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  • In mostra ottanta capolavori del movimento artistico che ha rivoluzionato la storia della pittura italiana dell’Ottocento

    Date e orari potranno subire variazioni sulla base delle eventuali chiusure disposte nell’ambito della classificazione dell’indice di rischio delle regioni stabilito dalle autorità di governo (*) 

    La stagione 2021 delle mostre d’arte al Forte di Bard si apre con un’importante esposizione dedicata ai Macchiaioli, movimento artistico attivo soprattutto in Toscana che ha rivoluzionato la storia della pittura italiana dell’Ottocento. Dal 24 febbraio al 6 giugno 2021 (*), il polo culturale valdostano ospita la mostra I Macchiaioli. Una rivoluzione en plein air.

    Curata da Simona Bartolena, prodotta e realizzata da ViDi – Visit Different in collaborazione con il Forte di Bard, la mostra presenta 80 opere di autori in grado di analizzare l’evoluzione di questo movimento, fondamentale per la nascita della pittura moderna italiana.

    Nella seconda metà dell’Ottocento, Firenze era una delle capitali culturali più attive in Europa, punto di riferimento per molti intellettuali provenienti da tutta Italia. Al Caffè Michelangelo, si riuniva un gruppo di giovani artisti accomunati dallo spirito di ribellione verso il sistema accademico e dalla volontà di dipingere il senso del vero. Nacquero così i Macchiaioli, il cui nome, usato per la prima volta in senso dispregiativo dalla critica, venne successivamente adottato dal gruppo stesso in quanto incarnava alla perfezione la filosofia delle loro opere.

    «In un momento di grande difficoltà e smarrimento come quello che stiamo attraversando è indispensabile continuare ad investire nella cultura, prezioso motore di sviluppo per il territorio – evidenzia la Presidente del Forte di Bard, Ornella Badery -. Questo nuovo progetto si colloca bene nella filosofia espositiva del Forte di Bard che ogni anno propone appuntamenti di grande richiamo dedicati all’arte. L’auspicio, nonostante le tante incertezze che stiamo vivendo, è che anche questa mostra possa incontrare i favori del pubblico e della critica ed esser anche motivo ed occasione di crescita e arricchimento personale».

    «Questa mostra offre molti spunti per rileggere la storia risorgimentale e quegli anni complessi – spiega il Direttore del Forte di Bard, Maria Cristina Ronc -. Anni rivoluzionari, costellati di nomi e personaggi da riscoprire e da rileggere nella prospettiva del tempo che è intercorso. Il Forte di Bard non è “solo” un luogo espositivo ma prima ancora è un edificio storico e come tale in questa occasione, più che in altre, amplia e dialoga con l’esposizione dei Macchiaioli e con le vite e le opere di questi pittori soldati. Ci piace ricordarne uno. Nino Costa, arruolato nel reggimento dei Cavalleggieri d’Aosta a Pinerolo che dopo varie peregrinazioni si sposta a Firenze e frequenta il Caffè Michelangelo. Lì conosce Giovanni Fattori, certamente il nome più noto tra i Macchiaioli, e che lo stesso Costa rammenterà come colui che “gli aprì la mente e lo incoraggiò”».

    Il percorso espositivo all’interno delle Cannoniere del Forte di Bard, prende avvio dalle opere di Serafino de Tivoli, precursore della rivoluzione macchiaiola, che si confronteranno con un lavoro giovanile di Silvestro Lega,dallo stile ancora purista, per giungere alle espressioni più mature della Macchia con Telemaco Signorini, Vincenzo Cabianca, Raffaello Sernesi, Odoardo Borrani e Cristiano Banti, che si allontanano definitivamente dalla tradizionale pittura di paesaggio italiana ma anche dalla lezione della scuola francese di Barbizon, particolarmente incline a indugiare in tendenze formalmente raffinate e legate al romanticismo, per scegliere un approccio più asciutto e severo, cogliendo impressioni immediate dal vero.

    Non mancano i dipinti a interesse storico, con i soldati di Giovanni Fattori, né tantomeno quelli firmati dai protagonisti del gruppo dopo gli anni sessanta, quando la ricerca macchiaiola perde l’asprezza delle prime prove e acquisisce uno stile più disteso, aperto alla più pacata tendenza naturalista che andava diffondendosi in Europa. La mostra si chiude con una riflessione sull’eredità della pittura di Macchia.

