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  • Sono stati 14.000 i visitatori dei Musei Reali che non hanno voluto perdere l’occasione di ammirare la Cappella della Sindone, riappropriandosi del capolavoro di Guarini riaperto giovedì 27 settembre dal Ministro per i beni e le attività culturali Alberto Bonisoli a 21 anni dal disastroso incendio che minò gravemente la struttura.
    Per facilitare l’accesso, i Musei Reali hanno potenziato il servizio di accoglienza così da limitare quanto più possibile code e disagi al numeroso pubblico, che per questa speciale occasione ha avuto la possibilità di visitare tutto il complesso museale al prezzo di 3 Euro.
    La punta massima di visitatori si è registrata domenica 30 settembre con 5932 biglietti staccati; sabato invece sono stati registrati 4307 visitatori e venerdì 3707. A questi si aggiungono i 400 partecipanti all’inaugurazione e i 150 giornalisti accreditati. Un pubblico eterogeneo, composto da famiglie, turisti italiani e stranieri, giovani e giovanissimi.
    Ottimo riscontro di partecipazione anche per il convegno internazionale di studi Un capolavoro dell’architettura barocca.

    La Cappella della Sindone tra storia e restauro tenutosi presso l’’auditorium Vivaldi della Biblioteca Nazionale con relatori di altissimo profilo. L’’appuntamento ha registrato il tutto esaurito già la settimana precedente, quando è stato raggiunto il numero massimo di partecipanti iscritti. 700 persone hanno seguito le sessioni delle due giornate di lavori. Il convegno, trasmesso in streaming, è stato seguito in diretta da oltre 900 utenti in numerosi Paesi.
    “Siamo felici di questa risposta del pubblico – commenta Enrica Pagella, Direttrice del Musei Reali – che dimostra quanta attesa e quanto affetto circondino questo straordinario capolavoro.

    La riapertura della Cappella aggiunge un altro importante tassello al percorso che i Musei Reali hanno intrapreso e che nei prossimi anni li porterà a divenire uno dei più grandi complessi museali d’Italia. In questi giorni – conclude – i Musei hanno dimostrato la loro straordinaria potenzialità, sottolineata anche dal Ministro Bonisoli in questa visita. Un doveroso ringraziamento va ai nostri partner e ai nostri sponsor, alle autorità di sicurezza e anche ai tantissimi volontari di diverse associazioni che si sono prodigati in questi giorni per coadiuvarci nell’accoglienza dei visitatori nella Cappella, nei musei e nei giardini”.
    Domenica 30 settembre sarà l’ultima sera per ammirare l’illuminazione notturna esterna colorata, ispirata ai colori della liturgia.
    Da martedì la Cappella sarà inserita nel regolare percorso di visita dei Musei Reali di Torino.

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  • In voluta concomitanza con la riapertura della Cappella della Sindone di Guarino Guarini, restaurata dopo il devastante incendio dell‘11 aprile 1997, Palazzo Madama dedica una mostra a La Sindone e la sua immagine, che raccoglie un centinaio di piccole e grandi opere d’arte realizzate tra il 1500 fino al 1900, raffiguranti la Sindone con intenti devozionali e celebrativi.

    Organizzata in collaborazione con il Polo Museale del Piemonte e il Centro Internazionale di Sindonologia di Torino, la mostra ha come nucleo costitutivo dipinti e incisioni provenienti dalla ricchissima collezione sindonica dell’ultimo Re d’Italia, Umberto II, oggi divisa tra il Castello di Racconigi e la Fondazione Umberto II e Maria Josè di Savoia che ha sede Ginevra.

    Molti di essi erano stati esposti proprio a Palazzo Madama nel 1931 in occasione delle nozze di Re Umberto II con la principessa Maria Josè del Belgio. Altre opere e documenti rari e significativi sono generoso prestito del Museo della Sindone di Torino.

