza precedenti che nessuno ebbe in seguito l’ardire di ripetere; un’opera unica nel suo genere perché eseguita non con l’arte della pittura, ma con la tecnica della stampa a matrici sovrapposte.

    La tavola viene esposta al pubblico per condividere, oltre un’opera di formidabile interesse tecnico e artistico, i risultati di uno studio articolato e complesso, che, grazie al lavoro di figure professionali di altissimo profilo e a scrupolose ricerche, hanno permesso di svelare la storia e la tecnica d’esecuzione dell’opera che si appresta a compiere cinquecento anni di età. Una vita compresa tra due Giubilei: quello del 1525 durante il pontificato di Clemente VII e l’ormai prossimo Anno Santo del 2025.

    Un percorso di devozione tra antica e nuova basilica, un viaggio nel tempo e nella fede che si potrà apprezzare per la prima volta in questa mostra. Grazie a ricerche multidisciplinari, a immagini multispettrali e a diversificate indagini diagnostiche eseguite dai laboratori dei Musei Vaticani in spirito di fattiva collaborazione con la Direzione dei medesimi Musei del Papa, è stato possibile realizzare una replica a grandezza naturale della tavola del Volto Santo che ripropone gli originari valori cromatici e chiaroscurali consentendo così una più equa valutazione della pala di Ugo da Carpi, i cui colori sono oggi in gran parte perduti o alterati.

    Il suggestivo progetto espositivo, ideato dall’arch. Roberto Pulitani, presenta la pala d’altare con l’ostensione del Volto Santo sotto un secentesco affresco con l’ostensione della Sacra Sindone presente nella Corte Medievale. “Due immagini che riassumono in modo mirabile un secolare dialogo di storia, fede e devozione e che costituiscono un invito alla preghiera e un forte richiamo alla basilica vaticana, luogo di accoglienza per tutte le genti della terra desiderose di giungere presso la tomba dell’Apostolo Pietro, primo Papa nella guida della Chiesa” (Card. Mauro Gambetti). “Due immagini che inevitabilmente riportano il nostro pensiero all’anno 33 dopo Cristo, alla salita al Calvario, alla Passione di Cristo fino alla morte di Croce e all’immenso atto d’amore compiuto per noi da Nostro Signore” (Dott. Maurizio Cibrario).

    Una sezione della mostra è infine dedicata alla figura e all’opera dell’artista Ugo da Carpi, al quale fa riferimento un bel saggio del catalogo a firma della Dott.ssa Laura Donati, e del quale si espone il settecentesco ritratto del Postetta dal Museo di Carpi. Del celebre intagliatore sono presentati alcuni chiaroscuri del Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi, da cui proviene anche il disegno preparatorio di Parmigianino per la tavola di San Pietro, mutuato da una xilografia di Dürer del 1510, concessa in prestito dalla Galleria Sabauda dei Musei Reali Torino.
    La curatela della mostra è di Pietro Zander.

     

    Ph: La tavola di Ugo da Carpi per l’altare del Volto Santo nella Basilica Vaticana (© Fabbrica di San Pietro in Vaticano)

  • Dal 09/06/2022 al 25/08/2022 nel Boschetto dei Giardini Reali dei Musei Reali Torino alle ore 17:00 – 18:30

    Il ciclo di conferenze nei Giardini Reali, iniziato con la prima edizione di Chiamata alle Arti nell’estate del 2021, ritorna quest’anno con Vite parallele. Storie di uomini e animali.

    Gli incontri con artisti, curatori ed esperti in ambito zoologico, tecnologico e biologico, organizzati in collaborazione con l’Archivio di Stato di Torino, trattano di creature eclettiche, fantasiose e mitologiche, intrecciando la narrazione storico-artistica con la ricerca scientifica, affrontando i temi del cambiamento climatico e del paesaggio che muta sotto la spinta dell’uomo.

    9 giugno Change: come cambia il paesaggio?
    Luca Mercalli, Società Meteorologica Italiana e Fabio Luino, IRPI-CNR
    dialogano con Stefano Benedetto

    16 giugno Il primo animale: l’uomo ideale?
    Sergio Scamuzzi, Università degli Studi di Torino – Dipartimento di Culture, Politica e Società
    dialoga con Giuseppina Mussari

    30 giugno Animali in giardino, animali nell’arte
    Paolo Albertelli e Mariagrazia Abbaldo, C&C Studio
    dialogano con Stefania Dassi

    7 luglio Animali esotici, animali fantastici
    Nicola Bolla, artista
    dialoga con Stefania Dassi

    14 luglio Ecologia come scienza nomade. Pratiche artistiche e agende politiche
    Marco Scotini, PAV – Parco Arte Vivente
    dialoga con Stefano Benedetto

    21 luglio Esporre l’esotico: dal serraglio dei Giardini Reali al Museo di Scienze Naturali
    Luca Ghiraldi, Museo Regionale di Scienze Naturali – Referente Collezioni Ornitologiche e Teriologiche
    dialoga con Elisa Panero

    28 luglio Bones: resti animali per ricostruire la storia
    Beatrice De Marchi, Università degli Studi di Torino – Dipartimento di Scienze della Vita e Biologia dei Sistemi
    dialoga con Elisa Panero

    4 agosto Animati Animali. Spunti sull’immagine e il ruolo degli animali nel film d’animazione
    Chiara Magri, Centro Sperimentale di Cinematografia
    dialoga con Stefano Benedetto

    11 agosto I cavalli dell’Armeria Reale
    Pietro Passerin d’Entrèves, Università degli Studi di Torino – Dipartimento di Scienze della Vita e Biologia dei Sistemi
    dialoga con Giorgio Careddu

    25 agosto Animali al cinema
    Donata Pesenti Campagnoni, già curatrice del Museo Nazionale del Cinema di Torino
    dialoga con Barbara Tuzzolino​

  • In occasione del centenario della nascita di Gabriella Crespi e del Salone del Mobile di Milano 2022, il MAUTO – Museo Nazionale dell’Automobile apre IL LUSSO NEL BAGAGLIAIO. Gabriella Crespi al volante tra arte e design, esposizione dedicata all’artista designer lombarda e realizzata in collaborazione con l’Archivio Crespi.

    Dall’inizio degli anni Cinquanta al 1987 Gabriella Crespi (1922-2017) ha disegnato oltre duemila oggetti darredamento tra arte, alto artigianato e stile contemporaneo. È stata la designer del jet-set internazionale, dell’aristocrazia romana e milanese, delle teste coronate, dei divi. Presentate negli showroom di Palazzo Cenci e via Montenapoleone, riproposte nelle vetrine di Dior, Tiffany e Saks, le sue opere – prodotte in piccole serie ed esemplari unici – hanno segnato un’epoca e ancor più la segnano oggi in una dimensione storica. I suoi tavoli metamorfici, le sedute, le lampade, gli oggetti decorativi naturalistici e astratti raggiungono ancora oggi quotazioni d’asta elevatissime, in Italia e ancor più all’estero.