     

  • Quella che si è chiusa è stata una settimana complicata per il sistema museale e per l’intero comparto culturale, raccontata con l’hashtag #museichiusimuseiaperti. Ora è tempo di ripartire, anche in vista dell’arrivo della bella stagione.

    Per farlo è in prima fila Abbonamento Musei, lo strumento che da 25 anni racchiude in una sola tessera passione, partecipazione e condivisione della cultura.

    Quello degli abbonati è un vero e proprio popolo, che ogni anno muove oltre 120.000 abbonati (nel 2019 sono stati 129.185) che realizzano poco meno di 1.000.000 di ingressi. Numeri importanti, che danno la misura di una comunità attiva e partecipe, la cui fedeltà è sempre andata crescendo nei 25 anni di vita dell’Associazione.

    Per questi motivi Abbonamento Musei chiama all’appello i suoi aderenti perché siano vicini al sistema museale piemontese e diano un contributo importante alla ripartenza dell’intero comparto. Come? Facendo quello che agli abbonati piace di più, visitare un museo o una mostra.

    Vogliamo pensare che l’emergenza che in questa settimana ha duramente colpito la cultura piemontese sia alle spalle. È il momento di ripartire” spiega Simona Ricci direttrice di Abbonamento Musei. “E crediamo che in questo momento, più che mai, sia importante essere presenti al fianco dei musei del territorio con una dimostrazione concreta. Invitiamo i nostri abbonati a uscire e visitare le sale e mostrare che siamo presenti, anche con un pizzico d’orgoglio”.

    Anche l’attività dell’Associazione riprenderà a pieno ritmo, con la riapertura dei punti d’acquisto e l’annuncio delle attività primaverili. In particolare il Grand Tour, che prenderà il via sabato 22 marzo con un programma di itinerari sviluppato su due linee tematiche, il Barocco e la Valle d’Aosta, e Disegniamo l’arte, pensato per i visitatori più giovani, il 28 e 29 marzo.

  • Il Forte di Bard presenta un inedito progetto espositivo di uno dei più grandi maestri della fotografia contemporanea internazionale. Steve McCurry. Mountain Men è il titolo della coproduzione Forte di Bard, Steve McCurry Studio, Sudest57 che affronta i temi della vita nelle zone montane e della complessa interazione tra uomo e terre di montagna.

    Una selezione di paesaggi, ritratti e scene di vita quotidiana mette in evidenza il continuo e necessario processo di adattamento delle popolazioni al territorio montano che influenza ogni aspetto dello stile di vita delle persone: dalle attività produttive al tempo libero, dalle tipologie di insediamento, di coltivazione e di allevamento ai sistemi e mezzi di trasporto. Il tema della mostra è la vita in montagna, ossia evidenziare attraverso un percorso di immagini le specifiche antropologiche delle popolazioni che vi vivono, i legami e le interazioni fra gli uomini e l’ambiente e la terra in aree non pianeggianti.

    La montagna influenza il modo di vivere e tutte le attività dell’uomo, dai trasporti al tempo libero, dall’agricoltura alla produzione di energia, al costo stesso della vita.

    Il percorso è incardinato su 77 immagini del celebre fotografo stampate e allestite in formati diversi e selezionate dai suoi archivi rispetto al concept del progetto. Sono immagini di popolazioni di montagna raccolte da McCurry nel corso dei suoi innumerevoli viaggi: Afghanistan, Pakistan, India, Tibet, Nepal, Brasile, Etiopia, Myanmar, Filippine, Marocco, Kashmir, Slovenia e Yemen.

    Oltre a far conoscere al pubblico la vasta produzione di Steve McCurry, la mostra propone in anteprima assoluta, il frutto di una campagna fotografica condotta in tre periodi di scouting e shooting, tra il 2015 e il 2016, che ha avuto come teatro la Valle d’Aosta; un vero e proprio “mountain lab”, laboratorio a cielo aperto sulle specifiche della vita di montagna, dove tra l’altro spiccano i quattro 4.000 metri delle Alpi: Monte Bianco, Cervino, Gran Paradiso e Monte Rosa.

    Ben dieci gli scatti in mostra destinati a entrare nell’archivio del più richiesto fotografo al mondo, risultato dell’assiduo lavoro svolto in Valle d’Aosta: un racconto visivo ed emotivo ricco di suggestione. Immagini che resteranno quale patrimonio della collezione del Forte di Bard.