    La Sindone di Torino è una realtà misteriosa e dibattuta, oggetto di devozione secolare, storicamente documentata per la prima volta alla metà del 1300 nell’attuale regione Grand est della Francia. Gli storici scrivono che il Lenzuolo venne a quel tempo depositato dal prode cavaliere Geoffroy de Charny nella chiesa del suo feudo di Lirey, terminata nel 1353. Nel 1453 Marguerite de Charny (1390-1460), ultima discendente della famiglia, legata alla dinastia sabauda, cede la Sindone al duca Ludovico di Savoia. Dopo vari spostamenti nel 1506 il Lenzuolo trova definitiva collocazione nella Sainte-Chapelle del castello di Chambéry.

    Dopo il trasferimento della capitale del ducato di Savoia da Chambéry a Torino, avvenuta nel 1563, Emanuele Filiberto ordina di portare la Sindone nel capoluogo piemontese, ufficialmente per abbreviare il pellegrinaggio di San Carlo Borromeo. Il Sacro Lino giunge così a Torino il 5 settembre 1578 e conosce varie collocazioni, tra cui la Cappella privata di Palazzo dedicata a San Lorenzo, il Duomo e la chiesa di San Francesco. Nel 1694 viene poi trasferita nella Cappella appositamente progettata dall’architetto modenese Guarino Guarini all’interno dell’attuale Palazzo Reale, in significativa congiunzione con l’abside del Duomo di Torino. La “Reliquia dinastica” resta di proprietà di Casa di Savoia fino 1983, anno della morte di Re Umberto II, il quale per testamento dona la Sindone alla Santa Sede. Oggi la Sindone è conservata nella cappella del transetto sinistro del Duomo di Torino, completamente distesa e in condizioni controllate per garantirne la corretta conservazione.

    Per maggiori info sulla mostra

  • Siete curiosi di vedere quanto sia cambiata Torino negli ultimi 50 anni?

    La trama del film è conosciuta, se invece non la conoscete è un’occasione per vedere un vecchio e leggero film. Sia chiaro nulla a che vedere con il remake girato a Venezia nel 2003 con Charlize Theron

    I tre protagonisti del film a bordo di tre Mini Cooper corrono nei meno probabili angoli e vicoli della nostra città,  permettendoci di tornare alla Torino della fine degli anni 60.

    I portici di via Roma, la Chiesa della Gran Madre, la Stazione di Porta Nuova, la pista parabolica  del Lingotto ed  il tetto del Palazzo del Lavoro  sono solo alcuni dei luoghi  in cui è ambientato il film.

    Posti rimasti  quasi del tutto identici ad allora: la città negli ultimi 40 anni,  non è cambiata poi cosi tanto., non fosse per Piazza Castello ancora aperta al traffico, la presenza di numerosi dehors sotto i portici di via Roma o i diversi locali siti ai Murazzi.

    Il regista Peter Collinson scelse di girare proprio a Torino, perché già alla fine degli anni ’60, allora prima tra le metropoli europee,  disponeva veramente” di un centro di controllo computerizzato del traffico: un meccanismo che consentiva di disporre la cosiddetta onda verde tra i semafori.

  • Il capolavoro scomparso

    In seguito ad una comunicazione della Sovrintendenza della Repubblica di Torino, Belle Arti e paesaggio della Città Metropolitana di Torino, che segnalava che nella mostra “ Genio e Maestria” in mostra alla Reggia di Venaria mancava l’esposizione di uno dei maggiori pezzi dell’ebanista, in quanto reperibile, sono partite le indagine e la ricerca del bene.

    Le indagini

    I carabinieri hanno  scoperto che l’opera, risparmiata dai bombardamenti di Torino del 1943,  venduta ad un privato cittadino e trasportata in Francia senza alcuna  autorizzazione, passando per la Svizzera e come ultima destinazione negli  Stati Uniti, dove alla fine degli anni ’90 e per un lungo periodo di tempo, è stata esposta al Metropolitan Museum di New York.