    La mostra dedicata a Gabriella Crespi allarga il percorso museale di valorizzazione dello stile italiano, attraverso il racconto di una straordinaria designer che ha saputo conquistare brand prestigiosi e clienti in tutto il mondo. Ci ha inoltre permesso di realizzare un ponte ideale con la Milano Design Week e di rafforzare il dialogo con Milano avviato nei mesi scorsi dalla collaborazione con la boutique Larusmiani e l’esposizione nelle vetrine di Via MonteNapoleone della Fiat Turbina, anch’essa simbolo del design made in Italy e della maestria artigiana” (Mariella Mengozzi, Direttore MAUTO)

    A cent’anni dalla nascita di Gabriella Crespi, l’Archivio Crespi ha donato al MAUTO la station wagon Ford Taunus che la designer guidava negli anni ’70 e ‘80. Sempre carica di progetti, modelli, campioni e prototipi da presentare ai suoi amati artigiani. La vettura sarà al centro dell’esposizione IL LUSSO NEL BAGAGLIAIO – visitabile al MAUTO da venerdì 27 maggio a domenica 25 settembre – circondata da una selezione di opere rappresentativa del lavoro della Crespi: per citarne solo alcune, il Tavolo 2000 che rappresenta – con il Cubo Magico – il primo ‘tavolo-macchina’ della serie dei Plurimi, disegnati da Gabriella Crespi tra il 1970 e il 1982; la lampada Fungo realizzata nel 1972 e uno degli Obelischi Luminosi presentati nel 1970 in più versioni e in differenti altezze; la scultura bronzea Cervo eseguita in pochi esemplari secondo l’antico procedimento della cera persa. Una ricca galleria fotografica contestualizza la storia, presentando il personaggio, il suo mondo affascinante e ulteriori opere.

    “Celebrare il centenario di mia madre in un Museo nel quale si percepisce tutta la magia di uno spazio senza tempo ha per me un significato molto speciale. Ho subito accolto con entusiasmo l’idea originale di presentare alcuni suoi lavori accanto alla sua automobile che rimarrà esposta per sempre nel Museo e ringrazio tutti coloro che hanno reso possibile questa bellissima iniziativa e che stanno lavorandoci con grande passione e professionalità.” (Elisabetta Crespi)

    La mostra sarà aperta al pubblico il 27 maggio, avrà una settimana d’onore durante il Salone del Mobile di Milano e rimarrà aperta fino al 25 settembre 2022. Il progetto è stato ideato da Giosuè Boetto Cohen, giornalista e curatore di mostre internazionali, con il supporto di Elisabetta Crespi, figlia e collaboratrice dell’artista.

  • Dall’8 aprile al 25 settembre al MAUTO di Torino

    Un vero e proprio viaggio nello spazio e nel tempo alla scoperta delle tappe che hanno segnato un punto di svolta nella straordinaria storia della “automotività” fino all’invenzione dell’automobile.

    Dalla ruota dei Sumeri del 2500 a.C. alla prima automobile della storia, la Benz PatentMotorwagen del 1886: queste la prima e l’ultima tappa, tra secoli e continenti, del viaggio tra i tredici modelli in mostra, veicoli funzionanti e installazioni multimediali, che rivivranno in “MOTUS. Preistoria dell’Automobile” al MAUTO – Museo Nazionale dell’Automobile di Torino, dall’8 aprile al 25 settembre.

    La mostra nasce da un’idea del Museo Galileo di Firenze e del Museo del Sidecar di Cingoli (Macerata) ed è curata da Giovanni Di Pasquale, storico della scienza e della tecnologia antiche e vicedirettore scientifico del Museo Galileo, e da Costantino Frontalini, direttore del Museo del Sidecar. È coprodotta dal Museo Galileo e Civita Mostre e Musei in collaborazione con il MAUTO. Le ricostruzioni sono realizzate dal Museo del Sidecar, mentre si deve al Laboratorio Multimediale del Museo Galileo la produzione delle animazioni 3D e allo studio creativo camerAnebbiadi Milanoquella degli exhibit interattivi.

    L’accurata ricerca documentale e la precisa ricostruzione degli artefatti sono princìpi su cui il MAUTO fonda la propria filosofia di approccio alla conservazione al restauro, e sono stati motivo essenziale per l’adesione del nostro museo al progetto Motus, frutto di una inedita collaborazione tra il Museo Galileo, il Museo del Sidecar, il MAUTO e Civita. L’intero sistema industriale legato all’automobile sta cambiando molto rapidamente sotto le spinte della

    tutela ambientale e della ricerca di nuove fonti energetiche; in questo contesto, la conoscenza della storia può essere strumento e fonte di ispirazione per le nuove generazioni che devono progettare la loro vita futura, dichiara Mariella Mengozzi direttore del MAUTO Museo dell’Automobile di Torino.

    Da appassionato ricercatore e da italiano sono felice che Torino, e in particolare il Museo dell’Automobile, mostri una storia poco nota che precede l’invenzione dell’automobile, afferma Costantino Frontalini, direttore del Museo del Sidecar e co-curatore della mostra

    La mostra “Motus. Preistoria dell’automobile”, nasce da un grande progetto scientifico e dalla sinergia tra i partner coinvolti: Museo Galileo – Istituto e Museo di Storia della Scienza di Firenze, Museo del Sidecar di Cingoli (Macerata), Museo Nazionale dell’Automobile di Torino e Civita Mostre e Musei. Oltre ad essere una preziosa opportunità per approfondire la storia avvincente di un’evoluzione inarrestabile, quella dell’automobile, la mostra rappresenta per noi, proprio grazie a questo circolo virtuoso di collaborazioni, la possibilità di produrre mostre scientifiche di elevato livello che ci permettono di diversificare la tipologia di offerta culturale, coinvolgendo pubblici eterogenei, nonché di raggiungere importanti traguardi nella diffusione nazionale ed estera, dichiara Giorgio Sotira, CEO di Civita Mostre e Musei.

    I tredici oggetti esposti, di cui undici realizzati dal Museo del Sidecar e due esemplari originali provenienti uno dalle collezioni del museo marchigiano e l’altro da una collezione privata, sono tutti funzionanti, realizzati con cura nei minimi dettagli, con il metodo utilizzato dell’archeologia sperimentale, che si avvale delle tecniche e dei materiali disponibili nel periodo storico in cui i veicoli furono progettati.