    L’esposizione, inoltre, offre ai visitatori la possibilità di assistere alla proiezione in altissima risoluzione di oltre 290 scatti iconici del grande Maestro e di un video che racconta il backstage e il making of dello shooting valdostano.

    Main sponsor del progetto sono Gruppo Banca Sella e Montura.

    «Il progetto fotografico di Steve McCurry, attraverso una straordinaria capacità di comunicare l’autenticità – spiega Pietro Sella, Ceo del Gruppo Banca Sella,esplora ambienti e valori che da sempre fanno parte della tradizione e della visione della famiglia Sella, avviatasi alla documentazione fotografica fin dalla metà dell’Ottocento con Giuseppe Venanzio Sella. Questi valori, come la ricerca e l’innovazione, sono tutt’ora perseguiti dal nostro Gruppo, nella sua attività al fianco dei clienti e delle comunità locali. Il supporto al progetto, dunque, è una testimonianza del forte legame con la Valle D’Aosta e della consolidata collaborazione con il Forte di Bard, che ci hanno dato la possibilità di contribuire a un progetto culturale di grande rilievo, che parla dell’uomo, del suo lavoro e del suo habitat».

    «La partecipazione di Montura al progetto Mountain Men del grande Steve McCurry – spiega Roberto Giordani, Presidente di Monturaconferma l’impegno dell’azienda volto a sostenere iniziative di grande valenza culturale, nelle quali spicca un forte spirito di ricerca e di innovazione. E consolida la collaborazione con Forte di Bard, partner qualificato per lo sviluppo di iniziative che rafforzano il legame tra l’uomo ed il territorio».

    La mostra è accompagnata da un book (Edizioni Forte di Bard) dal titolo Steve McCurry. Mountain Men e da una linea di merchandising.

    Il fotografo sarà presente in via eccezionale all’inaugurazione della mostra il giorno 27 maggio 2017, con vernissage che sarà seguito da una sessione di book signing. L’evento è ad invito.

    Un workshop con Steve McCurry

    Il progetto espositivo prevede anche, per i più appassionati, la possibilità di iscriversi ad un workshop con il grande fotografo, della durata di due giorni e mezzo con inizio al venerdì e termine la domenica, in programma dal 15 al 17 settembre 2017 e con numero chiuso di 15 partecipanti (per informazioni eventi@fortedibard.it).

    Steve McCurry. Biografia

    Nato a Philadelphia nel 1950, Steve McCurry studia storia e cinematografia alla Pennsylvania State University. Inizialmente pensava di dedicarsi alla realizzazione di documentari, ma comincia dopo la laurea a collaborare come fotografo con un giornale locale. Dopo quattro anni decide di recarsi in India per qualche mese come freelance per comporre il suo primo vero portfolio con immagini di questo viaggio. Viaggia per due anni e, dopo la pubblicazione del suo primo lavoro importante che documentano il conflitto afghano, collabora con alcune delle riviste più prestigiose: Time, Life, Newsweek, Geo e il National Geographic. Inviato su mille fronti di guerra, da Beirut alla Cambogia, dal Kuwait all’ex Jugoslavia, all’Afghanistan, Steve McCurry si è sempre spinto in prima linea rischiando la vita pur di testimoniare gli effetti e le conseguenze dei conflitti in tutto il mondo. Membro dell’agenzia Magnum dal 1986, vincitore di molti premi fotogiornalistici (tra cui alcuni World Press Photo Awards) autore del celeberrimo reportage sulla ragazza divenuta icona del conflitto afghano sulle pagine del National Geographic nel mondo, Steve McCurry è uno dei maestri contemporanei del fotogiornalismo. Ogni suo ritratto racchiude un complesso universo di esperienze, storie, emozioni, dolori, paure, speranze. Veterano di National Geographic, sempre in viaggio, più facilmente in qualche parte dell’Asia che non in America, Steve McCurry ha fatto del viaggiare una sua dimensione di vita: «Solo viaggiare e approfondire la conoscenza di culture diverse, mi procura gioia e mi dà una carica inesauribile».