    La restituzione

    Lo sviluppo delle indagini contestualmente all’accurata ricostruzione storico-artistica hanno consentito di dimostrare, inoltre, che l’opera era stata concepita non come arredo mobile autonomo, bensì come perfetta integrazione dell’apparato decorativo della sala degli appartamenti ducali di Palazzo Chiablese di Torino. Particolare che ha confermato l’imprescindibile legame del bene all’immobile demaniale e quindi l’appartenenza allo Stato italiano.

    L’ultimo possessore ha convenuto la restituzione  dell’opera all’Italia , che possedeva , se pur in buona fede, illecitamente.

  • Un dono regale, un ritorno straordinario.

    Si ricompone per la prima volta dopo lungo tempo, presso la Galleria Sabauda dei Musei Reali di Torino, la preziosa garniture da camino in porcellana bianca realizzata nel 1715 dalla Manifattura di Meissen presso Dresda.

    Come noto, la scoperta del segreto della porcellana a pasta dura, avvenuta nel 1708 da parte del chimico Johann Friedrich Böttger, e di una cava di argilla bianca (caolino) fu all’origine della nascita della celebre Manifattura tedesca, inaugurata nel 1710 con l’intento di imitare la costosissima ceramica orientale.

    La garniture costituisce, dunque, un insieme di eccezionale interesse anche per la sua antichità, trattandosi di una delle prime realizzazioni di Meissen. Le montature in argento dorato impreziosiscono ulteriormente l’insieme che, nel vaso ad anse esposto al centro della vetrina, reca ancora tracce della decorazione pittorica in oro applicata a fuoco, con motivi à la Bérain.

    Alcune piccole fenditure, visibili nel corpo dei vasi, indicano la difficoltà tecnica di questi primi saggi di esecuzione in cui, tuttavia, si impone già la ricchezza delle decorazioni, con volute, teste d’angelo, foglie, conchiglie.

    Oltre alla straordinaria qualità artistica e tecnica, i cinque vasi che compongono la garniture, oggi divisi fra il Palazzo Reale di Torino e il Museo Poldi Pezzoli di Milano, sono protagonisti di un dono regale.

    Composto in origine da sette pezzi, l’insieme viene esposto nel 1715 nel Palazzo Giapponese di Dresda, finché nel 1725 il re di Polonia Augusto II, detto il Forte (1670-1733), lo invia a Vittorio Amedeo II di Savoia re di Sardegna (1666-1732), in segno di ringraziamento per averlo ospitato durante un viaggio tra le Corti europee.

    Da allora, la garniture rimane nel Palazzo Reale di Torino, in particolare nella Camera dell’Alcova. Da documenti del 1823 due vasi risultano, però, mancanti e, col tempo, anche gli altri cinque vengono separati. I due esemplari grandi, senza manici, rimangono nel Palazzo, dove tuttora sono conservati (Appartamento di Rappresentanza, Sala del Caffè). Il vaso maggiore ad anse e i due più piccoli, di straordinaria eleganza con rami e roselline, sono trasferiti, invece, al Museo Civico di Torino (1877), poi esibiti alla IV Esposizione Nazionale di Belle Arti di Torino (1880) e, infine, per volere di Umberto di Savoia principe di Piemonte (1929), ricollocati nel Palazzo. Da qui, tuttavia, escono prima del 1966, quando sono venduti a un’asta. Al termine della loro storia collezionistica, i tre vasi entrano a far parte della collezione Zerilli-Marimò, donata nel 2017 al Museo Poldi Pezzoli di Milano.

    Dopo essere stata riunita per la prima volta a Milano in una recente esposizione, la garniture ritorna così visibile anche a Torino.