    La mostra propone i principali progetti che hanno rappresentato una novità nella ricerca del movimento autonomo da parte dell’uomo. I prototipi esposti sono tutti accomunati dal fatto di non aver bisogno di forze esterne per muoversi, come, ad esempio, il traino di animali.

    Gli oggetti esposti mettono in evidenza anche l’aspetto sorprendente della tecnologia meccanica. I dispositivi che determinano il funzionamento dei veicoli riscostruiti, nascosti alla vista o incomprensibili ai più, ci ricordano le parole di Tommaso Campanella: ‘Finché non si intende l’arte, sempre dicesi magia, dopo è scienza, spiega Giovanni Di Pasquale, vicedirettore scientifico del Museo Galileo e co-curatore della mostra.

    È da tempo che gli studi condotti dal Museo Galileo sulla storia della scienza hanno svelato con la comunità scientifica e per il vasto pubblico l’importante ruolo giocato dalla tecnica nel mondo antico. La sfida della automobilità che oggi qui presentiamo nelle sue tappe più significative ne è una felice testimonianza. Siamo fiduciosi che il pubblico dei visitatori possa non solo meravigliarsi della sapienza espressa in questi oggetti ma anche tornare attraverso di essi alle domande originarie che hanno mosso i loro artefici, dichiara Roberto Ferrari direttore del Museo Galileo.

    Gli oggetti in mostra si dividono in tre gruppi: i veicoli automobili propriamente detti, con un meccanismo all’interno che ne consente il movimento; i mezzi che potrebbero considerarsi automobili agli occhi di chi guarda: non si muovono grazie a forze esterne, ma hanno bisogno dell’assistenza costante dell’uomo; infine, vi sono i veicoli ibridi, ovvero quelli che possono spostarsi sia con l’energia motrice fornita dall’uomo che grazie a un meccanismo proprio della macchina.

    La mostra è corredata da un catalogo illustrato, pubblicato in edizione italiana e inglese da Silvana Editoriale.

     

    LE OPERE IN MOSTRA

    Nella gran parte dei casi le ricostruzioni riproducono macchine e dispositivi giunti fino a noi solo attraverso le fonti letterarie; la loro realizzazione è stata possibile quindi grazie a una minuziosa indagine sulle fonti storiche e iconografiche. Come noto, la ricerca della “automotività” si realizza con la vettura progettata e costruita da Karl Benz nel 1886: egli è al tempo stesso precursore e pioniere, e segna il confine tra la preistoria e la storia dell’automobile. Il viaggio in mostra inizia con la “Ruota di Ur” nel III millennio a.C., in Mesopotamia: colla animale e corde tengono insieme tre parti ritagliate nel legno, con perno in bronzo e rivestitura in pelle. Prosegue fino a Rodi nel 304 a.C., dove troviamo la “Torre mobile da assedio” con cui il re macedone Demetrio Poliorcete avanzò fin sotto le mura della città. Alta 46 metri, a nove piani, la torre mobile era rivestita di metallo per impedire che venisse incendiata e nascondeva all’interno il motore che la faceva muovere autonomamente, in avanti e lateralmente: se ne conserva memoria nel gioco degli scacchi, dove la torre può compiere solo questi movimenti. Il percorso continua nel 50 d.C., ad Alessandria d’Egitto, con il “Teatrino mobile” di Erone: un complesso meccanismo ne governava la partenza e il riposizionamento, proprio come un’entrata e un’uscita di scena, che rappresentava un rito dionisiaco. Il balzo temporale porta poi il visitatore nel 1420 a Padova, con il veicolo progettato dall’ingegnere Giovanni Fontana, la cosiddetta “Cattedra deambulatoria”, composta da un abitacolo in legno nel quale il guidatore, comodamente seduto, può manovrare lo sterzo e modificare la traiettoria del veicolo. Il periodo rinascimentale, come noto, è ricco di invenzioni: tra queste merita un posto di rilievo il “Carro automotore” di Leonardo da Vinci, raffigurato in una serie di disegni realizzati tra il 1478 e il 1485. Il modello esposto, mosso dall’energia prodotta da una molla a balestra, propone la presenza di una ruota posteriore sterzante con leva di comando, probabilmente destinata a un guidatore. Ci si sposta quindi in Germania, a Norimberga, dove nel 1655 l’orologiaio Stephan Farfler, paralizzato alle gambe sin da bambino, progetta il “Triciclo meccanico” per muoversi in autonomia: si tratta di un carretto a tre ruote mosso da una manovella azionata dal guidatore che può essere considerato il primo esempio di carrozzina per persone con disabilità. Nel XVII secolo si diffonde una nuova forma di energia, utilizzata dal gesuita belga Ferdinand Verbiest, missionario a Pechino, per il suo“Carretto a vapore”: nel 1678 creò per il divertimento del giovane imperatore Kanxiun veicolo se moventeazionato dal vapore che fuoriusciva da una caldaia. Sempre dall’Oriente arriva la “Barca terrestre”, precisamente da Hikone, in Giappone: HiraishiKuheiji Tokimitsu, magistrato della città e appassionato di astronomia e matematica, costruì nel 1732 un veicolo denominato “rikusensha”, la cui caratteristica principale era il sistema di propulsione tramite pedali spinti alternativamente con i piedi. Per questo motivo, i Giapponesi oggi rivendicano il primato nell’invenzione della bicicletta, che tradizionalmente si fa risalire al 1817 in Germania, a Mannheim, con la comparsa della “Draisina”, il cui modello è esposto in mostra. Il barone Karl von Drais progettò il mezzo che presenta molte delle caratteristiche delle attuali biciclette: il manubrio impugnato con entrambe le mani, il cavalletto, il freno, il sellino. Nel percorso finale dell’esposizione il visitatore troverà il “Velocimano”, pezzo originale della collezione del Museo del Sidecar: un nuovo mezzo per il trasporto personale che comparve in Italia nel 1819,chiamato così perché era il movimento alternato delle braccia a spingere il veicolo. Si tratta di un triciclo inventato da Gaetano Brianza che, nella versione standard, aveva le sembianze di un cavallo alato. “Motus” vola poi negli Stati Uniti, a Boston, con il motociclo costruito da Sylvester Roper nel1869: la prima motocicletta della storia. Ha il telaio in ferro e due manopole sul manubrio che comandano accelerazione e frenata; la sella è in realtà il serbatoio dell’acqua con cui ricaricare la caldaia. Da una collezione privata viene la locomotiva stradale costruita nel 1879 dalla prestigiosa fabbrica di carrozze Trinci di Pistoia. Questo esemplare venne acquistato dalla famiglia Milani nel 1914 per la tenuta di Montespertoli (Firenze); fu usato anche per i giochi dei bambini: uno di essi era Lorenzo, che più tardi divenne parroco a Barbiana, dove fu maestro di cultura e di vita. Infine, si arriva al 1886, anno di svolta nella storia della mobilità terrestre, perché chiude l’epoca dei precursori e inizia quella dei pionieri dell’automobile: Karl Benz inventa, brevetta, costruisce e pubblicizza la sua vetturetta a tre ruote denominata Benz Patent Motorwagen, la prima automobile moderna. È una carrozza spinta dal nuovo e rivoluzionario motore a combustione interna, denominato anche “a scoppio”. Grande pubblicità suscitò, il 5 agosto 1888, il viaggio di Bertha, moglie di Benz, con due figli fino a Pforzheim, 180 km tra andata e ritorno, a una velocità di circa 10 km all’ora.