    SCHEDA DELLA MOSTRA

    • Titolo: Steve McCurry. Mountain Men
    • Sede: Cantine Forte di Bard
    • Periodo: 28 maggio – 26 novembre 2017
    • Una coproduzione: Forte di Bard, Steve McCurry Studio, Sudest57
    • A cura di: Forte di Bard curatorial Team

    Partner istituzionali

    • Regione autonoma Valle d’Aosta
    • Compagnia di San Paolo
    • Fondazione Crt

    Main sponsor

    • Gruppo Banca Sella
    • Montura

    Media partner

    • La Stampa

    Associazione Forte di Bard – T. + 39 0125 833811 – info@fortedibard.it – fortedibard.it – 

    Ufficio Stampa Forte di Bard  – Equipe International Tel. +39 0234538354

     

  • DA QUI NASCE LA FONTANA DEL MELOGRANO.

    Nel corso del tempo gli edifici esistenti furono ampliati ed uniti, fino alla trasformazione radicale avvenuta tra il 1490 circa e il 1510 ad opera di Giorgio di Challant, priore di Sant’Orso, che ne fece una sontuosa dimora per la cugina Margherita de La Chambre ed il figlio Filiberto. Fu allora che il castello assunse l’aspetto attuale, diventando un unico palazzo a ferro di cavallo, affacciato su un ampio cortile e un giardino all’italiana, sul cui alto muro di cinta furono dipinti personaggi importanti ed eroi; il porticato al piano terreno fu ornato da una serie di lunette affrescate con scene di vita quotidiana e rappresentazioni di botteghe, mentre al centro del cortile sorse la celebre fontana in ferro battuto detta del Melograno, simbolo di prosperità.

    Sempre in quel periodo molti ambienti interni furono decorati con affreschi, sia nelle zone di rappresentanza, quali la Sala di Giustizia o la Cappella, sia nelle stanze più private, tra cui gli oratori di Margherita de La Chambre o di Giorgio di Challant.

    Dopo i fasti del Cinquecento, la residenza si avviò verso un progressivo declino e nel 1872 fu venduta all’asta pubblica: acquistata dal pittore torinese Vittorio Avondo, divenne oggetto di un’attenta campagna di restauro che le restituì l’antico splendore.

    Donato allo Stato nel 1907, oggi il castello appartiene alla Regione Autonoma Valle d’Aosta e si presenta con alcuni elementi dell’originale mobilia ed altri arredi rifatti alla fine dell’Ottocento, che insieme a numerosi oggetti d’uso domestico ripropongono l’ambientazione tardo quattrocentesca voluta da Avondo.

    Entrando nel palazzo ci si trova nel cortile, attorniato da edifici sulle cui pareti sono ritratti gli stemmi del casato Challant e delle famiglie con esso imparentate; oltrepassata la fontana del melograno si prosegue verso l’androne decorato dalle pregevoli lunette, raffiguranti il corpo di guardia, la bottega del beccaio e del fornaio, il mercato di frutta e verdura, il sarto, lo speziale e il pizzicagnolo.

    Era abitudine e soprattutto permesso lasciare scritte e segni  sulle pareti del castello.

    Si posso leggere frasi scherzose, che ci fanno sorridere, ma se pensiamo alle mani che hanno tracciato quei segni e ascoltiamo attentamente, dentro di noi sentiremo senz’altro una parola che rimbomba: ‘ANANKE.

    La prima cosa che salta all’occhio per una Torinese, è la Fontana del Melograno posta al centro del cortile: identica a quella nel cuore del Borgo Medievale del Valentino! Trattasi di riproduzione. Realizzata, dopo gli accurati studi che ne fece Alfredo d’Andrade all’inizio del XX secolo, per il padiglione piemontese dell’Esposizione Internazionale di Roma del 1911.

    Cosi chiamata perché costituita da una vasca in pietra di forma ottagonale sormontata da un albero in ferro battuto.

    Ad Issogne è stata collocata in una posizione privilegiata all’interno del castello, non sembra essere la volontà di riprodurre in maniera fedele la natura, ma piuttosto dalla volontà di realizzare un’opera dalle forti valenze simboliche.

    Infatti, osservando da vicino l’albero,  si nota che le foglie riproducono quelle della quercia, mentre i frutti sono indubbiamente frutti del melograno.

    Simbolicamente, il melograno rimanda a temi quali la castità e l’unità della famiglia, mentre la quercia assume significati di forza e antichità.
    Tutti questi precisi richiami alle virtù della casata Challant sembrano confermare l’ipotesi che la fontana sia stata realizzata da Giorgio di Challant in occasione del matrimonio del nipote, Filiberto di Challant, con Louise d’Aarberg, nel corso del 1502.

     

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