    Le opere esposte:

    –       Due vasi con coperchio – garniture da camino

    Manifattura di Meissen – Modello di Johann Jacob Irminger, disegno di Raymond Leplat

    Porcellana bianca verniciata; montatura in argento dorato – 1715

    Musei Reali di Torino – Palazzo Reale

    –       Due vasi con coperchio; un vaso ad anse con coperchio – garniture da camino

    Manifattura di Meissen – Modello di Johann Jacob Irminger, disegno di Raymond Leplat

    Porcellana bianca verniciata e dorata; montatura in argento dorato – 1715

    Museo Poldi Pezzoli di Milano, donazione Zerilli-Marimò

  • Dal 20 giugno al 30 settembre 2018 i Musei Reali presentano a Torino, nelle Sale Palatine della Galleria Sabauda, una mostra di pittura rara e preziosa, dedicata al genere della natura morta, che nasce dalla collaborazione con Bozar – Palais des Beaux-Arts di Bruxelles e che si avvale della partnership con Intesa Sanpaolo.

    Con Il silenzio sulla tela. Natura morta spagnola da Sánchez Cotán a Goya il Belgio e l’Italia si uniscono per costruire un omaggio alla Spagna. Intorno alle prove di grandi artisti come Sánchez Cotán, Juan de Zurbarán, Meléndez e Goya, la mostra traccia il percorso di sviluppo di questo genere su due secoli di produzione. Dalla silente concentrazione delle tele del Seicento, con l’indagine accurata e preziosa degli oggetti della vita quotidiana e della natura, attraverso le trionfanti composizioni barocche, ricche di decorazioni floreali e intrise di significati simbolici, si arriva all’età delle accademie e alla consacrazione del genere all’interno dei canoni artistici.

    Curata da Ángel Aterido, professore dell’Università Complutense di Madrid, la mostra è articolata secondo un percorso in sette sezioni: le origini, i bodegones, i floreros, tavole e cucine, le Vanitas, il primo Settecento, il gusto accademico e Goya. Al suo interno raccoglie circa quaranta opere provenienti da prestigiosi musei pubblici quali il Museo del Prado, il Louvre, le Gallerie degli Uffizi e l’Art Museum di San Diego, così come da importanti collezioni private: per il visitatore sarà come intraprendere un viaggio tematico attraverso alcuni dei più importanti musei del mondo, ammirando straordinari esempi di bodegones dipinti da Juan Sánchez Cotán, provenienti dagli Stati Uniti e dalla Collezione Abelló di Madrid, le Mele in cestino di vimini di Juan de Zurbarán, le scene allegoriche nella Vanitas e Il Sogno del Cavaliere di Pereda, la Natura morta con quaglie, cipolle, aglio e recipienti caratterizzata dallo straordinario virtuosismo tecnico di Meléndez e l’impressionante Natura morta con tacchino di Goya.

    La rappresentazione degli oggetti quotidiani, dei frutti, delle piante o degli animali, isolati e raffigurati senza la presenza dell’uomo, si diffonde in Europa intorno al 1590-1600. Fin dalla sua nascita, la natura morta viene intesa come un esercizio mimetico di descrizione analitica della realtà naturale, caratterizzato da un forte senso decorativo. Il caso spagnolo presenta alcune peculiarità che lo contraddistinguono dalle soluzioni compositive adottate negli altri paesi europei, come ben dimostra anche l’uso di una parola specifica per indicare questo particolare genere figurativo: bodegón. Sebbene sia possibile mettere in relazione le prime nature morte spagnole con modelli fiamminghi e italiani, il loro carattere austero e le personali interpretazioni del tema fornite da importanti pittori quali Juan Sánchez Cotán, Juan de Zurbarán, Luis Meléndez o Francisco de Goya, implicano un loro specifico riconoscimento fra i vertici dell’arte occidentale.

    La mostra è arricchita dal dialogo tra le opere spagnole e nove dipinti italiani e fiamminghi appartenenti alle collezioni della Galleria Sabauda, tra le quali la Natura morta con frutta, dolci, crostacei, un bicchiere e un topo di Peter Binoit, La vanità della vita umana di Jan Brueghel, caratterizzata da una grandissima ricchezza iconografica, o ancora il Vaso con fiori e insetti di Cornelis De Heem. A queste si aggiunge una superba opera di Giuseppe Recco, Natura morta con pesci e molluschi, appartenente alle raccolte del Palazzo Zevallos di Napoli e gentilmente concessa in prestito dalle Gallerie d’Italia – Intesa Sanpaolo.