    https://mostre.museogalileo.it/motus

    https://www.civita.it/

  • Dal 19 febbraio 2022 al 31 dicembre 2024 apre al pubblico la Galleria Archeologica, un’inedita sezione dedicata alle civiltà del Mediterraneo antico, dove sono custoditi reperti di rara bellezza e di inestimabile valore storico.

    Il percorso di visita è compreso nel biglietto ordinario dei Musei Reali.

    I Musei Reali offrono al pubblico un itinerario di visita ancora più ricco e coinvolgente grazie all’inaugurazione della Galleria Archeologicauna nuova sezione dedicata al nucleo più antico delle collezioni d’arte e archeologia, situata al piano terreno della Manica Nuova di Palazzo Reale. Più di mille opere, alcune delle quali mai esposte prima: reperti provenienti dalla Mesopotamia, statue greche e romane, vasellame greco, elementi funerari etruschi e fenici. Materiali che compongono uno straordinario scrigno di testimonianze pervenute al Museo di Antichità in più di quattrocento anni di storia, grazie al collezionismo di Casa Savoia e alle scoperte di studiosi, esploratori e imprenditori. Una grande occasione per riportare l’Archeologia al centro dei Musei Reali, svelando un capitolo fondamentale della storia dei Savoia a Torino. 

    Questa iniziativa, in linea con il Piano Strategico dei Musei Reali, punta a riordinare i percorsi di visita, migliorando i collegamenti fra le diverse unità museali, soprattutto all’interno del Museo di Antichità, attualmente suddiviso in tre sezioni (Archeologia a Torino, Padiglione Territorio, Sezione Collezioni). L’obiettivo è quello di sviluppare un itinerario coeso all’interno della Manica Nuova di Palazzo Reale, dove l’Atrio monumentale si trasforma in uno snodo essenziale capace di mettere in rapporto dialettico due grandi nuclei del collezionismo sabaudo: le antichità e le raccolte di pittura.

     

    Il percorso espositivo

    Il percorso di visita è suddiviso in cinque sezioni e si articola lungo dieci sale, con uno scenografico allestimento progettato dallo studio GTRF – Tortelli Frassoni Architetti Associati, che ha firmato alcune delle più iconiche esposizioni museali degli ultimi anni in Italia. Il patrimonio del Museo di Antichità è stato messo in scena come un affascinante viaggio nel tempo e nello spazio, che ripercorre la nascita delle prime collezioni per poi avventurarsi lungo la Galleria delle Sculture, sulla quale si affacciano le sale riservate alle diverse civiltà, da esplorare liberamente.

    La prima sezione sulla storia del collezionismo antiquario è dedicata al nucleo primigenio delle collezioni sabaude, frutto di abili acquisizioni sul mercato di Roma e Venezia per volontà del duca Emanuele Filiberto dalla fine del Cinquecento, poi fortemente incrementante dal figlio Carlo Emanuele I.

    Il corridoio centrale ha il compito di evocare una galleria di palazzo, dove lungo le pareti si allineano statue greche e romane, rilievi scolpiti e busti marmorei, che presentano al visitatore i caratteri salienti della rappresentazione antica: le teste-ritratto, vere immagini di propaganda dell’Antichità; le riproduzioni romane di opere celebri; le scene di banchetto sui sarcofagi, per poi culminare nella suggestiva Rotonda degli Imperatori, dove i busti dei principali personaggi della storia romana circondano il visitatore. Ai reperti assiri, giunti al Museo nel 1847, è dedicata l’area Vicino Oriente Antico, a cui si unisce una raccolta – la più ricca in Italia – di testi cuneiformi e sigilli a cilindroAll’interno della quinta sezione sulle antichità dall’isola di Cipro, è presente la maggiore collezione del Museo: conta oltre 1.000 pezzi in grado di testimoniare l’evoluzione di quello straordinario crocevia culturale lungo un arco cronologico che spazia dall’antica Età del bronzo (III millennio a.C.) alla tarda antichità (IV-V secolo d.C.). Seguono le sale della civiltà romana, con il calco ottocentesco, per la prima volta esposto, del calendario romano dei Fasti Praenestini, dell’Egitto in età ellenistica, dove risplende la bellissima testa della celebre regina Cleopatra VII, del mondo fenicio e punico. Le ceramiche elleniche e italiote (circa 400 pezzi) acquistate tra il 1827 e il 1828 da Carlo Felice sono protagoniste della sezione Civiltà Greca ed Etrusca. A queste si aggiunge una seconda collezione di reperti etruschi che comprende vasellame in ceramica, bucchero, bronzi, urne cinerarie, sarcofagi e vasellame di produzione meridionale.

    Tra gli oggetti iconici selezionati dai curatori sono presentati il ritratto scultoreo di Cesare, ritenuto dagli esperti uno dei più rassomiglianti al condottiero; il rilievo assiro del re Sargon II, una delle più raffinate rappresentazioni del sovrano neo assiro risalente al 717-707 a.C.; il grande sarcofago etrusco datato al 280-270 a.C. della Matausna, donna appartenente alla famiglia omonima di cui si possono ricostruire parentele e nomi; il mosaico del cantore Orfeo che ammansisce le belve, ritrovato a Cagliari e giunto al Museo di Antichità già nel Settecento; il misterioso busto di Iside “cabalistica”, scolpito nella seconda metà del XVI secolo; un’eccezionale iscrizione in bronzo trilingue (punico, greco, latino) proveniente dalla Sardegna romana.

    Il percorso è scientificamente aggiornato secondo gli ultimi risultati degli studi internazionali ed è stato concepito fin dall’inizio secondo il principio del design for all. I contenuti, infatti, sono resi accessibili a tutti i pubblici grazie all’inserimento di speciali didascalie commentate, contenuti tattili e audiodescrizioni, richiamabili da smartphone attraverso QRcode integrati sulle pareti.

    Per i più giovani, lungo le sale si snoda la Galleria Junior, che stimola la curiosità dei bambini attraverso giochi e indovinelli per far conoscere meglio il passato, mettendolo a confronto con il presente.

    I visitatori troveranno inoltre degli approfondimenti extra attraverso le videointerviste di Galleria Liveprotagonisti del mondo della cultura, dello sport, dell’imprenditoria e dell’arte che hanno risposto alla domanda “Quale significato hanno per te questi oggetti esposti? In che modo riflettono le tue passioni?”. Tra i volti illustri: Corrado Lopresto, uno dei maggiori collezionisti al mondo di automobili e prototipi d’epoca; lo scultore e artista Fabio Viale; il lottatore olimpico Daigoro Timoncini; studiosi di Archeologia, Storia e Antropologia, con i quali sono stati commentati temi e reperti dell’esposizione, aprendo a prospettive inusuali.

  • Arte internazionale dal 1990

    da 3 Novembre 2021 a 25 Settembre 2022

    a cura di Riccardo Passoni

     

    La GAM – Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino rinnova l’allestimento delle collezioni permanenti del Contemporaneo con un nuovo percorso che presenta 33 grandi artisti della scena artistica internazionale.

    Una collezione senza confini nasce dalla volontà di dare visibilità a una importante selezione di opere del patrimonio del museo focalizzando l’attenzione su 56 opere, molte delle quali non hanno avuto negli ultimi anni la possibilità di essere esposte al pubblico, se non per brevi periodi.  Nel corso del tempo il museo ha raccolto opere di grande importanza, e tutti i lavori oggi esposti fanno riferimento alla storia recente di acquisizioni: sono giunti in museo negli ultimi vent’anni attraverso diversi canali, dalle scelte effettuate ad Artissima o nell’ambito delle acquisizioni annuali, entrambe rese possibili grazie al contributo determinante della Fondazione per l’Arte Moderna e Contemporanea CRT, alle opere entrate a far parte della collezione in seguito a serie espositive, quali ad esempio il ciclo di mostre dal titolo Avvistamenti nei primi anni 2000, oltre a doni e acquisti mirati.

    Per Fondazione Arte CRT è una grande soddisfazione vedere esposte all’interno della mostra “Una collezione senza confini” ben 22 opere della propria storica collezione.Grazie al progetto curatoriale messo a punto dalla Galleria d’Arte Moderna di Torino i visitatori potranno ammirare lavori di assoluto prestigio realizzati da maestri dell’arte contemporanea come Marina Abramović, Anselm Kiefer, ma anche William Kentridge o Hermann Nitsch. Un patrimonio in continuo rinnovamento che, oltre a testimoniare l’evoluzione dell’arte contemporanea, conferma come le acquisizioni svolte nel corso del tempo attraverso Fondazione Arte CRT rappresentino un investimento sicuro, sia in termini culturali che di mercato. Rassegne come questa dimostrano quanto le collezioni permanenti siano fondamentali per garantire una programmazione museale di livello e confermano come la nostra collezione continui a distinguersi quale assoluto punto di riferimento per l’arte contemporanea internazionale, ha commentato la Presidente della Fondazione per l’Arte Moderna e Contemporanea CRTAnna Ferrino.

    L’esposizione offre anche lo spunto per dimostrare come il museo abbia perseguito negli anni un percorso di internazionalizzazione avviato con successo all’indomani della seconda guerra mondiale.

    Lo sguardo e l’interesse verso l’arte straniera prese inizio dal 1948 con l’acquisizione di Dans mon pays di Marc Chagall alla Biennale di Venezia, per poi proseguire coerentemente con gli indirizzi internazionali nei decenni successivi, come già dimostrato con la mostra Strangers. Tra informale e pop dalle collezioni GAM, realizzata nel 2012.

    Dopo 10 anni da quella prima testimonianza, la GAM oggi presenta Una collezione senza confini con una prospettiva completamente diversa: nella dimensione globale in cui siamo ormai giunti a percepire la nostra presenza, grazie alla circolazione delle notizie, delle opere e delle persone e per il moltiplicarsi delle occasioni di viaggi ed esposizioni a livello mondiale, è diventato difficile, se non impossibile, stabilire i confini entro i quali operare sul fronte dell’accrescimento internazionale della collezione.

    Se, fino a pochi decenni fa era normale aprirsi all’arte parigina soprattutto e poi americana, nel corso degli ultimi 25-30 anni sono entrate nella collezione della GAM opere di artisti certamente europei, ma si sono accolte anche opere provenienti da culture e linguaggi espressivi diversi: dalla Cina, Cuba, Africa ad esempio, ormai elevate a stima globale grazie ai principali eventi espositivi, come Documenta, Biennali e Triennali internazionali.

    Gli artisti selezionati per questo appuntamento appartengono a diverse generazioni: si va dai nomi dei protagonisti nati negli anni Trenta (Georg BaselitzChristian Boltanski) fino alla generazione nata negli anni Settanta (Kcho, Hannah Starkey, Laurent Grasso).

    Come sostiene il Direttore Riccardo Passoni, curatore dell’esposizione: Possiamo verificare che nella ‘antologia’ che abbiamo proposto in questa esposizione sono tanti gli stimoli che possiamo riconoscere come portanti di una certa ricerca, senza che vi corrispondano una geografia specifica o uno stile di riferimento. Vi sono rappresentazioni che evocano una narrazione, conclusa o in sospensione (Marina Abramović, Hannah Starkey); la tradizione e la cura (Chen Zhen); gli affioramenti del rimosso (William Kentridge, Tracey Moffatt); il dramma della storia e delle sue cicatrici, in una dimensione ideologica (Alfredo Jaar). E ancora: emergono la messa a fuoco di una dimensione favolistica o leggendaria (Mark Dion, Matt Collishaw), a contrasto con lo sguardo sull’inammissibile, la dura necessità del ricordo (Christian Boltanski); o il recupero di certi spazi mentali, di alienazione (Ilya e Emlia Kabakov) o di incursioni sul paranormale (Marcos Lutyens, Laurent Grasso).

    Questo allestimento, oltre a presentare alcune delle opere internazionali più significative giunte in museo, non può rinunciare a lasciare un punto interrogativo sul futuro dell’accrescimento del patrimonio della GAM, soprattutto in relazione agli spazi oggi divenuti esigui, con i quali il museo si sta misurando.