    Con la sofisticata trama dei suoi rimandi e delle sue influenze, la mostra rappresenta una straordinaria opportunità per celebrare, attraverso il lascito depositato nella pittura, la complessità del tessuto culturale che unisce tre grandi nazioni -Spagna, Belgio e Italia-, proprio nell’anno che il Consiglio d’Europa ha voluto dedicare al vasto, variegato e solidale patrimonio del nostro continente.

  • Mostre, concerti e cultura: questa la ricca offerta della prima stagione estiva delle OGR di Torino, guidate dal Presidente Fulvio Gianaria dal Direttore Generale Massimo Lapucci e dal Direttore Artistico Nicola Ricciardi.

    L’estate delle OGR prosegue il 12 luglio con l’inaugurazione della mostra Forgive me, distant wars, for bringing flowers home, la prima personale in un’istituzione italiana del trio di artisti Ramin Haerizadeh, Rokni Haerizadeh e Hesam Rahmanian (di origine iraniana e residenti negli Emirati Arabi), a cura di Abaseh Mirvali. La mostra, che nasce come sviluppo del Premio OGR assegnato a Rokni Haerizadeh durante l’edizione 2017 di Artissima, offrirà l’occasione di avvicinarsi alla pratica artistica collaborativa e inclusiva dei tre artisti attraverso un importante allestimento site-specific. Venerdì 13 luglio il grande jazz internazionale torna a risuonare nella suggestiva Sala Fucine con OGR Jazz Club: tre set con altrettanti protagonisti della musica d’autore, animeranno per una notte il palco delle ex officine. John De Leo Trio, Yamanaka Female Trio e Diego Borotti NU4tet si alterneranno in session dall’atmosfera vibrante, dando vita a una serata capace di coinvolgere gli appassionati del genere e attrarre il grande pubblico. A partire da settembre, le OGR proporranno il meglio della musica africana contemporanea grazie alla rassegna Africa Now: tre concerti eccezionali con artisti di primo piano nel panorama musicale internazionale. Si parte sabato 22 settembre con Tony Allen & Jeff Mills, due giganti della musica afro, seguiti venerdì 5 ottobre da Amadou & Mariam, la coppia che fonde elementi di musica tradizionale maliana con il funky e il jazz, per concludere, venerdì 19 ottobre, Bombino, stella del desert blues, definito il nuovo Jimi Hendrix. Si chiude così una prima ideale riflessione su alcuni dei temi che caratterizzano e scandiscono il nostro presente storico, quali la circolazione dei popoli, il principio dell’accoglienza, la percezione dell’Altro. Dalle visioni dei giovani migranti africani di Pecetto Torinese alle sonorità che nascono nel Sahara per poi diventare globali – passando dai miraggi degli esulti allegorici dei fratelli Haerizadeh e di Hesam Rahmanian – le OGR si pongono come piattaforma per affrontare questioni di attualità politica e sociale su un piano propriamente culturale – offrendo e ibridando punti di vista eterogenei nella forma, nella prospettiva e nel linguaggio espressivo: dal cinema alla musica passando per le arti visive. Le OGR mirano così a consolidare la propria missione – reiterata anche nell’apertura prolungata e gratuita di domani – di porsi come luogo votato all’inclusività e allo scambio, un porto aperto all’idee e alle persone, dove la cultura prima ancora che un contenuto è uno stimolo, una sollecitazione del pensiero. 

    OGR Torino

  • Domani  21 giugno al Mastio della Cittadella in Via Cernaia, Torino  si inaugura una bella mostra di arte attuale: 17 artisti provenienti da Italia, Francia, Spagna, Germania espongono in uno storico e significativo di Torino.

    A cura di Domenico Maria Papa.