    Gli artisti esposti: Marina Abramović (Belgrado, Serbia, 1946); Georg Baselitz (Kamenz, Germania, 1938); Chen Zhen (Shangai, Cina, 1955 – Parigi, Francia, 2000); Christian Boltanski (Parigi, Francia, 1944-2021); Cecily Brown (Londra, Regno Unito, 1969); Pedro Cabrita Reis (Lisbona, Portogallo, 1956); Matt Collishaw (Nottingham, Regno Unito, 1966); Tony Cragg (Liverpool, Regno Unito, 1949); Mark Dion (New Bedford, Massachusetts, Usa, 1961); Liam Gillick (Aylesbury, Regno Unito, 1964); Antony Gormley (Londra, Regno Unito, 1950); Laurent Grasso (Mulhouse, Francia, 1972); Carsten Höller (Bruxelles, Belgio, 1961); Alfredo Jaar (Santiago del Cile, Cile, 1956); Ilya and Emlia Kabakov (Dnepropetrovsk, URSS, oggi Ucraina, 1933 e 1945); Kcho (Nueva Gerona, Cuba, 1970); William Kentridge (Johannesburg, Sudafrica,1955); Terence Koh (Pechino, Cina, 1967); Anselm Kiefer (Donaueschingen, Germania, 1945); Jim Lambie (Glasgow, Scozia, 1964); Marcos Lutyens (Londra, Regno Unito, 1964); Mona Marzouk (Alessandria d’Egitto, Egitto, 1968); Aleksandra Mir (Lubin, Polonia, 1967); Tracey Moffatt (Brisbane, Australia, 1960); Hermann Nitsch (Vienna, Austria, 1938); Albert Oehlen (Krefeld, Germania, 1954); Cornelia Parker (Cheshire, Regno Unito, 1956); Tobias Rehberger (Esslingen, Germania, 1960); Julião Sarmento (Lisbona, Portogallo, 1948-2021); Sean Scully (Dublino, Irlanda, 1945); Kiki Smith (Norimberga, Germania, 1954); Hannah Starkey (Londra, Regno Unito, 1971); Jessica Stockholder (Seattle, Washington, Usa, 1959).

    ORARI
    NUOVO ORARIO
    Martedì, mercoledì, giovedì, venerdì, sabato e domenica dalle 10 alle 18
    Lunedì chiuso
    Le biglietterie chiudono un’ora primaI musei garantiscono una visita in piena sicurezza, nel rispetto delle normative anti-Covid
    La prenotazione è consigliata ma non obbligatoria al numero 011 5211788 o via mail a ftm@arteintorino.com
    Prevendita: TicketOne
    Come di consueto, GAM, MAO e Palazzo Madama, nel rispetto di tutte le linee guida ministeriali, riaprono mettendo in atto tutte le misure necessarie a garantire una visita in completa sicurezza.
    BIGLIETTI
    Collezioni permanenti
    Intero: € 10
    Ridotto: € 8
    Gratuito: minori 18 anni, Abbonamento Musei Torino, Torino + Piemonte card
    E’ sospesa la gratuità del primo martedì del mese
    Le tariffe possono subire variazioni in presenza di mostre temporaneee
  • 26 settembre 2020 – 31 gennaio 2021

    La mostra Capa in color presenta, per la prima volta in Italia, gli scatti a colori di Robert Capa, fotografo di fama mondiale. La collezione è presentata da ICP-International Center of Photography, grazie a ICP Exhibitions Committee e ai fondi pubblici del New York City Department of Cultural Affairs in partnership con il consiglio cittadino.

    Curata dal Centro Internazionale di Fotografia di New York, è prodotta dalla Società Ares con i Musei Reali eallestita nelle Sale Chiablese dal 26 settembre 2020 al 31 gennaio 2021. Robert Capa è internazionalmente noto come maestro della fotografia in bianco e nero, ma ha lavorato regolarmente con pellicole a colori fino alla morte, nel 1954. Sebbene alcune fotografie siano state pubblicate sui giornali dell’epoca, la maggior parte degli scatti a colori non erano ancora stati presentati in un’unica mostra. L’esposizione presenta oltre 150 immagini a colori, lettere personali e appunti dalle riviste su cui furono pubblicate.

    L’esposizione è nata da un progetto di Cynthia Young, curatrice della collezione di Robert Capa al Centro internazionale di fotografia di New York, per presentare un aspetto sconosciuto della carriera del maestro. Rispetto a quanto è stato mostrato in precedenza, l’esposizione intende illustrare il particolare approccio dell’autore verso i nuovi mezzi fotografici e la sua straordinaria capacità di integrare il colore nei lavori da fotoreporter, realizzati tra gli anni ‘40 e ‘50 del Novecento.

    Nato a Budapest con il nome di Endre Ernő Friedmann e naturalizzato cittadino americano nel 1946, Capa fu considerato dal Picture Post come “il più grande fotografo di guerra”, con riferimento agli scatti realizzati durante la guerra civile spagnola. Durante la Seconda Guerra Mondiale, Capa ha collaborato con molte riviste come Collier’s e Life, ciò che gli permise di acquisire una particolare sensibilità nel rappresentare la guerra e le devastazioni. Le sue famose immagini ben simboleggiano la brutalità dei conflitti e hanno contribuito a cambiare la percezione del pubblico verso la fotografia di guerra.

    Il 27 luglio 1938, trovandosi in Cina per documentare la guerra sino-giapponese in un reportage durato otto mesi, Capa scrisse a un amico della sua agenzia di New York: “Spediscimi immediatamente 12 rulli di Kodachrome con tutte le istruzioni su come usarli, filtri, etc… in breve, tutto ciò che dovrei sapere, perché ho un’idea per Life”. Sebbene di quel servizio siano sopravvissute soltanto fotografie in bianco e nero, ad eccezione di quattro immagini pubblicate sulla rivista Life il 17 ottobre 1938, la lettera esprime il chiaro interesse di Capa per i lavori con pellicole a colori, ben prima che venissero largamente impiegate da molti altri fotoreporter.

    Nel 1941, Capa fotografò a colori Ernest Hemingway nella sua casa a Sun Valley, in Idaho, e utilizzò pellicole a colori anche durante la traversata dell’Atlantico su una nave merci con un convoglio alleato, scatto pubblicato dal Saturday Evening Post.

    Della produzione di Robert Capa sono molto noti i reportage della Seconda Guerra Mondiale, in particolar modo dello sbarco in Normandia, pur avendo privilegiato maggiormente pellicole in bianco e nero. Le poche immagini a colori ritraggono soprattutto le truppe americane e il corpo francese a cammello in Tunisia, nel 1943.

    Dopo il secondo conflitto mondiale, l’attività di Capa si orientò esclusivamente verso l’uso di pellicole a colori, soprattutto per fotografie destinate alle riviste dell’epoca come Holiday e Ladies’Home Journal (USA), Illustrated (UK), Epoca (Italia). Quelle immagini, presentate ai lettori per la prima volta, avevano lo scopo di raccontare al pubblico americano ed europeo la vita quotidiana di persone comuni e di paesi lontani, in maniera radicalmente diversa rispetto ai reportage di guerra che avevano guidato i primi anni della carriera di Capa. L’abilità tecnica del maestro, abbinata alla capacità di raccontare le emozioni umane dimostrata nelle prime fotografie in bianco e nero, gli permise di muoversi con particolare abilità tra i diversi tipi di pellicola, impiegando il colore a completamento dei soggetti fotografati. Tra questi primi lavori si trovano le fotografie della Piazza Rossa di Mosca, realizzate durante un viaggio in URSS nel 1947 con lo scrittore John Steinbeck e la vita dei primi coloni in Israele nel 1949-50. Per il progetto Generazione X, Capa si recò a Oslo, a Essen, nel nord della Norvegia e a Parigi per catturare la vita e i sogni delle giovani generazioni nate prima della guerra.

    Le fotografie di Capa presentano ai lettori anche un interessante ritratto dell’alta società, dovuto al sapiente ed elegante uso della fotografia a colori. Nel 1950, ritrasse le stazioni sciistiche più alla moda delle Alpi svizzere, austriache e francesi, e le affascinanti spiagge francesi di Biarritz e Deauville per il fiorente mercato turistico presentato dalla rivista Holiday. Scattò anche diverse fotografie di moda, lungo le banchine della Senna e in Place Vendôme. Fotografò diversi attori e registi sui set cinematografici, come Ingrid Bergman nel film Viaggio in Italiadi Roberto Rossellini, Orson Welles in Black Rose e John Huston in Moulin Rouge. In questo periodo realizzò anche una serie di ritratti, come quelli di Pablo Picasso, fotografato su una spiaggia con il figlio Claude, o di Giacometti nel suo studio a Parigi. L’immaginario a colori era parte indissolubile della ricostruzione e della vitalità del dopoguerra.

    Per tutti i lavori realizzati dalla fine della guerra in avanti, Capa impiegava sempre almeno due fotocamere: una per le pellicole in bianco e nero e una per quelle a colori, usando una combinazione di 35 mm e 4×5 Kodachrome, e le pellicole Ektachrome di medio formato, sottolineando l’importanza di questo nuovo mezzo per la sua crescita professionale. Continuò a lavorare con pellicole a colori fino al termine della sua vita, anche durante il viaggio in Indocina dove morì nel maggio 1954. In particolare, gli scatti a colori dall’Indoncina sembrano anticipare le immagini che avrebbero dominato l’immaginario collettivo della guerra in Vietnam, negli anni ‘60 del Novecento.

    Capa in color è una mostra che offre la possibilità unica di esplorare il forte e decennale legame del maestro con la fotografia a colori, attraverso un affascinante percorso che illustra la società nel secondo dopoguerra. Il suo talento nella composizione del bianco e del nero fu enorme, ma la scoperta della potenzialità delle pellicole a colori, quasi a metà della sua carriera, rese necessario definire un nuovo approccio. Capa in color rivela come Robert Capa iniziò a osservare il mondo in maniera diversa e come la sua attività riuscì ad adattarsi alla nuova sensibilità postbellica. L’innovativo mezzo fotografico lo obbligò non solo a riconsiderare la composizione dei colori, ma anche a trovare il modo migliore per soddisfare la curiosità di un pubblico reduce dal conflitto, che desiderava divertirsi e conoscere luoghi lontani.

    Dichiara Enrica Pagella, Direttrice Musei Reali:

    «La verità è l’immagine migliore, la miglior propaganda. Con questa frase celebre, Robert Capa afferma l’importanza del mezzo fotografico come arma di testimonianza e di denuncia. Noto universalmente come figura emblematica del fotoreporter di guerra, Capa documentò in bianco e nero i principali conflitti del Novecento, dalla guerra civile spagnola alla Seconda Guerra Mondiale, dal conflitto arabo-israeliano alla prima guerra di Indocina. Sperimentò l’uso del colore mentre si trovava sul fronte della seconda guerra sino-giapponese, nel 1938, e si avvicinò al cinema intervenendo in una pellicola prodotta da Luis Buñuel (Spagna 36) o quale fotografo di scena sul set del film Notorious, diretto da Alfred Hitchcock, che gli consentì di introdurre al neorealismo di Rossellini l’amata Ingrid Bergman. Un’estetica calata nella realtà e un uomo sempre pronto a misurarsi con le miserie, il caos e la storia, fino alla morte avvenuta nel 1954 in Vietnam, mentre scattava una foto.

    Capa è stato tra i fondatori della storica agenzia Magnum Photos con Henri Cartier-Bresson, David Seymour, Georges Rodger e William Vandivert nel 1947, ancora oggi tra le più importanti agenzie di fotogiornalismo mondiali. Dopo la Seconda Guerra Mondiale la sua poetica si concentrò soprattutto sulle pellicole a colori, ritraendo la vita decadente dell’alta società europea per le riviste, così come attori e artisti. A questa produzione meno nota, ma altrettanto affascinante e inconsueta, è dedicata la mostra Capa in color: il percorso è costituito da 150 immagini che appartengono alla collezione conservata all’International Center of Photography di New York e che sono arrivate a Torino qualche mese prima dell’emergenza sanitaria. Grazie all’accordo con la Società Ares, è ora possibile presentare per la prima volta in Italia, in un’unica mostra, un ritratto della multiforme società internazionale del dopoguerra, grazie al sapiente ed elegante uso del colore. Una mostra importante, sia per la qualità delle immagini che per l’opportunità di estendere l’offerta dei Musei Reali all’attività di un grande maestro del Novecento. Una sfida espositiva che accompagna la ripresa dopo i mesi del confinamento, un modo per “andare più vicino” al pubblico e alla vita, proprio come suggeriva uno degli insegnamenti di Capa: Se le vostre foto non sono abbastanza buone, non siete andati abbastanza vicino».