    Inaugurazione 21 Giugno ore 18.30

    • Via Cernaia, Torino – Mastio della Cittadella
    • 21 giugno 2018 – 15 luglio 2018

    Per informazioni e prenotazioni:

    • info.bevisibleplus@gmail.com

    Ci sono molte belle mostre in corso e in partenza questa è una di quelle!

  • Sono stati 14.100 i visitatori, tra torinesi e turisti, ad affollare i Musei Reali di Torino in occasione di questo lungo ponte del 1° maggio, approfittando dei giorni di apertura straordinaria.

    Da venerdì 27 aprile, l’affluenza si è mantenuta costante per tutta la durata del ponte, raggiungendo la punta dei 4.188 visitatori nella giornata di domenica.

    Oltre agli abituali percorsi di visita, il pubblico ha potuto visitare le mostre dossier in corso: al Museo di Antichità Carlo Alberto archeologo in Sardegna; alla Galleria Sabauda Scoperte 3/Frammenti di un bestiario amoroso, Confronti 4/Carol Rama e Carlo Mollino e il percorso Anche le statue muoiono, dedicato ai destini del patrimonio nelle situazioni di conflitto e ideato per marcare l’anno del Patrimonio Europeo 2018.

    Grande successo, in particolare, per la retrospettiva dedicata a uno dei più grandi maestri viventi di fotografia Frank Horvat. Storia di un fotografo, ospitata presso le Sale Chiablese fino al 20 maggio, che ha accolto in questi giorni più di 2.000 persone.

    Afflusso notevole anche per i percorsi di visita organizzati in collaborazione con l’Associazione Amici di Palazzo Reale, che garantisce l’accesso anche agli appartamenti minori della struttura.

    A questi vanno aggiunti migliaia di visitatori che hanno affollato i Giardini Reali e il Boschetto, riaperto da appena un mese, all’ombra del quale nei giorni di bel tempo i visitatori dei Musei hanno potuto concedersi una pausa tra una mostra e l’altra.

    I Musei Reali restano chiusi domani mercoledì 2 maggio.

    La prossima apertura straordinaria è prevista in occasione della Festa della Repubblica, sabato 2 giugno 2018.

  • In occasione della “Giornata dell’Unità nazionale, della Costituzione, dell’inno e della bandiera”

    sabato 17 e domenica 18 marzo dalle ore 10 alle ore 19

    il Museo Nazionale del Risorgimento Italiano riaprirà alla visita del pubblico la

    Camera dei deputati del Parlamento Subalpino.

    Un evento eccezionale per permettere ai visitatori di vivere l’emozione unica di entrare nel cuore della storia d’Italia, la nostra Storia, e cogliere le radici delle dinamiche che regolano la nostra identità di oggi.

    È qui infatti che si svolse l’attività legislativa del Regno sardo tra l’8 maggio 1848 e il 28 dicembre 1860. È in questa aula parlamentare che personaggi come Camillo Cavour, Giuseppe Garibaldi, Angelo Brofferio, Cesare Balbo, Massimo d’Azeglio, Vincenzo Gioberti, Quintino Sella e centinaia di altri posero le basi della nostra democrazia e avviarono il cantiere dell’Italia.
    Doveroso dunque per il Museo Nazionale del Risorgimento riconsegnare al pubblico anche se solo per pochi giorni questo patrimonio inestimabile, un gioiello della città, con l’obiettivo di stimolare la cultura alla cittadinanza attiva e la condivisone dei valori collettivi.
    La Camera Subalpina è l’unica aula parlamentare rimasta integra in Europa tra quelle nate con le rivoluzioni del 1848 ed è riconosciuta monumento nazionale dal 1898.

    Dal 1938, anno del trasferimento del Museo a Palazzo Carignano divenne parte integrante dell’esposizione. Dopo gli importanti interventi di restauro del 1988 e del 2011, che ne hanno garantito la conservazione, non è più stata accessibile. I visitatori normalmente possono ammirarla da un ampio affaccio esterno che ne consente la visione di insieme.

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