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     Sabato 26 e domenica 27 settembre 2020

    Ingresso a 1 euro alla GAM – Palazzo Madama e MAO Torino

    Come ogni anno, la Fondazione Torino Musei aderisce alle Giornate Europee del Patrimonio, il più partecipato degli eventi culturali in Europa, promosso sin dal 1991 dal Consiglio d’Europa e dalla Commissione Europea. L’appuntamento annuale ha l’obiettivo di far conoscere e apprezzare a tutti i cittadini l’enorme patrimonio di arte e storia che appartiene a ciascuno di noi, di incoraggiare la partecipazione attiva per la sua tutela e di riaffermarne la centralità e il valore non solo artistico, ma culturale e identitario. 

    Nelle due Giornate Europee del Patrimonio, sabato 26 e domenica 27 settembre i visitatori potranno quindi beneficiare dell’ingresso al prezzo simbolico di 1 euro alla GAM, a Palazzo Madama e al MAO: uno stimolo concreto a scegliere la cultura e la bellezza, oltre che un’ottima occasione per visitare le mostre in programma e le collezioni permanenti, tra cui il nuovo allestimento del Novecento alla GAM al suo primo giorno di apertura al pubblico.

    Di seguito le tariffe speciali per sabato 26 e domenica 27 settembre:

    • GAM – Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea

    Le nuove Collezioni del Novecento “Il primato dell’opera” e del Contemporaneo + mostre FORMA/INFORME. La fase non-oggettiva nella fotografia Italiana 1935-1958 (prorogata all’8 novembre) e GIUSEPPE CHIARI (prorogata al 4 ottobre) – 1 euro (chiuse le collezioni dell’Ottocento).

    Mostra HELMUT NEWTON. WORKS (prorogata all’8 novembre) – secondo tariffa ordinaria (compresa nel costo anche la mostra CAVALLI, COSTUMI E DIMORE. La riscoperta della “Fiera di Saluzzo (sec. XVII)” di Carlo Pittara (prorogata all’8 novembre)

    La tariffa di 1 euro sarà applicata anche agli Abbonati Musei (escluso Newton).

    • PALAZZO MADAMA – Museo Civico d’Arte Antica

    Collezioni + mostra ARGENTI PREZIOSI. Opere degli argentieri piemontesi nelle collezioni di Palazzo Madama e ArtSite1 euro

    La tariffa sarà applicata anche agli Abbonati Musei.

    • MAO – Museo d’Arte Orientale

    Collezioni permanenti + nuova rotazione di kesa giapponesi “Petali e draghi tra i fili di seta” – 1 euro

    La tariffa sarà applicata anche agli Abbonati Musei.

    I musei osserveranno il consueto orario di apertura dalle 10 alle 19 (le biglietterie chiudono alle 18).  

    Programma degli appuntamenti:

    Sabato 26 settembre ore 17

    SHAKUHACHI. MELODIE PER UN GIARDINO

    MAO – concerto in occasione di Torino Spiritualità

    con Marco Lienhard, suonatore di shakuhachi

    letture Francesco Puleo | selezione dei testi rev. Elena Seishin Viviani

    Lo shakuhachi è il tradizionale flauto verticale giapponese in bambù, strumento di cui l’artista svizzero Marco Lienhard è un vero virtuoso. Ascoltare il soffio che si fa suono nell’incantevole cornice dei giardini giapponesi del MAO è esperienza di delicata bellezza.

    In occasione di Torino Spiritualità, il MAO Museo d’Arte Orientale ha il piacere di ospitare nei suoi giardini giapponesi il concerto di Marco Lienhard, che proporrà alcuni brani del suo repertorio, accompagnati dalla voce di Francesco Puleo, che leggerà testi selezionati dal reverendo Elena Seishin Viviani.

    Ingresso € 8 | Ridotto Carta Extra € 5

    Per info e biglietti è possibile visitare il sito di Torino Spiritualità, chiamare il numero 366 2107136  o scrivere a prenotazioni@torinospiritualita.org.

    Domenica 27 settembre ore 11

    CLOROFILLA VERDEFOGLIA

    Palazzo Madama – attività per bambini di 5/10 anni

    Esplorare il giardino di Palazzo Madama per scoprire tra il verde i segreti delle foglie. Mettendo alla prova i cinque sensi, i bambini sperimentano le diverse sensazioni date dalle foglie, dalle loro forme, colori e tonalità. L’attività si conclude con un laboratorio dove la tecnica del frottage e della stampa aiutano i bambini nell’osservazione dei dettagli e allo stesso tempo stimolano la creazione di nuove forme dalle originali texture.

    Costo: bambini € 7 per l’attività; accompagnatori biglietto di ingresso secondo regolamento del museo

    Prenotazione obbligatoria: Tel. 011 4429629 (dal lunedì al venerdì ore 9.30-13; 14-16) oppure via mail

    madamadidattica@fondazionetorinomusei.it

    Domenica 27 settembre ore 16

    MANDALA

    MAO – attività per famiglie

    Le preziose thang-ka, dipinti su stoffa presenti nell’affascinante galleria dedicata alla Regione Himalayana, ci sveleranno il significato dei mandala tibetani fornendo lo spunto per realizzare in laboratorio dei “contemporanei” mandala colorati con permanent marker su acetati.

    Età consigliata: da 8 anni in su

    Costo: bambini € 7 per l’attività; adulti ingresso ridotto alle collezioni € 8 (gratuito con Carta Musei)

    Prenotazione obbligatoria t. 011.4436927 oppure via mail maodidattica@fondazionetorinomusei.it

    entro le ore 15.00 del venerdì precedente.

    Inoltre Theatrum Sabaudiae propone le seguenti visite guidate:

    GAM

    Sabato 26 settembre – ore 16.00 – La potenza di uno scatto. Helmut Newton – costo 6€

    Sabato 26 settembre – ore 17.30 – Carlo Pittara – costo 6€

    Domenica 27 settembre – ore 15.00 – Il primato dell’opera – costo 6€

    Domenica 27 settembre – ore 16.30 – La potenza di uno scatto. Helmut Newton – costo 6€

    MAO

    Sabato 26 settembre – ore 16.00 – Appuntamento in Museo. Gallerie dedicate all’Asia Meridionale e sud-est asiatico – costo 6€

    Domenica 27 settembre – ore 15.00 – Appuntamento in Museo. Gallerie dedicate all’Asia Meridionale e sud-est asiatico – costo 6€

    Palazzo Madama

    Sabato 26 settembre – ore 16.00 – Appuntamento in Museo – costo 6€

    Domenica 27 settembre – ore 15.00 – Appuntamento in Museo – costo 6€

    Domenica 27 settembre – ore 16.30 – Argenti preziosi a Palazzo Madama – costo 6€

    Per informazioni e prenotazioni visite guidate: 011 5211788 – prenotazioniftm@arteintorino.com

     

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